Creato da kayfakayfa il 10/01/2006

LA VOCE DI KAYFA

IL BLOG DI ENZO GIARRITIELLO

 

Messaggi di Marzo 2016

MA IL DUBBIO NON COGLIE MAI UN KAMIKAZE?

Post n°1684 pubblicato il 30 Marzo 2016 da kayfakayfa

Per quanti sforzi possa fare, credo che sia impossibile per una persona “normale” comprendere le ragioni che spingono un uomo, una donna o addirittura un adolescente a imbottirsi di esplosivo e farsi saltare in aria in mezzo a tanta gente, facendo una strage in nome di Dio.

Penso sia impossibile in quanto non soltanto gli uomini ma ogni creatura vivente, si presume, abbia rispetto, se non per quella degli altri, almeno per la propria vita.

Dunque come possa un essere umano farsi saltare in aria al fine di uccidere quanta più gente può non lo si capisce proprio.

A meno che non diamo per scontato che chi lo faccia non sia a sua volta vittima inconsapevole di chi ha un disegno destabilizzante a livello mondiale ben preciso; il quale, trincerandosi dietro il nome di Dio, lo “precetta” subdolamente nella propria organizzazione mascherata da luogo di culto e, a propria insaputa, lo indottrina lungamente con teorie strampalate; distorcendo il messaggio divulgato in un libro sacro, pur di convincerlo che farsi saltare in aria in nome di Dio, seminando morte e distruzione, sia un estremo sacrificio caro a quel Dio il quale, una volta che l'anima del kamikaze giungerà nell'aldilà, la ricompenserà con una vita eterna ricca di gioie e piaceri.

Possibile che nessuno di questi potenziali kamikaze, durante l'indottrinamento, non venga sfiorato dal dubbio “se davvero, sacrificando me stesso in nome di Dio, la ricompensa che mi spetterà sarà una vita eternamente felice in paradiso”, visto che chi li istruisce ha scelto di rivestire il ruolo di addestratore e maestro anziché quello di vittima sacrificale?

No sarebbe più logico che chi conosce la via per il paradiso la intraprenda per primo senza aspettare gli altri? Ergo anziché istruire gli altri a farsi saltare par aria in nome di Dio perché non si fa saltare egli stesso per aria?

Possibile che nessuno dei tanti kamikaze non si sia posta, almeno una sola volta, una simile domanda?

Ovvio che se costoro vengono strappati fin da piccoli alle proprie famiglie per poi essere cresciuti e istruiti in luoghi finalizzati a “mettere al mondo” bombe umane, alias kamikaze, è naturale che la domanda non li sfiori minimamente. Il loro cervello, manipolato fin dalla tenera età, non conoscendo altre realtà se non quella inoculatagli reiteratamente attraverso un continuo lavaggio, darà per scontato che farsi saltare in aria in nome di Dio per uccidere gli “infedeli” sia cosa buona giusta.

Viceversa non si capisce come possa votarsi al martirio chi sia cresciuto in una famiglia dove padre e madre insegnano il rispetto per la vita e i valori morali impartiti da quella stessa religione che ha come Dio quello stesso Dio nel cui nome i kamikaze si fanno saltare in aria mostrando disprezzo per la vita, sia per la propria che degli altri.

Credo che nessuna madre né nessun padre educhi i propri figli a votarsi al martirio nel nome di Dio. A rispettarne le leggi e il culto, sì. Ma che io sappia, e spero tanto di non sbagliare, nessuna religione invita i propri fedeli al martirio al fine di uccidere gli “infedeli”.

Per cui come possano giovani cresciuti in un contesto familiare “normale”, lasciarsi irretire da pseudo predicatori, giungendo a farsi saltare in aria in nome di Dio senza chiedersi se davvero Dio vuole quello? E se davvero lo volesse, perché chi li istruisce non si sacrifica sé per primo anziché invitare gli altri a farlo?...

Possibile che nessuno dei kamikaze, potenziali o reali, per un attimo non venga scosso dal dubbio se davvero quel gesto insano a volerlo è Dio, o molto più vigliaccamente chi, mediante il loro sacrificio, sta portando avanti un disegno di potere criminale, ignoto sia agli stessi kamikaze che a noi?  

 
 
 

GERIATRIC-DOPING

Post n°1683 pubblicato il 29 Marzo 2016 da kayfakayfa
 
Tag: RUNNER

Confesso che non mi ha stupito affatto la notizia della positività al controllo antidoping del settantanovenne Giorgio Maria Bortolozzi, tre titoli mondiali master tra salto lungo e triplo.

