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Post n°137 pubblicato il 18 Giugno 2006 da crisse
 
Tag: Io
Foto di crisse

Un’esperienza che finisce è sempre un lutto da elaborare. Bella o brutta che sia stata.

La prima settimana qui, a maggio ero completamente solo in balia di questo popolo di matti.

Nella seconda settimana sono stato raggiunto da Paolo, che ha alleviato il mio pesante senso di solitudine.

Una settimana a casa a lavorare sodo, ed infine questa settimana che si chiude, in cui qui a Lexington però eravamo in tanti, ben in 9.

Ora io mi sento come alla fine della scuola, come al rientro da una gita scolastica, come quando si lasciavano gli amici dopo il campeggio parrocchiale. Con la consapevolezza di aver vissuto un’esperienza bella, divertente, a volte anche profonda. E che quella esperienza non potrà mai più tornare.

Non torneranno più le risate al ristorante texano, o il tifo fatto insieme davanti alla TV, il lavoro duro chiusi in uno stanzino, le battute su di noi, le discussioni sugli argomenti più disparati.

Potranno esserci altre risate, altre battute, altro lavoro, altro tifo. Ma queste sono andate, e resteranno solo nella mia, nella nostra memoria.

Preserve your memories, they’re all that left you.

Questa sera mi hanno trascinato al ristorante giapponese, non volevo andare, ma non volevo nemmeno partire domani senza prima aver adeguatamente salutato tutti loro: Antonio, Johnny Shankee, Frank, Sandro, Francesco, Emilio, Ciccio, ed Alessandro, che non troverò più qui al mio ritorno (se tornerò) perché già destinato ad altro. E questa sarà una grande perdita per tutto il gruppo.

Neanche una ragazza, ci hanno mandato qui tutti maschi, e questo aggiunge ancora un po’ di tristezza all’esperienza.

Ma mi mancheranno anche le strade ampie, e dritte. I ristoranti ogni venti metri dove puoi prendere un panino. Il senso di libertà che ti da il vivere qui, le persone che pur non conoscendoti ti salutano sempre.

Non mi mancherà il lavoro, quello no. Quello sotto pressione, delle riunioni fiume.

Al giapponese ci hanno messo al tavolo (noi nove) con una squadra di softball (altre nove) reduce presumo da una partita. Un cameriere svitato ci ha preso le ordinazioni ed un cuoco smelonato ci ha preparato le pietanze direttamente sul tavolo facendo le acrobazie più impensabili con coltelli, carni, pesci, spezie, verdure. Neanche fossimo al circo Errani. Ad un certo punto mi aspettavo anche il domatore dei leoni, ma non si è visto.

Dovendo fare delle coppie io avrei scelto la numero 1, ma tanto al tavolo accanto c’erano sei allenatori grandi ciascuno quanto tre dei nostri e non so quanto sarebbero stati d’accordo.

Alla fine il cibo era quasi una schifezza e hanno fatto credere a tutti che io fossi un grande appassionato di Lap Dance in cerca di avventure. Il cameriere (Mike) mi ha consigliato un paio di locali per il dopo cena. Il cuoco, invece, si chiamava Bilo, come la grande catena americana dei supermercati. Come se da noi un cuoco si chiamasse “Esselunga”.

Alla fine le ragazze se ne sono andate, noi abbiamo finito di mangiare le nostre schifezzuole, ci siamo salutati.

Domani mattina arriverò a casa attorno alle 9:00, e da martedì si riprende con una nuova attività. Il mio sintetico calendario prevede:

20/06 – Ripresa del lavoro in Italia

25 e 26/06 – Referendum

30/06 – Partenza per il mare (dove? Boh…)

06/07 – Rientro dal mare

07/07 – Matrimonio sorellina

10/07? – Non lo so. So solo che agli altri sono stati prospettati due mesi di fila qui negli US. Per me ancora non so nulla. Ma spero di no, perché non potrei.

È proprio questo che mi mette la maggior tristezza: non so se mai tornerò da queste parti. Potrebbe essere l’ultima volta che vedo questi muri, che ascolto questi suoni, che vedo questa gente, che lavoro con questi ragazzi. E questo non sapere mi mette una certa angoscia.

Guarderò ogni cosa come se fosse l’ultima, ascolterò le voci come se non le ascoltassi più, mangerò e berrò come se fosse l’ultima volta che mi alimento. Cercherò di portare con me questa esperienza.

Goodbye America, see you asap.
 
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