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E DUECENTO!

Post n°200 pubblicato il 07 Novembre 2006 da crisse
 
Tag: Cultura

Dedico il mio duecentesimo post all’ennesima arrabbiatura causata dallo scoprire quanta ignoranza ancora circola nel mondo…

Ieri mi sono recato in farmacia a comprare un farmaco necessario per la sopravvivenza dei piccoli che frequentano l’asilo in autunno (una strage!). Tornato a casa prendo la borsina che conteneva le scatoline e cosa vi leggo?

In Francia è il n° 1 degli antinfluenzali. In Italia non possiamo mostrarlo. Medicinale Omeopatico”.

So che l’omeopatia è una branca della “conoscenza” umana sempre più apprezzata e seguita, ma quanti ne sanno davvero qualcosa? Quanti ne conoscono le basi teoriche e le sperimentazioni cliniche? In due parole: l’Omeopatia funziona?

La principale affermazione da fare è che i preparati omeopatici contengono solo ed esclusivamente acqua, che spero più pura possibile. E questo lo si può dedurre con certezza grazie a nozioni scientifiche note ormai da quasi due secoli. Nozioni scientifiche ormai indiscutibili, grazie alle quali oggi usiamo un telefono cellulare, mettiamo satelliti nell’orbita terrestre, è stato cancellato il vaiolo dalla faccia della terra, etc.. E quindi direi che funzionano, a differenza delle cosiddette pseudoscienze che, invece, propongono sempre e solo risultati altamente soggettivi e interpretabili.

Chi e come inventò l’omeopatia?
L’omeopatia deve la sua nascita al medico tedesco Samuel Hahnemann (1755 - 1843), il quale, traducendo un’opera del medico e chimico scozzese William Cullen fu colpito da ciò che vi lesse sulle proprietà della corteccia di China, importata dal Perù il secolo precedente e presentata - giustamente - come arma eccellente contro le febbri malariche. Hahnemann notò che la china provoca nella persona sana un attacco di febbre simile a quello che combatte nella persona malata. Da questo fatto nacque la sua grande intuizione: con un assunto tutto da dimostrare, egli affermò che la corteccia di china "usata contro la febbre intermittente agisce perché può produrre nella persona sana sintomi simili a quelli della febbre intermittente". Provò su di sé altre sostanze: arsenico, digitale, belladonna (dà febbre e mal di testa e arrossa la pelle, quindi cura la scarlattina), mercurio (dà "febbre mercuriale", e quindi cura la sifilide).
C’è senz’altro da dire che un’intuizione come questa può benissimo rientrare nel quadro delle conoscenze mediche dell’epoca (stiamo parlando dei primi anni del XIX secolo). Chiunque può giudicare oggi la bontà di questa teoria.

Come vengono prodotti i farmaci omeopatici?
Il suo tipico procedimento consisteva nel prendere una parte della "tintura" iniziale della sostanza “attiva”, di solito un estratto idroalcoolico, portarla a 100 parti con acqua, agitare due volte, ottenendo la "prima diluizione centesimale" ( 1CH ). Di questa si prende ancora una parte, la si diluisce a 100 (agitando) ottenendo la seconda centesimale ( 2CH ), e così via fino alla decima, ventesima, trentesima centesimale ( 30CH ), diluizione ancora oggi usatissima. Il numero di volte che si doveva agitare il boccettino (verticalmente!) fu poi standardizzato a 100 "succussioni". La sostanza, così altamente diluita, poteva agire nell’organismo senza provocare alcun effetto della malattia, ma mantenendo la sua efficacia come rimedio.
Quest’affermazione, fatta in un periodo in cui era ancora ignota la struttura della materia, poteva avere un suo senso, anche se solamente ipotetico. Peccato che da allora ad oggi sia stato scoperto un numerino, chiamato Numero di Avogadro, accettato universalmente fin dal 1860, che fissa a 6,022*1023 il numero di molecole presente in una grammomolecola di una qualsiasi sostanza. Senza metterci a fare conti complessi, ciò comporta che trattando una sostanza abbastanza semplice come il carbonato di calcio, a partire dalla dodicesima diluizione (12CH) non esista più alcuna molecola della sostanza iniziale nell’acqua di diluizione.
I moderni omeopati hanno diverse reazioni di fronte a questa evidenza: alcuni affermano che è un fatto per loro positivo dato che i farmaci omeopatici non possono avere effetti collaterali (non possedendo principio attivo… e sul fatto che l’acqua non ne abbia potremmo essere tutti d’accordo!). Altri si sono affrettati a modificare le ricette iniziali, abbassando notevolmente il numero delle diluizioni. Ma l’omeopatia funziona ancora oggi, secondo gli stessi omeopati, come funzionava ai tempi di Hahnemann: cioè, dico io, non funziona! La sensazione che ho io, comunque, è che si cerchi di affrancarsi dalla scienza, più o meno come fanno maghi e occultisti, affermando che l’omeopatia funziona secondo principi sconosciuti e non indagabili con metodo scientifico… Il problema che rimane è: ma funziona?

