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L'amore ha il potere di fissare il passato in eterno presente.... Questa frase, annotata su un quaderno all'inizio del romanzo, è il tema conduttore della storia d'amore tra il giovane Kayfa e Miryam, donna matura e d'esperienza, che lo inizierà alle gioie e alle sofferenze dell'amore. Immersi in uno scenario da favola, facendosi scudo di una barriera di bugie e verità che metterà a rischio i loro affetti più cari, i protagonisti vivranno la loro passione senza freni con la complicità del mare e dell'intimità della casa di lei. Fondamentale la figura di Omar, pescatore egiziano con un intenso vissuto alle spalle, che attraverso la propria esperienza aiuterà Kayfa a districarsi nei meandri della mente e del cuore per avviarsi sul proprio cammino esistenziale.
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Tralasciando l’eventualità che davvero si possano evocare i morti per dialogare con loro, vi è un altro aspetto da ponderare, per non cadere vittime di quanti approfitterebbero della disperazione della gente dovuta alla scomparsa di una persona cara per plagiarla e defraudarla dei suoi averi ricambiandola con un’illusione.
Nonostante le reticenze della scienza ufficiale ad accettare la telepatia e la possibilità dell’uomo di poter spostare gli oggetti con la sola forza del pensiero, aumentano sempre più studi in merito ad attestare ciò.
In tal senso, per quanto concerne la probabile apparizione di un’anima durante una seduta spiritica ci sono due aspetti da considerare: il primo che chi si spaccia per medium abbia forti capacità telepatiche.
E’ ovvio che qualunque domanda poniamo alla quale deve corrispondere una risposta specifica, vi associamo mentalmente la risposta inerente.
Partendo da tale premessa, supponiamo di rivolgerci ad un medium per evocare un defunto: allorché il medium affermerà che l’anima è tra noi, per essere certi che si tratti davvero di lei siamo invitati a porre una domanda di riconoscimento. Ascoltando dalla voce alterata del medium in trance; leggendo su di un foglio coniato per tele-scrittura; osservando lo spostamento di un oggetto sulle lettere dell’alfabeto disposte a cerchio sul tavolo tracciare la risposta suggerita mentalmente allorché ponevamo la domanda, siamo sicuri che l’anima presente è quella desiderata.
Siamo talmente schiavi dei nostri sentimentalismi che ci sfugge l’eventualità concreta che la risposta da noi indotta col pensiero allorché ponevamo la domanda– “se è lei, deve rispondere cosi…” - sia stata captata da chi ci sta di fronte. Se avessimo la fermezza di tenere a freno il cuore e ragionare in questi termini, non escluderemmo che il presunto medium abbia “semplicemente” letto nella nostra mente quanto desideravamo sentirci rispondere, trasmettendoci la convinzione di essere in contatto con l’aldilà. Essendo tanto grande il nostro egoismo, in lui riconosciamo il veicolo che ci permette di proseguire un ideale rapporto con chi non è più, e senza esitazioni siamo disposti a dilapidare delle vere e proprie fortune pur di legare a noi i morti!
Presumendo possibile la comunicazione con l’altro mondo, l’altra possibilità da considerare è come si può essere certi che l’anima che risponde all’evocazione sia davvero quella evocata e non una diversa; uno spirito burlone o, peggio, una larva, come si definiscono in gergo quelle entità che abiterebbero il mondo astrale, dotate di una bassissima spiritualità, vaganti ai confini tra l’altro mondo e il nostro confidando nell’apertura di un varco tra i due per catapultarsi in questo mondo per appagare la loro natura materialista?
Gli occultisti asseriscono che le anime disincarnate, libere dai vincoli corporali, per comunicare tra loro non avrebbero bisogno della voce bensì di un veicolo leggero rappresentato dal pensiero. Se davvero così fosse, dunque, al momento che si materializzerebbero nell’ambito di una seduta, alla stregua di un telepate esse sarebbero in grado di captare le risposte mentali relative alle domande di riconoscimento e, servendosi del medium, inscenare una vera e propria conversazione con i presenti…
Come abbiamo ripetuto più volte la coscienza degli uomini attirerebbe in questo mondo le entità spirituali il cui grado di spiritualità si rispecchia in essa.
Nel campo dello spiritismo il rapporto tra il mondo reale e quello dell’aldilà sarebbe dunque regolato dal livello di spiritualità del medium: se il medium fosse dotato di un’alta spiritualità, le entità che si manifesteranno saranno a loro volta alte spiritualità; viceversa, anime basse o larve.
Bisogna considerare che chiunque si spacci per medium, malgrado sia animato dalle migliori intenzioni, non sarà mai un’alta spiritualità poiché le alte spiritualità non cercano di comunicare con i morti, consapevoli che ciò contrasta l’equilibrio naturale sancito dalla volontà divina, e che così facendo danneggiano l’anima del defunto, legandola a una realtà che non le appartiene, mettendo a rischio se stessi e i convenuti alla seduta.
