Creato da kayfakayfa il 10/01/2006

LA VOCE DI KAYFA

IL BLOG DI ENZO GIARRITIELLO

 

Messaggi di Maggio 2015

DE LUCA DESTA DAL LETARGO LA COMMISSIONE ANTIMAFIA

Post n°1618 pubblicato il 30 Maggio 2015 da kayfakayfa

La rabbiosa reazione di Renzi e dei renziani nei confronti del Presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi per aver inserito nella lista degli impresentabile alle amministrative di domani anche Vincenzo De Luca, candidato del PD a governatore della Campania , insinuando che la scelta sarebbe una  rivalsa della Bindi contro il proprio Segretario/Premier con il quale, è arcinoto,  non è mai corso buon sangue, è un’offesa all’istituzione che la Commissione rappresenta e un’offesa all’intelligenza di quei tanti milioni di italiani che non sostengono il PD né le scelte di Renzi.

Che la preferenza per De Luca fosse rischiosa lo si sapeva ancor prima che venisse ufficializzata la candidatura dell’ex sindaco di Salerno.

De Luca ha una condanna in primo grado per abuso d‘ufficio che lo pone seriamente a rischio di decadenza se venisse eletto in quanto  la Legge Severino, approvata all’epoca anche dal PD per combattere il malaffare nella pubblica amministrazione, prevede la decadenza immediata degli amministratori  locali condannati  in primo grado anziché il terzo grado di giudizio come accade per quanti ricoprono ruoli politici e istituzionali a livello nazionale come fu per la decadenza di Berlusconi da senatore non appena fu emessa la sentenza definitiva del processo Mediaset che condannò il leader del centro destra a 4 anni di carcere per frode fiscale.

Ora che la Commissione Antimafia ha inserito nella lista dei candidati in odore di mafia anche quello di De Luca le cose si complicano non poco per Renzi.

Cercare di sminuire il pericolo di una trombatura di De Luca, che se avvenisse rappresenterebbe una clamorosa sconfitta per se stesso,  dimostrandosi indignato verso chi non ha fatto altro che il proprio dovere,  agitando i fantasmi di una congiura di palazzo è troppo perfino per molti attivisti e elettori del PD i quali, prima ancora la commissione si pronunciasse, già digerivano con difficoltà la candidatura di De Luca pur convenendo che era un nome vincente.

Che Renzi non ami perdere né che lo si contraddica, come del resto qualunque leader, è legittimo. Ma che, pur di evitare la sconfitta, infanghi la Commissione Antimafia e il suo Presidente ipotizzando che l’istituzione preposta a prevenire e combattere la mafia possa prestarsi a dirimere beghe interne di partito, è di uno squallore inferiore solo al voto compatto con cui l’allora maggioranza di centrodestra sostenne che davvero Berlusconi riteneva che Rubi rubacuori, assidua frequentatrice delle sue feste eleganti, fosse la nipote di Mubarak.

Presumendo che la Commissione abbia motivato con una relazione ben articolata e documentata le proprie indicazioni, sorge naturale domandarsi però perché, solo in prossimità delle elezioni, sia maturata la decisione di verificare la purezza dei candidati.

Possibile che i 16 impresentabili siano diventati tali improvvisamente nel giro di pochi giorni?

Renzi e i renziani sbagliano a criticare la scelta della Commissione Antimafia in quanto alimentano un pericoloso conflitto istituzionale che potrebbe innescare conseguenze imprevedibili per un paese in cui la mafia è tutt’altro che sconfitta.

 Ma sarebbe anche il caso che la Commissione rendesse pubblico da quanto tempo gli impresentabili sarebbero potenzialmente tali in modo che l’opinione pubblica, analizzandone  l’operato nell’arco di tempo indicato, possa risalire a eventuali loro azioni a favore della criminalità organizzata.

Non si diventa improvvisamente impresentabili dopo aver ricoperto fino a “ieri” svariati ruoli istituzionali senza che nessuno avanzasse qualche dubbio sulla dignità della persona!

Fino a “ieri” la Commissione dormiva?

 
 
 

LA F.I.F.A. HA FIFA

Post n°1617 pubblicato il 28 Maggio 2015 da kayfakayfa

Siamo onesti, in pochi si saranno stupiti dello scandalo che in queste ore ha colpito la F.I.F.A., il massimo organo del calcio a livello mondiale. Gli arresti per frode e corruzione effettuati dal F.B.I. in un hotel di lusso di Zurigo dove era in corso un convegno, stando alle dichiarazioni del ministro della giustizia americana Loretta Lynch, sono solo l'inizio di un'operazione che, presumibilmente, si estenderà a macchia d'olio al resto del mondo, coinvolgendo non solo la CONCAF, la confederazione di calcio centro americana da cui è partita l'inchiesta per un giro di mazzette legate all'assegnazione di eventi sportivi, di diritti televisivi e di marketing.

Sono anni che Maradona e altri addetti ai lavori denunciano la gestione Blatter, l'attuale presidente della F.I.F.A. che da un ventennio - guarda caso proprio la fascia di tempo interessata dalle indagini americane - è al vertice del calcio mondiale e domani dovrebbe esservi rieletto per la quinta volta consecutiva.

Commentando l'inchiesta in corso Blatter., che al momento non risulta indagato, ha affermato che l'indagine parte proprio da una denuncia della F.I.F.A. la quale è parte lesa.

