Creato da kayfakayfa il 10/01/2006

LA VOCE DI KAYFA

IL BLOG DI ENZO GIARRITIELLO

 

Messaggi di Marzo 2012

PUTEOLANI DELUSI DAI LORO POLITICI

Post n°1224 pubblicato il 30 Marzo 2012 da kayfakayfa

È un eufemismo definire disorientato lo stato d’animo dei cittadini di Pozzuoli man mano che vengono presentate le liste dei candidati a sindaco per le prossime elezioni comunali.

Fino a ieri i nomi che circolavano erano tre: Enzo Figliolia per il PD; Filippo Monaco per il PDL; il gallerista d’arte, ex PD, Alfonso Artiaco che scendeva in campo con una propria lista appoggiato dall’ex sindaco Agostino Magliulo.

Ieri sera, attraverso un comunicato stampa, a sorpresa Artiaco ha reso noto la decisione di ritirare la propria candidatura scrivendo, “non intendendo prestarmi a progetti di posizionamento politico”, “non intendo essere espressione di una parte”; denunciando un ostruzionismo al suo progetto da parte di “apparati che, vedendo una proposta convincente prendere sempre più corpo, hanno iniziato a minare le ragioni stesse del progetto”, riducendo a due il numero dei candidati.

Chi conosce bene gli ambienti della politica puteolana è pronto a scommettere che nelle prossime ore a Figliolia e Monaco si aggiungerà qualche altro nome, probabilmente anch’esso appartenente alla vecchia guardia dei politici puteolani di cui fanno parte i candidati dei due poli.

Nell’attesa di sapere se questi “veggenti” hanno visto giusto, l’unica certezza è che alle prossime elezioni diminuirà sensibilmente il numero degli elettori o aumenterà quello delle schede nulle.

Del resto basta girare per la città e ascoltare i giudizi poco lusinghieri espressi dalla gente nei confronti della classe politica puteolana tutta per rendersi conto che alle prossime amministrative, chiunque sarà eletto, sarà un sindaco dimezzato, espressione di uno sparuto numero di votanti, presumibilmente parenti, amici e affini...

Ma a chi importa ciò?

A nessuno, visto come sono andate le cose durante la scorsa amministrazione: eletta a maggio, la giunta Magliulo fu costretta a dimettersi  a fine novembre perché quattro consiglieri della maggioranza, d’accordo con quelli dell’opposizione, fecero cadere il sindaco.

E precedentemente lo stesso tipo di “trattamento” fu riservato da alcuni dei quattro “traditori” all’ex sindaco Giacobbe cui era succeduto, dopo un anno e mezzo di commissariamento, appunto Magliulo.

E che dire poi del fatto che molti politici puteolani “ondeggiano” da sinistra a destra e viceversa a seconda di come spira il vento del potere?…

Dopo episodi così "edificanti", avrà qualcuno il coraggio di tacciare di vigliaccheria quanti non andranno a votare perché delusi dalla politica puteolana?

Almeno abbiano il buonsenso questi pseudo moralisti di godersi la vittoria del proprio candidato in silenzio nel rispetto di quei tanti cittadini che non si riconoscono in nessuno dei nomi in lizza.

Democrazia è prima di tutto rispetto delle opinioni altrui!

 

 
 
 

PER LA PROSSIMA CAMPAGNA ELETTORALE IL CENTROSINISTRA RINFRESCHI LA MEMORIA AGLI ITALIANI

Post n°1223 pubblicato il 28 Marzo 2012 da kayfakayfa

Nonostante sia noto a tanti, forse a tutti, che il governo Monti s’è insediato a Palazzo Chigi per raddrizzare le sorti del paese dalla pericolosa deriva verso cui lo stava trascinando l’esecutivo berlusconiano, preoccupato più di salvaguardare dalla giustizia il cavaliere anziché salvare il paese dalla bancarotta, ogniqualvolta un esponente della ex maggioranza appare in televisione cerca in tutti i modi di negare tale verità, assumendo un atteggiamento divertito, di sufficienza o, addirittura, di sfottò nei confronti di chiunque metta in risalto quest’aspetto.

Ieri sera la scena s’è replicata a Ballarò: protagonista Maurizio Lupi del PDL il quale, alle esplicite accuse della senatrice Anna Finocchiaro del PD secondo cui l’esecutivo tecnico di Monti s’è reso necessario per fronteggiare agli errori e all’incapacità del precedente governo Berlusconi, s’è illuminato in un sorriso di scherno scotendo il capo in senso di diniego come se l’esponente del centrosinistra chissà quale eresia stesse dicendo!

