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L'amore ha il potere di fissare il passato in eterno presente.... Questa frase, annotata su un quaderno all'inizio del romanzo, è il tema conduttore della storia d'amore tra il giovane Kayfa e Miryam, donna matura e d'esperienza, che lo inizierà alle gioie e alle sofferenze dell'amore. Immersi in uno scenario da favola, facendosi scudo di una barriera di bugie e verità che metterà a rischio i loro affetti più cari, i protagonisti vivranno la loro passione senza freni con la complicità del mare e dell'intimità della casa di lei. Fondamentale la figura di Omar, pescatore egiziano con un intenso vissuto alle spalle, che attraverso la propria esperienza aiuterà Kayfa a districarsi nei meandri della mente e del cuore per avviarsi sul proprio cammino esistenziale.
Messaggi del 29/10/2010
Post n°946 pubblicato il 29 Ottobre 2010 da kayfakayfa
Ascoltando amici e colleghi che avevano compiuto cinquant’anni, si era convinto che l’approssimarsi di quell’età rappresentasse per l’uomo una vera e propria fase critica dell’esistenza; lo schiudersi di una porta che immetteva inesorabilmente sulla via del decadimento fisico cui spesso si associava anche quello mentale. Molti confessavano senza alcun pudore, quasi fossero colti da un improvviso moto di ingenuità, che, man mano si approssimavano a quell’età, sentivano l’irrefrenabile necessità di dare libero sfogo agli istinti. Di mettersi alla prova per vedere se fossero ancora capaci di conquistare una donna. Magari molto più giovane di loro. E, una volta conquistata, portarla a letto per vedere se fossero in grado di soddisfarne il desiderio, sfiancarla con l’ardore del proprio vigore… Personalmente lui non si era mai stato colto da una simile smania. Forse perché tra lui e sua moglie a letto le cose andavano a gonfie vele, nonostante stessero insieme da oltre vent’anni. Molto più semplicemente il suo desiderio inappagato, coltivato fin da ragazzino, era quello di guidare un treno! Col proposito di realizzarlo, non appena si era diplomato, aveva partecipato a più di un concorso per entrare come macchinista nelle ferrovie. Purtroppo non essendo né un genio, né avendo la sua famiglia amicizie influenti che potessero aiutarlo, direttamente o indirettamente, a vincere il concorso, o, quanto meno, risultare nei primi posti della graduatoria, aveva dovuto riporre quel sogno nel cassetto accettando di lavorare come tecnico informatico presso un grosso centro industriale. Il matrimonio prima e il sopraggiungere di due figli poi avevano inciso enormemente sulle sua fantasie, tant’è che sembrava avesse completamente rimosso quel sogno da ragazzo. E invece, quando mancavano pochi mesi ai cinquant’anni, ecco che di colpo quell’ambizione repressa tornava a farsi sentire prepotentemente. Sapeva benissimo che, non avendo più l’età, non avrebbe potuto partecipare a un concorso come macchinista. Ma prima che la parabola discendente della sua esistenza declinasse sempre di più, decise con una risolutezza insolita che avrebbe guidato un treno; un treno vero, prima dello scoccare dei cinquant’anni!
La notte non riusciva a chiudere più occhio, rimuginando febbrilmente alla ricerca del modo in cui avrebbe concretizzato quel bisogno impellente. Addirittura, mentre faceva l’amore con sua moglie, prendendola da dietro, aveva la sensazione d’essere un macchinista, i fianchi di lei la sala macchina della locomotiva e i suoi caldi gemiti l’ansare del treno sui binari. Fu durante uno di quei momenti di intensa estasi erotica che la soluzione gli si palesò brillantemente nella mente proprio nell’attimo in cui i sensi erano scossi dall’orgasmo.
La mattina del giorno dopo, approfittando fosse sabato e non lavorava, andò in un negozio che affittava abiti da scena per prenderne uno da ferroviere. Quando ne uscì, anziché recarsi a casa, andò alla stazione, entro nel bagno e si spogliò indossando la divisa da ferroviere. Ripose in una busta di cellophane gli abiti civili e li lasciò al deposito bagagli. Mentre camminava tra la folla in partenza e in arrivo, più volte si fermò davanti alle vetrine per ammirare la propria immagine riflessa nei vetri: ammise che vestito in quel modo, soprattutto col cappello in testa, stava proprio bene! Si fermò davanti alla tabella degli orari per vedere quale fosse il prossimo treno in partenza: INTERCITY 915 per MILANO CENTRALE in partenza alle ore 11,15 dal binario 16. Diede uno sguardo all’orologio, mancavano cinque minuti alla partenza. Con passo veloce e deciso si avviò al binario 16 salutando con un cenno del capo i tanti ferrovieri che incrociava sul cammino. Giunse davanti alla locomotiva dell’INTERCITY 915 che mancava una manciata di minuti alla partenza. Salutò il capotreno, salì il predellino e entrò nella cabina di comando. Il macchinista seduto ai comandi lo guardò incuriosito. - E tu chi sei? – domandò - Mi chiamo Paolo, devo andare a Roma . - Non sapevo che avresti viaggiato con noi. Comunque accomodati pure, stiamo per partire… Dove hai preso quella divisa, è fuori ordinanza da una vita! - La nuova l’ho mandata in lavanderia. Ho messo questa per comodità ma ora che arrivo a Roma vedo in magazzino per farmene dare una nuova. Non voglio mica arrivare a Milano conciato così!?... Sai come sono i Milanesi! Aldilà del parabrezza il semaforo diventò