Per la verità le cose non starebbero esattamente così. Se da un lato è vero che all'epoca vi fu una richiesta della Fifa affinché si eseguisse un'indagine per accertare eventuali episodi di corruzione al proprio interno, una volta che l'indagine terminò e venne redatto redatto il verbale che acclarava episodi di frode e corruzione da parte di alcuni membri dell'associazione, quello stesso verbale fu contestato dalla F.I.F.A. che lo insabbiò.

Nell'attesa di conoscere gli sviluppi dell'inchiesta la mente non può non andare a quanto avvenne durante la finale dei mondiali 2006 Italia-Francia:la testata di Zidane a Materazzi non fu vista né dall'arbitro né dai suoi collaboratori. Fu Buffon ad indicare all'arbitro il replay del fallo trasmesso dallo schermo dello stadio. Presa visione della testata, l'arbitro espulse Zidane, determinando probabilmente l'esito della partita vinta poi ai rigori dall'Italia in quanto Zidane era il rigorista ufficiale dei transalpini.

All'indomani di quell'episodio la F.I.F.A. decretò che mai più gli schermi degli stadi avrebbero dovuto trasmettere immagine delle partite in corso né i replay; suscitando il dubbio che quella decisione fosse la tacita conferma di quanto poco stesse a cuore ai vertici del calcio il regolare svolgimento delle partite (Blatter e i suoi si sono sempre detti contrari all'introduzione della moviola in campo per limitare gli errori arbitrali. Decisione condivisa da Platini presidente dell'U.E.F.A. al quale si riferì con accuse al vetriolo Aurelio De Laurentis presidente del Napoli dopo la semifinale di andata di Europa Legue Napoli-Dnipro finita 1 a 1 con il pareggio in evidentissimo fuorigioco di due giocatori ucraini, rispettivamente di un metro e di due metri oltre la linea dei difensori).

Che io sappia alle accuse di De Laurentis né Platini né altri membri dell'U.E.F.A. hanno mai replicato!

Oggi che sta venendo a galla quanto sia marcio il mondo del calcio, partendo dai vertici mondiali, tutte le supposizioni sono legittime.

Se si vuole ridare un minimo di credibilità a quello che tuttora resta lo sport più amato al mondo si deve prima di tutto fornire agli arbitri l'ausilio tecnologico come avviene in qualsiasi altra disciplina sportiva.

Che il pesce inizi a puzzare dalla testa è risaputo.

Per lo meno sul campo cerchiamo di limitare i danni, per quanto è possibile.

 
 
 

IMPRESENTABILI ALLE REGIONALI, AVANTI TUTTA!

Post n°1616 pubblicato il 26 Maggio 2015 da kayfakayfa

È di queste ore la notizia dell'arrivo di una lista stilata dall'Antimafia di impresentabili alle prossime regionali. Al momento non si sa nulla se non ipotetiche indiscrezioni, categoricamente smentite dal Presidente della Commissione Rosy Bindi.

Tuttavia, se dobbiamo attenerci alle “voci di corridoio”, pare che almeno una decina di candidati per la loro storia poco chiara sono in contrasto con il codice di autoregolamentazione approvato dai partiti a settembre e quindi non eleggibili.

Staremo a vedere. Nell'attesa che la lista venga resa nota, una considerazione dobbiamo però farla.

Se perfino Renzi, premier e segretario del PD, dovette ammettere che egli stesso non avrebbe mai votato alcuni dei nomi che compongono la lista che sostiene l'ex sindaco di Salerno De Luca candidato del PD a governatore della Campania, vuol dire che davvero i partiti, se qualcuno avesse ulteriori dubbi, sarebbero pronti a candidare anche "cani e porci" -scusate il francesismo, è per rendere meglio l'idea - a scapito del ruolo di estrema responsabilità che dovrebbero occupare una volta eletti, pur di garantirsi la vittoria o comunque un buon risultato elettorale.

E a questo punto ritorniamo sempre alla domanda di partenza: perché chi partecipa a un concorso pubblico deve presentare tutta una sfilza di documenti, tra cui il casellario giudiziale, per dimostrare di non avere né avuto negli utlimi cinque anni problemi con la giustizia, essendo l'integrità morale indispensabile per chi ambisce a lavorare nell'amministrazione pubblica, mentre quando si tratta di stilare le liste di candidati per una qualsiasi elezione molti partiti, pur di vincere, non si preoccupano di inserire nomi che, per via dei sospetti che allignano su di sé causa trascorsi giudiziari non certo verginali, definire imbarazzanti è un dolce eufemismo?

E che dire di quei tanti politici inquisiti, imputati, condannati in vari gradi di giudizio, alcuni perfino agli arresti i quali, ciononostante, continuano spudoratamente a sedere in parlamento contribuendo con il proprio voto a varare le leggi che regolamentano il paese, quelle leggi che loro stessi avrebbero violato per ricavarne benefici personali o per favorire gli amici; o addirittura continuano a percepire il congruo stipendio di parlamentare seppure agli arresti?

È vero, fino al terzo grado di giudizio il nostro ordinamento giuridico prevede la presunzione d'innocenza. Ma essendo la presunzione d'innocenza un'ipotesi che però non esclude il contrario, ossia che l'imputato o il condannato in primo e in secondo grado non possa essere colpevole, non so capisce perché, almeno fino a quando l'ipotesi è acclarata in certezza, il politico inquisito, imputato o condannato debba continuare a fare il politico o ricoprire un ruolo istituzionale.

