All your two-bit psychiatrists
are giving you electroshock
They said, they'd let you live at home with mom and dad
instead of mental hospitals
But every time you tried to read a book
you couldn't get to page 17
'Cause you forgot where you were
so you couldn't even read
Don't you know they're gonna kill your sons
don't you know gonna kill, kill your sons
They're gonna kill, kill your sons
until they run, run, run, run, run, run, run, run away
Mom informed me on the phone
she didn't know what to do about dad
Took an axe and broke the table
aren't you glad you're married
And sister, she got married on the island
and her husband takes the train
He's big and he's fat
and he doesn't even have a brain
They're gonna kill your sons
don't you know they're gonna kill, kill your sons
Don't you know they're gonna kill, kill your sons
until they run away
Creedmore treated me very good
but Paine Whitney was even better
And when I flipped out on PHC
I was so sad, I didn't even get a letter
All of the drugs, that we took
it really was lots of fun
But when they shoot you up with thorizene on crystal smoke
you choke like a son of a gun
Don't you know they're gonna kill your sons
don't you know they're gonna kill, kill your sons
Don't you know they're gonna kill, kill your sons
until they run, run, run, run, run, run, run away
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Post n°239 pubblicato il 12 Settembre 2016 da street.hassle
Il capitano scoppiò in una crisi isterica: "Qualcuno l'ha fatto sparire e non ci vuole molta fantasia! Quel libro deve essermi restituito altrimenti metterò sottosopra questa stamberga." I presenti erano attoniti e, nello stupore, nemmeno si davano d'attorno per vedere se l'opera letteraria fosse stata posta in qualche altro luogo della piccola stanza. Leslie era balzato dal letto e aggrediva verbalmente le due sorelle, evidenti responsabili ai suoi occhi, del dissolversi di David Fitzroy: "Finalmente ci siete riuscite, streghe isteriche a nascondere le vostre malefatte, ma non finisce qui! Quello che avete fatto a Baltasar verrà alla luce! Non è facendo sparire un libro che si nascondono le colpe." Urlava in un inglese sempre più sconnesso. Il Generale Arngeirsson si era ritirato verso la porta e osservava la scena dall'alto dei suoi quasi due metri senza profferire motto ma riflettendo su quanto l'inglese stava sboccando a destra e a sinistra. Nessuno osava fermarlo anche perché riconosceva la sua fondamentale ragione e restava perplesso sulla maniera in cui l'opera era scomparsa, come in seguito a un gioco di prestigio. Terminato il suo sfogo Atwater ricadde sul letto e chiese a Sesil di preparare le sue cose per spostarsi in un altro luogo riparato. "Posso ospitarla in una delle casette lungo la costa, proprietà dell'esercito islandese." Mormorò il generale "Non sono molto spaziose ma hanno i comfort indispensabili: sono in legno e resistenti al freddo e a tutte le intemperie." "Se vuole può venire a stare da me, capitano." Intervenne Sesil Gunnarsson "Ho una casa a 12 chilometri da qui. è confortevole, un po' disordinata ma dignitosa, e lei sa che può tranquillamente fidarsi di me." Il graduato britannico riflettè a lungo, poi, in base ai suoi elaborati pensieri accettò l'offerta del giovane pescatore: "Non perché non mi fidi dell'esercito islandese" prese a dire "Ma con Sesil si è stabilito un rapporto speciale, non ho mai avuto un luogotenente così affidabile e sincero. So di potermi appoggiare a lui in ogni mia esigenza." "Conosciamo Sesil" Fece Jòn Beiddarsson "Del resto siamo stati noi a presentarglielo. Ma mi permetta un'osservazione... Perché tutto questo polverone per un libro che si stava rivelando letale per lei?" Leslie sospirò profondamente: "Forse quel tomo mi stava veramente ammazzando ma era anche l'unico modo per ottenere giustizia riguardo la fine di Baltasar. Lui parlava attraverso quel libro. E ora? cosa sarà delle ricerche che il generale Arngeirsson intende avviare? Il terreno è enorme e dispersivo. Senza i dettagli che Baltasar lasciava attraversare possedendomi diventa tutto più complicato." Ci fu un'approvazione generale. Solo le sorelle rimasero zitte, avvolte dal silenzio come da un sudario bianchissimo. (Continua) |
Post n°238 pubblicato il 07 Settembre 2016 da street.hassle
