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LA VOCE DI KAYFA

IL BLOG DI ENZO GIARRITIELLO

 

Messaggi di Ottobre 2010

BERLUSCONI E IL BUNGA BUNGA DI STATO

Post n°947 pubblicato il 30 Ottobre 2010 da kayfakayfa

Diciamo la verità, quanto ci sarebbe piaciuto che il governo, per una volta almeno, ci stupisse con effetti speciali tipo ripresa economica del paese, riduzione drastica delle tasse, un politica salariale che adeguasse gli stipendi degli italiani a quelli molto più corposi di altri paesi europei, lotta efficace alla disoccupazione e alla criminalità, una riforma scolastica che migliorasse la scuola pubblica anziché penalizzarla a vantaggio di quella privata, soluzione del precariato e quant’altro.
E invece ancora una volta a stupirci sono le performance erotiche del nostro premier amante, pare, del
bunga bunga, un trenino umano in cui ci si inchiappetta vicendevolmente senza ritegno, o quanto meno chi ha la sventura di porgere le terga a un maschio è condannato a prenderlo in quel posto!

Certamente coloro politicamente schierati col governo, o che nutrono particolare simpatia per Berlusconi, sosterranno a spada tratta la tesi secondo cui quest’ennesimo scandalo a sfondo sessuale contornato da minorenni cui sarebbe coinvolto il Presidente del Consiglio italiano è una manovra della sinistra con l’ausilio di una certa magistratura politicizzata per mandare a casa l’esecutivo da lui presieduto.

Potrebbe darsi che fosse così. Però dopo le vicende Noemi e D’Addario, ci si aspettava da parte del Premier, e in particolare dal suo entourage cui è affidata la gestione della sua persona, la massima attenzione a non farsi cogliere nuovamente in fallo in situazione equivoche, e soprattutto in compagnia di minorenni.

Come un eco assordante  risuonano le parole dell’allora moglie di Berlusconi Veronica Lario, ora ex proprio per via di quei fatti, la quale all’epoca dello scandalo Noemi confidò a un’amica di non poter più vivere con un uomo che va con le minorenni. Aggiungendo in un’intervista che il marito era un uomo malato. Ipotesi riproposta da Famiglia Cristiana!   

Chissà se anche questa volta in difesa del Premier si schiererà monsignor Fisichiella il quale, dopo averlo assolto per una bestemmia che irrideva la Bindi perché andava contestualizzata, contestualizzerà pure il bunga bunga e le minorenni… 

 
 
 

IL MACCHINISTA (racconto)

Post n°946 pubblicato il 29 Ottobre 2010 da kayfakayfa

Ascoltando amici e colleghi che avevano compiuto cinquant’anni, si era convinto che l’approssimarsi di quell’età rappresentasse per l’uomo una vera e propria fase critica dell’esistenza; lo schiudersi di una porta che immetteva inesorabilmente sulla via del decadimento fisico cui spesso si associava anche quello mentale. Molti confessavano senza alcun pudore, quasi fossero colti da un improvviso moto di ingenuità, che, man mano si approssimavano a quell’età, sentivano l’irrefrenabile necessità di dare libero sfogo agli istinti. Di mettersi alla prova per vedere se fossero ancora capaci di conquistare una donna. Magari molto più giovane di loro. E, una volta conquistata, portarla a letto per vedere se fossero in grado di soddisfarne il desiderio, sfiancarla con l’ardore del proprio vigore…

Personalmente lui non si era mai stato colto da una simile smania. Forse perché tra lui e sua moglie a letto le cose andavano a gonfie vele, nonostante stessero insieme da oltre vent’anni. Molto più semplicemente il suo desiderio inappagato, coltivato fin da ragazzino, era quello di guidare un treno! Col proposito di realizzarlo, non appena si era diplomato, aveva partecipato a più di un concorso per entrare come macchinista nelle ferrovie. Purtroppo non essendo né un genio, né avendo la sua famiglia amicizie influenti che potessero aiutarlo, direttamente o indirettamente, a vincere il concorso, o, quanto meno, risultare nei primi posti della graduatoria, aveva dovuto riporre quel sogno nel cassetto accettando di lavorare come tecnico informatico presso un grosso centro industriale. Il matrimonio prima e il sopraggiungere di due figli poi avevano inciso enormemente sulle sua fantasie, tant’è che sembrava avesse completamente rimosso quel sogno da ragazzo. E invece, quando mancavano pochi mesi ai cinquant’anni, ecco che di colpo quell’ambizione repressa tornava a farsi sentire prepotentemente. Sapeva benissimo che, non avendo più l’età, non avrebbe potuto partecipare a un concorso come macchinista. Ma prima che la parabola discendente della sua esistenza declinasse sempre di più, decise con una risolutezza insolita che avrebbe guidato un treno; un treno vero, prima dello scoccare dei cinquant’anni!

