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LA VOCE DI KAYFA

IL BLOG DI ENZO GIARRITIELLO

 

Messaggi di Luglio 2017

ATAC: RENZI ATTACCA IL M5S E INGUAIA LA BOSCHI?

Post n°1831 pubblicato il 30 Luglio 2017 da kayfakayfa

Chissà come avrà reagito Maria Elena Boschi alla notizia che Virginia Raggi ha intenzione di querelare Matteo Renzi per aver affermato durante la presentazione del suo libro Avanti, ad Agerola, in riferimento alla vicenda ATAC, “I grillini fanno come gli altri, anzi peggio: raccomandano gli amici degli amici”.

Già, perché se la Raggi in veste di sindaco di Roma, o chi per essa, nel qual caso il M5S, dovesse davvero querelare Renzi, portandolo in tribunale affinché dimostri, prove alla mano, la veridicità delle proprie accuse, c’è da supporre che, nel momento in cui verrà depositata la querela per diffamazione contro il segretario del Pd, il M5S non perderà l’occasione di far notare che loro, diversamente da alcuni illustri esponenti del Pd – leggi Maria Elena Boschi attuale Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, ex Ministro delle Riforme nel passato governo Renzi - le querele non si limitano a annunciarle pubblicamente per fare scalpore, ma poi non le presentano per timore d’essere smentiti dalla controparte in tribunale.

Abbiamo citato la Boschi perché in tanti siamo ancora in attesa di sapere se ci sarà la tanto minacciata querela della stessa a Ferruccio De Bortoli per aver scritto nel suo ultimo libro Poteri Forti che la Boschi, all’epoca in cui era Ministro, contattò l’allora ad di Unicredit Ghizzoni perché valutasse l’acquisto di Banca Etruria a un passo dalla bancarotta.

Poiché all’epoca dei fatti  il papà dell’ex ministro era vice presidente di Banca Etruria, se la Boschi avesse fatto davvero una cosa del genere, avrebbe non solo commesso un abnorme conflitto di interesse ma avrebbe anche umiliato il Parlamento visto che, rispondendo in aula a un’ interpellanza presentata dal M5S affinché chiarisse il proprio ruolo nella vicenda Banca Etruria, lei ha sempre  smentito un proprio interessamento in tal senso

Due azioni illegali, le presunti pressioni su Ghizzoni e la falsa smentita in aula, per cui, se davvero De Bortoli non mente, la Boschi si dovrebbe dimettere su due piedi da ogni incarico istituzionale e politico.

Dal canto suo  De Bortoli conferma quanto ha scritto, dicendosi pronto, nel caso la querela arrivasse, a presentare  in tribunale le prove di quanto afferma.

Mentre l’ex ad di Unicredit, Ghizzoni, non ha mai smentito il giornalista, limitandosi a un laconico ma eloquente, “non si può mettere in mano a un privato cittadino le sorti del governo”.  Dicendosi pronto a parlare in commissione d’inchiesta!

Come si evince gli ingredienti ci sarebbero tutti perché l’ennesima inveterata anti grillini di Renzi – il Segretario Pd è già in campagna elettorale -rischi di trasformarsi in un clamoroso boomerang. Non solo per  lo stesso Renzi, il quale se, come traspare dalle sue stesse parole,  fosse a conoscenza che “altri” sono usi a raccomandare aziende e uomini in ambito pubblico, sarebbe il caso facesse i nomi. O forse il Segretario del Pd si riferiva in maniera implicita, lapsus freudiano?, alla vicenda CONSIP in cui sono indagati tra gli altri il Ministro Lotti e suo padre Tiziano,e a Mafia Capitale?

 Ma addirittura contro l’incolpevole Maria Elena Boschi la quale, lo ribadiamo, se la Raggi querelasse Renzi, si deve aspettare un fuoco incrociato su di sé da parte delle opposizioni, M5S in testa, che le chiederanno conto del perché la tanto annunciata querela a De Bortoli su un suo presunto interessamento nella vicenda Banca Etruria ancora non arrivi!?

