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« Il LabirintoBobby »

Il professor Gori

Post n°191 pubblicato il 04 Dicembre 2015 da deteriora_sequor







La giornata era cominciata male già dalla nottata precedente. Aveva
sognato di andare a pigliare sua madre, morta da due anni, alla stazione
e di impiegarci un tempo insostenibile. Ogni passo era un macigno,
sentiva le suole come se fossero inchiodate al suolo e non riusciva a
spiegarsene la ragione. Alla, fine, con sofferenze indicibili, era entrato
nell'atrio e poi era salito al binario, solo per accorgersi, sotto lo sguardo
severo del genitore, di avere i pantaloni calati a impedirgli i movimenti.
S'era svegliato con imbarazzo, con vergogna, con pesantezza e paura.
E ancora, nella luce quieta del primo mattino, aveva davanti agli occhi
le pupille di Lei, grandi e severe. L'aria di rimprovero e delusione a
tagliargli i tendini e ad affondargli il cervello. S'era alzato pesantemente,
con un brivido a squassargli la pelle. s'era preparato la colazione e
aveva aggiustato gli appunti per la sua lezione dalle 9 alle 11. Poi
aveva indossato il cappotto, infilato il cappello ed era sceso in strada
per infilarsi nella metropolitana. Lì aveva assorbito la sua dose quotidiana
di miseria e di solitudine per scendere alla propria fermata con un
magone più accentuato del solito. Era entrato a scuola con passo
strascicato e alzandosi, incongruamente, il bavero quasi volesse
proteggersi dalle folate di ignoranza che lo attendevano dai suoi
alunni. Era sbucato in classe nell'indifferenza generale e si era seduto,
attendendo che i ragazzi del liceo avessero la compiacenza di
accomodarsi al proprio posto. Iniziando a parlare aveva realizzato,
con terrore, d'avere la voce incrinata e il polso che gli tremava
sopra i fogli spiegazzati. Procedendo con la lezione s'era smarrito
ulteriormente e s'era accorto di partire da un punto avanzato per
giungere a uno immensamente arretrato. Insomma, di stare facendo
una grande confusione, e di essere come l'uomo che nel deserto
corra da un punto all'altro credendosi al centro delle strade. Si
era arrestato di botto, sollevando lo sguardo e notando che qualche
furbacchione lo stava riprendendo e registrando con i cellulari. Non
aveva trovato il coraggio di lamentarsi e di arrestare quello scempio.
La sua voce era diventata un sibilo esilissimo e s'era via via inceppata
andando a balbettare sui punti più importanti dell'esposizione. La sua
patetica reazione era stata di furore, disperazione e infine lacrime.
Avevano preso a gocciolargli sulla carta mentre le risate degli alunni
si rafforzavano e diventavano una bufera. Solo in quel momento
aveva ritrovato, sotto la sferza dell'umiliazione, la forza di sollevarsi
in tutta la sua altezza e di chiedere con la voce ancora bagnata dalla
rabbia :"Consegnatemi tutti i cellulari." Ovviamente i ragazzi avevano
fatto i finti tonti, ghignando e dandosi di gomito.  Allora Lui era sceso
dalla cattedra e aveva sfilato fra i banchi, prendendo il telefonino di
Francesco Toller, quello di Berenice Ogilvy, quello di Brandon Tozzi,
quello di Elisa Tagliani, Quello di Marco Grolli, fino ad avere un bel
mucchio di quegli aggeggi fra le capienti braccia. Poi, osservando
un raggio di luce farsi strada attraverso i vetri sporchi di dicembre
s'era avvicinato al cornicione, era salito con i piedi su una sedia,
rubata a un ragazzo e, così com'era, pensieroso ma sfregiato da
un piacevole sorriso, aveva spalancato i vetri e aveva iniziato a gettare
un cellulare dopo l'altro in strada. Giù a frantumarsi in mille pezzi sul
selciato.





(Fine)





 
 
 
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INFO


Un blog di: deteriora_sequor
Data di creazione: 13/05/2013
 
 

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