Creato da kayfakayfa il 10/01/2006

LA VOCE DI KAYFA

IL BLOG DI ENZO GIARRITIELLO

 

Messaggi di Maggio 2019

LUX IN FABULA: IL RECUPERO DEL PATRIMONIO NATURALISTICO E ARCHEOLOGICO DELLA CONCA DI AGNANO

Post n°2007 pubblicato il 27 Maggio 2019 da kayfakayfa
 

 

Prima o poi l'impegno e la pazienza ripagano, portando i frutti sperati.

È così che, dopo più di due anni dalla prima proposta datata febbraio 2017, giovedì 30 maggio, presso il plesso scolastico alberghiero G. Rossini sito ad Agnano, l'Associazione Lux In Fabula, presieduta da Claudio Correale, con la collaborazione del Comitato Civico Pendio Agnano, presenterà un progetto per il recupero dei siti archeologici e del patrimonio naturalistico dell'intera Conca di Agnano, coinvolgendo gli alunni dei tre istituti superiori della zona - Rossini, Boccioni, Labriola.

La conferenza, prevista per le 15,30, a cui sono stati invitati i Presidi degli altri due istituti coinvolti nel progetto, sarà aperta da Claudio Correale che spiegherà cosa è Lux In Fabula e quali attività svolge sul territorio. Quindi la parola passerà alla professoressa Anna Di Corcia per descrivere il patrimonio artistico e archeologico tuttora esistente nella Conca di Agnano, del tutto ignoto ai più. La serata verrà conclusa da Aldo Cherillo del Comitato Civico, il quale racconterà in maniera dettagliata la storia del Lago di Agnano e dell'economia che sorgeva e si sviluppava sulle sue sponde fino a quando non fu bonificato dopo l'unità di Italia.

L'intento del progetto è far scoprire a quanti non conoscono questa realtà storica e naturalistica, obliata da oltre un secolo, quanto importante fosse la Conca di Agnano e quanti e quali siti archeologici di importanza straordinaria, oggi del tutto abbandonati alle sterpaglie e al degrado, vi sorgevano e tuttora vi sorgono nell'assoluto anonimato senza che le istituzione facciano nulla per ridare loro un pizzico di dignità. Senza tralasciare le oramai disastrate Terme di Agnano, il cui glorioso passato oggi è solo un pallido ricordo.

Il progetto prevede il coinvolgimento delle scuole e dei cittadini affinché ragazzi e adulti acquisiscano consapevolezza del valore del proprio territorio; adoperandosi in maniera sinergica, costruttiva e responsabile per recuperarlo e preservarlo al fine di rilanciare a livello civico e turistico l'intera area della Conca di Agnano.

 
 
 

FIORELLA FRANCHINI CI RACCONTA IL SUO ROMANZO “IL VELO DI ISIDE”

Post n°2006 pubblicato il 27 Maggio 2019 da kayfakayfa
 

 

Di seguito l'intervista integrale pubblicata su comunicaresenzafrontiere.it

Fiorella il tuo romanzo, Il Velo Di Iside, è un romanzo storico con venature misteriosofiche, oserei dire esoteriche, visto il tema trattato. Ti piace questa definizione, o preferisci dargliene una diversa?

Preferisco considerarlo soprattutto un romanzo storico. Le venature esoteriche derivano dal fatto che il culto di Iside si è prestato nel tempo a queste interpretazioni in quanto sia il tempio che il culto di Iside sono stati utilizzati dalle società esoteriche e massoniche. Ma si tratta essenzialmente di un romanzo storico che possiede tre piani di lettura: sentimentale, thriller e storico.

In termini e tempi di fatica, quanto ti è costata la ricerca storica?