Eppure è risaputo che a negare la crisi in più di un’occasione fu lo stesso Berlusconi invitando a essere ottimisti, accusando di disfattismo chi invece sosteneva il contrario, adducendo esempi imbarazzanti per rafforzare le proprie convinzioni tipo i ristoranti pieni, i voli stracolmi verso le località di villeggiatura, l’acquisto da parte degli italiani di milioni di euro in cosmetici ogni anno.

Fa niente se a ciò aggiungiamo la totale caduta di credibilità del Paese a livello internazionale tanto che in molti consessi internazionali l’Italia non era affatto considerata tanto che Francia, Germania e Inghilterra organizzavano summit tra di  loro per decidere  su questioni riguardanti anche noi senza interpellarci, imponendoci le loro scelte!

Memorabile rimarrà nella storia lo scambio di sguardi e risatine di scherno tra la Mekel e Sarkozy in risposta alla domanda di una giornalista che chiedeva loro se si fidassero dei provvedimenti che avrebbe preso il governo Berlusconi per evitare la crisi dell’Italia e, di riflesso, dell’euro.

Questi signori che con una sfacciataggine senza limiti, dai salotti televisivi o attraverso le pagine dei giornali, negano la realtà storica come se fosse fumo che si dissolve nel vento, proponendo una versione completamente alterata degli eventi, passando da carnefici a vittime, probabilmente agiscono così in quanto confidano nella memoria corta degli italiani.

C’è da sperare che, nel momento in cui si dovrà tornare alle urne per ridare ai cittadini la possibilità di scegliere democraticamente il governo che dovrà subentrare a quello tecnico di Monti, in campagna elettorale, il centrosinistra non perderà l’occasione di rinfrescare la memoria agli italiani, ricordando gli scandali che hanno caratterizzato l’ultimo triennio berlusconiano - ricordando che quella maggioranza votò compatta in Parlamento, Lega inclusa, che davvero Berlusconi pensava che Ruby fosse la nipote di Mubarak –; le tante leggi a personam varate per tutelare gli interessi del cavaliere; che la prescrizione non è affatto un’assoluzione ma solo una sospensione del giudizio per sopraggiunta scadenza dei termini processuali, e dunque Berlusconi e i suoi non hanno alcun motivo di festeggiare se un processo in cui sono imputati cade in prescrizione; cha dopo il terremoto del 2009, l’Aquila è tuttora una città fantasma, malgrado le promesse del Premier Berlusconi che in breve il capoluogo abruzzese sarebbe tornato a vivere!  

Solo ridando ossigeno alla memoria degli italiani il centrosinistra può sperare di vincere le elezioni, premesso voglia vincerle davvero!

 
 
 

A BARLETTA A UCCIDERE NON È STATO IL SORBITOLO MA L'AVIDITà UMANA

Post n°1222 pubblicato il 27 Marzo 2012 da kayfakayfa

Il caso della donna di Barletta morta dopo aver assunto in un centro privato di gastroenterologia una dose di Sorbitolo, acquistato dalla struttura medica su ebay in Irlanda,  in cui era presente un’alta concentrazione di nitrito di sodio solitamente usato per conservare gli alimenti, rimette in discussione fino a che punto convenga acquistare on line.

Se è vero che su internet si può acquistare praticamente di tutto e di più standosene comodomante seduti in poltrona nel soggiorno di casa, è altresì vero che l’apparente facilità di acquisto nasconde notevoli insidie, al pari delle amicizie strette sui social network.

Infatti, se un’amicizia on line può rapidamente sfociare in una relazione erotica per via dello schermo dietro cui ci “nascondiamo”, il quale possiede il magico potere di abbattere i freni inibitori della nostra coscienza spingendoci a mostrarci disinvolti e spregiudicati con i contatti virtuali come non saremmo mai dal vivo, è altrettanto vero che molti di questi incontri spesso possono rivelarsi una delusione o, in casi estremi, addirittura pericolosi in quanto non si può escludere che chi sta all’altro lato dello schermo possa non essere sano di mente, o addirittura un maniaco/a a caccia di prede!

Il caso di Barletta evidenzia come la facilità di acquisto di un prodotto su internet - che se comprato  attraverso i canali ufficiali sarebbe costato molto di più - sia un vantaggio relativo che si riduce a zero se teniamo conto che quel prodotto manca dei controlli indispensabili per essere ritenuto sicuro per la vendita al pubblico.