Leslie Atwater restò un attimo perplesso, poi appoggiò i gomiti sul materasso e si inarcò con la parte superiore del corpo in avanti: "Nessuna ostinazione, nessuna pervicacia. Posso andarmene in qualsiasi istante da questa casa." Le sorelle non reagirono e questo parve al capitano molto più che un'opinione. I due ufficiali islandesi stavano attoniti e alticci di fianco al letto. Sesil si lisciava la ciocca di capelli biondo cinerognola con fare nervoso e l'intenzione, non ancora molto chiara, di riportare una tregua a quell'improvviso scontro. "Beh, allora è deciso..." Fece l'inglese scostando le coperte "Me ne vado da questo posto. Sesil mi darà una mano con le mie cose e poi effettuerò il trasloco. Dove? sinceramente non lo so..." E Fissò con sguardo interlocutorio Jòn Beiddarsson e Falur Heimirsson "Ma comunque troverò un tetto sopra la testa per un ufficiale di Sua Maestà che ha sempre fatto il suo dovere in modo inappuntabile e..." Lo sguardo gli cadde sul pesante libro nero di David Fitzroy "Senza possedere sensi di colpa per qualsivoglia ragione militare." A quel punto ebbe un manca mento e Sesil lo sorresse immediatamente prima che scoppiasse il putiferio e il capitano scivolasse dal giaciglio. Quando si riebbe aveva una pezzuola sulla fronte e un termomentro sotto l'ascella. Cominciò a mettere a fuoco gli oggetti e le persone intorno a lui è notò una nuova presenza nella piccola stanza della sua degenza. Era il generale Arngeirsson, capo del dipartimento militare da cui dipendevano Atwater e tutti gli inglesi sbarcati su quel lembo di terra. Un uomo severo, asciutto e quadrato, dalla mascella volitiva e gli occhi infuocati. Immensamente alto e carismatico. Inizialmente al capitano parve di trovarsi di fronte al proprio antico insegnante di religione e balbettò qualcosa a propria discolpa, fino a quando non riprese pieno possesso della propria razionalità e capacità obiettiva. "Mi scusi" Boccheggiò accennando un saluto militare "Io e lei ci conosciamo. Lei è il generale Arngeirsson. Non doveva scomodarsi a piombare in questo abbaino...Penso di avere avuto l'ennesimo svenimento e me ne dispiace. Spero di non avere delirato troppo e di non avere rivelato segreti che è sempre meglio mantenere nella propria intimità." "Nessuna vergogna da celare, capitano." Fece Arngeirsson affabilmente "E se ha voglia di discutere possiamo già cominciare a parlare." "Beh, certo...Io... Un momento! Il libro di David che era sulla finestra, dov'è finito?" Tutti seguirono l'indice tremante di Atwater che indicava uno spazio vuoto dove fino a poco prima c'era l'opera conclusiva del suo grande amico. (Continua) |
Post n°237 pubblicato il 03 Settembre 2016 da street.hassle
I due ufficiali islandesi piombarono con passo malcerto nella stanza di Atwater. Gli fecero il saluto militare, poi si misero comodi sistemandosi su due sedie impagliate spinte da una parte e iniziarono a fissarlo, quasi dandosi di gomito nell'attesa che lui gli rivolgesse la parola. Ma il capitano britannico li aveva appena degnati di uno sguardo ed era tornato a sfogliare le pagine di David Fitzroy con languido trasporto. Jòn Beiddarsson fece un accenno con il mento al libro: "Abbiamo l'ordine di sequestrare quell'opera." Leslie diventò di tutti i colori mentre Sesil non rideva alla pessima battuta dell'ufficiale islandese. Istintivamente l'inglese si portò il manoscritto al petto e lo strinse forte. "Chiunque tenterà di prendermelo volerà fuori dalla finestra." Aggiunse poi in tono selvaggio. Gli islandesi scoppiarono a ridere e si diedero grosse pacche sulle spalle. "Lo scherzo ha funzionato." Urlò Falur Heimirsson mentre il collega tirava fuori il pacchetto delle sigarette. Nel frattempo un forte trapestio dabbasso lasciava capire che anche Isveig e Eyleif erano tornate dal loro giro con la piccola Agnes. Leslie chiuse repentinamente il libro e lo appoggiò sul comodino, quasi con l'intenzione di non farsi cogliere dalle due donne mentre stava leggendo. Tutti sentirono i passi indugiare sulle scale e poi aprirsi una fessura nella porta da cui dardeggiarono due occhi azzurri. Era Eyleif, che squadrò con attenzione i presenti e poi chiese, temperando dolcemente la voce: "Possiamo entrare?" I presenti annuirono quasi all'unisono, e dentro fecero la loro irruzione Isveig e Eyleif senza la piccola Agnes. "Dov'è la bambina?" Chiese Sesil incuriosito. "è in giardino a giocare." Fu la risposta, che aleggiò per diverso tempo nell'aria secca e tiepida del mattino inoltrato. Nessuno sembrava avere voglia di prendere l'iniziativa fino a quando la vodka non inumidì ancora la favella di Falur e gli fece sussurrare rivolto alle sorelle: "Ci saranno degli