 

La notte non riusciva a chiudere più occhio, rimuginando febbrilmente alla ricerca del modo in cui avrebbe concretizzato quel bisogno impellente. Addirittura, mentre faceva l’amore con sua moglie, prendendola da dietro, aveva la sensazione d’essere un macchinista, i fianchi di lei la sala macchina della locomotiva e i suoi caldi gemiti l’ansare del treno sui binari. Fu durante uno di quei momenti di intensa estasi erotica che la soluzione gli si palesò brillantemente nella mente proprio nell’attimo in cui i sensi erano scossi dall’orgasmo.

 

La mattina del giorno dopo, approfittando fosse sabato e non lavorava, andò in un negozio che affittava abiti da scena per prenderne uno da ferroviere. Quando ne uscì, anziché recarsi a casa, andò alla stazione, entro nel bagno e si spogliò indossando la divisa da ferroviere. Ripose in una busta di cellophane gli abiti civili e li lasciò al deposito bagagli. Mentre camminava tra la folla in partenza e in arrivo, più volte si fermò davanti alle vetrine per ammirare la propria immagine riflessa nei vetri: ammise che vestito in quel modo, soprattutto col cappello in testa, stava proprio bene!

Si fermò davanti alla tabella degli orari per vedere quale fosse il prossimo treno in partenza: INTERCITY 915 per MILANO CENTRALE in partenza alle ore 11,15 dal binario 16.

Diede uno sguardo all’orologio, mancavano cinque minuti alla partenza.

Con passo veloce e deciso si avviò al binario 16 salutando con un cenno del capo i tanti ferrovieri che incrociava sul cammino. Giunse davanti alla locomotiva dell’INTERCITY 915 che mancava una manciata di minuti alla partenza. Salutò il capotreno, salì il predellino e entrò nella cabina di comando.

Il macchinista seduto ai comandi lo guardò incuriosito.

-         E tu chi sei? – domandò

-         Mi chiamo Paolo, devo andare a Roma .

-         Non sapevo che avresti viaggiato con noi. Comunque accomodati pure, stiamo per partire… Dove hai preso quella divisa, è fuori ordinanza da una vita!

-         La nuova l’ho mandata in lavanderia. Ho messo questa per comodità ma ora che arrivo a Roma vedo in magazzino per farmene dare una nuova. Non voglio mica arrivare a Milano conciato così!?... Sai come sono i Milanesi!

Aldilà del parabrezza il semaforo diventò verde, in contemporanea si udì il fischio del capotreno che annunciava la partenza.

Poco dopo il capotreno apparve nella cabina.

-         E tu chi sei? – domandò fissando Paolo seduto al suo posto.

-         È un collega diretto a Roma - rispose il macchinista guidando lentamente il treno fuori dalla stazione.

-         Non ti ho mai visto – fece il capotreno – a quale compartimento appartieni?

-         Caserta

-         Come mai sei qui, non potevi partire direttamente da lì?

-         Sono sceso a Napoli per sbrigare delle commissioni.

-         Alzati, quello è il mio posto.

-         Ops, scusa – Paolo si alzò per prontamente per fare spazio all’uomo che si sedette fissandolo dalla testa ai piedi

-         Che razza di uniforme indossi? – fece scrutandolo con attenzione.

-         È una vecchia divisa, quella nuova l’ho mandata in lavanderia. Ora che arrivo a Roma me ne faccio dare una nuova prima di proseguire per Milano.

Il capotreno volse uno sguardo al macchinista. Questi fece uno smorfia, intendendo che non sapeva che dire.