Solo chi non bazzica il mondo degli amatori può non immaginare il giro di sostanze dopanti che circola nello sport. E soprattutto quanti “insospettabili” per via della loro veneranda età, ma non solo per l'età, ne fanno uso semplicemente per arrivare al traguardo prima del compagno di squadra.

Già da prima che iniziassi a gareggiare a livello agonistico indossando la maglia di un team podistico, ossia quando correvo solo per il gusto di fare attività sportiva al fine di tenermi in forma, seppure di sfuggita, mi giungevano all'orecchio voci dell'esistenza di un giro di doping nell'ambiente dei runners da far rabbrividire; di farmacie, pare anche note, che fornivano abusivamente a costi stratosferici a chiunque vi si rivolgesse sostanze proibite e, soprattutto, pericolose per la salute, le quali, una volte assunte, erano in grado di aumentare in maniera esponenziale le prestazioni di una atleta a qualsiasi età.

Fino a quando a mia volta non mi sono trovato a far parte dell'ambiente, per me quelle voci restavano tali. Anzi, ogni volta che me ne giungeva qualcuna, forte cresceva in me il dubbio che essa non fosse altro che una diceria divulgata da qualche perdente per infangare un proprio coetaneo o addirittura chi, pur essendo più anziano, in gara gli arrivava abbondantemente avanti al traguardo.

Il sospetto che nell'ambiente qualcosa non funzionasse mi colse quando, partecipando a una delle mie prime gare, mi vidi superato senza alcun affanno da gente che, se non aveva addirittura il doppio dei miei anni, era molto più anziana di me di un bel po' d'anni.

Tuttavia, poiché all'epoca ero convinto che nessuno sarebbe stato tanto folle da mettere a rischio la propria salute assumendo sostanze proibite solo per arrivare di qualche posizione al traguardo prima degli altri, mi dicevo che quella invidiabile condizione fisica a scapito dell'età era conseguenza di duri allenamenti e di una vita sana che curava in maniera certosina l'alimentazione.

E seppure gli organi di informazione periodicamente riportassero notizie inerenti un consistente giro di doping tra quanti praticavano a livello amatoriale il culturismo e il ciclismo, riflettendo in quel modo in maniera speculare quanto avveniva a livello professionistico in quelle stesse discipline, nella mia ingenuità da neofita pensavo che il mondo del podismo, almeno a livello amatoriale, fosse immune da certe nefandezze. Un'oasi di purezza!

Sbagliavo. Se per un attimo avessi avuto il buon senso di considerare i diversi casi di doping che da sempre si registravano nell'atletica - non solo riguardanti gli atleti dell'est europeo sottoposti a bombardamenti ormonali dalle proprie federazioni per risultare vincenti in quanto, all'epoca della guerra fredda tra USA e URSS, nella potenza sportiva si rifletteva quelle politica di una nazione e di un'ideologia e attraverso i successi nello sporto si puntava a far presa sulle masse – avrei dovuto immaginare che anche a livello amatoriale l'atletica, in particolare il podismo, non poteva risultare esente da quella cattiva abitudine.

Ma che superata una certa fascia di età in cui all'agonismo dovrebbe anteporsi il gusto dello stare bene fisicamente e del divertimento, ci potessero essere persone, anche molto in là con gli anni, disposte a doparsi pur di primeggiare a ogni costo sugli altri, francamente non lo avrei mai pensato.

Da quando ho iniziato a gareggiare, e dunque a conoscere meglio l'ambiente dei runners, il piacere di correre spesso è sopraffatto dal disgusto alimentato dall'apprendere di persone che si doperebbero solo per arrivare davanti ai propri compagni di squadra. Gente di una certa età, alcune poco meno che coetanee di Bortolozzi, che non avrebbero alcun problema a assumere sostanze proibite per sentirsi a loro modo dei campioni.

Sia chiaro, non faccio assolutamente di tutta l'erba un fascio. Ci sono molti amatori i quali, a scapito della veneranda età, vanno forte come dei ventenni o poco più in quanto si sottopongono a estenuanti allenamenti e seguono un rigoroso regime alimentare. Gente da ammirare al cui cospetto bisogna inchinarsi.

Ma non possiamo negare che nell'ambiente dei runners vi sia anche chi non si fa scrupoli a doparsi solo per sentirsi superiore agli altri.