Per rispetto delle istituzioni e dei cittadini sarebbe opportuno che, fino a quando i dubbi non si diradano, il politico in odore di criminalità venga sospeso dalle proprie funzioni non percependo alcunché. Solo quando la sua posizione sarà definitivamente chiarita, se risultasse estraneo alle accuse, potrebbe ritornare a fare il politico e tornare a prendere lo stipendio unitamente agli arretrati relativi al periodo in cui gli fu sospeso.

Possibile che, malgrado gli infiniti allarmi relativi al dilagare della corruzione nella pubblica amministrazione nel nostro paese tanto che siamo primi in Europa in questa triste classifica, ancora oggi tutti dicono di volerla sconfiggere ma poi si rimanda sempre, limitandosi a gettare fumo negli occhi dei cittadini nominando un'autorità anticorruzione la quale reclama alla politica più poteri per svolgere al meglio il proprio ruolo?

C'è da pensare che le lamentele dei politici sul dilagare dell'antipolitica e dell'astensionismo elettorale nel nostro paese siano mera ipocrisia.

Agendo in questo modo come si può pretendere che la gente creda nella politica e torni a votare?

 

 
 
 

LE CATTEDRALI GOTICHE, LIBRI DI PIETRA

Post n°1614 pubblicato il 13 Maggio 2015 da kayfakayfa
 

Nella nota introduttiva al suo romanzo NOTRE DAME DE PARIS datata 20 ottobre 1832, riproposta nell’edizione italiana del 1951 edita da Rizzoli, lo scrittore francese Victor Hugo, rivolgendosi ai lettori, commentando l’aggiunta nel romanzo di tre capitoli inediti, scrive, “ecco finalmente l’opera sua intera, come la vagheggiò come la fece, buona o cattiva, duratura o caduca, ma quale egli la vuole. I capitoli ritrovati avranno indubbiamente uno scarso valore agli occhi di quanti, molto giudiziosamente del resto, null’altro cercarono in Notre-Dame di Parigi se non il dramma e il romanzo. Ma, forse, ci sono altri lettori che non trovarono inutile indagare il pensiero estetico e filosofico celato in questo libro; persone che, leggendo Notre-Dame di Parigi, si sono compiaciute di scoprire sotto il romanzo qualcosa di diverso dal romanzo stesso, e di seguire, ci si consentano queste espressioni un po’ ambiziose, il sistema dello storiografo e lo scopo dell’artista, attraverso la creazione, quale che sia, del poeta”.  [] Queste parole ci riportano alla memoria la terzina del canto IX-63 de L’Inferno de La Divina Commedia di Dante, che suona come un vero e proprio ammonimento ai lettori: “O voi ch’avete li ‘ntelletti sani, mirate la dottrina che s’asconde sotto ‘l velame de li versi strani”. [] Prendendo spunto da questi versi molti autori, a partire dal 1800, hanno ipotizzato che Dante appartenesse a una società segreta, precisamente ai Fedeli d’Amore, e che la Beatrice de La Commedia, non fosse Beatrice Portinari, come tuttora è ritenuto dall’ortodossia letteraria, bensì l’immagine umanizzata della conoscenza sacra proveniente da un remoto passato, che, svelata, rivelerebbe agli uomini verità nascoste sul reale destino dell’umanità in totale contrapposizione con quelle ufficiali divulgate dalla Chiesa. [] Il primo che cercò di sondare il pensiero recondito ne La Didivina Commedia, ipotizzando che Beatrice non fosse affatto una figura di donna reale ma la maschera scelta da Dante per diffondere le proprie idee antipapali e eretiche, senza suscitare l’ira della chiesa, fu Gabriele Pasquale Giuseppe Rossetti il quale, tra il 1826/27, pubblicò COMMENTO ANALITICO ALLA “DIVINA COMMEDIA”; quindi nel 1842 LA BEATRICE DI DANTE-RAGIONAMENTI CRITICI. [] Nella sue opere su Dante il Rossetti ipotizza che ne La commedia il poeta abbia adottato  un linguaggio criptico, comprensibile solo a chi appartenesse a quella specifica realtà politica e culturale cui egli aderiva, per scambiarsi messaggi e idee con gli altri affiliati a questo gruppo denominato Fedeli d’Amore. [] Come accade sempre quando, rispetto a un’opera, si azzardano ipotesi contrastanti quelle ufficiali proposte e imposte dall’ortodossia accademica, il Rossetti si fece non pochi nemici. Eppure la sua visione trovò l’apprezzamento di Giovanni Pascoli. [] Altro aurore che individuò un messaggio criptico nelle opere di Dante fu Ugo Foscolo. Nella prefazione del suo saggio IL LINGUAGGIO SEGRETO DI DANTE E DEI FEDELI D’AMORE, edito da LUNI EDITRICE, Luigi Valli scrive: Nel 1825 Ugo Foscolo, ponendo col suo genio su nuove basi l’interpretazione di Dante, gettati da parte i vecchi commenti, affermava limpidamente lo stretto legame fra La Divina Commedia e La Monarchia: affermava che La Commedia è pervasa da un profondo spirito rinnovatore politico e religioso, che ha un segreto contenuto mistico e profetico, che essa è una grande profezia esposta in un sistema occulto. [] Alla setta politica-religiosa dei Fedeli d’Amore, oltre a Dante, sarebbero appartenuti tra gli altri Guinizelli, Cavalcanti, Boccaccio e Petrarca per citare i più famosi. [] Ognuno di questi poeti avrebbe scritto le proprie poesie servendosi di un linguaggio criptico comprensibile solo a chi fosse dotato di conoscenze e intuito necessari per la loro interpretazione. Tutti gli altri, leggendole, ne avrebbero colto solo il significato letterale e la bellezza dei versi che, in alcuni casi, proprio perché la poesia era un messaggio criptato diretto agli affiliati, lasciava a desiderare.  [] Nella sua nota introduttiva a Notre Dame de Paris, parlando di un pensiero estetico e filosofico celato nell’opera, Hugo implicitamente mette sul chi va là il lettore avvertendolo che quel che sta per leggere non è soltanto un romanzo storico ma qualcosa di più complesso di non facile approccio a tutti. In pratica anch’egli, come Dante, avverte quanti hanno l’intelletto sano di mirare quanto di misterioso si cela tra le righe del suo romanzo. [] Ma cosa mai potrà celarsi di così misterioso dietro un romanzo storico come Notre Dame de Paris? [] Per quanto mi riguarda, l’essenza misteriosa del romanzo è rappresentata da due capitoli in particolare, precisamente il il 1°capitolo del libro terzo intitolato NOTRE-DAME e il  2° capitolo del libro quinto intitolato QUESTO UCCIDERA’ QUELLO, dove “questo” è il libro scritto mentre “quello” le grandi opere monumentali del medioevo e antecedenti  a quell’epoca; ritenute da Hugo veri e propri libri di pietra, edificati da filosofi anziché semplici architetti con l’ausilio di artisti, e non semplici scalpellini, ai quali fu affidato il compito di immortalare sulla pietra non semplici decorazioni ma veri e propri messaggi criptici in cui si celerebbero messaggi inerenti la storia dell’umanità e a quello che dovrebbe realmente essere il fine esistenziale dell’uomo in terra. [] Non a caso Hugo, all’inizio del capitolo QUESTO UCCIDE QUELLO, scrive: “dalle origini fino a tutto il XV secolo dell'era cristiana, l'architettura è il gran libro dell'umanità, la principale espressione dell'uomo attraverso i diversi stadi del suo sviluppo, sia come forza sia come intelligenza. Quando la memoria delle prime razze si sentì sovraccarica, quando il bagaglio di ricordi del genere umano divenne cosi pesante e così confuso che la parola, nuda e instabile, rischiò di perderne lungo il cammino, si pensò d'iscriverli sul suolo nel modo più duraturo e nello stesso tempo più naturale. Ogni tradizione venne suggellata sotto un monumento. I primi di questi furono massi di pietra che il ferro non aveva toccati, come dice Mosè. L' architettura cominciò come tutte le scritture: dall'alfabeto. Si piantava dritta una pietra, ed era una lettera, e ogni lettera era un geroglifico, e su ogni geroglifico riposava un gruppo d'idee come il capitello sulla colonna. Cosi fecero le prime razze, dovunque, nello stesso momento, sulla superficie di tutta la terra. La pietra alzata dei celti, la ritroviamo nella Siberia asiatica, nelle pampas d' America. Più tardi, furono fatte le parole. Sovrapponendo pietra su pietra, si accoppiarono sillabe di granito, il verbo tentò qualche combinazione. Il dolmen e il cromlech dei celti, il tumulo degli etruschi, il galgal degli ebrei, sono parole. Alcune, soprattutto il tumulo, sono nomi propri. A volte, quando si disponeva di molta pietra e di molto spazio, si scriveva una frase. L' immenso cumulo di Karnac è già una intera formula. E finalmente nacquero i libri. Le tradizioni avevano partorito simboli, sotto cui esse scomparivano come il tronco di un albero sotto il suo fogliame; tutti quei simboli in cui credeva l'umanità crescevano, si moltiplicavano, s'incrociavano, facendosi sempre più complicati; i primi monumenti non bastavano più a contenerli; ne traboccavano da ogni parte; a mala pena esprimevano ancora la tradizione primitiva, semplice come loro nuda, e appoggiata al suolo. Il simbolo aveva bisogno di espandersi nell'edificio. Allora l'architettura si sviluppò di pari passo con il pensiero umano; diventò un gigante con mille teste e mille braccia, e fissò in una forma eterna, visibile, palpabile, tutto quel simbolismo fluttuante. Mentre Dedalo, che è la forza, misurava, mentre Orfeo, che e' l'intelligenza, cantava, il pilastro che è una lettera, l'arco che è una sillaba, la piramide che è una parola, messi in moto contemporaneamente da una legge di geometria e da una legge di poesia, si raggruppavano, si combinavano, si amalgamavano, scendendo, salendo, giustapponendosi sul suolo, sovrapponendosi nel cielo, fino a quando ebbero scritto, sotto il dettato dell'idea generale di un'epoca, quei libri meravigliosi che erano anche meravigliosi edifici: la pagoda di Eklinga, il Ramseion di Egitto, il tempio di Salomone. L'idea madre, il verbo, non era solo nascosto in tutti questi edifici, ma appariva anche nella forma. Il tempio di Salomone, per esempio, non era semplicemente la rilegatura del libro santo, era lui stesso il libro santo. Su ognuna delle sue cinte concentriche, i sacerdoti potevano leggere il verbo tradotto e reso manifesto allo sguardo, e ne seguivano così le trasformazioni di santuario in santuario fino ad impadronirsene nell'ultimo tabernacolo sotto la sua forma più concreta che era anch'essa un'architettura: l'arca. Così il verbo era racchiuso nell'edificio, ma la sua immagine appariva sull'involucro come il volto umano sul sarcofago di una mummia. E non soltanto la forma degli edifici, ma anche il luogo prescelto rivelava il pensiero che era destinato a significare. A seconda che il simbolo da esprimere fosse lieto o grave, la Grecia coronava le sue montagne di templi armoniosi, l'India squarciava le sue per scolpirvi deformi pagode sotterranee sostenute da gigantesche schiere di elefanti di granito. Così, durante i primi seimila anni del mondo, dalla pagoda più immemorabile dell'Indostan fino alla cattedrale di Colonia l'architettura è stata la grande scrittura del genere umano. E ciò è talmente vero che non soltanto ogni simbolo religioso, ma anche ogni pensiero umano ha la sua pagina in questo libro immenso, ha il suo monumento.” [] Quando ci troviamo al cospetto di un