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Post N° 71

Post n°71 pubblicato il 11 Maggio 2008 da marea14
 

SOS Myanmar

 Due maggio: il ciclone Nargis si abbatte su Myanmar. È una catastrofe.
Interi villaggi vengono spazzati via. Il 95% delle case nella zona del delta del fiume Irrawaddy sparisce, mentre a Daala e a Twantey, due città a sud di Yangon, l’80% delle abitazioni viene distrutto (ed ora si trova sotto un metro di acqua).
Decine di migliaia di morti, oltre 200.000 dispersi ed una tragedia infinita per i superstiti. Un bilancio che si fa sempre più drammatico con il passare dei giorni. All’aumento del numero dei morti si aggiunge la mancanza di cibo, di acqua potabile, il pericolo imminente di malattie, soprattutto di malattie infettive come il colera, ed il rischio epidemie … la vita dei sopravvissuti continua ad essere in pericolo (secondo Sarah Ireland di Oxfam, i morti potrebbero diventare un milione e mezzo se nelle prossime settimane gli aiuti umanitari non interverranno con uno sforzo simile a quello che si è avuto in seguito allo tsunami del 2004). La situazione appare ancora più grave se si pensa che ancor prima del ciclone, il Myanmar era già devastato dalla malaria (lo scorso anno oltre 200.000 birmani colpiti dalla malaria sono stati curati da Medici Senza Frontiere), dalla tubercolosi, dalla malnutrizione, dall'HIV e dall’AIDS.
 Un bilancio spaventoso che sta sulla coscienza della giunta militare del Myanmar perché le autorità locali sapevano … sapevano e non hanno allertato in tempo la popolazione.
Un disastro annunciato, un disastro colposo.
E come se questo non bastasse, ora la giunta militare ostacola l’arrivo e la distribuzione 
dei soccorsi umanitari internazionali, tanto da indurre Amnesty International a sollecitare le autorità a cooperare con la comunità internazionale per assicurare aiuti immediati alla popolazione.
Non solo, ma mentre si rischia di morire di fame, la giunta militare continua ad esportare riso all’estero invece di distribuirlo ai superstiti del ciclone.

Da Rangoon, il 9 maggio Daniele Mastrogiacomo scrive:
Vi scrivo dalla fine del mondo. Un inferno di sassi, mattoni, pezzi di ferro, lamiere e alberi. Alberi enormi, tronchi con un diametro di due metri. Strapazzati come fuscelli, con i rami che si sono trasformati in frecce o giavellotti acuminati, lanciati dal vento per centinaia di metri contro muri, case, finestre, portoni. Poi spezzati, sradicati e catapultati sulle macchine, i furgoni, i minibus, i piccoli negozi, i passanti. Rangoon è un'immensa palude. Adesso i tronchi giacciono a terra, bloccano le strade, chiudono gli incroci, pesano su una ragnatela di fili elettrici ammassati alla rinfusa, illuminati da lugubri scintille, sparpagliati sull'asfalto
[omissis] Niente è come prima … [omissis] C'è aria di morte, di miseria, di rabbia e di protesta. La Birmania è stordita … [omissis] Si parla di 100 mila morti, di 3 milioni senza tetto, di decine di migliaia di persone senza acqua e cibo
[omissis] Non si riesce nemmeno a pregare. Le pagode sono chiuse. I pennacchi delle cupole d'oro sono saltati come birilli … [omissis]
I prezzi sono saliti, mangiare è diventato un lusso.
[omissis]
Adesso lo sanno e lo dicono tutti. L'ufficio meteorologico indiano aveva avvertito tre giorni prima le autorità birmane: c'era una tempesta che si era formata nel cuore del Golfo del Bengala. Le rilevazioni satellitari dimostravano che stava assumendo la forza di un ciclone.
Era stato indicato anche il percorso. L'impatto con la foce del delta era inevitabile. Si potevano salvare decine di migliaia di persone. Arroccata nella sua città-bunker, la giunta militare ha sottovalutato il fenomeno. Non ha lanciato alcun allarme, non è intervenuta, non ha fatto evacuare quei cinquemila chilometri quadrati dove si è abbattuta l'apocalisse
.”