scavi nei dintorni, alla ricerca del cadavere di Baltasar." Solo un lievissimo sussulto tradì la compostezza delle donne. "E chi l'ha deciso?" Proruppe Isveig con un filo di voce. "Arngeirsson, ovviamente. Gli sono giunte diverse lamentele da parte della famiglia del ragazzo, e poi tutte le bizzarre trovate di Filippus stanno facendo saltare i nervi agli abitanti del posto." "Non è stato lei a lamentarsi?" Fece improvvisamente la donna, arcigna, rivolgendosi a Leslie Atwater. Il capitano scosse la testa e replicò con calma assoluta: "Ci debbono essere nell'aria strane componenti che vanno a fondersi. Penso che una voce persistente gironzoli per il cervello del comandante e lo abbia convinto a setacciare la zona. La chiami giustizia, la chiami carità, la chiami dovere ma penso che Arngeirsson stia facendo la cosa giusta. è indubbio che questo posto celi qualcosa. Le donne ora sussultavano vistosamente: "Da quando è arrivato lei, inglese, sono cominciate le nostre disgrazie. Non so con che coraggio abbia ancora l'ostinazione di restare in questa casa." (Continua) |
Post n°236 pubblicato il 30 Agosto 2016 da street.hassle
Udirono un'automobile frenare poco fuori dalla casa. Sesil posò il libro e si accinse ad alzarsi per andare incontro alle due donne mentre Leslie restava a letto con le mani allacciate dietro la testa. "Cosa intendi dirle?" Fece al suo giovane autista. "Nulla di particolare. Farò presente che ci sono mille modi per uccidere una persona e che lasciarlo affogare dall'alta marea è uno dei più crudeli." "Non essere così duro. è colpa mia. Ho forzato troppo le cose e ho esasperato quella donna. Sono stato deliberatamente crudele per metterla alla prova." "Questo non giustifica il suo comportamento. Lei è un ufficiale di Sua Maestà Britannica ed è stato ospitato senza nessuna requisizione o forzatura. Se a loro non sta più bene possiamo cercarci un'altra sistemazione. " Detto questo Sesil Gunnarsson si alzò in piedi e si diresse alla porta, fino a giungere alle scale dove sentì trillare il campanello. "Al diavolo" pensò "Perché suonare? Non hanno forse le chiavi?" Scese di corsa fino al pianoterra e aprì la porta senza nemmeno guardare. Jòn Beiddarsson e Falur Heimirsson erano davanti a lui nella loro immacolata uniforme islandese e negli occhi qualcosa a metà fra un sorriso irritato e una apparente soddisfazione. "Aspettavo qualcun altro veramente." Buttò lì seccato Sesil. "Non sei contento di vederci Gunnarsson?" Replicò Falur Heimirsson squadrando da capo a piedi il suo interlocutore "Ormai sembra tu sia diventato di casa. Ti permetti addirittura di scegliere gli ospiti? Dove sono le donne?" "Sono andate in città a fare compere e c'hanno lasciati qui a badare all'abitazione." Replicò Sesil senza accennare alla disavventura di Atwater. Un bizzarro senso di preservazione lo convinse a non spingersi oltre nelle confidenze. Sentiva, inoltre, un pungente aroma di vodka provenire dalle due figure che aveva di fronte e lui si ritrasse istintivamente come gli capitava sempre davanti a individui alticci. "Ti abbiamo portato un regalo, Gunnarsson. A te e al capitano" Pronunziò con la lingua lievemente intrecciata Jòn Beiddarsson, estraendo con una mano nascosta dietro la schiena una bottiglia di liquore mezza piena. "Puro whiskey di malto irlandese" Aggiunse Heimirsson strascicando le parole "Lo abbiamo recuperato grazie al colonnello Arngeirsson, che ha ritenuto fosse una bella idea far ritrovare il gusto delle sue terre ad Atwater. è della collezione personale del colonnello." Sesil accennò una smorfia, poi si mise a ridere "Non credo proprio che il capitano abbia qualcosa a che fare con gli irlandesi ma comunque accetto da parte sua il regalo di Arngeirsson." E allungò la mano prendendo la bottiglia e soppesandola. "Non penso gli faccia bene in questo momento, ma la terremo da parte per tempi migliori." I due graduati islandesi accennarono un moto di disappunto ma sfoderarono ben presto il loro charme da divisa. "Non ci fai entrare, Sesil? Dobbiamo parlare con Atwater; è una cosa abbastanza importante." "Accomodatevi." E Gunnarsson si fece da parte. Passandogli accanto Heimirsson non riuscì a tapparsi la bocca e mormorò all'orecchio del giovane: "Arngeirsson si è convinto che ci sia qualcosa di strano nella sparizione di Baltasar e si è messo in contatto con la magistratura. Pare che passeranno la spiaggia al pettine con i riservisti." Sesil, dopo avere aguzzato l'udito fissò i suoi occhi in quelli del confidente: erano torbidi ma una lieve angoscia vi affiorava sullo sfondo; come il retro gusto di un'ottima bottiglia di whiskey irlandese. (Continua) |