Un anno di letture e studi tra saggi, articoli e romanzi per cercare di inquadrare bene il periodo storico per evitare di dire sciocchezze. Quando si scrive un romanzo storico, lo scrittore fa un patto con il lettore assumendosi la responsabilità di narrare storie verosimili in assoluta attinenza con l'epoca in cui si dipana la trama. Bisogna dunque inquadrare bene l'epoca per evitare gli strafalcioni. Seppure il lettore sa benissimo che si appresta a leggere una storia di fantasia, il contorno deve essere assolutamente realistico affinché si senta coinvolto mentre legge.

Pur essendo i protagonisti del romanzo frutto della tua fantasia, Livilla Claudia, la sacerdotessa, ha un riferimento storico reale in cui potremmo identificarla?

No. Tutti personaggi sono assolutamente inventati, non avendo attualmente riscontri storici legati alla presenza del culto di Iside a Napoli. Lo stesso tempio di Iside a Neapolis non è stato ancora ritrovato. Tuttavia abbiamo delle indicazioni da Bartolomeo Capasso che lo poneva nel centro storico di Napoli dove oggi è allocata la statua del fiume Nilo. Addirittura si suppone che la stessa Cappella San Severo facesse originariamente parte del nucleo urbano in cui sorgeva il tempio di Iside, essendo tutta quella zona anticamente abitata da una nutrita comunità egiziana. Seppure tuttora del tempio non si hanno tracce, considerando anche la toponomastica di quella zona in cui molte vie e vicoli hanno nomi che richiamano all'Egitto, è probabile che davvero il tempio fosse edificato in quell'area e fosse sontuoso come l'ho immaginato. Non si può escludere che, avendo Napoli subito nel corso dei secoli continue invasioni di popoli diversi, ognuno dei quali riadattava l'aspetto urbanistico e architettonico della città in rapporto alle proprie usanze e esigenze, scavando in profondità nel sottosuolo, prima o poi, non venga alla luce il tempio reale. Nello stesso tempo ho cercato di dare vita a una figura di sacerdotessa un po' romanizzata in quanto l'avvento dei romani a Napoli influenzò tutto ciò che l'aveva preceduto. Lo vediamo con la statuaria: l'Iside egiziana è diversa dall'Iside romana, come possiamo constatare visitando la mostra del sacro alla Pietrasanta dove è esposta una statua di Iside di matrice romana, non a caso denominata Iside Romana.

Tu sai che anche a Cuma sono stati rinvenuti resti di un tempio di Iside...

A Cuma hanno trovato qualcosa, ma nulla esclude che anche a Pozzuoli non ci fosse un iseo. Non dimentichiamo che il bradisismo ha sommerso tanti tratti della costa per cui non possiamo escludere che i resti del tempio non siano sommersi. Il culto di Iside era molto diffuso sia nei porti che in tutta la Campania. Essendo stata Pozzuoli il primo porto commerciale dell'Impero Romano, fino a quando non fu costruito quello di Ostia, è improbabile che nel capoluogo flegreo non vi fosse un iseo.

Iside è una delle tante iconografie con cui viene rappresentata la Grande Madre...

Sì, in lei convergono tutte le attribuzioni che anticamente caratterizzavano il sacro femminile. Partendo appunto da Iside, passando per Ishtar, Artemide, Giunone fino poi a trasformarsi in quella che oggi noi riconosciamo come la Madonna. Iside raggruppa in sé tutte le caratteristiche del femminile divino, travalicando le singole religioni: la fedeltà, la maternità, l'amore.

Potrebbe ritenersi una scelta di genere il motivo per cui tu abbia narrato le vicende di una sacerdotessa di Iside?

Non credo. Quando in passato ho scritto romanzi di avventura, in molti mi attribuivano una scrittura di stampo maschile. Ovviamente, narrando il romanzo una storia d'amore, quest'aspetto particolare l'ho visto dal punto di vista femminile. Nello stesso tempo al protagonista, il navarco Valerio Pollio, uno dei tre comandanti della flotta romana di stanza a Miseno, ho attribuito la passione per la poesia, cosa insolita per un soldato. Ma da donna mi piaceva l'idea di dargli una venatura romantica.