antico monumento, tempio o quant’altro edificato prima dell’avvento della tipografia, non dovremmo limitarci a ammirarne la bellezza e la grandiosità bensì dovremmo porci nella condizione di cercare di guardare al di là dell’aspetto e cogliere il messaggio simbolico che gli antichi hanno trascritto in quelle pietre sotto forma di struttura e incisioni ornamentali. [] Al pari dovremmo fare quando leggiamo opere monumentali per lo più poetiche come quelle di Dante, di Shakespeare o di autori antecedenti tipo Omero e tutti i classici greci e latini, i poemi vedici, nonché tutti i testi sacri di qualunque religione e cultura essendo fuor di dubbio che opere di un così grosso valore spirituale non fossero scritte in maniera squisitamente letterale, prestandosi a un’interpretazione unilaterale che non contemplasse invece una chiave di lettura diversa, più profonda, come invece è, che, per effettuarsi, necessitasse da parte del lettore delle conoscenza profonde nonché un alto stato di coscienza. È indiscutibile che qualunque testo poetico e, soprattutto, sacro  non imponga più livelli di lettura che svariano da quello letterario, allegorico a quello anagogico;  toccando un argomento talmente complesso qual è l’elevazione spirituale dell’essere umano di non facile approccio e portata per tutti. Non a caso lo stesso Gesù in Matteo 7:6 ammonisce i suoi discepoli dicendo loro “Non date ciò che è santo ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le pestino con le zampe e rivolti contro di voi non vi sbranino”. Per questo, quando parla in pubblico, Gesù lo fa in parabole come è riferito in Luca 8, 4-15 in cui si racconta della parabola del seminatore: “In quel tempo, poiché una gran folla si radunava e accorreva a lui gente da ogni città, Gesù disse con una parabola: “Il seminatore uscì a seminare la sua semente. Mentre seminava, parte cadde lungo la strada e fu calpestata, e gli uccelli del cielo la divorarono. Un’altra parte cadde sulla pietra e appena germogliata inaridì per mancanza di umidità. Un’altra cadde in mezzo alle spine e le spine, cresciute insieme con essa, la soffocarono. Un’altra cadde sulla terra buona, germogliò e fruttò cento volte tanto”. Detto questo, esclamò: “Chi ha orecchi per intendere, intenda!” I suoi discepoli lo interrogarono sul significato della parabola. Ed egli disse: “A voi è dato conoscere i misteri del regno di Dio, ma agli altri solo in parabole, perché ‘‘vedendo non vedano e udendo non intendano."Il significato della parabola è questo: Il seme è la parola di Dio. I semi caduti lungo la strada sono coloro che l’hanno ascoltata, ma poi viene il diavolo e porta via la parola dai loro cuori, perché non credano e così siano salvati. Quelli sulla pietra sono coloro che, quando ascoltano, accolgono con gioia la parola, ma non hanno radice; credono per un certo tempo, ma nell’ora della tentazione vengono meno. Il seme caduto in mezzo alle spine sono coloro che, dopo aver ascoltato, strada facendo si lasciano sopraffare dalle preoccupazioni, dalla ricchezza e dai piaceri della vita e non giungono a maturazione. Il seme caduto sulla terra buona sono coloro che, dopo aver ascoltato la parola con cuore buono e perfetto, la custodiscono e producono frutto con la loro perseveranza”. [] È molto probabile che Hugo appartenesse a una schiera di individui che nel corso dei tempi si tramandavano, e forse se la tramandano ancora, la conoscenza mediante l’arte, lasciando impressi sulle pietre messaggi specifici che solo pochi erano in grado di decriptare. Per definire tale conoscenza non mi sovviene altro termine se non quello di iniziatica. Intendendo per “conoscenza iniziatica” un bagaglio culturale non alla portata di tutti, che si tramanda dalla notte dei tempi cui possono accedervi solo pochi individui dopo aver compiuto un lungo e complesso cammino preparatorio psicofisico teso ad acquisire e sviluppare quelle caratteristiche necessarie perché tramite loro si manifesti l’uomo vero, ossia l’uomo divinizzato rappresentato da Gesù nella tradizione cristiana; il compimento finale di quell’opera alchemica che volgarmente contempla la trasmutazione del piombo in oro, ma che in realtà sarebbe finalizzata all’elevazione dell’uomo dallo stato materiale a quello spirituale! [] In riferimento a quanto abbiamo precedentemente detto, a cavallo tra il XIX e XX secolo sono apparsi diversi volumi che, analizzando le cattedrali gotiche e altri luoghi di culto, supponevano che chi fosse stato in grado di interpretare il simbolismo inciso sulla pietra di questi antichi monumenti avrebbe scoperto il segreto della pietra filosofale, ossia quello appunto della trasmutazione del piombo in oro, ossia dell’elevazione spirituale dell’uomo; o quanto meno avrebbe appreso verità ignote riguardo il genere umano. []  Per quanto riguarda quest’ultima ipotesi, un caso emblematico è rappresentato dalla Cappella Rosslyn situata in Scozia a sud di Edimburgo.  Costruita tra il 1400 il 1445, alcune sue sculture ritraggono l’aloe americana, il cactus e una pagnotta di mais, tutte piante di origine americana. Com’è possibile che esse fossero già note all’epoca in Europa dato che la scoperta dell’America avvenne successivamente?...   [] Tra le opere letterarie che trattano in maniera approfondita l’argomento che stiamo esaminando citiamo IL MISTERO DELLE CATTEDRALI  e LE DIMORE FOLOSOFALI del Fulcanelli, presunto alchimista vissuto in Francia agli inizi del XX secolo; quelle dell’egittologo Schwaller De Lubicz il quale, dopo aver soggiornato per oltre quindici anni in Egitto per studiare i templi di Luxor, redasse la sua opera monumentale dal titolo IL TEMPIO DELL’UOMO, sintetizzata ne LA SCIENZA SACRA DEI FARAONI; altra opera degna di nota è I MISTERI DELLA CATTEDRALE DI CHARTRES di Luois Charpentier. [] Tutti testi accomunati dal comune denominatore che considera come anticamente l’edificazione di un monumento e di un tempio  di culto seguisse regole ferree che tenessero conto delle particolari forze energetiche convergenti dalla terra nel luogo prescelto per l’edificazione del tempio; facendo sì che la struttura divenisse un amplificatore di energia, suscitando in soggetti particolarmente sensibili stati di coscienza particolari che davano l’impressione che quegli individui fossero a diretto contatto con la divinità. A tal fine si sceglievano luoghi in prossimità di fiumi o sotto cui scorressero canali sotterranei, essendo l’acqua un forte conduttore di energia geotermica. Zone che per queste loro peculiarità energetiche metterebbero in contatto la terra con il cielo grazie alle fondamenta del tempio, ben radicate nel sottosuolo, e contemporaneamente alle colonne o alle guglie svettanti al cielo, per trarvi a loro volta energia da convogliare all’interno del tempio, originando quell’unione energetica terra-cielo indispensabile a determinare la sacralità di un luogo. [] Depositari di tali conoscenze erano pochi individui detti iniziati. [] Poiché Hugo non fa mistero che l’avvento della stampa ha imbastardito l’edificazione dei luoghi sacri, declassandola da sublime funzione filosofica a mera mansione architettonica, egli comunque non esclude che nei tempi a venire non possano saltuariamente sorgere costruzioni che seguano gli stessi canoni filosofici adottati per la costruzione delle cattedrali gotiche e dei templi antichi. [] Una di queste strutture “moderne” costruite con canoni “antichi” sarebbe la Capella di San Severo a Napoli. [] Nella sua ormai introvabile opera RAIMONDO DI SANGRO PRINCIPE DI SAN SEVERO, edita da Bastogi, la studiosa Lina Sansone Vagni dedica un capitolo intero, precisamente il VII, a quello che definisce il Tempio della Pietà. Ella esordisce scrivendo: “Numerosi biografi disangriani si sono cimentati, prima di noi, sui significati esoterici che il Tempio della Pietà indubbiamente contiene. Molti studiosi e cultori d’arte, profani di siffatta Scienza, hanno visto i Monumenti in esso contenuti, solo sotto il profilo artistico.” [] Quel “solo sotto il profilo artistico” lascia intendere che il Tempio della Pietà, seppure edificato tra la fine del XVI secolo e gli inizi del XVII, dunque molto tempo dopo l’invenzione della stampa, fu eretto seguendo gli antichi canoni con cui nel passato si edificavano i luoghi di culto. [] La Sansone fa notare che “la titolazione di TEMPIO DELLA PIETA’ non è stata data dal Principe Raimondo ma dai suoi Avi. Il rifacimento della chiesa ed i monumenti inseriti dal Principe, hanno fatto perdere di vista che il Duca GiovanFrancesco ed il Patriarca di Alessandria, Alessandro, sono stati i primi costruttori di questo edificio e tutta la SAPIENZA e l’ORO ivi profuso si deve ad essi.” [] Più avanti la Sansone mette in risalto il non trascurabile particolare che il Tempio della Pietà sia edificato nei pressi di Piazzetta Nilo, zona dove anticamente era stanziata una comunità egiziana e dove sorgeva un tempio dedicato a Iside. Nel sottosuolo di quest’area urbana scorreva, e tuttora in alcuni punti scorre ancora, il Canale Bolla ossia il fiume Sebeto che anticamente portava l’acqua a Napoli. A Riguardo l’autrice scrive “il Tempio della Pietà fu edificato proprio sugli avanzi della parte più segreta del Tempio egizio dedicato a Iside e ai suoi Misteri.” [] Di seguito, trattando l’antica conformazione templare di quell’area, la Sansone afferma: “ supponendo il Tempio di Iside e la statua del Nume Nilo come un tutto unico riferentesi a uno spazio sacro, rileviamo che essi costituivano, allora, un Centro Cosmico; di conseguenza il Tempio della Pietà, come da noi appurato, verrà poi a trovarsi sulla parte più segreta dell’antico Tempio egizio, formando, così, un Centro del Mondo con tutte le implicazioni cosmologiche di detto Simbolo. [] In particolare riferimento alla corrente cosmica che si effonde dal cielo e dalla terra nei luoghi di culto, la Sansone scrive: “Da cosa nasce la WOUIVRE o corrente cosmica? Non siamo nell’astratto, come a taluni potrebbe sembrare a prima vista, ma siamo nel reale e nello scientifico: basta avere un’ottima conoscenza della terra e dei vari elementi che la compongono, per renderci edotti del come questa corrente nasca attraverso il magma terrestre. L’acqua, come abbiamo già visto, è una componente fondamentale nella costruzione di un Tempio, tanto più essa scorre tra le viscere della terra, in qualche caverna sotterranea o nelle sue fondamenta. Proprio l’acqua fu estremamente importante nella costruzione del primitivo Tempio di Iside – soprattutto negli ambienti riservati agli Iniziati, ai Misteri isiaci e non al pubblico – e di conseguenza anche per quello della PIETAS. [] Ovviamente non solo il Tempio della Pietà dei di Sangro fu edificato sui resti di un tempio antico. Tutti i più famosi luoghi di culto cristiani come Notre Dame de Paris, la cattedrale di Chartres, San Pietro, il Duomo di Napoli, il duomo di Siena, solo per citarne alcuni, furono edificati laddove anticamente