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Nella settimana appena conclusasi, il fatto di cronaca che ha catalizzato su di sé l’attenzione dell’opinione pubblica italiana e mondiale è stato sicuramente il naufragio della nave da crociera Costa Concordia sugli scogli dell’isola del Giglio. Soprattutto le sciagurate modalità che l’hanno causato - da addebitarsi unicamente a una manovra azzardata del comandante il quale, per sua stessa ammissione, ha spinto il transatlantico troppo vicino alla costa per compiere quello che in gergo marinaresco si chiama “inchino”, un omaggio all’isola e all’ex comandante della nave Palombo che vi risiede -; e l’altrettanta infelice gestione dell’emergenza a bordo a seguito dell’impatto con un ritardo abissale e ingiustificato da parte del comandante e della compagnia nel decidere di calare le scialuppe di salvataggio quando era apparso subito chiaro che lo scafo imbarcava acqua e di lì a poco sarebbe inabissato. Non solo, quel che più di tutto ha indignato l’opinione pubblica è stato l’atteggiamento pavido del comandante Schettino il quale ha abbandonato la nave prima di tutti e poi, in due conversazioni telefoniche registrate dalla capitaneria di porto, dava versioni contrastanti sulla sua reale presenza a bordo tanto da indurre il comandante De Falco della Capitaneria di porto di Livorno a urlargli un eloquente “torni a bordo, cazzo!”.
Nonostante sia chiaro a tutti di chi siano le responsabilità del gesto inconsulto che, al momento, è costato la vita a 13 persone e causato una ventina di dispersi nonchè un centinaio di feriti di cui alcuni gravi, l’opinione pubblica italiana s’è spaccata a favore e contro il comandante Schettino. Una presa di posizione insolita per un paese dove il rispetto della vita umana è tale al punto che spesso si formano comitati di difesa della vita, seppure artificiale, scagliandosi contro coloro che vorrebbero fosse concesso ai propri cari in coma irreversibile da anni la dignità di morire serenamente staccando la spina alle apparecchiature che li tengono in vita, definendoli assassini come fece l’ex direttore di Avvenire nei confronti del papà di Eluana Englaro.
Se il comandante Schettino sia colpevole - è lo è per sua stessa ammissione! –, e se debba condividere le responsabilità con gli ufficiali presenti in plancia al momento dell’impatto sullo scoglio e con la compagnia per la sciagurata gestione dell’evacuazione della nave non sta certo a noi stabilirlo. A dircelo saranno le inchieste in corso.
Quello che vorremo cercare di spiegare è il motivo di questa anomala divisione di schieramenti nell’opinione pubblica italiana. In vent’anni di berlusconismo gli italiani si sono sentiti ripetere fino alla noia, a mo’ di mantra, da parte dell’ex Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, indagato e imputato in più processi per truffa, evasione fiscale, sfruttamento della prostituzione minorile, di essere vittima dei magistrati comunisti i quali, a suo dire, pur di evitare che egli governasse, non lesinavano a scagliarsi contro di lui con inchieste fantasiose per sovvertire il voto popolare. E altrettanto facevano con i suoi amici più fidati, ad esempio Marcello Dell’Utri, condannato in appello a sette anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa e che ha patteggiato una pena, dunque ha ammesso le proprie responsabilità, di due anni e tre mesi per frode fiscale. Questa mantra che si ripete ogni qualvolta parte un’inchiesta contro Berlusconi e uomini politici del centrodestra - ultimo è il caso di Nicola Cosentino salvato dall’arresto sul filo di lana dal Camera dopo che la commissione per le autorizzazioni a procedere aveva invece detto sì alla carcerazione preventiva, o l’attacco da parte di alcuni esponenti del PDL contro il raid antievasori effettuato dalla finanza a Cortina il giorno prima di capodanno scovando una quarantina di evasori fiscali – è entrato ormai a far parte del dna di una parte della popolazione convincendola che i probabili cattivi non sono gli indagati e gli imputati in svariate inchieste e processi bensì chi fa il proprio dovere affinché la verità venga a galla. È in questa logica che si spiega il perché una fetta di opinione pubblica continua a negare l’evidenza per quanto concerne di chi siano le responsabilità del naufragio della Concordia con relative perdite di vite umane. È chiaro a tutti che esse vanno condivise tra Schettino, i suoi ufficiali e la compagnia. Ma da qui a riconoscere in Schettino un eroe per aver evitato il peggio dopo l’impatto effettuando una manovra di portata straordinaria per accostare la nave al porto – cosa che sembra essere non vera in quanto, essendo la sala macchine invasa dall’acqua, i motori erano spenti pertanto la nave si sarebbe mossa da sola… - e dunque salvando oltre quattromila vite umane, dopo averle messe a rischio per un capriccio, e in De Falco che gli intima “torni a bordo, cazzo!” un mero opportunista che cerca la gloria attraverso la sventatezza e dabbenaggine dell’altro è davvero troppo.
Forse a molti sfugge un particolare non secondario, il famigerato inchino Schettino lo ha fatto alla morte!
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LEONARDO DA VINCI
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