Oltre a Il Velo Di Iside, quale altro romanzo hai pubblicato?

Korallion. Anche quello è ambientato tra Partenope e i Campi Ardenti, essendo innamorata di entrambi i luoghi. Lì ho cercato di rappresentare i popoli italici che hanno preceduto i romani, dai sanniti agli etruschi che vennero in queste terre alla conquista di Cuma. Per quanto riguarda i Campi Ardenti, ossia i Campi Flegrei, era un luogo dove, lo dico sempre, c'era già la leggenda prima che iniziasse la storia! Non a caso i greci avevano situato nei Campi Ardenti l'ingresso all'Ade; Ercole vi aveva imprigionato i giganti; lì c'era la Sibilla. Era un luogo già conosciuto prima ancora che la storia cominciasse. Era un sito mitico come pochi che mi dà sempre intense suggestioni. Anche in quel caso ho immaginato la storia d'amore tra un re etrusco e una fanciulla greca cui si intreccia la scomparsa del corpo della sirena Partenope deposto sull'isolotto di Megaride. La ricerca che ne segue sviluppa la storia in tutta la Campania. Anche in questo caso ho dovuto fare una grossa ricerca storica e poi ho fatto leggere quanto avevo scritto a un archeologo per evitare di dire inesattezze.

Come e quando nasce Fiorella Franchini scrittrice?

Nasce a dieci anni quando vinsi il mio primo premio di poesia. Da allora non ho mai smesso di scrivere. All'età di vent'anni ho iniziato la mia carriera da giornalista e solo nell'89 ho iniziato a scrivere romanzi. Essendo una salgariana, le miei prime storie erano avventure ambientate in Africa, nella ex Iugoslavia, in Vietnam. Poi ho deciso di parlare della mia terra, ma in maniera diversa, uscendo fuori dagli stereotipi positivi e negativi, trattandone la storia antica.

Hai intenzione di scrivere qualcosa su Pompei?

Ci sto pensando.

I tuoi progetti per il futuro come scrittrice?

Prima di tutto ho intenzione di continuare a collaborare come giornalista per Il Denaro occupandomi di cronaca culturale, recensendo libri e parlando di eventi e mostre.

Oltre a scrivere, sei donna e madre.

Anche lavoratrice, sono funzionario alla Corte di Appello di Napoli.

Come riesci a gestire questa tua triplice funzione?

Non lo so, l'importante è esserci riuscita senza mai rubare né tempo né spazio alla famiglia. Finora con la scrittura ho ottenuto delle belle soddisfazioni, pur non essendo uno scrittore di bestseller. Ma mai disperare!

 
 
 

INTERVISTA AD ANDREA AULETTA, AUTORE DEL ROMANZO “AMORE CANE”

Post n°2005 pubblicato il 27 Maggio 2019 da kayfakayfa
 

 

Pozzuoli. Sabato 25 maggio da 'A Puteca 'E ll'Arte di Vania Fereshetian, si è presentato il romanzo AMORE CANE di Andrea Auletta, 44 anni, architetto. Abbiamo colto l'occasione per intervistare l'autore.

Andrea il tuo romanzo, Amore Cane, racconta l'amore tra l'uomo e la natura.

Sì, è un amore con la natura vissuto attraverso il rapporto tra il protagonista e il cane che lo aiuta a riscoprire l'autenticità delle cose, il piacere di uno stile di vita più calmo, più umano!

È un amore cercato, nel senso che lui il cane lo vuole, o nasce all'improvviso, per caso?

