FOSCO

Perché tu mi dici "Poeta"...Io non sono un poeta, io amo la vita semplice delle cose...

 

 

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O L O C A U S T O

Post n°64 pubblicato il 08 Gennaio 2007 da fosco6

OLOCAUSTO...chi era costui?
Il tentativo maldestro di tiranni e pseudo-storici di cancellare la vergogna più grande della storia, è destinato a fallire miseramente di fronte alle immagini, alle testimonianze, ai documenti incontrovertibili, e alla memoria di un Popolo e del Mondo Intero...
Ho letto poco tempo fà nel blog di Isotta02
  (
http://blog.libero.it/Senzapenna/) una specie di Diario su Dachau, ne sono rimasto colpito e ho chiesto il permesso all'autrice di pubblicarlo sul mio blog e di leggerlo.
Perchè non è vero che se ne parla troppo, anzi temo che se ne parli ormai troppo poco....e cmq. sentivo il bisogno di dar vita a questo modesto contributo...
Grazie Isotta02:

Diario di bordo: DACHAU

Dicono che non è vero.

Parlano anche di me.

 Dunque non sono vissuta?

 Non ho varcato questo cancello
E non ho tremato di terrore,
non ho sentito l’odore acre della paura,
non mi hanno tagliato i capelli, 
e non mi hanno spogliata dei mie vestiti,
del mio passato, della mia stessa identità…

 Non ho varcato questo cancello,
che è calato come una lama nera,
e ha diviso, amputato, reciso,
la mia famiglia, i miei figli, la mia stessa vita.
Non ho lucidato gli stivali neri che mi avrebbero colpito,
né ho guardato negli occhi chi mi avrebbe cucito,
su una lercia divisa,
il mio nuovo nome di numeri.

Non ho varcato questo cancello,
e non ho dormito con Helga, con Anna e con Sophia,
su queste assi di legno.
Non ho toccato con la mano il vecchio secchio di metallo,
né l’urina gelida al suo interno,
ha bagnato i
  miei piedi nudi ogni mattino,
per giorni, e giorni, e giorni.
Non ho avuto occhi prosciugati dal dolore
E non mi ha straziata la fame, per notti, e notti, e notti.

Non ho varcato questo cancello,
né i miei zoccoli di legno hannno segnato
con cicatrici indelebili queste strade,
né le pareti di questa baracca mi hanno sorretta, ogni sera, sfinita,
né ho portato la piccola Esther all’infermeria,
dove mi hanno battuto a sangue perché non avevo capito che era morta.

Non ho varcato questo cancello
E non ho visto morire Marta,
non ho visto Elisa divorata dalle piaghe,
e non ho visto tremare nella neve la pelle nuda di Anna,
non ho raccolto il corpo straziato di Elena nel fango della latrina,
e non l’ho portato sino al forno,
e non ho visto mia madre sorridermi tra le lacrime,
mentre veniva spinta nella camera a gas.

Non ho varcato questo cancello,
non ho implorato pietà senza avere peccato,
non ho confessato senza avere colpe,
non ho tradito per un paio di zoccoli,
non ho rubato per placare la fame,
non ho mentito per cercare una ricompensa,
e non ho ceduto la mia dignità per sopravvivere.

Non ho varcato questo cancello,
e non ho barattato per uno schiaffo in meno,
per un morso in meno,
per un taglio di pezza lurida,
tutto il mio orgoglio, il mio coraggio, la mia stessa carne.

 Dicono che non è vero e che nulla di questo è accaduto.

Dunque non sono neanche morta?
Non trapassò la mia tempia quella pallottola,
né il mio corpo fu ridotto in cenere,
né la mia polvere ha vagato nel vento,
sino  a posarsi oltre questo cancello.

Dunque fu tutta una beffa, una bugia, fu una farsa la mia vita,
fu un invenzione la mia stessa morte?

In questa terra non c’è il mio corpo,
e l’erba che cresce non è il mio nuovo vestito….
Eppure il tuo passo si fa lieve davanti a questo cancello,
il tuo passo sfiora il mio corpo, come una carezza lieve.

Dimmi, senti anche tu nell’aria l’odore acre della paura?
Perché se nulla di questo è accaduto, dimmi, deve accadere ancora?
.........................................................................................................
Se ti va di ascoltarne la lettura CLICCA QUI
e poi quando ti si apre la finestra inserisci il mio Username: fosco6 e la mia Psw: narciso, potrai così entrare nel mio "disco remoto" e aprendo la cartella POESIE, sentire l'audio.....

