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Fanny,Aspasia ultima musa di Giacomo Leopardi...

Post n°4209 pubblicato il 18 Aprile 2019 da g1b9
 

"Io non ho bisogno di stima, nè di gloria, nè di altre cose simili, ho bisogno di amore." Così scriveva Giacomo Leopardi ad un'amica , qualche anno prima di incontrare  Fanny Targini Tozzetti, lui che da sempre rincorreva l'amore, che,come quasi tutte le cose della vita , lo aveva profondamento deluso, incominciando dalla perdita di Silvia. L'amore agognato e rivelatosi sempre illusorio, menzoniero, oppure fugace, come fugaci sono le illusioni che la vita ci proietta su quello schermo incorniciato da grandi speranze. Fanny, bellisssima , seducente, raffinata e colta,lo accoglie nel suo salotto fiorentino con tutto ciò di cui Giacomo aveva bisogno nel momento  di grande  celebrità, ma il più vuoto della sua vita , quando aveva collezionato ogni genere di delusione , e la speranza di amore sembrava ancora l'unico antidoto all'infelicità. Fanny riuscì ad essere l'illusione che rilanciava il desiderio di amore  e ricreava la malinconia dell'impossibilità. L'infatuazione ti porta a provarci, ad esporti in ogni modo fino al momento in cui ti rendi conto di essere inadeguato, e in quel momento Leopardi  vuole dimenticare, come aveva scritto nello Zibaldone:"Il tuo cuore agitato sente sempre una gran mancanza ,un non so che di meno di quello che sperava, un desiderio di qualche cosa anzi di molto di più." La bellezza di Fanny gli servì a credere che almeno per la poesia  nulla fosse ancora perduto. In fondo l'arte è pura bellezza, consolazione alle lacrime della realtà. E'  nella bellezza dei versi di questo poema, dove riesce ad uccidere il suo cuore perchè non debba più soffrire, che il poeta dà una forma  nuova alla visione del dolore ,mai vista prima nella sua poesia,  con versi troncati, dove ognuno  esprime tutta la rabbia di un cuore che non dovrà  rivivere all'amore mai più.

A  me stesso

Or poserai per sempre,
stanco mio cor. Perì l'inganno estremo,
Ch'eterno io mi credei. Perì. Ben sento,
in noi di cari inganni,
non che la speme, il desiderio è spento.
Posa per sempre. Assai
palpitasti. Non val cosa nessuna
i moti tuoi, né di sospiri è degna
la terra. Amaro e noia
la vita, altro mai nulla; e fango è il mondo.
T'acqueta omai. Dispera
l'ultima volta. Al gener nostro il fato
non donò che il morire. Omai disprezza
te, la natura, il brutto
poter che, ascoso, a comun danno impera,
E l'infinita vanità del tutto.

 

 
 
 
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