Verrebbe da dire, chi di querela annunciata ferisce di querela presentata perisce.

Stiamo facendo solo mera dietrologia? Staremo a vedere!

 
 
 

IL SILENZIO, LA PEGGIOR STRONCATURA

Post n°1830 pubblicato il 24 Luglio 2017 da kayfakayfa
Foto di kayfakayfa

Se davvero fosse che “il maggior disprezzo è la non curanza”, credo che l'attenzione - in alcuni casi quasi rasentante la morbosità - che alcuni giornali antirenziani da settimane, ossia da prima che uscisse in libreria, “regalandoci” delle anticipazioni, stanno riservando a Avanti, l'ultima fatica letteraria di Matteo Renzi, è un regalo insperato allo statista di Rignano sull'Arno e alla Feltrinelli che lo ha pubblicato.

È vero che in alcuni casi, Il Fatto in particolare, tutti gli articoli e le recensioni attinenti sono un mero sfottò all'autore. Ma è altresì vero che, comunque, parlandone, seppure in termini assolutamente ironici, si dà visibilità al libro inoculando curiosità nei lettori.

E dunque non si può escludere che molti lettori de Il Fatto o di Libero, anche se solo per interesse indotto dalle recensioni, non si siano recati in libreria ad acquistarne una copia. Magari conservando lo scontrino per poi farsi rimborsare i 16 euro spesi perché lo hanno trovato un prodotto insignificante, come raccontato da Selvaggia Lucarelli su Il Fatto alcuni giorni fa.

Altrettanto comprensibile è l'indignazione dei giornali di opposizione per la diretta televisiva di mezz'ora organizzata giovedì 20 luglio da Rai News in occasione della presentazione, una delle tante, del libro del segretario del Pd presso un centro commerciale di Roma.

Non ricoprendo Renzi alcun ruolo istituzionale, non si riesce a capire né il motivo della diretta Rai, con annesso investimento di soldi pubblici, né la presenza di Antonio Di Bella direttore di Rai News come presentatore/intervistatore.

Tuttavia, considerando che Rai News è un canale di informazione full time, e che la sua programmazione non è annunciata né sui giornali né su riviste specializzate, a meno che uno non se la vada a cercare certosinamente in rete, si può ipotizzare che lo share sarà stato bassissimo tanto da non giustificare il costo per il dispiegamento di mezzi e di uomini necessario per la diretta.

Di cui, per inciso, molti hanno appreso leggendo i giornali il giorno dopo.

È chiaro che i quotidiani antirenziani tentino con ogni mezzo di sminuire l'operato letterario del Segretario del Pd, mettendo in risalto quelli che loro considerano gli aspetti ridicoli e contraddittori del suo lavoro.

Ma poiché tutti i loro articoli tendono quanto meno a stroncare il libro, a questo punto se non ne parlassero proprio, o si limitassero a dedicargli giusto qualche “finestra” all'interno per informare i lettori della sua uscita e del suo non eclatante volume di vendite, sarebbe molto meglio.

Dedicargli, seppure col proposito di ridicolizzare l'autore, editoriali in prima pagina, a mio avviso, significa comunque fargli indirettamente una notevole pubblicità.

E dunque un involontario piacere sia a lui che all'editore.

Se si volesse davvero stroncare il libro, meglio sarebbe non parlarne proprio!

 
 
 

M5S, LE GAFFE FAVORISCONO IL SISTEMA

Post n°1829 pubblicato il 24 Luglio 2017 da kayfakayfa
Foto di kayfakayfa

Le ambizioni di governo del M5S vengono puntualmente sminuite dai suoi stessi leader e rappresentanti che, nella foga di condannare i vecchi partiti - rei ai loro cocchi, e non solo ai loro, di avere l'assurda pretesa di proporsi come unici possessori delle ricette per salvarlo, dopo averlo portato allo sfascio – si perdono in misere gaffe che, se da un un lato ne evidenziano la genuina innocenza, dall'altro ne testimoniano la prematura aspirazione governativa.

