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« Bobby XVBobby XVII »

Bobby XVI

Post n°207 pubblicato il 04 Marzo 2016 da deteriora_sequor

 








E proprio in quel momento decise che non vi sarebbe stato un trionfo
della disperazione sulla vita. Non avrebbe lasciato il suo corpo guidare
il suo spirito e ridurlo a brandelli prima di essere calato nella bara. Si
rialzò dalla bacinella e iniziò a tossire rumorosamente, quasi per togliersi
di torno ogni scusante prima di imboccare quella porta e discendere per
il breakfast, incurante della possibile presenza di sua madre, di Anthony
Montague e di Alice Muir. Era tornato a essere colmo di sé stesso e a
catturare con le dita adunche i pezzi di ultimo orgoglio che vol
avano
via. Una volta impadronitisi di questi li metteva sotto pelle affinché
gli garantissero quella forza di cui aveva assolutamente bisogno
per discendere quelle scale fino al grande salone comune. Così si
sarebbe salvato e così fece mentre, con mani tremanti, si spogliava
dei vestiti per l'escursione e indossava la tenuta elegante da colazione,
tentando di nascondere la profonda incertezza che lo trapassava. Gli
ci volle una buona mezzora per essere pronto e, alla fine, profumato e
impomatato aprì timidamente la porta della sua stanza e guardò a
destra e a sinistra. Nessuno era in vista. Con le scarpe di vernice
nera s'avviò dopo avere chiuso a chiave il suo rifugio. I primi passi
furono di sollievo: aveva compiuto un buon quarto dell'impresa e
non gli restava che prendere l'ascensore o imboccare le scale
principali sino al pianoterra. Rimase incerto per due minuti buoni
poi si ficcò nell'ascensore che lo avrebbe vomitato esattamente al
centro della sede del suo incubo. Ma era uno di quei momenti in

cui si va al patibolo con paura e forza, un passo avanti costa un
pezzo di eternità, ma un passo indietro è impossibile. Entrò insieme
al boy e guardò illuminarsi i miseri due piani che stava discendendo.
Finché con uno squillo poderoso gli fu segnalato che erano giunti
nell'atrio della clinica e che gli restava solo da dirigersi verso la
sala - breakfast. Si guardò intorno e la vita ferveva come sempre:
fu salutato dalla reception e lui rispose legnosamente, un vecchio
malato inglese Joseph Gretton lo prese subito sotto braccio e
cominciò a sproloquiare di titoli di borsa e di andamento dell'economia
mondiale. Bobby se ne liberò in fretta con un sorriso, fece la stessa
cosa con la giovane signorina Heinz e, quasi senza accorgersene,
fu sulla soglia della sala colazione dove ferveva un feroce lavorio
di mascelle e labbra, sovrastato da una nuvola di chiacchiere e
gesti. L'uomo cominciò a guardare febbrilmente attraverso i
tavoli e le sedie, e in un minuto aveva fatto una supervisione
puntigliosa di tutti gli esseri umani presenti a quel gigantesco
rituale mattiniero. Louise Jordan, Sir Anthony Montague e Alice
Muir non erano presenti. Quasi sentì le gambe cedergli per il
sollievo e il sudore fresco farsi di ghiaccio sulla sua fronte. Non
poteva crederci: avrebbe evitato una scenata, il suo povero

cuore non sarebbe stato testimone dello scontro fra le due
donne. Con la vista annebbiata si sedette sulla prima sedia
a disposizione davanti a un tavolo appena imbandito di leccornie.
Spinse goffamente il gomito verso la sua destra e andò a
sbattere su un braccio maschile robusto e ben tornito. "Mah..."
"Bobby!" Sentì una voce tuonargli nell'orecchio. Una voce ben
 nota, anche se da tempo obliata attraverso gli strascichi del
tempo. Si girò attonito di lato e vide suo padre impegnato
a rosicchiare una piccola salsiccia tenuta ben salda con la
forchetta. E, Dio gli era testimone, gli parve istantaneamente
di essere diventato proprio quella minuscola salsiccia, pronta
a essere sbranata dal rodomonte che ora lo fissava attraverso
la fessura di due piccoli occhi ridenti.







(Continua)








 
 
 
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Un blog di: deteriora_sequor
Data di creazione: 13/05/2013
 
 

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