In tal caso, anziché rivolgersi al farmacista, meglio sarebbe rivolgersi a uno psicologo per capire l'origine delle proprie frustrazioni esistenziali!

Un nonno dovrebbe fungere da guida per i propri nipoti. Che esempio può dare se si dopa per primeggiare in una gara? Che favola può raccontare loro se non quella del rospo che si gonfia d'aria fino a scoppiare pur di assomigliare a un toro?

 
 
 

ATTENTATI DI BRUXELLES, DI MALE IN PEGGIO

Post n°1682 pubblicato il 23 Marzo 2016 da kayfakayfa

Che in Belgio i servizi di sicurezza e le forze dell'ordine non funzionassero al meglio lo si era intuito all'indomani degli attentati di Parigi del 13 novembre 2015. Malgrado più prove indicassero che il commando terrorista proveniva dal Belgio e i terroristi superstiti lì stavano rientrando in auto, di loro sembrava essersi persa ogni traccia.

Dopo le stragi di Parigi, per tre giorni in Belgio il livello di sicurezza è stato elevato al livello massimo di quattro in quanto vi erano prove concrete che facevano temere l'imminenza di attentati a Bruxelles.

In quei tre giorni le periferie della capitale belga dove risiedono le comunità islamiche furono setacciate come un calzino perché si riteneva che Salah Abdeslam, uno degli ideatori e realizzatori delle stragi parigine, si nascondesse lì.

In quei tre giorni furono rinvenuti in diverse abitazioni dei sobborghi della capitale belga veri e propri arsenali e materiale propagandistico di matrice jihadista che svelavano in Belgio l'esistenza di un nutrito numero di potenziali cellule terroristiche affiliate all'ISIS o solo simpatizzanti del sedicente Stato Islamico pronte a colpire gli infedeli.

Sembrava che con quelle retate, seppure gli attentatori superstiti non erano stati catturati perché già volati in Siria, fosse stato inferto un duro colpo al terrorismo islamico con sede in Belgio.

L'arresto di una settimana fa, sempre nella capitale belga, di Salah Abdeslam, aveva rincuorato gli inquirinti inducendo a immaginare che quell'arresto poteva risultare determinante, confidando sulla collaborazione dell'arrestato, per fine di infliggere un duro colpo al terrorismo islamico in Europa.

Ieri due attacchi kamikaze, uno all'aeroporto, un altro in una stazione della metropolitana, con decine di morti e centinaia di feriti hanno messo al tappeto Bruxelles e il Belgio intero, dimostrando quanto inefficace sia il sistema di sicurezza di quel paese.

È vero, attentati come quelli di ieri sono praticamente imprevedibili in quanto si fondano unicamente sull'elemento umano e sul fattore sorpresa potendosi realizzare in qualunque momento in qualsiasi luogo affollato, lasciando ben poco spazio alla pianificazione logistica e tecnologica e dunque alla possibilità di prevenirli.

Ma, stando agli esperti, molte sarebbero le pecche delle forze di sicurezza belghe che avrebbero favorito gli attentati. In primis l'organizzazione statale belga molto sfarinata per via della complessa struttura politica di quel paese fondante su varie regioni autonome - ognuna con una propria legislazione e lingua diversa rispetto alle altre - non comunicanti tra sé.

Quanto avvenuto a Bruxelles è l'ennesima conferma che la mancanza di comunicazione e collaborazione tra le autorità preposte alla sicurezza di uno stato è la principali falla attraverso cui il male penetra in una nazione per poi colpirla al cuore in maniera devastante.

Speriamo che i vari leader europei e mondiali, “ieri” riuniti a Parigi per condannare gli attentati avvenuti nella capitale francese, “oggi” per lo stesso motivo a Bruxelles, prendano consapevolezza di ciò risparmiandoci frasi di prammatica; attivandosi in maniera fattiva per trovare accordi efficaci al fine di fronteggiare, per quanto sia possibile, il terrorismo.

Dopo gli attentati di Parigi, a parole, di impegni in tal senso ne avevamo sentiti tanti.

Gli attentati di ieri hanno mandato in frantumi quegli impegni, dimostrandone l'assoluta evanescenza.

Oggi siamo punto e accapo, forse anche peggio!

 
 
 

FACEBOOK E LA DISCRIMINANTE TERRORISTICA

Post n°1681 pubblicato il 22 Marzo 2016 da kayfakayfa

Com'era successo subito dopo gli attentati di Parigi del 13 novembre 2015, su Facebook sta impazzando una foto commemorativa ritraente la bandiera belga in ricordo degli attentati di oggi a Bruxelles.