verde, in contemporanea si udì il fischio del capotreno che annunciava la partenza. Poco dopo il capotreno apparve nella cabina. - E tu chi sei? – domandò fissando Paolo seduto al suo posto. - È un collega diretto a Roma - rispose il macchinista guidando lentamente il treno fuori dalla stazione. - Non ti ho mai visto – fece il capotreno – a quale compartimento appartieni? - Caserta - Come mai sei qui, non potevi partire direttamente da lì? - Sono sceso a Napoli per sbrigare delle commissioni. - Alzati, quello è il mio posto. - Ops, scusa – Paolo si alzò per prontamente per fare spazio all’uomo che si sedette fissandolo dalla testa ai piedi - Che razza di uniforme indossi? – fece scrutandolo con attenzione. - È una vecchia divisa, quella nuova l’ho mandata in lavanderia. Ora che arrivo a Roma me ne faccio dare una nuova prima di proseguire per Milano. Il capotreno volse uno sguardo al macchinista. Questi fece uno smorfia, intendendo che non sapeva che dire. - Qual è la tua funzione? – chiese il capotreno - Macchinista – rispose prontamente - Se tu sei un macchinista io sono babbo Natale – scoppiò a ridere il macchinista - Dicci chi sei e cosa vuoi – fece il capotreno Non essendo avvezzo alle menzogne, sentendosi scoperto, Paolo raccontò ai due ferrovieri il motivo di quella messinscena. I due ferrovieri scoppiarono a ridere. - In genere un uomo che si avvicina alla soglia dei cinquanta è preso da tutt’altro genere di smanie – fece il capotreno – comunque, se è solo questo che vuoi, si può fare! - Dici sul serio? - Certo – disse il macchinista – Guidare un treno è come guidare un aereo: le manovre più complesse sono la partenza e quando ci si deve fermare, quando si viaggia va da solo! – detto ciò si alzò lasciando il posto a Paolo. Nemmeno fosse stato un ragazzino, si mise ai comandi con un tale entusiasmo che commosse i due uomini: gli occhi gli luccicavano di gioia mentre la mano accarezzava la manopola e i pulsanti luminosi. Davanti a se, di là dal vetro, i binari si estendevano all’infinito. Lo lasciarono guidare fino a che non intravidero in lontananza un semaforo rosso. - Ora tocca a me – disse il macchinista riprendendo il suo posto. Fermò il treno all’altezza del semaforo e attese il via. - L’ammiro! – disse sorridendo a Paolo – penso che poche persone al mondo avrebbero avuto il coraggio di fare quello che lei sta facendo. La stragrande maggioranza degli uomini ha la cattiva abitudine di chiudere ermeticamente nel cassetto i sogni e di adattarsi alla società. Invece lei è stato di una tenacia ammirevole. - Anch’io mi stupisco di me stesso – fece Paolo – Evidentemente il bisogno era tale che alla fine si è affermato! - Molto probabile – fece il capotreno indicando al macchinista il semaforo verde. Il treno si rimise in viaggio. Non appena riprese la velocità di crociera, il macchinista si alzò per far tornare Paolo ai comandi. - Tre poco dovremo fermarci – lo avvertì il capotreno – Stiamo per entrare in stazione. - Ma questo non è un intercity? – domandò Paolo - Sì, e allora? - La prima fermata non dovrebbe essere Roma? - Non è detto – sorrise il macchinista – riprendendo nuovamente il suo posto. Rallentando con uno sferragliare di freni, il treno entrò in stazione. Con evidente stupore, Paolo osservava i viaggiatori in partenza chi lo assiepavano. erano tutti uomini tutti vestiti da ferrovieri come lui, qualcuno gli parve addirittura di conoscerlo: il portinaio, il garagista, qualche collega di lavoro… - Ma cosa… - mormorò fissando quell’insolito spettacolo. – Com’è possibile? – si rivolse al capotreno - Il treno dei sogni accomuna gli uomini. Tanti coltivano il tuo stesso, ma pochi hanno il coraggio di realizzarlo! - Non capisco - farfugliò - Quando un uomo realizza un sogno condiviso da tanti altri, in un modo o in altro, anche gli altri realizzano il proprio. Tu ora ai loro occhi sei un leader è come tale devi comportarti! - Che devo fare? – chiese mentre il treno rallentava. Il macchinista si alzò cedendogli ancora una volta il posto. – Questo è il pulsante per aprire le porte – disse indicando un bottone sul pannello di comando. Paolo lo pigiò, le porte si aprirono e gli uomini vestiti da ferrovieri salirono nel convoglio per alternarsi uno volta alla guida del treno dei sogni!
– Paolo svegliati! - La voce di sua moglie lo riportò alla realtà – Farai tardi a lavoro! Aprì gli occhi sbadigliando – Che ore sono? – domandò – Le sette. È tardi, devi andare in ufficio! Si alzò. Ancora mezzo assonnato entrò in bagno. Terminata la toilette, si vestì, fece colazione, indossò il cappotto e uscì di casa. Davanti all’atrio del palazzo incrociò il portinaio, un uomo burbero con cui, in tanti anni che viveva in quel palazzo avevano scambiato poche parole, il quale quella mattina lo salutò con insolito calore e rispetto. Lo stesso accadde nel garage dove il garagista addirittura pretese di spostargli la macchina. In ufficio, poi, molti colleghi che a stento rispondevano al suo saluto, quasi litigarono per offrirgli il caffè! – Grazie! – fece uno andandogli incontro e stringendogli la mano. – Grazie di che? – chiese stupito. – Di avermi aiutato a realizzare il mio sogno da bambino: senza di te non avrei avuto mai il coraggio di varcare la porta che separa la realtà dalla fantasia per guidare un treno!
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