Da Bogale Gianrigo Marletta scrive 
:
Una delle caratteristiche del popolo birmano, apprezzata dai visitatori del mondo intero, è la sua capacità di sorridere in ogni momento. Sorridono dopo esser stati massacrati dai militari nelle manifestazioni di piazza; sorridono e chiedono scusa quando al buio, per sbaglio, se ne calpesta uno mentre dorme sdraiato in mezzo al marciapiede; sorridono i poveri; sorridono i malati. Ma oggi, qui a Bogale, non sorride più nessuno. Lo sguardo di tutti è cupo, vuoto

Medici Senza Frontiere opera in Myanmar dal 1992 ed effettua, ogni anno, circa un milione di consultazioni mediche. In questo Paese gestisce anche quattro cliniche di maternità e di pediatria in altrettanti comuni nei pressi di Yangoon, oltre ad una clinica per le malattie sessualmente trasmissibili e l’HIV/AIDS. In tutte queste cliniche sta accogliendo e assistendo i feriti del ciclone.
Dal due maggio è, infatti, impegnata alacremente nelle attività di soccorso alla popolazione birmana con 43 operatori internazionali e 1.200 operatori nazionali.
Sta raggiungendo il maggior numero possibile di villaggi nel delta del fiume Irrawady, che sono rimasti completamente isolati e sta provvedendo – trasportando il materiale occorrente con imbarcazioni – alla distribuzione di medicinali e di razioni alimentari (riso, olio, fagioli, pesce), alla consegna di teli di plastica per ripararsi, alla purificazione dell'acqua, alle cure mediche ai feriti, alle visite mediche alla popolazione, alla riabilitazione di latrine, pozzi e pompe d’acqua.
La priorità in questo momento” ha dichiarato nei giorni scorsi Kostas Moschochoritis, direttore generale di MSF Italia “è garantire l’approvvigionamento di cibo, la fornitura di acqua potabile e assicurare cure mediche ai feriti e a quanti necessitano di assistenza immediata come le donne incinte e i malati cronici. Le patologie più frequenti in queste prime fasi sono le infezioni respiratorie e le malattie diarroiche che colpiscono in primo luogo le fasce più vulnerabili della popolazione”.
Cinque aerei cargo con oltre 200 tonnellate di aiuti (cibo, medicinali, imbarcazioni leggere, beni di prima necessità) hanno avuto il via libera
dalle autorità e sono in partenza per il Myanmar: il primo dovrebbe essere già partito da Bordeaux.
Perdiamo molto tempo nel negoziare le nostre possibilità di movimento nelle aree colpite dall'emergenza dove non operiamo con i nostri abituali progetti di assistenza” ha dichiarato Joe Belliveau,
che coordina da Amsterdam le operazioni di soccorso di Medici Senza Frontiere in Myanmar “tuttavia siamo già in grado di lavorare in maniera significativa in quattro stati della Birmania”.
Nonostante le difficoltà governative e pratiche (come, ad esempio. impraticabilità delle strade e pericolosità della navigazione dei fiumi per la presenza di detriti vari e tronchi di alberi), negli ultimi giorni ha compiuto un grande sforzo per intensificare le operazioni di soccorso 
nelle aree più colpite del delta del fiume Irrawady.

 È, questo, uno sforzo indispensabile per salvare il maggior numero possibile di vite umane. Un grande sforzo che richiede sostegno e partecipazione da parte di tutti noi. C’è bisogno della nostra solidarietà.
È per questo che Medici Senza Frontiere ha lanciato un appello straordinario di raccolta fondi. “Lanciamo questo appello straordinario” ha dichiarato Kostas Moschochoritisnon solo per assistere le vittime dirette del ciclone, ma anche per garantire continuità a quei progetti che già avevamo nel paese e che sono stati pesantemente danneggiati”.

Le donazioni per sostenere gli aiuti umanitari di MSF in Myanmar possono essere fatte:
- con versamento sul
ccp 000087486007
oppure
- con carta di credito
on line sul sito di Medici Senza Frontiere.

Aiutiamo la popolazione di
Myanmar a non morire
Medici Senza Frontiere ha lanciato un SOS: non lasciamolo cadere nel vuoto!

 

_______________________________

 

 
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Myanmar: gli aiuti internazionali devono poter entrare nel paese

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