In questa società dove la velocità e il risparmio sono i principali fattori su cui si regge l’economia mondiale, il caso di Barletta dovrebbe indurre alla riflessione tutti coloro che, pur di risparmiare, per fare un acquisto preferiscono rivolgersi ai mercatini on line anziché infilarsi un paio di scarpe, scendere di casa e andare in giro alla ricerca di quanto gli occorre.

Soprattutto se si tratta di medicinali!

Come ci si possa affidare a un sito internet per fare scorta di medicinali, riesce incomprensibile.

A meno che non si voglia entrare in possesso di prodotti proibiti in Italia, come ad esempio gli anabolizzanti o tutti quei medicinali dopanti di cui si servono molti pseudosportivi per aumentare le proprie prestazioni atletiche o, appunto, risparmiare a ogni costo sul prodotto al punto da mettere a rischio la vita delle persone che lo assumeranno.

La tragedia di Berletta non è certo la prima in tal senso né, purtroppo, resterà l’ultima.

È probabile che in molti altri centri medici privati siano stipati medicinali acquistati on line per economizzare mancanti dei necessari controlli che ne autorizzino la vendita.

E se l’acquisto non fosse stato fatto on line, non si può escludere che in molti centri giacciano medicinali scaduti e riciclati, rivenduti al mercato nero come buoni e somministrati agli ammalati perché, indipendentemente se l’acquisto avvenga on line o in un magazzino, alla base di qualunque tragedia in campo commerciale ci sono l’egoismo e l’avidità umana!

 
 
 

UNA VITA TRANQUILLA (allungato il finale)

Post n°1221 pubblicato il 23 Marzo 2012 da kayfakayfa
 

Quella mattina scese di casa per andare in ufficio con un leggero stato di frustrazione nell’animo.

La sera prima in televisione aveva seguito l’ennesima puntata del film documentario ripreso con una semplice telecamera digitale  da un inglese che aveva girato il mondo in bicicletta.

Osservando l’orgoglio con cui il giramondo narrava la fatica, i disagi e i pericoli che aveva dovuto affrontare nel corso della sua impresa, si chiedeva come fosse possibile che lui e tanti altri non sentissero affatto il bisogno di mettersi a loro volta alla prova, misurare i propri limiti per vedere fin dove potessero arrivare dando un senso diverso alla vita. 

Bensì si accontentavano di condurre un’esistenza abitudinaria, scialba, dove il più piccolo degli imprevisti rappresentava un ostacolo insormontabile che, come un masso gettato nel corso di un fiume ne devia o blocca la direzione dell’acqua, così quelle situazioni rompevano gli equilibri su cui da anni poggiavano le loro vite preconfezionate, senza che loro facessero nulla per darle una scossa seppure fossero consapevoli della banalità delle loro vite.

Dal lunedì al venerdì sveglia alle 6,30, toeletta; dopo essersi vestiti, colazione da soli o in compagnia della propria compagna; un saluto ai figli, se ne avessero; uscita di casa al solito orario per non perdere i mezzi pubblici che li avrebbero condotti a lavoro, o infilarsi nell’auto, accendere il motore e avviarsi in ufficio con la speranza di non restare imbottigliati a lungo nel traffico cittadino; caffè al bar vicino al posto di lavoro prima di entrare in azienda; pausa pranzo di un’ora in cui, dopo mangiato un panino o una pizza mezza fredda, dedicarsi alla lettura o magari concedersi una pennichella stesi sul ribaltabile della macchina; ripresa alle 15 in punto fino alle 18 per poi proseguire mezz’ora in più rispetto all’orario ordinario per accumulare a fine mese un cospicuo straordinario che rendesse un po’ più pesante la busta paga.

Fa niente se poi quelle ore in più incidessero negativamente sui tributi da pagarsi mensilmente e sul conguaglio di fine anno.

Il sabato e la domenica da dedicarsi ai propri hobby, se se ne coltivassero, oppure da trascorrere in compagnia della famiglia o degli amici.

E così avanti per anni e anni fino alla pensione, confidando negli scatti di anzianità o in un ambito passaggio di livello, soprattutto se si lavorasse in un’azienda privata, a testimonianza delle proprie capacità lavorative e della considerazione che il datore di  lavoro rtipone in te.

Paragonando la propria vita a quella del giovane avventuriero inglese, il quale, a rischio della propria incolumità, non aveva esitato a realizzare il proprio sogno passando per pazzo, si rendeva conto che la povertà esistenziale degli uomini è determinata dalla mancanza di coraggio che hanno nel credere nei propri sogni e, soprattutto, nell'adoperarsi per realizzarli.

