GIORNI STRANI

Vita di comunità: mai come ora dobbiamo fare appello a ogni nostra singola cellula. E' giunto il momento di imprimere una violenta accelerazione all'intelligenza della nostra specie, come una frustata di tramontana: l'occhio non sarà occhio e la mano non sarà più mano, negli anni venturi.

Creato da sergioemmeuno il 22/04/2011
 

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Il nome e cognome dei personaggi appartenenti ai racconti e ai tag "frammenti di scrittori in erba" e "il mio romanzo", come pure i fatti narrati, sono frutto della mia fantasia.

 

 

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Il raptus di Dani verso Alessio (2).

Post n°484 pubblicato il 10 Gennaio 2012 da sergioemmeuno
 

 

Poi si andò a finire su chi, per timore o timidezza, non si era ancora dichiarato all’amata: un tasto non poco delicato, soprattutto per me. Quella iena di Alessio non si fece scappare la ghiotta occasione, e iniziò a dire in pubblico che c’era qualcuno, dalle gambe tremolanti, che non aveva il coraggio di farsi avanti con Laura. Quindi rincarò la dose, attribuendo il tutto a una “carenza di attributi maschili”. Apriti cielo! Ne susseguì un brusco clamore da parte dell’intera brigata, smaniosa di scovare il pavido di turno, nemmeno si fosse sulle tracce di un criminale d’alto rango. Oltre all’avvoltoio, e naturalmente a Laura, gli unici al corrente della questione – e di ciò ne ero sicuro –  erano Roland e Patrizia, i quali si mostrarono veri signori e mantennero le bocche cucite. I cavalli dell’istinto stavano mettendo a dura prova la mia capacità di controllo.        

Ero come un cocchiere dissennato che avverte, con le proprie mani e a poco a poco, la perdita del comando sui propri cavalli.

<<E tu, Dani, cosa ne pensi a riguardo?>> affondò la lama la iena, spalleggiata da Vladimiro e dall’Ungherese. <<Forse Laura ti saprebbe dare il consiglio migliore…>>

Un trillo interno. La ragione mi stava abbandonando.

<<Ale, lo sai che sei davvero pesante?>> uscì fuori dalla bocca saggia della mia venerata.

<<Già, qui dentro stiamo perdendo lo spirito giusto>>, rilevò il mio compagno di camera Tommaso.

<<O mio Dio! Chiedo umilmente perdono se ho offeso la sensibilità della scuola: evidentemente la mia concezione di “gioco” è lontana dalla vostra>>, chinò il capo la iena.

<<Dai su, regà… Siete un’angoscia!>>, sbottò Monica.

<<C’è stato un equivoco e me ne dolgo. Quello che volevo far capire al nostro amico era che la stagione del cuore capita una sola volta. È rara una seconda occasione>>, pontificò.

E un sorriso largo e gommoso si plasmò sul suo viso: i purosangue nella mia testa, ormai imbizzarriti, scattarono e quel residuo di ragione seguì la loro furia. Mi alzai dal tavolo e rasentai, indugiando un attimo, il dorso del lurido. Lui – evidentemente non aveva la coscienza pulita – preavvertì la mia presenza a tergo, levò il muso dalla brodaglia maleodorante e, lentamente, iniziò a girare solo la testa, potendo contare su occhi laterali e strutturati a celle simili a quelli delle mosche. Stava per dirmi qualcosa, ma non fece in tempo. Lo afferrai dal colletto della polo e con virulenza gli affogai il viso di angelo nello stagno della minestra. Paff, paff, paff.

L’immersione durò qualche secondo e ci volle un po’ di tempo ai commensali per credere ai propri occhi. Facce di cera. Costernate e immobili, un museo di arte drammatica.

<<Guarda che roba!>> esclamò Roland, tradendo una certa ammirazione per il mio gesto inconsulto.

<<Sangue! sangue! sangue!>> strepitò quel coatto di Flavio, sostenuto dall’Ungherese e nientedimeno che dal sorprendente Felice. Quest’ultimo era sempre stato un agnellino, ma ora si era scatenato, neppure fosse un accanito scommettitore di lotte clandestine. Batteva i pugni sul tavolo e esortava alla lotta come un ossesso. Ma era solo il principio di un dopopranzo di follia.

La iena, dimenando rapidamente busto e braccia, riuscì a liberarsi e mi sferrò una gomitata allo stomaco, che mi lasciò senza fiato. Poc’anzi avevo già perso il confronto a parole, subendo quelle provocazioni sui miei sentimenti inespressi verso Laura, davanti alla platea carnivora dell’Officina. Subire anche l’onta di una sconfitta fisica sarebbe stato inaccettabile, perlomeno dalla nostra prospettiva di maschi di venti anni. Per noialtri, misurarsi in questioni di forza è un fatto imprescindibile e naturale, che alligna su millenni e millenni di storia.

Diversamente le donne sono avvezze a saggiarsi in affari più sottili, da cui emerge tutta la loro astuzia, la risolutezza nel perseguire un obiettivo o qualcosa che gli assomigli, il loro spirito pragmatico. Ma questa è altra storia: noi siamo uomini; ma con quella spruzzata di femminile in noi, e solo così, riusciremo a evolverci e divenire creature più aperte e complete.

D'altronde, il futuro che incombe, visioni in fieri di cambiamenti, il rigurgito di un mondo nuovo, tutto ciò ci sta già aspettando al varco. A noi tutti. E' una grande scommessa, oggi, nel 2040.

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