-         Qual è la tua funzione? – chiese il capotreno

-         Macchinista – rispose prontamente

-         Se tu sei un macchinista io sono babbo Natale – scoppiò a ridere il macchinista

-         Dicci chi sei e cosa vuoi – fece il capotreno

Non essendo avvezzo alle menzogne, sentendosi scoperto, Paolo raccontò ai due ferrovieri il motivo di quella messinscena. I due ferrovieri scoppiarono a ridere.

-         In genere un uomo che si avvicina alla soglia dei cinquanta è preso da tutt’altro genere di smanie – fece il capotreno – comunque, se è solo questo che vuoi, si può fare!

-         Dici sul serio?

-         Certo – disse il macchinista – Guidare un treno è come guidare un aereo: le manovre più complesse sono la partenza e quando ci si deve fermare, quando si viaggia va da solo! – detto ciò si alzò lasciando il posto a Paolo.

Nemmeno fosse stato un ragazzino, si mise ai comandi con un tale entusiasmo che commosse i due uomini: gli occhi  gli luccicavano di gioia mentre la mano accarezzava la manopola e i pulsanti luminosi. Davanti a se, di là dal vetro,  i binari si estendevano all’infinito. Lo lasciarono guidare fino a che non intravidero in lontananza un semaforo rosso.

-         Ora tocca a me – disse il macchinista riprendendo il suo posto. Fermò il treno all’altezza del semaforo e attese il via.

-         L’ammiro! – disse sorridendo a Paolo – penso che poche persone al mondo avrebbero avuto il coraggio di fare quello che lei sta facendo. La stragrande maggioranza degli uomini ha la cattiva abitudine di chiudere ermeticamente nel cassetto i sogni e di adattarsi alla società. Invece lei è stato di una tenacia ammirevole.

-         Anch’io mi stupisco di me stesso – fece Paolo – Evidentemente il bisogno era tale che alla fine si è affermato!

-         Molto probabile – fece il capotreno indicando al macchinista il semaforo verde. Il treno si rimise in viaggio. Non appena riprese la velocità di crociera, il macchinista si alzò per far tornare Paolo ai comandi.

-         Tre poco dovremo fermarci – lo avvertì il capotreno – Stiamo per entrare in stazione.

-         Ma questo non è un intercity? – domandò Paolo

-         Sì, e allora?

-         La prima fermata non dovrebbe essere Roma?

-         Non è detto – sorrise il macchinista – riprendendo nuovamente il suo posto.

Rallentando con uno sferragliare di freni, il treno entrò in stazione. Con evidente stupore, Paolo osservava i viaggiatori in partenza chi lo assiepavano. erano tutti uomini  tutti vestiti da ferrovieri come lui, qualcuno gli parve addirittura di conoscerlo: il portinaio, il garagista, qualche collega di lavoro…

-         Ma cosa… - mormorò fissando quell’insolito spettacolo. – Com’è possibile? – si rivolse al capotreno

-         Il treno dei sogni accomuna gli uomini. Tanti coltivano il tuo stesso, ma pochi hanno il coraggio di realizzarlo!

-         Non capisco - farfugliò

-         Quando un uomo realizza un sogno condiviso da tanti altri, in un modo o in altro, anche gli altri realizzano il proprio. Tu ora ai loro occhi sei un leader è come tale devi comportarti!

-         Che devo fare? – chiese mentre il treno rallentava.

Il macchinista si alzò cedendogli ancora una volta il posto.

       Questo è il pulsante per aprire le porte – disse indicando un bottone sul pannello di comando.

Paolo lo pigiò, le porte si aprirono e gli uomini vestiti da ferrovieri salirono nel convoglio per alternarsi uno volta alla guida del treno dei sogni!

 

       Paolo svegliati! -  La voce di sua moglie lo riportò alla realtà – Farai tardi a lavoro!

 Aprì gli occhi sbadigliando

       Che ore sono? – domandò

       Le sette. È tardi, devi andare in ufficio!

Si alzò. Ancora mezzo assonnato entrò in bagno. Terminata la toilette, si vestì, fece colazione, indossò il cappotto e uscì di casa.

Davanti all’atrio del palazzo incrociò il portinaio, un uomo burbero con cui, in tanti anni che viveva in quel palazzo avevano scambiato poche parole, il quale quella mattina lo salutò con insolito calore e rispetto. Lo stesso accadde nel garage dove il garagista addirittura pretese di spostargli la macchina. In ufficio, poi, molti colleghi che a stento rispondevano al suo saluto, quasi litigarono per offrirgli il caffè!