All'improvviso. Mentre sta lavorando, viene colto da un attacco di panico; scappa dall'ufficio, sale in macchina e, camminando, si ritrova in campagna. A questo punto scende dall'auto e si calma. Passeggiando nel verde, si imbatte in un casolare dove al cancello d'ingresso è legato un cane che, non appena lo vede, inizia ad abbaiare. Mentre si avvicina, nota che l'animale ha le mammelle sporgenti per cui capisce che si tratta di una cagna che ha da poco partorito. Nel frattempo compare Nicola, il proprietario del cane, personaggio chiave, con cui il protagonista fa amicizia. In quel contesto decide di adottare un cucciolo della cagna e da lì nasce poi la storia.

Dunque il romanzo sarebbe una metafora attraverso cui tu lanci il messaggio che per ritrovare se stesso l'uomo deve ricoprire l'amore per la natura...

Non solo per la natura, ma prima di tutto riscoprire l'amore per se stesso e per la sincerità. Con il titolo, Amore Cane, ho voluto indicare che solo riscoprendo la sincerità dei gesti naturali potremmo vivere meglio. Come ogni animale, un cane quando ringhia, abbaia, quando morde, scodinzola o ti fa le feste è sempre sincero, a differenza di tante persone che si vestono di ipocrisia. Ritorniamo a essere un po' più sinceri con noi stessi e con gli altri. Liberiamo il nostro istinto!

Dunque, paradossalmente, attraverso il tuo romanzo, ci inviti a ritornare a essere un po' più istintivi, ovvero animali, anziché razionali. Fai tuo il messaggio di Rousseau, De Foe e altri filosofi e scrittori vissuti a cavallo tra il diciottesimo e diciannovesimo secolo per i quali l'uomo, per essere felice, doveva ritornare a vivere allo stato primitivo in sintonia con la natura.

Perfetto, riscopriamo la nostra innocenza! Torniamo ad avere il coraggio di essere noi stessi senza reprimere gli slanci emotivi come se fossero qualcosa di cui vergognarci. Perché avere pudore dei nostri sentimenti, delle nostre emozioni, di quel che siamo davvero?

Questo è il tuo primo romanzo?

È il primo che ho pubblicato, seppure nel famoso cassetto ne ho diversi terminati. E poi ho pubblicato una raccolta di poesie.

Da sempre sostengo che sia più facile per chi scrive versi cimentarsi con la prosa che non viceversa. Me lo confermi?

Non saprei... Personalmente scrivo in versi da sempre, è un fatto istintivo! Ma ora che mi ci fai pensare, volgendo la mente a molti scrittori veri, noto che chi scrive poesie, spesso scrive anche romanzi. Mentre è difficile che chi scrive romanzi si cimenti anche con la poesia.

Come nasce la tua passione per la scrittura?

È una cosa innata che ho fin da piccolo. La scrittura per me da sempre rappresenta il mezzo attraverso cui do voce alla mia interiorità, comunicando al mondo che mi circonda ciò che ho nell'anima: una sorta di terapia!

Le tue letture preferite?

Proprio oggi mi è arrivato La Favola Bianca di Antonio Moresco, uno scrittore che amo molto. Così come mi piace molto Franco Arminio. E ovviamente i classici.

Tu di professione sei architetto: come riesci ad abbinare il tuo spirito artistico di scrittore e, soprattutto, di poeta, con quello razionale, oserei dire matematico, dell'architetto?

Seppure, come dici, la mia professione contempli aspetti caratteriali di tipo matematico, allo stesso tempo richiede anche molta creatività, se pensiamo alla progettazione. Se poi vogliamo addentrarci in un altro campo, quello giuridico e burocratico, visto che sono CTU al tribunale di Napoli, lì entrano in gioco solo i fattori razionali. Diciamo che riesco a gestire in maniera molto equilibrata la mia parte razionale con quella fantasiosa e istintiva, evitando che una prevalga sull'altra.

Quanto tempo hai impiegato per scrivere il romanzo?

Oltre un anno. Quando iniziai a scriverlo, non sapevo esattamente come si sarebbe sviluppato. L'ho scoperto man mano che andavo avanti con la stesura.

