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Attaccato al muro insieme all'ombra XXXI

Post n°261 pubblicato il 15 Ottobre 2016 da deteriora_sequor

 








Dopo infiniti minuti mi sollevai dalla mia scomoda posizione con lo
stomaco svuotato e un ronzio persistente nelle orecchie. Avevo
con me l'evidenza di essere dalla parte del torto per la maniera
con cui avevo trattato il fratellastro e nel cervello l'angoscia per
quello che restava da fare con mia madre. Appoggiandomi alle
pareti arrivai sulla soglia del bagno e guardai verso la finestra.
Danilo stava fissando la pioggia quasi ipnotizzato e non pareva
essersi accorto dell'affiorare del sottoscritto tagliato in due. Non
avevo avuto il coraggio di guardarmi allo specchio ma sapevo
quello che avrei trovato: un uomo di quarantasei anni stracciato
e abbruttito, un uomo sconfitto e rozzo, esacerbato e acido. Tutto
ciò che avevo sempre sperato di non diventare. "Ehi!" Feci con le
lacrime appese agli zigomi "Penso proprio, Danilo, che mi toccherà
andare a riconoscere mia madre... Che ne pensi?" Lui si voltò
radioso; non serbava traccia di rancore nei miei confronti e mi
venne incontro con le mani lungo i fianchi. "Penso che sia utile
e anche indispensabile." Mi disse serenamente. "Cosa vuol dire
utile?" "Ti toglierà da questa casa e la smetterai di macerarti su
quello che avresti potuto fare...Non è stata colpa tua." Mi spostai
verso il divano e mi ritrovai saldo sui miei piedi fino a quando
sprofondai davanti al tavolo. "C'è un peccato, ed è quello di non
averla considerata quanto meritava. E lei non faceva nulla per
fartelo notare. Mai una lamentela, mai un rimprovero, la sua vita
è stata sacrificata a un cazzo di famiglia. Io ho pensato unicamente
a me stesso: a scopare, a ubriacarmi, a farmi i miei bei giri in Europa,
a soddisfare ogni mio estro mantenendo il culo al caldo nella coscienza
che qualcuno non mi avrebbe mai giudicato ma mi avrebbe sempre
difeso; qualcuno che mi avrebbe giustificato in ogni mia pazzia e
capriccio. Non ho afferrato il senso della sua solitudine e ormai è
troppo tardi; si è ripresa con gli interessi quello che aveva sborsato
in affetti e sentimenti ed è volata via, di certo verso un posto dove
non potrà essere trattata peggio che qui. Ma andiamo, se questo
è il destino lo devo ingoiare, scarpe comprese. Prepariamoci e
andiamo in questa camera mortuaria a fare il riconoscimento."
Così dicevo ma non riuscivo a sollevare il sedere dal divano. Ero
come inchiodato con un turbine di sensazioni contrastanti che mi
folleggiava in testa. Mi sembrava di essere in giostra e che al prossimo
giro sarei sceso, ma non v'era nessuno stop in vista al crepacuore.
Poi (lo ricordo benissimo) mi trillò il cellulare dopo tre quarti di
giornata silenziosi o fatti di messaggi inutili da parte dei miei inutili
amici. Non riconobbi il numero e risposi con una strana sensazione
e le farfalle nella trachea. Era l'ospedale, e mi avvertiva che la
situazione clinica di mio padre era peggiorata e che, non avendo
ricevuto visite durante il giorno, avevano pensato bene di avvertirmi.
Chiesi dettagli e me li diedero. Non erano le conseguenze del mancato
suicidio ma un improvviso blocco renale. Era sottoposto a cure urgenti
e ora si trovava in rianimazione. Ringraziai e riagganciai. Il ronzio alle
orecchie non cessava di tormentarmi.






(Continua)









 
 
 
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Un blog di: deteriora_sequor
Data di creazione: 13/05/2013
 
 

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