Quella considerazione lo spinse a ammettere che la maggioranza degli uomini non credeva in se stessi perché solo chi crede in se stesso ha il coraggio di realizzare quello che davvero sente di voler fare nella vita!

Perché?

Non sapeva spiegarselo!

Mentre con l’auto imboccava la tangenziale, si chiese quali sogni lui avesse sacrificato alla quotidianità.

Per quanti sforzo facesse, non riuscì, a individuarne nemmeno uno!

Possibile, si disse, che non avesse mai coltivato un sogno? Un’ambizione diversa che non fosse solo quella di fare l’impiegato, il marito e il padre di famiglia?

Possibile che le speranze giovanili si fossero spente man mano che era cresciuto?

Da ragazzo amava giocare a calcio, andare al cinema, corteggiare le ragazze, uscire con gli amici, leggere un buon libro.

Possibile che, non appena aveva messo su famiglia con la donna che amava, le motivazioni che alimentavano i suoi sogni di ragazzo si fossero disciolti come neve al sole?

Possibile che ora vivesse solo in proiezione della sua famiglia?

 “Ma certo”, trasali, frenando di botto, “il giovane inglese ha potuto intraprendere la sua avventura perché non aveva famiglia, nessuno cui dare conto tranne a se stesso" disse tra sé. "Se gli fosse successo qualcosa di grave, se fosse addirittura morto, la sua mancanza non avrebbe pesato sugli altri.

Sì, i genitori e i parenti lo avrebbero pianto, ma non ci sarebbe stata  nessuna vedova né nessun orfano che avessero sofferto la sua mancanza!”

Il sorriso si trasformò in smorfia di terrore nell’attimo in cui, udendo lo stridore dei freni provenire alle sue spalle, alzò lo sguardo nello specchietto retrovisore e intravide l’auto piombare a forte velocità su di sé.

Lo schianto fu tremendo!
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Per le gravi ferite riportate nell’incidente, l’uomo restò in coma quasi due settimane.

Quando si riprese, l’unica cosa che ricordava era l’immagine di sé in groppa a una bicicletta.

Ai medici che le chiedevano se suo marito amasse andare in bici, la moglie rispondeva che  suo marito non sapeva andare bicicletta, che odiava qualunque cosa camminasse su due ruote.

L’uomo restò in ospedale poco più di un mese.

Quando fu dimesso, dovette restare a casa altri sei mesi per consentire alle fratture agli arti inferiori di rinsaldarsi.

Secondo i medici era un miracolo che, nonostante l’urto violento, alla fine se la fosse cavata con le gambe rotte e qualche costola incrinata.

Per tutto il tempo che restò a casa in convalescenza, l’uomo trascorse le giornate davanti al portatile.

Con l’ausilio di google map girò il mondo lungo e in largo tanto che, quando finalmente, grazie alla riabilitazione, cominciò a muovere i primi passi, non c’era angolo della terra che non conoscesse.

Nello stesso tempo navigò su diversi siti di biciclette, informandosi in maniera certosina sulle caratteristiche di ognuna.

A sua moglie che gli chiedeva il motivo di quel suo improvviso interessamento, rispondeva che non era mai troppo tardi per imparare ad andare in bicicletta.

Quando si fu rimesso del tutto, la prima cosa che fece acquistò una bicicletta da passeggio.

Lo aiutarono a stare in sella i suoi figli che avevano imparato da sé ad andare sulle due ruote.

Il giorno del suo cinquantesimo compleanno gli fu regalata una splendida muontain bike su cui iniziò a girare per la città.

Non appena ebbe preso confidenza col mezzo, un’idea bizzarra s’impossessò di lui.

Dopo che ebbe parlato con sua moglie e i suoi figli, ottenuta la loro approvazione, chiese all’azienda un anno di aspettativa e un anticipo sulla liquidazione.

Un’assolata mattina di marzo, in groppa alla sua bici coi portapacchi stracarichi di vettovaglie e attrezzature da campeggio, col caschetto allacciatto sotto il mento, l’uomo salutò con un sorriso i parenti e gli amici accorsi sul ciglio della strada per incoraggiarlo nella sua impresa.

Spinto dai suoi figli, cominciò a pedalare.

Così inziò il giro per il mondo in bicicletta!

 
 
 

UNA VITA TRANQUILLA (racconto inedito)

Post n°1220 pubblicato il 23 Marzo 2012 da kayfakayfa
 

 

Quella mattina scese di casa per andare in ufficio con un leggero stato di frustrazione nell’animo.

La sera prima in televisione aveva seguito l’ennesima puntata del film documentario ripreso con una semplice telecamera digitale  da un inglese che aveva girato il mondo in bicicletta.