Allo stesso modo un’anima che rispondesse a un’evocazione tacitamente attesterebbe di essere dotata di bassa spiritualità, dimostrando in tal senso d'essere ancora legata alla materia. Essa sfrutta il varco, creato dalla catena dei presenti sotto l’egida del medium, per continuare a vivere una realtà che non le appartiene, ma alla quale si sente fortemente attratta dall’istintività materiale di cui è schiava.
Allorché si produrrebbe un varco tra il nostro e l’altro mondo, e basterebbe il “semplice” piattino perché ciò avvenga, molte sono le anime o entità che convergono in quel punto per cercare di immettersi nuovamente nel mondo materiale.
L’anima che riuscirebbe a superare il varco, trovandosi nuovamente nel mondo materiale, animata da un forte egoismo, rispondendo come si conviene alle domande cui è sottoposta, captando telepaticamente le risposte suggeritegli inconsciamente col pensiero dai partecipanti, non trovando ostacoli che la ricaccino nuovamente nell’altro mondo, bensì trattenuta dall’entusiasmo degli astanti, esultanti per l’avvenuto contatto, si adopererebbe per trovare tra loro un individuo dalla coscienza debole onde impossessarsi del suo corpo e ritornare a vivere attraverso esso quella vita materiale a cui è tanto legata, causandogli gravi disturbi psichici e fisici, generando un conflitto con l’anima del disgraziato, che irrimediabilmente lo condurrà alla follia e alla morte.
Quante persone ignare, schiave dei propri sentimenti e della propria prosopopea, pongono in serio pericolo se stesse e gli altri, unicamente perché incapaci di accettare la morte quale realtà imprescindibile della vita.
Fin dall’antichità iconograficamente la morte è ritratta con una falce stretta nella mano, oppure con una clessidra, entrambi oggetti connessi alla scansione del tempo. Attraverso il linguaggio dei simboli tanto caro agli iniziati, associare questi due oggetti con la morte significherebbe riconoscere la morte quale realtà regolata dal tempo, a cui nulla e nessuno può sfuggire allorché è giunta la sua ora.
Secondo quanto abbiamo fin qui detto, si evince che il motivo che spinge l’uomo verso presunte realtà alternative è l’irrefrenabile bisogno di affermarsi ad ogni costo nella vita; la necessità di trovare un appiglio alle proprie speranze; il bisogno di scacciare le infinite incertezze esistenziali; l’incapacità di accettare il bene e il male, la vita e la morte realtà inseparabili come il bianco e il nero, il giorno e la notte, il cui alternarsi è regolato dall’equilibrio naturale.
A riguardo, nel FEDONE, Platone partendo dal presupposto che in natura ad ogni cosa corrisponde un opposto al cui giungere il suo contrario si ritira, dichiarando che “l’anima non potrà mai accogliere il contrario di quel che essa porta”, dice: “Quando la morte sopraggiunge all’uomo, quel che è mortale come pare di lui se ne muore, ma quel che è immortale si allontana salvo e incorrotto, ritirandosi davanti alla morte”. Concetto riconducibile al dialogo tra Nicodemo e Gesù riproposto nel Vangelo di Giovanni 3, 3-6, dove, al dubbio di Nicodemo che mai un uomo possa rinascere una seconda volta, Gesù afferma, “quel che è nato da carne è carne, quel che è nato da Spirito è Spirito”.
Altro tipo di magia è quella bianca che molti considerano mera azione di difesa dagli attacchi di chi opera in magia nera.
In realtà essa consisterebbe nell’operare affinché l’equilibrio universale che regola il cosmo, e il rapporto tra le creature che lo animano, non subisca squilibri. E, nel caso ve ne fossero, agire per ripristinare l’equilibrio originario.
Infatti, Il raggiungimento e il mantenimento dell’equilibrio naturale è il fondamento che regola il cosmo.
Considerando che il mago nero tende ad alterare l’equilibrio universale per affermare il proprio egoismo, l’unica azione difensiva dai suoi attacchi consiste nel raggiungimento di un forte equilibrio interiore.
A riguardo, è importante riferire un passo della vita del filosofo neoplatonico Plotino raccontata dal suo discepolo Porfirio, riproposto da più di un autore di magia pratica per erudire i profani su come difendersi dai praticanti presunti malefici: “Tra coloro che praticavano la professione di filosofi ce n’era uno di nome Olimpio di Alessandria; per un certo tempo era stato discepolo di Ammonio, trattava Plotino con disprezzo perché voleva avere più fama di lui e usò malefici per nuocergli; ma si accorse che tali azioni gli ricadevano addosso e disse ad alcuni amici presenti che l’anima di Plotino doveva essere tanto potente da ritorcere sui nemici le loro cattive azioni.”