       Grazie! – fece uno andandogli incontro e stringendogli la mano.

       Grazie di che? – chiese stupito.

       Di avermi aiutato a realizzare il mio sogno da bambino: senza di te non avrei avuto mai il coraggio di varcare la porta che separa la realtà dalla fantasia per guidare un treno!

 

 
 
 

EMERGENZA RIFIUTI MARSIGLIA DOCET

Post n°945 pubblicato il 26 Ottobre 2010 da kayfakayfa

Le immagini di Marsiglia invasa dai rifiuti a causa dello sciopero dei netturbini per protestare contro la riforma delle pensioni varata da Sarkozy, implicitamente svela il mistero dell’emergenza rifiuti a Napoli, da tanti, troppi, attribuita all’ignavia dei napoletani che non farebbero la raccolta differenziata!

Quanto sta accadendo a Marsiglia, dove l’esercito è intervenuto per liberare le vie solo dai materiali ingombranti, dimostra che quando si manifestano simili emergenze la colpa non è certo dei cittadini ma dell’inadempienza di chi è preposto a ripulire le strade dai rifiuti e non lo fa!

Qualche irriducibile sostenitore della tesi “napoletani incivili”, ribatterà: hai ragione, ma voi napoletani non facendo la differenziata aumentato le difficoltà. Rispondo: se non ci sono mezzi, strutture e discariche appropriate in cui trattare e scaricare la spazzatura, non è certo colpa dei napoletani se poi i sacchetti depositati per le vie non vengono raccolti. Che dobbiamo fare? La  spazzatura ce la dobbiamo tenere a marcire in casa in attesa che chi di dovere si dia una mossa per risolvere concretamente il problema munendo delle strutture appropriate Napoli e provincia? Da una recente statistica risulta che a Napoli la tassa sui rifiuti è la più cara di Italia!

Poiché i cittadini pagano le tasse per riceverne in cambio un adeguato servizio dagli enti di competenza, ci domandiamo che fine facciano, e abbiano fatto, tutti i soldi versati fino a oggi dai partenopei per lo smaltimento dei rifiuti urbani visto che, senza andare troppo a ritroso nel tempo, a distanza di due anni dalla fine della “prima” emergenza rifiuti la città e la provincia sono nuovamente ripiombate nel caos, non perché i napoletani si ostinano a non fare la differenziata; bensì perché tutte quelle strutture previste dal governo, all’indomani dell’emergenza rifiuti, per risolvere una volta e per sempre il problema, termovalorizzatori inclusi,  o nono state ancora costruite o funziono poco e male. E non certo per colpa dei cittadini napoletani i quali, oltre al danno di vivere in una città invasa dai rifiuti, sono costretti ad accollarsi la beffa di dover pagare un balzello i cui proventi non si sa che fine fanno!

 

 
 
 

EMERGENZA RIFIUTI: SI ADOTTI LA SOLUZIONE DI PALERMO!... MA QUAL E'?

Post n°944 pubblicato il 23 Ottobre 2010 da kayfakayfa

Fino e agli inizi della scorsa estate Palermo e diverse zone della Sicilia si trovavano ad affrontare un’emergenza rifiuti simile a quella in cui sono nuovamente ripiombate Napoli a provincia: cumuli di spazzatura ammassate lungo le vie, cassonetti incendiati, camion della nettezza urbana assaliti, cittadini esasperati, scuole chiuse. Tutte scene già viste mesi addietro durante l’emergenza rifiuti campana, la cui soluzione era il fiore all’occhiello del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che, non appena eletto, si mise d’impegno per risolverla col contributo della protezione civile e dell’esercito, promettendo che mai più Napoli e la Campania avrebbero vissuto giorni simili!

Non si sa come, eppure sembrerebbe che l’emergenza rifiuti siciliana sia stata risolta efficacemente. Quasi per incanto, verrebbe da dire, supponendo il provvidenziale intervento di un mago che con un colpo di bacchetta  avesse fatto sparire i rifiuti dalle strade siciliane… Per depositarle dove? Nessuno lo sa ma non certo nella discarica di Bellolampo che collassava!