Post n°235 pubblicato il 26 Agosto 2016 da street.hassle
"Perché dovrei, dunque, sentirmi in colpa per David? Io...ho fatto tutto quello che potevo per alleviare le sue sofferenze. Non gli sono mai stato ostile...gli sono sempre stato amico." "Ma forse lui voleva qualcosa di più." Leslie Atwater si morse il labbro inferiore: "Io non potevo dargli quello che lui desiderava...Insomma l'Amore. Da ragazzino non capivo quel suo starmi così vicino, quasi incollato. Non riuscivo a capire che in questo modo cercava una difesa dai bulli della scuola, una consacrazione al mio fianco. Io, al contrario di lui ero molto rispettato. Quasi temuto." "E per evitare di perdere la sua aura di inattaccabile, per non sminuire la sua fama presso i coetanei ha lasciato che David affrontasse il suo destino." "Ma fu lui a offrirsi volontario quel giorno a Dunkerque." "Era una missione pericolosa, immagino." Il capitano annuì: "Si trattava di minare un ponticello sotto le incursioni degli stukas tedeschi. Era talmente esaltato che non me la sentii di rifiutare. Ricordo ancora l'espressione nei suoi occhi: era come acciaio mescolato a oro. Non avevo mai visto né rivedrò mai più uno sguardo simile." "Stava andando a morire e lo sapeva. Lo capisce questo?" "Certo. Lo intesi sin dal primo istante." "E non poteva impedirgli di suicidarsi?" Sesil si era alzato in piedi e rimirava il territorio fuori dalla finestra, cosparsa di migliaia di goccioline minuscole. "Non ne ebbi la forza. A questo siamo arrivati, dunque? Ricordo che pensai. Ma ancora adesso sono convinto che non v'era alternativa e che quello fosse la decisione migliore che David potesse prendere. Riscattare la dignità del suo Paese, lo Stesso che lo aveva messo ai margini a causa della sua...natura." "Lei non fece nulla per rendergli la vita più facile, malgrado si proclamasse amico. Forse non lo abbracciò mai o gli disse una buona parola. Sotto le armi è l'onore prima di tutto, non è forse così?" "Lui era un sottufficiale come altri. Un sottoposto. dovevo rispondere della vita di centinaia di ragazzi, non esisteva solo David Fitzroy." Sesil Gunnarsson si staccò dalla finestra e tornò a sedersi vicino al capitano, prendendo nuovamente il libro in grembo. "Quando le diede questo?" "La sera prima di partire in missione. Venne appositamente nella mia tenda." "Le disse qualcosa?" Oh sì, parlammo brevemente e lui mi sussurrò: "Dentro questo libro non ti scorderai di me. Io lo afferrai come se scottasse e lo misi sulla mia branda. Effettivamente realizzai presto che c'era tutto David Fitzroy in quell'opera." "Forse non solo il ricordo." "Già." Replicò mestamente Leslie. "Per un motivo o un altro una parte della personalità di quel ragazzo si è trasfusa con le pagine della sua opera omnia, e non riesce ad abbandonarmi." "Perché non ci fa i conti una volta per tutte con il fantasma di quel povero diavolo? è ancora così dannatamente impettito da non riuscire ad ammettere che voleva bene a David? Non mi fraintenda, non sto parlando inclinazioni sessuali, sto parlando che David aveva un bisogno fottuto della sua approvazione mentre riusciva a trovare solo freddezza e rigore, da perfetto gentleman inglese. Non le stava chiedendo di venire a letto con lei, solo di non emarginarlo, di non fare come tutti gli altri, di non lasciarsi andare a risolini alle sue spalle, o a battute fuori luogo, o a sottili riprovazioni morali." Leslie Atwater sollevò il pugno verso Sesil: "Non t'azzardare! Mai mi sono permesso con David delle cose del genere." "Va bene, non si alteri. Ma cerchi di capire che David voleva solo un amico, un sodale e ha trovato un superiore glaciale e imperturbabile, al quale ha sacrificato persino la sua vita." (Continua)
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Post n°234 pubblicato il 22 Agosto 2016 da street.hassle