L’equilibrio interiore è l’unica vera forza di cui l’essere umano dispone per fronteggiare qualunque male. Del resto, finanche la scienza conviene che l’approccio mentale “positivo” da parte del malato nei confronti del proprio male è fondamentale per agevolare la guarigione. Addirittura c’è chi sostiene che molte guarigioni di mali incurabili, inspiegabili per la scienza ufficiale, riconosciute come miracoli, più che attribuirsi a un intervento divino, siano conseguenza di una forte suggestione mentale subita dal malato al punto da riattivare in lui inconsciamente quelle forze sopite nell’uomo le quali, se attive, gli consentirebbero di compiere dei veri e propri prodigi tanto da apparire un dio.
Si valuti l’alta considerazione che gli antichi riservavano alla magia.
Anticamente, gli iniziati si trasmettevano oralmente le conoscenze assicurandosi l’inaccessibilità al sacro di chi, non possedendo le necessarie qualità spirituali, messo a conoscenza dei sacri misteri, n’avrebbe profanato la natura divina diffondendoli al volgo ignorante e superstizioso.
Molte persone dedite alla magia apertamente dimostrano una scarsa alfabetizzazione tanto da avere difficoltà a leggere, interpretare e comunicare nel loro idioma.
Poiché i testi magici riportano trascritte quelle frasi, parole, nomi e ideogrammi che gli iniziati si comunicavano a voce per serbarne la purezza, risalenti a un passato più antico dell’epoca evangelica; pur ammettendo che tali rituali non abbiano subito manomissioni durante la trasposizione su carta, e che, a loro volta, tali testi non siano stati oggetto di manipolazioni da parte degli amanuensi durante le copie e traduzioni che subirono allorché furono trasposti dalla loro lingua madre in greco, latino, fino ad essere convertite nei vari idiomi nazionali che, nel corso del tempo, hanno subito varie modificazioni e aggiornamenti, c’è da chiedersi come possono coloro con evidenti difficoltà a comunicare nella loro lingua madre, arrogarsi il diritto di leggere, interpretare e pronunciare correttamente quanto risale a un passato a loro del tutto avulso? E, anche ammettendo che esistano davvero persone capaci di comprendere correttamente testi di origine persiana, caldea, egizia, ebraica, celtica, latina e altre antiche lingue, sorge il problema inerente l’esatta modulazione con cui pronunciarli perché il rito volga a buon fine. Tanti sanno leggere lo spartito, eppure a chi è pratico di musica basta ascoltare poche note di un brano per valutare se lo spartito è correttamente eseguito e quindi se chi suona è davvero un bravo musicista...
Nel discorso “DEFINIZIONE DI ASCLEPIO AL RE ANMMONE” che compone il capitolo XV del CORPUS HERMETICUM, Asclepio, discepolo di Ermete, afferma: Ermete, mio maestro, soleva dirmi che coloro che leggeranno i miei libri ne troveranno la composizione semplicissima e chiara, mentre, al contrario, essa e oscura e nasconde il senso delle parole. Inoltre diventerà totalmente oscura, quando i greci vorranno tradurre la nostra lingua nella loro, ciò produce un gravissimo stravolgimento degli scritti e la loro reale oscurità. Espresso invece nella lingua originale, il discorso mantiene chiaro il senso delle parole, poiché la qualità sonora e l’intonazione delle parole egizie ha in sé l’energia di ciò che viene detto.
E’ dunque chiaro che se pur fosse possibile, attraverso la pronuncia e la realizzazione di segni magici, invocare forze ultraterrene, storpiandone l’esatta pronuncia e trascrizione originaria non si otterrebbe assolutamente nulla, o, peggio, si attirerebbero a sé forze totalmente diverse da quelle che originariamente si volevano invocare, ottenendo risultati ovviamente diversi da quelli intenzionali…
Vi apparirà pura retorica, ma, anziché adoperarci nel fronteggiare le avversità della vita con l’ausilio di immagini, amuleti, rituali, preghiere per chiedere l’aiuto di forze ultraterrene nelle nostre vicende di uomini, sarebbe il caso cercassimo di capire quel che realmente siamo, adoperandoci per lasciare un’impronta edificante ai posteri affinché, seguendola, possano proseguire con passo fermo e deciso nel loro cammino d’uomini.
Cosi recita l’inizio del VII capitolo del CORPUS HERMETICUM.
“Dove correte, o uomini, ubriachi per aver tracannato puro il vino dell’ignoranza, sì che nemmeno potete sopportarlo, e già lo state vomitando? Tornate sobri, smettetela! Alzate lo sguardo con gli occhi del cuore, e se non tutti voi potete, lo facciano almeno quelli che possono. Giacché il male dell’ignoranza sommerge tutta la terra e rovina l’anima imprigionata nel corpo, senza lasciarla approdare al porto della salvezza”.
Reputo sia questa l’unica, vera magia che compete all’uomo: impariamo a praticarla!
Fine
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