GIORNI STRANI

Vita di comunità: mai come ora dobbiamo fare appello a ogni nostra singola cellula. E' giunto il momento di imprimere una violenta accelerazione all'intelligenza della nostra specie, come una frustata di tramontana: l'occhio non sarà occhio e la mano non sarà più mano, negli anni venturi.

Creato da sergioemmeuno il 22/04/2011
 

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Il nome e cognome dei personaggi appartenenti ai racconti e ai tag "frammenti di scrittori in erba" e "il mio romanzo", come pure i fatti narrati, sono frutto della mia fantasia.

 

 

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Incontro con Gabriel e la Storia 2

Post n°286 pubblicato il 12 Ottobre 2011 da sergioemmeuno
 

Parlare con Gabriel è una cosa fuori dal mondo. Scorrono sempre il piacere, l’incertezza, quell’eccitazione sul filo del discorso che si instaura con lui. Non si sa mai dove si andrà a finire. Anni dopo, in età matura, mi sarei accorto che non dipendeva dalla nostra vulnerabilità giovanile. In vita, non avrei più incontrato nessuno così profondo, raffinato, ambiguo. Un personaggio tuttofare da “circo della vita”: prestigiatore, giocoliere, equilibrista, domatore di leoni, pagliaccio dall’aspetto serio; e, quando meno te lo aspetti, eccolo in tenuta di addestratore di cani barboncini.

Sull’ultima domanda ci si sofferma un bel po’. <<Allora, alla luce del sole flirterei con Monica. Ma, al tempo stesso, cercherei tramite un’intermediaria fidata di agganciare Laura.>>

      <<Ma… Papi… somiglia molto alla mia condizione!>> Va da sé che ero sulla sua stessa lunghezza d’onda. Difficile capire se sia una risposta sincera o mi voglia indurre a fare l’ultimo disperato tentativo con la Ducròs. Gli domando perentorio cosa le piace delle due fanciulle.

<<Monica è il primo cavallo di razza creato da Nostro Signore per frustare la passione dei maschi.>> Si accende il sigaro. <<Invece la virtuosa Laura, con quegli occhioni immensi, quelle rotondità senza fine, è la personificazione di Mamma Natura che allatta il mondo.>> All’unisono, scoppiamo in una fragorosa risata, manco fossimo due compagni di liceo di vecchia data. E, guardandomi fisso negli occhi, mi passa il sigaro.

Afferro l’importanza immensa del gesto: finora il sigaro non l’aveva passato mai a nessuno.

In un secondo tempo lo punzecchio, dicendogli che, se mi aveva raggiunto in quel contesto da solitari, ci doveva essere una motivazione seria.

<<Credo sia arrivato il momento di scoprire alcune carte. Te lo meriti, Dani.>>

<<Santo Dio, allacciamoci le cinture.>>

<<Alla fine della scuola, tre di voi verranno con me. È un grande progetto, credimi. Te lo giuro su mio figlio Bruno.>> L’aeromobile di Gabriel sta scaldando i motori; dopo interminabili chiacchiere e pippe mentali, si sta incominciando a toccare qualcosa con mano.  

<<Politico, scientifico o cos’altro?>>

     <<Ma sempre per settori ragionate? In parole povere, è tempo di cambiare questa misera società. Creeremo una comunità-stato, in grado di garantirsi da sola i bisogni primari: cibo, una casa, vestiti, energia pulita.>> Non me l’aspettavo che la rivelazione prendesse questa piega da visionario scenario postatomico. Chiaramente si sarebbe scelto un luogo adeguato, al di fuori del trambusto della civiltà.

     <<Quali sono i compiti dei tre. Forse dirigere le aree della scienza, delle arti e dell’etica?>>

     Mi riappaiono le balorde idee di Monica, quel giorno che aveva parlato dei “tre ministeri”: dunque la bruciata – non si sa come – aveva scoperto prima di ogni altro le vere intenzioni del folle?

     Scuote la testa: <<Troppi film avete visto. Roba più pratica>>. Un’inalata di tabacco. <<Uno si occuperà dell’economia della comunità. Un altro legifererà le regole di convivenza. E il terzo, l’umanista, si occuperà dell’istruzione degli uomini e delle donne del domani.>>

     <<E chi amministrerà la giustizia interna?>>.

    <<Ovviamente tutti e tre.>> Il baffuto sta indubbiamente almeno cinquant’anni avanti sul nostro tempo. <<E tu, caro>>, fece un largo sorriso, <<sarai il seminatore dei nostri ragazzi. Beninteso, non sei obbligato ad accettare.>> Aggiunge anche che  non avrebbe vissuto stabilmente nella comunità, ma sarebbe rimasto in continuo contatto con la triarchia.

     <<In sintesi,  vorresti fondare uno Stato nuovo di zecca.>>

    <<Sei distratto, Dani. Fondare uno Stato nuovo è im-pos-si-bi-le, oggi.>> Congiunge e muove le mani da comunicatore consumato. <<Partire da zero: creare una piccola comunità autosufficiente. Mattoncino dopo mattoncino poi ne spunteranno altre come caramelle.>>

     <<E i valori?>>

    <<Lavoro e cooperazione. Ma alle spalle c’è un progetto: non c’è politica seria senza progettazione.>> 

     <<È dura, dovrei rinunciare all’Università>>.

    Lui  sorride divertito e spalanca le  braccia, con la testa  incassata fra le spalle:   <<Cribbio, ne avrai una tutta per te!>>.

   Sono onorato della nomina, nondimeno quelle parole, assieme alla brezza impregnata di sale, mi stordiscono; ero convinto che avrebbe sempre mantenuto quella insopportabile ambiguità, pur di non svelare il seguito dell’avventura.

 

 
 
 
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