si celebravano riti pagani o dell’ortodossia cristiana in quanto ivi convergevano le correnti telluriche. In questo modo, nel corso dei millenni in quei luoghi si è creata una stratificazione di siti sacri di stili diversi che non tiene affatto conto del credo religioso che lo precedette, bensì valuta unicamente gli aspetti energetici che vi si effondono quale testimonianza della manifestazione divina in terra. [] Tralasciando la scelta fondamentale del sito su cui erigere un luogo di culto, ritornando al discorso di Hugo secondo cui le antiche cattedrali medievali erano dei libri di pietra la cui scrittura sarebbe rappresentata dalla struttura della chiesa e dalle opere marmoree che la adornano, anche nel Tempio della Pietà dei di Sangro troviamo una quantità di scritti in “pietra” rappresentati dalle tante scultore presenti all’interno del Tempio commissionate dal Principe Raimondo. Secondo gli studiosi di simbolismo ermetico, tra i quali anche la Sansone Vagni, ogni statua rappresenterebbe un passaggio fondamentale della Grande Opera alchemica fino al raggiungimento della trasmutazione finale. Ogni opera è stata studiata nei minimi particolari dal Principe e allocata in quella precisa posizione rispetto alle altre per trasmettere a chi ha orecchie per intendere il messaggio iniziatico. [] Ritornando a quanto sia importante la scelta del luogo su cui erigere un sito cultuale, abbiamo visto che essa è determinata dalla convergenza in quel posto delle energie geotermiche. A riguardo ci sovvengono alla mente due luoghi della Campania in cui le forze terrestri sono tangibili, la zona vesuviana e i campi flegrei.  [] Sia a Pompei, distrutta dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.c., che nei Campi Flegrei, per la precisione a Cuma, durante gli scavi archeologici sono stati rinvenuti resti di templi isiaci. Tali ritrovamenti testimonierebbero, in base a quanto abbiamo finora detto, che in quei luoghi confluivano intensi carichi di energie terrestri. Del resto essendo sia la zona vesuviana sia quella flegrea siti vulcanici in perenne attività, le correnti telluriche, la Wouivre cui accennava la Sansone Vagni nella sua biografia sul Principe di San Severo, sono particolarmente forti. [] Di conseguenza non è un caso se a Pompei sia stata rinvenuta una villa con le pareti completamente affrescate con scene che riproducono un intero un rituale iniziatico di matrice femminile, meritandosi l’appellativo di Villa dei Misteri. Né è un caso se nei Campi flegrei, sempre a Cuma, sorse un luogo di culto, l’acropoli di Cuma, il cui “cammino” prevede l’iniziale transito nelle tenebre in quello che è tuttora denominato l’antro della sibilla; proseguendo, una volta usciti dall’antro, su per il monte, giungendo prima al Tempio di Apollo e quindi seguitando fino alla cima dove fu edificato il Tempio di Giove padre degli dei. [] Non è un caso se sia Omero che Virgilio situarono nelle loro opere  l’ingresso all’Ade, ossia il regno dei morti, nei campi flegrei, precisamente nel Lago d’Averno a testimonianza di quanto gli antichi identificassero quei luoghi come centro del cosmo, incrocio tra cielo e terra, dove è possibile accedere all’altro mondo. [] Un’ultima annotazione. In un’epoca come la nostra dove il fascino per il mistero è sempre più crescente tra il pubblico, alimentato da romanzi quali IL CODICE DA VINCI , oppure dai saggi di archeologia di pseudo studiosi che vedono il mistero in ogni luogo, e mediante una notevole capacità narrativa convincono i lettori di aver visto giusto, proponendo,per fortuna non sempre, le tesi più svariate e colorite col suffragio delle immagini fotografiche, non si dimentichi che nulla allontana dall’iniziazione quanto la speculazione cerebrale. [] L’iniziazione contempla la sfera spirituale dell’individuo, non quella intellettuale. Se così non fosse non avrebbero senso le parole con cui Eugène Canseliet, discepolo di Fulcannelli, introducendo la prima edizione de IL MISTERO DELLE CATEDRALI, parla esplicitamente di “eletti” riguardo la fabbricazione della pietra sacra ovvero dell’uomo spirituale. [] Il termine eletti pone automaticamente l’esistenza di un elettore. In tal caso chi sceglierebbe gli eletti? [] E che dire della presunta lettera scritta a Fulcanelli dal suo Maestro che il Canseliet cita nella prefazione alla seconda edizione de IL MISTERO DELLE CATTEDRALI in cui il mittente esordisce “Mio caro amico, questa volta avete veramente ricevuto il Dono di Dio; è una grande Grazia, e per la prima volta, mi rendo conto di quanto sia raro questo favore. infatti io credo che l’arcano, nel suo abisso insondabile di semplicità, è introvabile con l’aiuto del solo raziocinio per quanto esso possa essere sottile e esercitato.” [] Parole inequivocabili che avallano quanto avevamo precedentemente detto, ossia che la realizzazione spirituale prescinde dalla sottigliezza intellettuale dell’adepto. Essa appartiene alla sfera spirituale di esclusiva pertinenza divina le cui regole sono ignote e interdette all’uomo comune. [] Chi elegge l’eletto? Chi dona il Dono di Dio? [] Ma, soprattutto, quali sono le qualità indispensabili perché un ricercatore divenga un eletto e quindi destinatario del Dono di Dio? [] Con queste domande chiudiamo questa nostra breve esposizione, sperando che qualche lettore cerchi di rispondere a tali quesiti! Se lo facesse, inconsapevolmente egli si incamminerebbe sulla Via che conduce alla conquista della Pietra Filosofale!