Osservando l’orgoglio con cui il giramondo narrava la fatica, i disagi e i pericoli che aveva dovuto affrontare nel corso della sua impresa, si chiedeva come fosse possibile che lui e tanti altri non sentissero affatto il bisogno di mettersi a loro volta alla prova, misurare i propri limiti per vedere fin dove potessero arrivare dando un senso diverso alla vita. 

Bensì si accontentavano di condurre un’esistenza abitudinaria, scialba, dove il più piccolo degli imprevisti rappresentava un ostacolo insormontabile che, così come un masso gettato nel corso di un fiume ne devia o blocca la direzione dell’acqua, così quelle situazioni rompevano gli equilibri su cui da anni poggiavano le loro vite preconfezionate, senza che loro facessero nulla per darle una scossa seppure fossero consapevoli della banalità delle loro esistenze.

Dal lunedì al venerdì sveglia alle 6,30, toeletta; dopo essersi vestiti, colazione da soli o in compagnia della propria compagna; un saluto ai figli, se ne avessero; uscita di casa al solito orario per non perdere i mezzi pubblici che li avrebbero condotti a lavoro, o infilarsi nell’auto, accendere il motore e avviarsi in ufficio con la speranza di non restare imbottigliati a lungo nel traffico cittadino; caffè al bar prima di entrare in azienda; pausa pranzo di un’ora in cui, dopo mangaito un panino o una pizza mezza fredda, dedicarsi alla lettura o magari concedersi una pennichella stesi sul ribaltabile della macchina; ripresa alle 15 in punto fino alle 18, prolungando la presenza in ufficio mezz’ora in più rispetto all’orario ordinario per accumulare a fine mese un cospicuo straordinario per appesantire la busta paga.

Fa niente se poi quelle ore in più incidessero negativamente sui tributi da pagarsi mensilmente e sul conguaglio di fine anno.

Il sabato e la domenica da dedicarsi ai propri hobby, se se ne coltivassero, oppure da trascorrere in compagnia della famiglia o degli amici.

E così avanti per anni e anni fino alla pensione, confidando negli scatti di anzianità o in un ambito passaggio di livello, soprattutto se si lavorasse in un’azienda privata, a testimonianza delle proprie capacità lavorative e della considerazione che il datore di  lavoro ripone in te.

Paragonando la propria vita a quella del giovane avventuriero inglese, il quale, a rischio della propria incolumità, non aveva esitato a realizzare il proprio sogno passando per pazzo, si rendeva conto che la povertà esistenziale di tantissimi uomini è determinata dalla mancanza di coraggio che hanno nel credere nei propri sogni e, soprattutto, nell'adoperarsi per realizzarli.

Quella considerazione lo spinse ad ammettere che la maggioranza degli uomini non credeva in se stessi perché solo chi crede in se stesso ha il coraggio di realizzare quello che davvero sente di voler fare nella vita!

Perché?

Non sapeva spiegarselo!

Mentre con l’auto imboccava la tangenziale, si chiese quali sogni lui avesse sacrificato alla quotidianità.

Per quanti sforzo facesse, non riuscì, a individuarne nemmeno uno!

Possibile, si disse, che non avesse mai coltivato un sogno? Un’ambizione diversa che non fosse solo quella di fare l’impiegato, il marito e il padre di famiglia?

Possibile che le speranze giovanili si fossero spente man mano che era cresciuto?

Da ragazzo amava giocare a calcio, andare al cinema, corteggiare le ragazze, uscire con gli amici, leggere un buon libro.

Possibile che, non appena aveva messo su famiglia con la donna che amava, le motivazioni che alimentavano i suoi sogni da ragazzo si fossero disciolti come neve al sole?

Possibile che ora vivesse solo in proiezione della sua famiglia?

 “Ma certo”, trasalì frenando di botto, “il giovane inglese ha potuto intraprendere la sua avventura perché non aveva famiglia, nessuno cui dare conto tranne a se stesso" disse tra sé. "Se gli fosse successo qualcosa di grave, se fosse addirittura morto, la sua mancanza non avrebbe pesato sugli altri. Sì, i genitori e i parenti lo avrebbero pianto, ma non ci sarebbe stata  nessuna vedova né nessun orfano che avesse sofferto la sua mancanza!”

Il sorriso si trasformò in smorfia di terrore nell’attimo in cui, udendo lo stridore dei freni provenire alle sue spalle, alzò lo sguardo nello specchietto retrovisore e intravide l’auto piombare a forte velocità su di sé.

Lo schianto fu tremendo!

 
 
 

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