Poi fu la volta del controllo medico di prammatica e il Dottore entrò con passo spedito e il volto corrucciato, quasi non vedesse l'ora di sbrigare quelle patetiche incombenze e andarsene verso la sua Vita: Una passeggiata con la sua fidanzata, osservare con Lei le vetrine, un buon sigaro, un bicchiere o due di xeres e la chiacchierata al circolo in ottima compagnia. Questo gli si leggeva in fronte mentre sbrogliava la fasciatura. Davanti alla situazione peggiorata ristette un attimo, poi fissò Curtius quasi con astio, come fosse colpa sua se non si decideva a guarire :"Le cose non vanno per niente, Krabbe, e se non migliorano saremo costretti ad amputare, altro che storpio per il resto della Vita." Il ragazzo ristette sorpreso e le lacrime presero ad affollarglisi agli occhi mentre il dolore per essere sbatacchiato qua e là dal mediconzolo lo costringeva a vedere le stelle. Finita la visita il dottorino si rivolse, con una rabbia sempre più malcelata, all'infermiera e strepitò :"E chiuda quella porta. I malati devono avere tranquillità, riposo e riservatezza." L'infermiera sotto lo sguardo attonito di Curtius si avvicinò alla porta che separava le due stanze e la chiuse con un tonfo. Sparita era la ragazzina e i suoi occhioni vasti, sparita era la ragazzina con il suo sorriso che pareva intaccare persino i bordi del piccolo volto. In pochi minuti Il Dottore e l'infermiera erano scomparsi e il ragazzo si trovava solo e spaurito in quella stanza che sapeva di acido fenico e ammoniaca. Ristette per un attimo a collezionare pensieri cupi, poi un'idea meravigliosa gli attraversò il vestibolo cerebrale e lo colmò di determinazione: si sollevò sui gomiti e fissò le stampelle, finora inutili, che giacevano contro il letto. Le afferrò e gettò con immensa fatica le gambe oltre quella trappola. Il dolore gli attraversava le gambe come scariche galvaniche e gli devastava il cranio, la paura di non farcela gli serrava la gola e lo faceva ansimare come un mantice. Ma non recedette di un centimetro. Facendo leva sulle grucce, e andando a sbattere contro il piccolo tavolino, si fece largo. I piedi gli si strascicavano al suolo e le caviglie spezzate dentro l'armatura gli sbranavano muscoli e carne. Gli ci volle un'ora per percorrere cinque metri, ma alla fine era lì. Sentiva il cuore battergli come un martello intento su chiodi lunghissimi. Aveva il volto madido di sudore e il buio intorno si era fatto deciso, temperato solo dal pieno turgore della luna. Girò la maniglia strapazzato dall'emozione, tremava vistosamente e i denti gli battevano mentre la porta si spalancava. Folle, posò immediatamente gli occhi sul giaciglio dei suoi sogni. Sconvolto, lo trovò vuoto. Le forze gli mancarono in un attimo e crollò a terra come una statua dinamitata. Perdendo l'equilibrio e allungandosi sull'impiantito vene a incocciare con uno strano fagotto a sua volta disteso al suolo. Nel buio allungò le dita e trovò un viso, nel buio riconobbe degli occhi enormi, nel buio seguì i contorni di una bellissima bocca ancora ferma nel sorriso. E allora capì tutto. Si erano cercati disperatamente e, alla fine, si erano incontrati. Proprio lì, mentre la Morte aveva calato le sue ali sulla ragazza, ora indugiava ad avvolgere anche Curtius nella sua stretta. Ma Curtius non aveva paura: il suo percorso si era compiuto e il loro Amore, appena nato, era bruciato in fretta nel mondo ma ora si avviava a durare per l'Eternità. Saldo come le loro gambe, finalmente. Dolce come i baci con cui Lui le stava riempiendo, in quel momento decisivo, il volto. "Beh, che ne pensa?" Fece Sesil all'ufficiale. Questi era rimasto inchiodato al letto e non osava aprire bocca quasi potesse sciupare quell'attimo di eternità che la storia aveva scalpellinato fra loro. Solo dopo cinque minuti spalancò le labbra e l'aria gli si fece suono. Ma un suono stentato e asmatico che produsse una sola parola: "Agghiacciante." "Davvero lo trova così? eppure dovrebbe essere stato suo amico e conoscerlo bene. Quello che mi viene in mente è: straziante. Non chiede pietà a nessuno. C'è un grande orgoglio qui dentro. Nulla di sdolcinato e strappalacrime. L'insieme è asciutto e duro, poche pennellate per dipingere il dottorino e l'infermiera, altri rapidi accenni al vetriolo all'ospedale. I veri protagonisti restano i due ragazzi e il loro amore esploso all'improvviso; una bufera in un bicchiere d'acqua. La società li sconfigge ma loro vincono scavalcando persino la morte. Sono eternati, trasfigurati, assunti in cielo senza carro di fuoco ma con una leggera brezza che asciuga le loro madide fronti." Sesil Gunnarsson represse un forte singulto e per evitare imbarazzanti confronti guardò fuori dalla finestra. Leslie se ne accorse immediatamente e mormorò: "è per questa ragione che lo porto sempre con me. Per me è come se fosse ancora vivo, e attraverso le sue prose e le sue poesie ne evoco l'immagine tutti i giorni." "Sbagliato" Replicò il pescatore alzando di qualche semitono la voce: "Lei lo