 
Rispondi al commento:
fatamarie
fatamarie il 08/01/07 alle 20:34 via WEB
Un argomento così importante, merita una breve cronistoria che ho attinto dal sito ufficiale di Dachau: Il campo di concentramento di Dachau è stato il primo istituito «ufficialmente» dal regime nazista, poche settimane dopo la presa del potere in Germania. Il campo, derivato dalla ristrutturazione degli edifici e dei terreni di una fabbrica di munizioni in disuso, era progettato, inizialmente, per 5.000 deportati. Esso fu un "campo modello" nel quale furono sperimentate e messe a punto le più raffinate tecniche di annientamento fisico e psichico degli avversari politici, cioè degli oppositori del regime, ai quali in un primo tempo quel Lager era dedicato come luogo di «rieducazione politica». I primi ospiti di Dachau furono funzionari e dirigenti del partito comunista. Poi vennero i socialdemocratici ed i cattolici. Ma quando uno dei prigionieri era anche ebreo il trattamento riservatogli era particolarmente avvilente e letale. Sin dall'inizio esisteva nel campo una «Compagnia di punizione» alloggiata in una baracca separata dalle altre. In seguito le baracche divennero due perché la forza di questa formazione speciale era progressivamente aumentata. In altre parole erano aumentate le sevizie, era diventato più duro il lavoro, insopportabile il regime di vita. I prigionieri venivano stroncati dalla fatica ma altri subirono l'inumana pena del bunker, dove molti languirono per mesi (se non soccombevano prima) incatenati, alimentati con pane ed acqua o costretti a stare in piedi, dentro cubicoli di cm. 60 x 60, senza luce né aria. Questo il trattamento, questo il sistema per eliminare dalla circolazione chi non era gradito al regime. Nei primi tempi i prigionieri erano destinati alle opere di completamento delle installazioni del campo, in lavori stradali e di sistemazione del territorio intorno al campo. Poi essi furono distaccati presso varie imprese appaltatrici delle forniture di materiali per impiego bellico, che si erano nel frattempo installate nella zona. A Dachau i nazisti affidarono la gestione interna del campo agli stessi deportati. Trattandosi di un campo a prevalente presenza di prigionieri politici, fu facile per loro trovare un comune linguaggio - quello dell'antifascismo - fra uomini che, man mano che l'invasione nazista si espandeva a macchia d'olio sull'Europa, venivano rastrellati nei loro paesi ed avviati a Dachau. In breve tempo Dachau fu una vera Babilonia: tedeschi, austriaci, russi, polacchi, francesi, italiani, cecoslovacchi, ungheresi vissero insieme, dividendosi la fatica, le umiliazioni, la violenza degli aguzzini. Un comitato antinazista clandestino consentì la convivenza di tutti, all'insegna della solidarietà. Dachau ospitò anche numerosi sacerdoti che vennero rinchiusi nei cosiddetti «blocchi dei preti». Ma fu anche sede di infami esperimenti pseudo-scientifici, i soliti esperimenti che avrebbero dovuto far conoscere i modi per salvare la vita ai combattenti del Terzo Reich, ma che costarono la vita a centinaia dei suoi oppositori. Progettato originariamente ed attrezzato per ospitare al massimo 5.000 detenuti, ad onta di successive estensioni e ramificazioni in innumerevoli sottocampi, il Lager fu sovraffollato al limite tale che tre persone dovevano dormire nello stesso letto, servirsi degli stessi impianti igienici, dividere il poco e pessimo cibo. A Dachau furono registrati a turno circa 200.000 deportati (di cui oltre 10.000 italiani), ma in effetti essi furono molti, molti di più. Il 29 aprile 1945 gli americani che liberarono il campo contarono 31.432 persone, più altre 36.246 presenti nei sottocampi e distaccamenti. Questi erano i superstiti rimasti sul luogo, ma non si conosce il numero di quelli che, poco prima dell'arrivo degli alleati, furono smistati con marce forzate verso Mauthausen e Buchenwald. Non è ancora stato possibile stabilire esattamente il numero dei morti di questo campo cui si attribuisce il triste primato di durata e di insopportabilità del regime di detenzione. L'anagrafe del campo ha registrato circa 45.000 decessi, ma questa è sicuramente una cifra irrisoria di fronte alla tragica realtà di Dachau.
 
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