 

 

 
 
 

RUNNER, ANCORA UNA TRAGEDIA IN GARA

Post n°1613 pubblicato il 04 Maggio 2015 da kayfakayfa
 
Tag: RUNNER

Ieri, durante il trail Ieranto/Punta Campanella, è improvvisamente mancato causa infarto Andrea Russo, atleta e dirigente dell'Atellana Runner's.

Ogniqualvolta apprendo della morte in gara di un podista o di qualsiasi sportivo, una ridda di idee e di dubbi si affacciano alla mente. A scacciarli è il richiamo alle memoria di quanto mi disse diversi anni fa un medico parlando dell'infarto che coglie all'improvviso chiunque, anche se si tratta di un atleta ben allenato e che fa regolari controlli medici : “l'infarto è subdolo. Non ti avverte né fa distinzioni di età, di professione e di classe sociale. Viene e basta, non si sa perché!”

Per quanto riguarda il povero Andrea potremmo presumere infinite le cause che avrebbero indotto il male che lo ha stroncato. Se lo facessimo non faremmo altro che arrovellarci la mente senza ricavarne un tubo.

In questi momenti è d'obbligo il silenzio. Magari accompagnandolo dalla opportuna riflessione, prescindendo dalla tragedia di ieri, che, per quanto si possa essere iper-allenati, non bisogna mai sfidare il proprio corpo giungendo a rasentare i limiti della fatica.

Nessuno, pur convito di conoscere bene il proprio fisico, può esattamente sapere dove inizia e finisce la propria soglia di sopportazione alla fatica. Meglio sarebbe fermarsi un “gradino” dietro, seppure ciò significherebbe compromettere il risultato agonistico; tenendo presente che, per quanto concerne noi amatori, il vincitore, al di là della medaglia e di un ricco pacco gara, null'altro porta a casa se non la soddisfazione di aver terminato la gara prima degli altri e di essere salito sul podio levando al cielo la coppa.

Pur essendo questa per molti una valida motivazione per dare il massimo in gara, bisogna chiedersi se vale la pena sforzarsi oltre il dovuto per ottenere un attimo di gloria sportiva, rischiando inconsapevolmente la propria vita.

È vero, quanto è successo ieri a Andrea non è il primo caso di un atleta che muore in gara né, purtroppo, sarà l'ultimo. Una disgrazia simile può succedere a ogni sportivo in qualunque momento della giornata, non solo in gara.

Il fatto che la tragedia si sia consumata durante una competizione impone a tutti noi sportivi l'ennesima riflessione sul valore reale della vita e dello sport. Ma soprattutto essa si impone a quanti vivono lo sport non soltanto come un momento di aggregazione con gli amici e di divertimento bensì come una vera e propria sfida contro se stessi e, soprattutto, contro gli altri.

Per dimostrare poi cosa? Non si sa!

 

 

 
 
 

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