Quindi quando scrivi non hai in mente un canovaccio da seguire.

No, non sempre. Nel caso specifico avevo un'idea di base, ma non sapevo come si sarebbe poi ampliata. Preferisco che le cose scivolino via da sé, senza una forzatura di fondo. Ovviamente tutto si incastra con il messaggio che voglio trasmettere, quello sì che ce l'ho bene in mente!

Progetti per il futuro?

Sto scrivendo altri tre romanzi.

In contemporanea?

Sì! Se nel corso della stesura di una storia mi viene lo spunto per un'altra, mi fermo e passo a quella nuova per non perdere l'idea. Poi sono in lizza per un concorso letterario.

Auspichi di riuscire a vivere un giorno solamente di scrittura?

Mi piacerebbe, ma so che non è semplice!

 
 
 

DA LUX IN FABULA SALVATORE BRUNETTI HA PRESENTATO IL SUO SAGGIO SUL DIALETTO PUTEOLANO

Post n°2004 pubblicato il 21 Maggio 2019 da kayfakayfa
 

 

Di seguito la versione integrale dell'articolo pubblicato su comunicaresenzafrontiere.it

Pozzuoli. Sabato 19 maggio da Lux in Fabula, per la rassegna QUATTRO CHIACCHIERE CON L'AUTORE, Salvatore Brunetti ha presentato il saggio "Dialetto Puteolano", edizioni Lux In Fabula.

L'autore ha spiegato al folto pubblico presente in sala che lo spunto gli fu dato dal maestro Roberto De Simone il quale, ritenendo il puteolano un dialetto musicale per via dei continui sbalzi di tono che lo caratterizzano, motivo per cui invece molti lo considerano sguaiato, lo sollecitò affinché, dopo lo studio sul napoletano pubblicato molti anni prima, Brunetti ne facesse uno sul puteolano non solo in termini storici, ma soprattutto linguistici e grammaticali per affermarne l'unicità.

L'autore, un arzillo pensionato assolutamente privo di quella boria che spesso caratterizza gli autodidatta, ha ammesso che in questo caso non ha avuto alcuna difficoltà a completare il lavoro in quanto aveva alle spalle quello corposo svolto per il napoletano, lingua madre del puteolano, per cui scriverlo non gli è costato né fatica né tempo: "l'ho scritto in venti giorni, mentre per completare quello sul napoletano impiegai anni!"

Tra i tanti meriti, a Brunetti va riconosciuta la capacità di esprimersi anche oralmente in modo semplice e chiaro, senza frasi a effetto, riflettendo il linguaggio pulito e lineare del suo libro. Gli va inoltre riconosciuta la disponibilità a non sottrarsi alle tante domande dei presenti, intervallando le risposte con aneddoti brillanti e alle richieste di leggere alcune poesie in puteolano riportate in appendice del libro per far sentire la differenza che lo contraddistingue dal napoletano, suscitando con la recitazione dei versi l'ilarità della sala.

Così come piacevole e divertente fu la lettura del saggio, altrettanto si è rivelata la presentazione del libro i cui proventi andranno a sostegno delle attività culturali di Lux In Fabula.

Un grazie a Salvatore Brunetti per aver dimostrato che cultura e simpatia possono tranquillamente andare a braccetto, se si è dotati di intelligenza e umiltà!

 
 
 

“PASSAGGIO A CALCUTTA” – MARCO MENDUNI AD ART IN GARAGE – POZZUOLI

Post n°2003 pubblicato il 20 Maggio 2019 da kayfakayfa
 

 

Di seguito l'intervista integrale pubblicata su comunicaresenzafrontiere.it

Pozzuoli: Sabato 18 maggio, per la rassegna ARTinGARAGE, curata da Gianni Biccari, all'Art Garage di Pozzuoli - Parco Bognar 21, adiacente alla stazione Metropolitana FS - si è inaugurata la mostra fotografica "PASSAGGIO A CALCUTTA", di Marco Menduni.