Note sono le gaffe di Di Maio, candidato in pectore alla Presidenza del Consiglio del M5S - ammise di non aver capito la email invitagli dall'allora Assessore all'ambiente di Roma Paola Muraro in cui la stessa gli comunicava di aver ricevuto un avviso di garanzia; localizzò in Venezuela anziché in Cile la dittatura di Pinochet; si attribuì il merito di aver sollecitato la Francia, attraverso l'ambasciata, l'invio di canadair per spegnere gli incendi sul Vesuvio durante l'emergenza piromani di questi giorni, smentito clamorosamente dalla stessa ambasciata.

Alle gaffe di Di Maio ieri s'è aggiunta quella non meno eclatante di Di Battista che, paragonando Macron a Napoleone, ha confuso Austerlitz, dove l'imperatore francese fu clamorosamente sconfitto, con Auschwitz tristemente nota per i campi di concentramento nazisti.

Per carità, i vecchi partiti non sono certamente scevri da gaffeur. A cominciare da Forza Italia con il suo leader Berlusconi che, durante i suoi premierati e non, ne ha collezionate alcune davvero eccezionali: indimenticabile il rimbrotto della regina Elisabetta all'ex cavaliere il quale, durante il G20 a Londra del 2009, dopo la foto di rito con tutti i leader presenti, scendendo dalla pedana urlò “mister Obama” per attirare su di sé l'attenzione del Presidente americano, suscitando il fastidio della sovrana che lo rimproverò chiedendogli perché urlasse così!?

Sempre Berlusconi, commentando l'elezione di Obama, lo definì, giovane, bello e abbronzato. Se poi vogliamo entrare in meriti “culturali”, ancora l'ex cavaliere da Bruno Vespa, parlando dei fratelli Cervi fucilati dai fascisti, disse che avrebbe voluto conoscere il padre. Purtroppo per lui defunto!

A gaffe non sta certo messo meglio Renzi. Ultima in ordine di tempo quella la scorsa settimana a Bersaglio Mobile da Mentana: volendosi dare un tono classico, lo statista di Rignano sull'Arno se ne uscì con la citazione latina “Amore omnia vincit”. Mentana lo corresse con “amor omnia vincit”. Entrambi sbagliarono in quanto la frase, tratta dalle Bucoliche di Virgilio, è omnia amor vincit!

E che dire dell'Italicum , la legge elettorale varata dal suo governo e bocciata dalla Consulta per incostituzionalità che, stando a Renzi, ce l'avrebbe copiato mezza Europa?...

Di gaffe dell'ex premier, alias ex rottamatore, ce ne sono tante, alcune riferite da Il Fatto Quotidiano in quest'articolo.

Dunque, come si evince dai fatti incontestabili, Di Maio e Di Battista non sono gli unici politici nostrani a commettere gaffe, alcune clamorose perché vere e proprie millanterie. Eppure solo le loro fanno rumore mentre quelle degli altri sembrano avere la sordina o al massimo suscitano l'ilarità come se fossero una barzzelletta.

Il punto è che da un partito, o movimento, che dichiara d'essere diverso da tutti gli altri partiti sia per atteggiamento etico sia per coerenza tra il dire e il fare, uno si aspetterebbe che i propri rappresentanti siano diversi in meglio, anche in termini di conoscenze culturali, rispetto a quelli di vecchio stampo.

Se Renzi dice una boutade o fa una gaffe, in tanti si fanno una risata, sorvolando, perché si tratta del leader del Pd, uno dei tanti vecchi partiti che nel corso degli anni si sono rifatti il maquillage per sembrare diversi da quello che sono ma, gattopardescamente, alla fine hanno cambiato tutto per non cambiare nulla.