porta con sé per tenerlo in ostaggio, per non farlo uscire da quelle pagine, perché teme che potrebbe nuocerle molto. Per una ragione che mi è ancora sconosciuta sente una colpa profondissima nei confronti di David Fitzroy, e questa colpa si è trasformata in ossessione costringendola a portare quel libro nero con sé ovunque andasse, come un paio di catene. Ma i nodi vengono sempre al pettine, capitano Atwater, e si da il caso che un povero islandese, ammazzato come un cane, abbia fatto conoscenza con David Fitzroy e che le stia chiedendo un po' di spazio nella sua coscienza. Lei non immagina come sono i revenant islandesi: spesso burberi e brutali, non vanno per le spicce. Quando si apre una leggera fessura nelle fasce spazio-temporali si introducono sgomitando, senza chiedere il permesso a nessuno." (Continua) |
Post n°233 pubblicato il 12 Agosto 2016 da street.hassle
Sfogliando le pagine si imbatté in una prosa che attirò la sua attenzione; si intitolava "Curtius" e prese a leggerla avidamente. Era molto breve e si risolveva in due brevissimi capitoli. Quando ebbe terminato Sesil si leccò le labbra tumide e uscì con un'imprecazione colorita in inglese. "L'ha mai letta?" Fece ad Atwater. L'ufficiale scosse il capo: "Non ricordo nulla con quel titolo. Ho letto parecchio di quel librone, ma soprattutto le poesie e parte del poema maggiore. Magari alcune prose, ma non ricordo Curtius." Il pescatore gli allungò l'edizione e disse sommessamente: "Legga. Lo legga. Lo trovo molto istruttivo su David Fitzroy." Leslie afferrò il libro e prese a scorrere le parole del piccolo racconto. Chissà perché sentiva che doveva farlo ad alta voce. Avevano portato il ragazzo in ospedale tre mesi prima. Si era addormentato su un carro che portava fieno ed era caduto con le ruote che gli passavano sopra e gli tritavano le gambe sotto il ginocchio. L'avevano portato in ospedale che era tutto viola e le macchie del vomito gli inondavano la camicia di canapa. Nemmeno si pensava di poterlo salvare, tantomeno di salvargli le gambe ma, si sa, i miracoli avvengono, e Curtius era riuscito a preservare le sue estremità a prezzo di dolori indicibili e sofferenze inenarrabili. Anche adesso, mentre mordeva la coperta per non urlare, si chiedeva se fosse più fortunato o dannato ad essersi aggrappato con i denti al suo essere integro e ad averlo difeso contro tutte le previsioni. Tanto per tirarlo su il medico gli aveva comunque annunciato che doveva convivere con la possibilità di restare storpio. E allora, si diceva Curtius, perso per perso vale la pena di tenersi quelle propaggini inutili e soffrire tutto il dolore del Mondo, come quel Cristo che pendeva incassato e scarno dalla parete? Sollevò la coperta e fissò le gambe dentro la gabbia di ferri che gli era stata costruita intorno. La carne era enfiata e violacea, e mandava cattivi odori. Capì subito che si stava consumando forse per la dabbenaggine di qualche dottore, forse per un inevitabile giro del Destino. Tirò su il panno e girò la testa verso il muro, disperato e scosso dalla pena fisica. E fu proprio allora che si accorse che la porticina che dava sulla stanza confinante era semi aperta e poteva vedervi dentro. Per Lui fu come si fosse spalancato il sole sopra un paesaggio incrostato di nebbia. Poteva occhieggiare nella stanza e vedere una ragazza distesa nel suo letto che lo osservava a sua volta. Era pallida, ma bellissima, riusciva addirittura a individuarne gli occhi, così grandi da colmarle quasi tutto il volto, talmente profondi da attirarlo nella sua direzione, simile al pozzo che custodisce l'acqua. Curtius si sentiva bruciare. Aveva finito i liquidi ma non osava suonare il campanello poiché temeva che l'infermiera, una volta giunta nella stanza avrebbe chiuso immancabilmente la piccola porticina e gli avrebbe negato la visione della sua personale salvezza: il volto della ragazzina che faceva capolino, ora con un grande sorriso stampato sulle labbra enfiate. Il ragazzo avrebbe voluto parlare ma la voce non gli perveniva: gli saliva fino in gola ma lì si annichiliva e si disperdeva dandogli solo un grande raspare e la sensazione di fastidiosa impotenza. Tentò più volte finché, alla fine, si rassegnò e rimase, muto, a osservarla mentre i dolori forti alle gambe gli davano tregua e andavano in libera uscita. Per un attimo, mentre scendeva la sera, gli sembrò che potessero essere fratello e sorella o due teneri amanti, separati da qualche disavventura nella vita, e iniziò a fantasticare non togliendo per un attimo lo sguardo dalla ragazza. Il crepuscolo calava con dolcezza e iniziava a stingere i contorni. Ma anche se non la vedeva più chiaramente, sapeva che la fanciulla era sempre lì, con gli occhioni spalancati e il sorriso gigantesco, e questo gli offriva lenimento alla pena. Dimenticava di essere un mezzo uomo. (continua) |
