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Attaccato al muro insieme all'ombra XXIX

Post n°259 pubblicato il 07 Ottobre 2016 da deteriora_sequor







"Non dimenticarti di nostro padre." Fece Danilo all'improvviso. "è l'ultimo
dei nostri problemi" Replicai rabbioso "Ha voluto fare un'uscita da grande
star per far dimenticare le sue colpe. Se la caverà, tornerà a casa e
riprenderà la vita di sempre." Conclusi mordendomi i polpastrelli. Il mio
fratellastro stava camminando per la stanza per facilitare la riflessione.
Fuori aveva ripreso a piovere e il cielo sembrava più nero della pece.
"Potremmo veramente tentare con gli hotel" Dissi a un certo punto,
esasperato da quell'inattività "Partire dal più lussuoso e andare a
scendere." "Non ho nulla in contrario" Rispose asciutto Danilo. Andai
allora a recuperare un elenco telefonico e cominciai la mia personale
via crucis: Dal Majestic al Ropele me li feci fuori tutti senza ricevere
la risposta che mi esplodeva nel cuore. Di mia madre non v'era traccia.
"Tra un'ora avvisiamo la polizia" Fece lui "Potrebbe avere lasciato la
città, potrebbe avere intrapreso quel viaggio che desiderava tanto."
Lo lasciai dire mentre cominciavo a crollare psicologicamente. "Ho
dei calmanti, se vuoi. Potenti." Insistette, notando il mio smarrimento.
"No. Grazie ma voglio essere lucido sino a quando mia madre non
ritornerà a casa." Trascorse un'ora mentre non riuscivamo più a
parlarci. Solo il dannato pendolo riempiva le nostre orecchie con
il suo spietato incedere: ogni secondo che passava era un chiodo
nella mano. "Avvisiamo le divise?" Proruppi, come se avessi atteso
solo quel momento per esplodere emotivamente. "Va bene". Consentì
Danilo, e già si stava dirigendo verso il telefono fisso quando da questi
proruppe un lancinante squillo che gelò a entrambi il sangue nelle vene.
"Il telefono" Urlai meccanicamente "Sta suonando." Lo lasciammo
squillare per alcuni secondi poi Danilo sollevò la cornetta con un
"pronto" esitante e rotto. rimase in ascolto e ogni cinque secondi
annuiva solennemente. Quando poi ebbi l'impressione che la
chiamata fosse conclusa restò ancora a lungo con la cornetta in
mano. è indescrivibile ciò che provai durante quei lunghissimi
attimi. Sprofondai, affiorai, boccheggiai, respirai a pieni polmoni.
A un certo punto cominciai a torcermi le mani in modo tanto
selvaggio da farmi male. La testa mi sembrava un macigno e gli
occhi lacrimavano più per la tensione che per il dolore. Quando
il mio fratellastro ebbe appoggiato il ricevitore non domandai
nulla. Ero impietrito. Fu lui a cominciare a biascicare con una
voce che mi parve provenire da un punto lontanissimo, nell'oscurità
più completa. Io coglievo mozziconi di parola come se avessi
i canali auricolari tappati. "Lungo la ferrovia... L'hanno riconosciuta
dai documenti...bisognerebbe recarsi alla camera mortuaria per...
il macchinista non ha fatto in tempo a..." Mi sedetti con leggerezza,
compresi perfettamente le persone quando impazziscono e fanno
l'esatto contrario di quello che ci si attenderebbe da loro. "Era stesa
sui binari?" Chiesi incongruamente. Il mio fratellastro mi squadrò
preoccupato: "No. camminava accanto alle rotaie. Il convoglio l'ha
urtata e sbattuta qualche metro più in là. Nemmeno andava veloce.
Una fatalità."







(Continua)








 
 
 
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Un blog di: deteriora_sequor
Data di creazione: 13/05/2013
 
 

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