Lo stesso finora non è mai successo per commemorare le stragi che da mesi stanno devastando la Turchia seminando morte e distruzione tra la popolazione e i turisti.

Così come mai un profilo ritoccato con la bandiera di un paese extraeuropeo colpito a morte dai terroristi islamici o di altra matrice.

Questa disparità di intenti alimenta in me il forte dubbio che chi decide in queste situazioni quando sia il caso o no di inondare di foto commemorative i profili di FB con i colori dei paesi vittime del terrorismo, lo faccia seguendo un criterio prestabilito teso a discriminare i paesi musulmani, come appunto la Turchia, rispetto a quelli di matrice cristiana, fa niente se cattolici o protestanti come il Belgio. Dimostrando assoluta indifferenza e mancanza di rispetto verso le vittime degli attentati in paesi che non appartengano all'UE o agli USA, la cui unica colpa è quella di essersi trovate al posto sbagliato nel momento sbagliato.

Sarei grato ai responsabili di Facebook se spiegassero i parametri con cui decidono di avviare una campagna di solidarietà verso alcuni paesi colpiti del terrorismo, tralasciandone tanti altri!

 
 
 

LE PRIMARIE FARSA IN SALSA ITALIANA

Post n°1680 pubblicato il 16 Marzo 2016 da kayfakayfa

Mentre in America le primarie democratiche e repubblicane vanno avanti speditamente con le affermazioni sempre più convincenti della Clinton per i democratici e di Trump per i repubblicani, in Italia, ahimè, le primarie del centrosinistra per la scelta del candidato a sindaco di Napoli e del centrodestra per quella di primo cittadino a Roma si stanno rivelando una farsa e un motivo di disgregazione politica interna e dell'alleanza.

A conferma che in Italia non solo non esiste un sistema bipolare – centrodestra e centrosinistra come è invece in America – ma che i partiti nostrani sono talmente disgregati al proprio interno come è il caso di Napoli, che non riescono nemmeno a trovare un punto da accordo tra i rispettivi rappresentanti, tanto da giungere a farsi una guerra fratricida utilizzando mezzi meschini come la compravendita di voti all'ingresso dei seggi, precettando i passanti - reiterando sfacciatamente quanto già avvenuto durante le primarie del 2011 -; non avvedendosi della presenza di giornalisti muniti di videocamere pronti a immortalare la truffa per poi diffonderla in rete al fine di sputtanare il sistema, pur di portare avanti il “proprio” candidato.

O mettere in forse un'alleanza spacciata “di Ferro” - è il caso del centrodestra a Roma - perché il candidato di uno dei tre partiti alleati non sta bene agli altri due. I quali in alternativa propongono uno dei leader dell'alleanza verso cui il partito che sostiene la candidatura avversa non si fa alcuna premura di sminuirne la figura stigmatizzando che, trattandosi di una futura mamma, se fosse eletta, non potrà ricoprire al meglio il ruolo di sindaco; dimostrando una misoginia disarmante che dovrebbe far pensare prima di tutto i propri sostenitori e elettori sulla reale natura di quel partito.

Se a queste due grottesche vicende aggiungiamo quanto successo a Milano dove la candidata a sindaco del M5S Patrizia Bedori, scelta online dagli iscritti, sarebbe poi stata costretta a dimettersi perché non gradita ai cofondatori del Movimento Grillo e Casaleggio, sembra, per via della propria immagine non particolarmente avvenente e quindi poco vincente, ci rendiamo conto che, per quanto sforzi si facciano per risollevare la fiducia degli italiani nella politica e nei partiti, sono gli stessi partiti a fare di tutto perché la gente si allontani sempre più da sé. Perfino quegli stessi di nuova generazione accusati dai vecchi di alimentare l'antipolitica facendo popolismo!

Mentre in America le primarie vanno avanti con il vento in poppa, in Italia i partiti che hanno deciso di servirsene in nome della democrazia, in primis quello di maggioranza il cui segretario è anche Premier, mostrano di essere assolutamente incapaci nel gestirle. Tanto da alimentare nei cittadini forti dubbi sulla propria capacità di gestione della res pubblica nel caso dovessero vincere le amministrative e dunque governare la città.

Se non sei in grado di garantire ordine e legalità in casa tua come puoi pretendere di amministrare al meglio un'intera città?

 
 
 

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