Non ci interessa sapere che fine abbia fatto la spazatura palermitana. Per quel che ci riguarda siamo contenti che Palermo e comuni limitrofi abbiano ritrovati la serenità civle. Quel che ci preme sapere è quale soluzione è stata adottata perché ciò avvenisse: essa ci sembra tanto efficace che auspichiamo venga adottata anche per Napoli dove, ormai è evidente anche a chi si ostina a scagliarsi contro i napoletani per partito preso, il problema dei rifiuti non è certo da imputarsi all’inciviltà dei napoletani, ma alla politica, sia locale che nazionale, che sa solo fare promesse, senza però mantenerle, e crogiolarsi su allori di sabbia che quando si sfaldano li sommergono di sabbia, anzi di monnezza! 

 

 
 
 

PROMESSE DA PREMIER: A TERZIGNO LA DISCARICA SI FA!

Post n°942 pubblicato il 21 Ottobre 2010 da kayfakayfa

 

A fine settembre un entusiasta sindaco di Terzigno, dopo aver incontrato a Palazzo Grazioli il Premier Silvio Berlusconi, aveva annunciato che la “discarica non si farà più”, aggiungendo che entro breve Berlusconi si sarebbe recato personalmente sul posto per incontrare i cittadini. E infatti la discarica…si farà, a conferma di quanto credibili siano le promesse dei nostri governanti!

Com’era prevedibile, non appena è giunta la conferma dell’apertura a breve di un nuovo sito di stoccaggio per i rifiuti in località Cava Vitello, la tensione tra i manifestanti e le forze dell’ordine è salita alle stelle con veri e propri atti di guerriglia dove non sono mancati feriti e fermi.   

Due anni fa, quando l’emergenza rifiuti toccò livelli inimmaginabili per un paese civile, ci fu chi dalla pagine dei giornali o dai teleschermi a caratteri cubitali e strepitii non lesinò critiche ai napoletani, addebitando alla loro incapacità di fare la raccolta differenziata la causa principale di quel  disastro. Relegando in secondo piano le responsabilità della politica locale e nazionale. Nonché definendo un ignobile alibi la camorra e i suoi interessi nella raccolta e nello smistamento dei rifiuti!

In quei giorni drammatici, dove l’allora governatore della Campania Antonio Bassolino, rinviato a giudizio per la pessima gestione dell’emergenza rifiuti all’epoca in cui ricoprì l’incarico di Commissario Speciale, anziché dimettersi, come gli veniva implicitamente chiesto dall’allora Segretario del suo partito il PD Veltroni in piena campagna elettorale, si rifiutò affermando che voleva contribuire alla soluzione del problema – problema che egli stesso, secondo i magistrati, aveva alimentato – all’indomani della vittoria del centrodestra e all’insediamento di Berlusconi a Palazzo Chigi, il neo premier con un decisionismo insolito per i politici italiani si diede da fare per risolvere la questione facendosi ritrarre a Napoli con una ramazza tra le mani.

Grazie all’intervento del governo che inviò a Napoli perfino gli Angeli dei rifiuti per educare i napoletani alla differenziata e si adoperò affinché fosse completato e messo in funzione, seppure a regime ridotto, il termovalorizzatore di Acerra, sembrava che l’emergenza fosse rientrata. Chi vive a Napoli sa che non fu così: alcune montagne di rifiuti hanno sempre continuato a marcire in zone della periferia napoletana senza che nessuno se ne preoccupasse perché non era visibili!

Ora che l’emergenza rifiuti è tragicamente riesplosa, malgrado i napoletani facciano solertemente quella panacea di tutti i mali che si chiama raccolta differenziata, dimostrando quanto fatui fossero i proclami autocelebrativi del Premier, prevenute e sterili le critichi di coloro che addebitavano all’inciviltà dei napoletani l’esclusiva causa di quel disastro, la domanda è di chi la colpa di questo nuovo fronte emergenziale?

Secondo Berlusconi la responsabilità è del sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino. Eppure sembra che fosse invece la Provincia, preseduta da Luigi Cesaro del PDL, la responsabile cui il governo affidò la gestione dei rifiuti all’indomani dell’emergenza!

Forse la verità non la sapremo mai. Ma una cosa è certa:il Premier mentì al sindaco di Terzigno quando disse che la seconda discarica nel Parco Nazionale del Vesuvio non si sarebbe fatta!

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