Post n°232 pubblicato il 08 Agosto 2016 da street.hassle
"Via, non facciamola troppo tragica. quelle due donne sono solo spaventate." "Fino al punto da lasciarmi sommergere dalla marea ed essere trascinato al largo dai flutti?" "Si metta nei loro panni, capitano. Forse hanno compiuto qualcosa, forse anche involontariamente, e ora uno spirito viene a presentare loro il conto sotto la forma di un ufficiale inglese invasato. Non sarebbe spiacevole anche per lei?" "Io sono la vittima. Non ho chiesto Io di essere trascinato in questo verminaio." E spinse con rabbia la sedia che stava a fianco del letto. Cadde anche il libro di David Fitzroy, lasciando affiorare una vecchia cartolina con una veduta naturale tipicamente britannica. Sesil l'afferrò girandolo e lesse il posto della località: Glenridding nel Lake District. Sopra vi erano scarabocchiati dei saluti e due firme indecifrabili. La porse a Leslie: "è di David?" Il capitano le diede un'occhiata distratta e annuì mormorando di non sapere quale fosse l'altra firma. "Magari era la sua ragazza?" "David non aveva ragazze, ed era vittime di stupidi scherzi anche per questo. Probabile che fosse sua madre. O una zia." "Poteva essere un suo amico, allora. Magari era lei, con una firma contraffatta." Il ragazzo esplose in una risata ma si ricompose rapidamente: "Mi spiace. non volevo essere irriverente. Ma...Con il fatto che non avesse amici, intende quello che sto intendendo Io?" Atwater fece un cenno con il capo e si fece mesto: "Ne soffriva parecchio. Non accettava la sua inclinazione, la viveva come un morbo da sradicare. Sapessi quanti psicanalisti ha visitato." Il giovane marinaio si forbì la bocca prima di parlare: "Un uomo così non è un uomo senza amici, è solo un uomo infelice." Il volto del capitano si fece cupo: "L'esercito non è pronto ad accettare quel genere di situazioni, come non lo è il mondo, come, forse, non lo ero Io, per quanto lo apprezzassi e lo difendessi con tutto il mio cuore." "Ma ne era anche imbarazzato, vero?" "Sapevo quanto potesse costarmi in fatto di carriera l'essere oggetto di chiacchiere insulse, ma, per quello che ho potuto non l'ho mai abbandonato." "Ha mai girato la faccia dall'altra parte?" Leslie ebbe un moto di rabbia: "Non sei il mio confessore! E Io posso avere sbagliato ma, fino all'ultimo, sono stato il suo confidente più stretto, il suo compagno più deciso, e il continuatore della sua eredità spirituale." Detto questo Atwater diede un'occhiata all'imponente volume e cominciò a sfogliarlo: "C'è una sezione dedicata ai Canti, e una, altrettanto imponente fatta di piccole prose, bozzetti impressionistici con i quali descrive le sensazioni di viaggi, certi incontri, il finale è un lungo poema in stile Miltoniano." Il ragazzo si sedette a fianco del capitano sul letto e seguì le sue mani mentre vagolavano tra le pagine. "C'è tutta una vita lì dentro. Qualcosa che nemmeno la sua esistenza reale può avere mai rivelato." (Continua) |
Post n°231 pubblicato il 02 Agosto 2016 da street.hassle
Sesil comprese solo mozziconi di parole. Il discorso non era fluido ed evidentemente compromesso dallo stato fisico dell'ufficiale che virava sul delirante con brio. Comunque si parlava sempre di un naso, di pietre, di un morto e di pioggia. E il ragazzo cominciava a mettere insieme i pezzi del rompicapo e la sua testa lavorava incessantemente. Quando, finalmente, arrivò alla casa delle sorelle non trovò nessuno. Guardò sotto al tappeto e rinvenne la chiave d'ingresso insieme a un bigliettino scritto velocemente: "Siamo andate in città a fare compere." Il ragazzo imprecò ad alta voce ma riuscì ad aprire la porta dopo avere appoggiato Atwater. Quindi lo risollevò e lo condusse fino alla sua stanza al primo piano, dove lo spogliò e lo mise a letto. Sorprendentemente il capitano non dava più segni di squilibrio e anche il gelo che lo attanagliava si era attenuato. Sesil si rese conto di stare peggio del suo compagno di cammino. Andò in bagno per immergersi nell'acqua bollente e ritrovare un equilibrio di temperatura e, quando ne uscì, realizzò di stare meglio e, con indosso l'accappatoio di