LA VOCE DI KAYFA

MEGLIO STRASBURGO CHE NAPOLI, MALGRADO I DUBBI DEGLI ITALIANI

Nessuno mette in dubbio che l’odierna visita di Berlusconi a Strasburgo abbia come fine quello di illustrare alle massime cariche istituzionali dell’Ue l’efficacia della manovra economica che il governo italiano si appresta a varare per fronteggiare la crisi dei mercati, garantendo che mai l’Italia farà la fine della Grecia con conseguenze catastrofiche per tutti gli stati dell’eurozona, per cui pazienza se il Premier è costretto a saltare l’incontro fissato sempre per oggi con i pm di Napoli che lo volevano interrogare come parte lesa nella vicenda Tarantini (secondo i magistrati Tarantini, con la complicità di sua moglie e di Lavitola, avrebbe estorto a Berlusconi migliaia di euro per testimoniare il falso, ovvero che il Premier non sapeva che le ragazze che Tarantini portava alle sue feste erano escort). Nello stesso tempo sarà difficile estirpare il dubbio radicatosi in gran parte dell’opinione pubblica che la concomitanza di date non sia stata un escamotage studiato dal Premier e dai suoi legali per evitare l’incontro con i magistrati napoletani. Anche perché, non essendoci al momento nei confronti di Berlusconi alcuna accusa - anche se non si esclude che potrebbe essere incriminato per corruzione se deponendo davanti ai giudici, per altro senza il supporto degli avvocati, cadrebbe in contraddizione rispetto a quanto deposto da Tarantini durante gli interrogatori – è incomprensibile l’astio del cavaliere nei confronti dei magistrati che starebbero indagando a suo favore.

Come per il caso Ruby, in cui il Premier affermò di aver dato dei soldi alla ragazza marocchina che pensava fosse la nipote del Presidente egiziano Mubarak perché la smettesse di prostituirsi, anche in questa torbida vicenda Berlusconi ha dichiarato di aver dato dei soldi a Tarantini per aiutare una famiglia caduta in disgrazia per colpa dei magistrati. Come si vede per il cavaliere ogni occasione è buona per scagliarsi contro i giudici.

Quel che sconcerta l’opinione pubblica è l’insistenza con cui il  Presidente del Consiglio attribuisce le cause di tutti i mali di questo mondo a quei magistrati che indagano su di lui, sulle sue aziende  e sui suoi soci di affari e di politica. Quando la giustizia ha il sentore che qualcosa non va, magari perché qualcuno glielo ha segnalato o perché è venuta in possesso di elementi tali che impongono un’ indagine chiarificatrice, ha il diritto e il dovere di accertare la verità, prima di tutto per difendere l’innocenza di chi è sotto accusa. Se costui, anziché collaborare per chiarire in tempi brevi ogni sua estraneità ai fatti, sfugge dai giudici e inveisce contro di loro giungendo a definirli metastasi, come può un cittadino non pensare che qualcosa di vero nelle accuse che gli si contestano forse vi è?