Ma i risultati dell’Omeopatia sono stati dimostrati scientificamente?
Assolutamente no. Certo, gli omeopati amano citare lavori pubblicati su diverse riviste scientifiche che attesterebbero l’efficacia delle cure. Occorre, però, precisare l’importante concetto di “dimostrazione scientifica”: una legge, un comportamento, un’osservazione può dirsi scientificamente dimostrata non solo se ottenuta seguendo il metodo scientifico introdotto da Galileo nel XVII secolo, ma anche se esso può essere riprodotto a piacimento da chiunque seguendo il medesimo procedimento con cui è stato ottenuto per la prima volta. Facendo un semplice esempio: il fatto che un grave cada verso il basso con accelerazione costante non è una legge scientificamente dimostrata soltanto perché ottenuta da Galileo seguendo il suo “metodo”, ma anche perché perfino oggi, chiunque, può verificare sperimentalmente tale affermazione impiegando, ad esempio, un piano inclinato.
Volete anche voi eseguire una semplice verifica della validità di una grandezza fisica? È piuttosto semplice calcolare il valore dell’accelerazione di gravità al suolo (ricordate: 9,8 m/s2). Divertitevi costruendo un pendolo con i seguenti ingredienti: un filo lungo e sottile (e leggero), un oggetto di un certo peso (più è pesante meglio è) che possa essere attaccato al filo. Quindi appendete il peso al filo e lasciatelo oscillare: più le oscillazioni sono piccole meglio è, ma deve essere possibile misurare quanto tempo impiega il pendolo così costruito a compiere un’intera oscillazione. Meglio: misurate quanto tempo impiega a compiere 10 oscillazioni e poi dividete il valore misurato per 10 (tutte questi accorgimenti dovrebbero servire per limitare al massimo i possibili errori dovuti agli inevitabili arrotondamenti…). Applicando la formula che descrive il moto del pendolo si ottiene che

G (accelerazione di gravità) = (4π2L)/T2

Dove: L è la lunghezza del pendolo in metri, T il tempo impiegato per un’oscillazione in secondi e π vale circa 3,1415.

Io tutte le volte che ci ho provato ho ottenuto un valore simile, se non uguale, a 9,8.

Tutto questo per dire che un’affermazione è scientificamente provata se verificabile in ogni momento da chiunque sia in grado di ripetere il procedimento proposto. Inutile dire che i lavori citati dagli omeopati (inevitabilmente prodotti da altri omeopati con metodologie spesso discutibili e finanziati, guarda un po’, da aziende che producono farmaci omeopatici…) non li si riesce e riprodurre.
Anzi: un lavoro pubblicato poco tempo fa dalla rivista Lancet ha raccolto e analizzato più di 100 articoli sull’omeopatia. Eliminando quelli prodotti con metodi dubbi o imprecisi ne sono rimasti 6, ciascuno dei quali dimostra che l’efficacia dell’omeopatia è sovrapponibile a quella dell’effetto placebo.

Mia zia soffriva di allergia, si è curata con l’omeopatia ed è guarita!
Questa non mi sembra un’affermazione scientifica e tanto meno una dimostrazione dell’efficacia della cura. Anch’io soffrivo (e soffro ancora) di allergia, e in un certo periodo della mia vita ho provato una serie di cure e rimedi per il mio problema, ma non l’omeopatia. Dopo dieci anni di tentativi il disturbo si è molto attenuato, il perché reale può non essere importante, ma se in quello stesso periodo avessi provato “anche” l’omeopatia avrei potuto ritenere di essere stato da essa guarito.
Inoltre, nel corso degli anni è interessante notare come l’Omeopatia abbia notevolmente ridimensionato le proprie aspettative: dalla cura della sifilide e della malaria si è passati oggi alla cura di disturbi spesso molto soggettivi o ipotetici. Gli stessi omeopati dicono che l’efficacia maggiore delle loro terapie sta nel prevenire alcune tipologie di malattie e nel rafforzamento del sistema immunitario. Il fatto che tu ti buschi l’influenza e che curandoti preventivamente con l’omeopatia avresti avuto minori probabilità di ammalarti, mi sembra un’affermazione piuttosto aleatoria e complessa da verificare da parte dei pazienti coinvolti.

La parola ai fatti
Abbiamo da un lato la medicina convenzionale che negli ultimi cento anni ha raddoppiato la nostra aspettativa di vita, ha quasi eliminato la mortalità infantile, ha sconfitto definitivamente il vaiolo, trapianta organi e quant’altro, e dall’altra una “medicina alternativa” che in duecento anni di vita non è riuscita a dimostrare alcuna efficacia. Che facciamo: ci lamentiamo che il Servizio Sanitario non la sovvenziona?

Legge della domanda e dell’offerta
In conclusione mi sembra di poter affermare che l’Omeopatia non sia altro che un tramite grazie al quale si incontrano la domanda di irrazionale e di tranquillità che la gente sente sempre di più di fronte alle inquietudini e alle incertezze della vita quotidiana, e l’offerta di risposte da parte di medici, farmacisti e aziende compiacenti. È tramite di una quantità sempre maggiore di denaro che passa dai primi ai secondi. E si pensa che il mercato dell’Omeopatia sia solo all’inizio della sua potenziale espansione.

E tu: dove lo metti il tuo denaro?

Fonti e riferimenti:

Wikipedia

CICAP

Società Italiana di Medicina Omeopatica

Corso di Omeopatia

 

 
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