A un leader del M5S tutto ciò non è concesso, trattandosi dell'unico partito in evidente conflitto con il vecchio sistema partitico italiano. Quel sistema che negli ultimi 25 anni ha portato allo sfascio il paese e non vuole saperne di mollare la presa!

Se davvero il M5S ambisce a governare, sarebbe il caso che i suoi leader la smettessero di fare gaffe, seppure in buona fede, e iniziassero a illustrare pubblicamente una sorta di programma di governo affinché la gente inizia a farsi un'idea su come sarebbe l'Italia se fosse governata dal M5S.

Offrirsi alla pubblica gogna con le proprie mani coma hanno fatto Di Maio e Di Battista vuol dire fare il gioco di chi non vede l'ora di screditare il M5S e i suoi rappresentanti con l'ausilio dei media filorenziani e filogovernativi.

Chi auspica il potere deve mostrarsi prima di tutto scaltro!

 
 
 

COLTO DA SINDROME DI PICASSO

Post n°1828 pubblicato il 09 Luglio 2017 da kayfakayfa

Grazie alla passione di mio padre per l’arte - la pittura in particolare che praticava con risultati più che discreti - fin da ragazzino di musei, pinacoteche e luoghi simili ne ho visitati tanti. Vedendo cose bellissime che, grazie alle spiegazioni di papà, mi sembravano ulteriormente belle. Crescendo, sia con gli amici che  con mia moglie, prima da fidanzati e poi da sposati senza e con figli, quando mi ritrovavo a viaggiare, per lo più durante le vacanze estive, seppure soggiornassi in una località balneare, cercavo sempre di informarmi se nel paese dove ci trovavamo o nei suoi pressi vi fosse qualcosa di interessante da visitare: un museo, un castello, degli scavi archeologici o quant’altro.

Così facendo ho avuto il privilegio di ammirare opere di artisti famosi e di conoscere quelle di emeriti sconosciuti o poco meno che, a mio avviso, meriterebbero maggiore visibilità. Tuttavia mai m’era successo, contemplando un’opera d’arte, di emozionarmi al punto da sentire l’esigenza di dovermi sedere, restandola a guardare rapito con commosso stupore.

So che ci sono persone che, trovandosi al cospetto di opera d’arte, sono colte da un vortice emozionale al punto da svenire – questa patologia è denominata sindrome di Stendhal . Personalmente mai m’è successo qualcosa del genere.

Mai, fino a questa mattina quando, insieme a mia moglie, sono stato al museo di Capodimonte per visitare la mostra di Picasso Parade a Napoli.

Parade è un balletto di Leonide Massine, tratto da un poema di Jean Cocteau, musicato da Erik Satie, di cui Picasso curò la scenografia e i costumi.

Lo stesso Picasso dipinse il sipario che è la sua opera più imponente: una tempera su tela di 10,50 x16,40, ribattezzata Parade.

Entrando nella sala del museo dove è  esposto l’enorme dipinto, levando gli occhi su quella tela che sembrava non finisse mai, sono stato colto da uno senso di smarrimento mai provato fino a quel momento.

Istintivamente mi sono seduto su uno dei sgabelli posti al suo cospetto. Mentre l'ammiravo, aumentava in me il senso di smarrimento che mi aveva colto entrando nella sala. Fissando Parade percepivo con sempre maggiore chiarezza la mia pochezza di uomo rispetto alla grandezza di Picasso.

Tuttora mentre con la mente ritorno a quei momenti, ripensando al dipinto, fatico a trattenere la commozione che la sua immagine mentale mi suscita.

Cosa può aver scatenato in me quella reazione emotiva, non lo saprò mai. Magari essa è frutto del gioco di luci creato dagli allestitori nel salone dove è esposto per dargli maggior risalto, riproponendo con quelle luci suffuse l’atmosfera che si accompagna in teatro allorché le luci in sala lentamente si spengono prima dell’apertura del sipario.

Di sicuro, osservando la maestosità del capolavoro, nella mia anima s’è aperto uno spiraglio, ma forse sarebbe più corretto dire “s’è levato il sipario”, consentendomi di percepire tutta la grandezza dell’artista e, contestualmente, la mia vacuità di uomo rispetto all’universo.