L'esposizione durerà fino al 31 maggio e sarà visitabile dal lunedì al venerdì, dalle 10 alle 22; il sabato dalle 10 alle 20; domenica chiusa. Ingresso libero.

Per l'occasione abbiamo intervistato l'autore.

Marco ci potresti narrare la genesi di queste foto?

Le foto sono state scattate nove anni fa a Calcutta in occasione di un viaggio che organizzai dopo aver ascoltato chi già c'era stato e ne esaltava l'originalità e la genuinità rispetto ad altre città indiane molto più turistiche. Ammetto che, dopo tanti anni, pur essendo stato in tanti altri posti, quel viaggio mi ha lasciato forti emozioni!

Vivi di fotografia?

No, lavoro in banca. Ma sono anni che coltivo la passione fotografica.

Ti pesa questa dicotomia impiegato/artista?

Effettivamente mi sento un po' dottor Jack e mister Hyde: giacca e cravatta a lavoro; jeans e t-shirt per fotografare. Ma ci si abitua!

Quando nasce la tua passione per la fotografia?

In tarda età, avevo circa venticinque anni. E di ciò mi rammarico perché ho perso anni di esperienza e di tecnica, anche se poi ho cercato di rimediare lasciandomi trascinare dalla passione.

Per affinare la tua tecnica hai frequentato qualche corso?

No, solo qualche workshop con fotografi di livello internazionale per apprendere dalla loro esperienza i segreti base per scattare buone foto.

Sbaglio o le tue foto appartengono alla categoria della street photography?

Sì! Seppure, volendo essere precisi, potremmo dire che sono una via di mezzo tra la street e il reportage tradizionale.

Quali sono i soggetti che prediligi fotografare?

Spesso mi capita di fotografare bambini. Tuttavia i soggetti delle mie foto sono molteplici, come si evince anche dalle foto qui esposte.

Quando hai fatto la tua prima mostra?

Penso una quindicina di anni fa a Napoli.

Questa all'Art Garage è la tua prima personale?

Ce ne sono state altre.

Se dovessi spiegare la fotografia in generale e la "tua" fotografia in particolare, come le definiresti?

In generale per me la fotografia rappresenta il congelare in un solo attimo un concetto ben più vasto e ben più ampio. A livello personale, invece, la fotografia è un'esigenza comunicativa. Uno strumento che mi consente di esprimermi attraverso un linguaggio particolare.

Se tu ora, all'improvviso, dovessi decidere di partire per un nuovo viaggio fotografico dove andresti?

A distanza di nove anni, tornerei in India per vedere altri luoghi, perché, al di là dei cliché, l'India è un luogo a sé stante, che ti trasporta in un'altra dimensione.

Un altro luogo che ti piacerebbe fotografare?

Sicuramente il Sudamerica. Magari la Patagonia, la Bolivia. Luoghi dove c'è una natura molto particolare, molto forte e popolazioni che mi suscitano interesse.

Fotografi solo a colori?

No, spesso mi servo del bianco/nero. Anche se per il lavoro qui esposto scelsi il colore proprio per via dei mille colori che caratterizzano l'India, Calcutta in particolare.

Foto di Napoli ne hai scattate?

Sì, ma non molte perché, come spesso accade, quando vivi quotidianamente in un luogo, non mostri la stessa attenzione che invece hai quando visiti posti sconosciuti che difficilmente rivedrai.

Hai già scattato la "tua foto della vita"?

No! Dico sempre che la foto più bella è quella che ancora devo scattare.

Progetti per il futuro?

Qualcosa nel napoletano con tematiche sociali.

Nutri l'ambizione di vivere un domani solo di fotografia?

C'è stata, da giovane. Poi ho raggiunto la personale consapevolezza che se vivessi di fotografia perderei la libertà di scegliere dove andare e cosa scattare. La libertà non ha prezzo!

 
 
 

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