una delle due sorelle tornò dal malato che lo stava aspettando ad occhi spalancati. "Che succede? Ricordo solo che ero su una spiaggia sferzata dal vento con le mani e le ginocchia che sprofondavano. Poi sei arrivato tu." "Isveig. Ti ha accompagnato in una escursione lungo l'oceano e poi ti ha abbandonato. Deve essere successo qualcosa." "Ho...parlato?" Sesil sorrise: "Solo qualche frase sconclusionata, difficile da decifrare. In islandese perfetto, però." "Adesso sto bene. Dove sono le donne?" "Beh, sono andate in città a fare compere." "Intendi dire che mi hanno abbandonato al mio destino?" Il ragazzo si sedette e prese in mano il libro di David Fitzroy. "Sono in una situazione difficile. Penso che anche per loro il cerchio si stia stringendo e stanno facendo di tutto per salvarsi la pellaccia." "Anche ammazzarmi?" "Ammazzarti? Sarebbe stato un incidente frutto solo della tua testardaggine. La marea che cresce in fretta per un inesperto e ti travolge tra i flutti." "Sono ancora al sicuro qui dentro? Stanotte Eyleif mi si è infilata nel letto." "Davvero? Allora la cosa sta diventando estremamente seria. Quelle due donne stanno cercando in ogni modo di esorcizzarti e di cacciare Baltasar o chi per lui dal tuo corpo e dal tuo spirito. Devono avere fatto una scorpacciata dei libri della vecchia madre." "Ma un revenant non è un testimone" Sbottò Leslie "Nessuna legge presterà mai ascolti ai deliri di un...pazzo schizofrenico. Perché è così che sarò classificato." E il militare si gettò indietro, con la testa nel cuscino e minuscole lacrime che si affollavano intorno ai suoi occhi. (Continua) |
Post n°230 pubblicato il 29 Luglio 2016 da street.hassle
Sesil Gunnarsson era piombato nella casa delle donne proprio mentre Isveig stava tornando dalla passeggiata e dall'abbandono di Atwater. Lui sollevò il cappellino militare in cenno di saluto e chiese se poteva entrare un attimo a fare due chiacchiere. La donna aveva il viso stravolto, la bocca serrata e le labbra livide. Gli occhi neri erano spalancati e le ciglia non sbattevano. Il ragazzo si accorse subito che qualcosa non andava: "è andata a fare una passeggiata?" Disse, con un accento di preoccupazione. "Sì, sono appena tornata. Il tempo non promette bene. C'è aria di tempesta e verrà l'alta marea." Poi entrò in casa senza fargli cenno di seguirla. "Un momento" Fece Sesil " Posso parlare con il capitano. In questo momento sta bene? è in grado di capirmi?" Isveig si girò con tutta la possanza della maturità e un sorriso ben visibile a mezza bocca: "Nella stanza non lo troverà. Ha insistito per fare una passeggiata stamane e Io l'ho accompagnato fino al naso di Birkir. "Poi" E qui si arrestò un attimo come colta da un fremito "Ha insistito per restare da solo. Doveva riflettere su alcune cose, mi ha detto." Il ragazzo comprese al volo il significato recondito delle parole della donna e abbandonò di corsa l'ingresso alla casa per dirigersi verso il bagnasciuga con passo rapido. Giunto sulla spiaggia iniziò a correre, ansimando pesantemente. Il naso di Birkir non era lontano: poteva decifrarlo in mezzo alla nebbia ma la sabbia e l'acqua alta iniziavano a ostacolargli l'avanzata. Gli ci volle parecchio per arrivare a una trentina di metri dal promontorio e notare una figura appoggiata per terra con i gomiti e le ginocchia. Avvicinandosi ulteriormente si rese conto che si trattava esattamente di Leslie, parzialmente sommerso dall'alta marea. Gli arrivò a fianco e lo sollevò. Era cianotico e pallido, e respirava con fatica. Gli passò il braccio intorno alle spalle, sollevandolo, e prese a incamminarsi verso l'abitazione delle sorelle. "Mi riconosce, capitano?" Urlò mentre la pioggia e la nebbia si infittivano. Il freddo cominciava a mangiare i corpi. Grazie al cielo il corpo dell'ufficiale era leggerissimo e non intralciava gli spostamenti di Sesil. Entrambi battevano i denti quando furono giunti a metà del loro cammino di rientro. Tutto sommato Atwater sembrava reagire bene e non fare opposizione passiva. Solo, di tanto in tanto, borbottava qualcosa di inintelligibile che fece, ben presto, venire ulteriori brividi al giovane accompagnatore. L'uomo che lui stava trasportando era tornato a parlare in islandese stretto. (Continua) |
Inviato da: cassetta2
il 21/10/2020 alle 10:33
Inviato da: angi2010
il 23/10/2017 alle 22:12
Inviato da: giampi1966
il 05/11/2016 alle 12:07
Inviato da: street.hassle
il 25/10/2016 alle 11:22
Inviato da: street.hassle
il 25/10/2016 alle 11:19