E probabilmente questa deve essere la funzione di un vero artista: comunicare all’umanità, attraverso la grandezza del proprio genio riflessa nella plasticità della sua arte, quanto effimera sia l’esistenza umana, rapportata alla maestosità del creato, se non viene accompagna dall’espressione artistica, qualunque essa sia, unica condizione capace di elevare l’uomo, ossia l’artista, al rango divino.

In Parade riecheggia maestosa la voce di Picasso e, per suo tramite, quella di Dio. Il suo tono stentoreo, espresso dalla bellezza e potenza simbolica delle immagini si è imposto all’orecchio della mia anima; comunicandole un messaggio codificato che sicuramente essa ha recepito e decodificato a mia insaputa. Per questo l’emozione m’ha colto mentre lo osservavo incredulo.

L’inconscio ha compreso quello che comunica Parade.

Chissà quando la coscienza intenderà a sua volta l’essenza ermetica del quadro.

 
 
 

RENZI, SI SGONFIA IL MITO DEL GRANDE COMUNICATORE

Post n°1827 pubblicato il 03 Luglio 2017 da kayfakayfa

Da “sempre” Matteo Renzi è considerato “un grande comunicatore, una risorsa per il centro sinistra italiano”. Ma lo è davvero?

Gli insuccessi del suo governo e le divisioni nel Pd conseguenti alla gestione della sua segreteria indurrebbero a ritenere il contrario: un grande comunicatore mai avrebbe perso malamente il referendum costituzionale, dopo gli ampi spazi avuti in concessione dai media rispetto a quelli riservati agli antagonisti; un grande comunicatore avrebbe coeso, anziché disgregarlo, il partito; un grande comunicatore mai avrebbe presentato una legge elettorale come la più bella del mondo per poi vedersela malamente bocciare dalla Consulta per evidenti aspetti di incostituzionalità.

Un grande comunicatore avrebbe percorso la penisola in lungo e largo per sostenere i propri candidati ai ballottaggi delle ultime amministrative, invece di sparire del tutto dai video e dai giornali quasi temesse che la propria presenze al loro fianco avrebbe potuto compromettere l'esito elettorale; un grande comunicatore non si sarebbe mai messo nell'imbarazzante condizione di essere contraddetto e bacchettato dai suoi fidi invitando un ex illustre esponente del suo partito, Romano Prodi, a starsene lontano dal Pd.

La sensazione è che a presentarci Renzi come “grande comunicatore”, perfino migliore di Berlusconi, fosse lo storytelling renziano praticato dai media per accreditarne a ogni costo l'immagine presso l’opinione pubblica.

Un grande comunicatore non avrebbe mai detto, “se perdo il referendum mi dimetto da Premier e mi ritiro dalla politica” e poi, una volta sconfitto, dopo essersi dimesso dalla Presidenza del Consiglio e da quella del partito, avrebbe fatto carte false per riappropriarsi della Segreteria del Pd, spingendo successivamente per le elezioni anticipate con il chiaro proposito di farsi rinominare Premier.

Un grande comunicatore mai si sarebbe lasciato sfuggire “non pensavo mi odiassero così tanto”, assistendo all'esultanza, perfino all'interno del proprio partito, per la vittoria del No al referendum Costituzionale.

Se Renzi fosse davvero quel grande comunicatore che dicono sia, si presenterebbe alle elezioni per farsi eleggere direttamente dai cittadini anziché farsi nominare d’ufficio dal partito!

Ovviamente se la prossima legge elettorale con cui andremo a votare sarà in sintonia con la Costituzione, secondo cui gli elettori devono votare non solo il simbolo -com'è stato in maniera incostituzionale dal 2006 con il Porcellum berlusconiano e si sarebbe ripetuto con l'Italicum renziano - bensì anche il proprio candidato!

 
 
 

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