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L'amore ha il potere di fissare il passato in eterno presente.... Questa frase, annotata su un quaderno all'inizio del romanzo, è il tema conduttore della storia d'amore tra il giovane Kayfa e Miryam, donna matura e d'esperienza, che lo inizierà alle gioie e alle sofferenze dell'amore. Immersi in uno scenario da favola, facendosi scudo di una barriera di bugie e verità che metterà a rischio i loro affetti più cari, i protagonisti vivranno la loro passione senza freni con la complicità del mare e dell'intimità della casa di lei. Fondamentale la figura di Omar, pescatore egiziano con un intenso vissuto alle spalle, che attraverso la propria esperienza aiuterà Kayfa a districarsi nei meandri della mente e del cuore per avviarsi sul proprio cammino esistenziale.
Messaggi del 02/02/2015
Dopo la pessima esperienza alla maratona di Napoli dello scorso anno, (organizzazione scadente con conseguenti disagi per chi correva ), m'ero ripromesso di non correre mai più nella mia città una gara podistica che non fosse una 10 km. Si sa, Napoli è una città particolare e i napoletani un popolo sanguigno, attaccato alle tradizioni per cui guai a obbligarlio a non poter usare la macchina la domenica mattina, seppure ciò capitasse una sola volta all'anno, per mezza giornata privandolo di passeggiare, soprattutto durante le giornate assolate, sul lungomare Caracciolo o per Via Partenope, la via dei grandi alberghi. Lo scorso anno, anche se la maratona si correva a metà febbraio, a Napoli c'erano venti gradi e una splendida giornata di sole. Condizioni ideali per essere mandati a quel paese dalla gente che, incurante delle transenne che delimitavano il percorso e degli addetti al servizio d'ordine, invadeva il tracciato di gara imponendo a chi correva di effettuare delle vere e proprie gimcane per evitare bambini, carrozzine, palloni, coppiette innamorate che passeggiavano mano nella mano senza preoccuparsi di chi era impegnato nello sforzo atletico. Anzi mandandolo a quel paese sotto lo sguardo indifferente di vigili e poliziotti che avrebbero dovuto tutalre l'incolumità degli sportivi e invece dagli sguardi ironici con cui guardavano i runners si capiva che non vedevano l'ora che la gara finisse per tornarsene a casa o in caserma anziché stare lì a guardare quei pazzi che non avevano nulla di meglio da fare che correre per oltre 4 ore sotto il sole. Poiché l'anno scorso più di un amico che aveva partecipato alla prima edizione della Mostra d'Oltremare Half Marathon, l'aveva elogiata a livello organizzativo, lamentandosi solo delle avverse condizioni meteo che caratterizzarono la gara dalla partenza all'arrivo, quest'anno ho riposto le mie perplessità sulla qualità delle gare di media e lunga distanza a Napoli e ho partecipato anch'io alla seconda edizione della Mostra d'Oltremare Half Marathon. Che dire? Personalmente a livello organizzativo non ho riscontrato alcuna sbavatura. Essendo reduce dalla maratona Internazionale di Firenze dove l'organizzazione è impeccabile prima, durante che dopo la gara, sia sabato, quando siamo andati nell'expo per ritirare i pettorali, che ieri per gareggiare, ho riscontato un'organizzazione molto simile a quella di Firenze dove gli atleti, dal primo all'ultimo, sono trattati da protagonisti quali sono. Unica pecca, ma non certo opinabile all'organizzazione, le avverse condizioni meteo, peggiori rispetto a quelle dello scorso anno: pioggia, vento e grandine hanno flagellato anche questa seconda edizione della corsa dalla partenza all'arrivo. Momenti di panico si sono avuti quando una violenta grandinata con chicchi di ghiaccio dalle dimensioni di pallettoni da lupara si è abbattuta sui runners che transitavano da via Caracciolo diretti verso il centro, costringendo molti a cercare riparo sotto gli androni dei palazzi sul lungomare per ripararsi da quel bombardamento. Correre con queste condizioni che ti costringono a tenere il “freno” tirato per evitare di scivolare e farti male, tagliare il traguardo non ha rappresentato solo una vittoria ma anche la fine di un “incubo” che s'è trasformato in piacevole sogno quando si è entrati nel caldo accogliente del padiglione caboto dove erano il ristoro, il deposito borse e gli spogliatoi. Indimenticabili i momenti in cui, mentre stanchi e grondanti ci si adagiava sul parquet per spogliarsi delle divise inzuppate e per slacciarsi le scarpette inzaccherate, ci si raccontava le rispettive emozioni scoprendo che unanime era la soddisfazione per aver partecipato a un evento dal vago sapore epico; che, quando si sarebbe raccontato di “quella” gara su cui Giove Pluvio aveva deciso di scatenare la furia degli elementi, con orgoglio potevi mostrare la medaglia dicendo IO C'ERO! |
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