Creato da marea14 il 13/02/2007

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Post N° 74

Il coraggio di far prevalere i principi umanitari

Sarebbe ora che i nostri politici dimostrassero il coraggio di far prevalere nella pratica i principi umanitari che spesso proclamano, non rimanendo – come spesso accade – dominati da considerazioni strategico-militari care ai produttori di armi.
(Giuseppe Schiavello, direttore Campagna Italiana Contro le Mine)

 Il 19 maggio si è aperta a Dublino la Conferenza internazionale per elaborare, entro il 30 maggio, il testo definitivo del Trattato internazionale relativo alla messa al bando delle cluster bombs (bombe a grappolo o bombe a frammentazione) e concludere, così, il cosiddetto “Processo di Oslo
 promosso dalla Norvegia nel febbraio del 2007 e volto ad estendere alle cluster bombs una disciplina simile a quella stabilita con il Trattato di Ottawa del 1997 (entrato in vigore il 1° marzo 1999 e sottoscritto da 156 paesi), per le mine antiuomo.
Alla Conferenza di Oslo del 2007, infatti, ben 46 paesi (su 49 partecipanti) hanno aderito alla Dichiarazione finale impegnandosi a "
concludere entro il 2008 uno strumento internazionale vincolante che preveda il divieto dell'uso, della produzione, del trasferimento e dello stoccaggio delle munizioni a grappolo che causano danni inaccettabili ai civili
".
Il dibattito è continuato nella Conferenza di Lima, svoltasi dal 23 al 25 maggio 2007 – cui hanno preso parte 74 paesi – nel corso della quale sei donne Premi Nobel per la Pace (Rigoberta Menchù, Shirin Ebadi, Wangari Maathai, Jody Williams, Betty Williams e Maired Corrigan Maguire) hanno lanciato il famoso appello: “
Alziamo la nostra voce a sostegno di un processo rapido affinché si eliminino dalla faccia della terra le bombe a grappolo prima che la loro proliferazione possa trasformarsi in un'altra crisi umanitaria in un mondo lacerato dalle armi
”.
La successiva Conferenza di Wellington,
 
che si è tenuta dal 18 al 22 febbraio 2008 ed alla quale hanno partecipato 122 paesi, si è chiusa con una importante Dichiarazione (sottoscritta da 81 paesi) che costituisce la bozza del trattato per la messa al bando delle cluster.
Tale
bozza
 proibisce l’uso, la produzione ed il commercio di munizioni a grappolo, stabilisce un termine per la distruzione di tutte le scorte esistenti, vieta la partecipazione ad operazioni militari nelle quali altri paesi facciano uso di cluster, impone la bonifica delle aree contaminate entro una data determinata, e prescrive specifici obblighi di assistenza e cura sia per le vittime che per le loro comunità.
Ed è questa bozza che viene discussa in questi giorni a Dublino da 110 paesi. Il documento finale che scaturirà dal confronto dei partecipanti alla Conferenza, sarà sottoposto alla firma di tutti gli stati il 2 ed il 3 dicembre 2008 ad Oslo.

Il dibattito è particolarmente acceso su alcuni punti che tendono ad indebolire la portata del Trattato da approvare. C’è, infatti, chi chiede che si possa partecipare ad operazioni militari congiunte con paesi che usano le cluster bombs (e questo è uno degli argomenti più discussi), chi chiede un periodo di transizione per ritardare l’effettiva entrata in vigore dei divieti contenuti nel trattato, chi chiede di escludere dalla messa al bando alcuni tipi di bombe a grappolo.
Ban Ki-moon, segretario generale delle Nazioni Unite, nel suo messaggio alla Conferenza, ha detto di sperare che si possa metter fine agli "
orrori nascosti
" causati dalle cluster. Condivido la sua speranza, con la coscienza che questo sarà possibile solo se si arriverà ad un divieto totale del loro utilizzo.
A Dublino, come nelle precedenti Conferenze, sono assenti i principali produttori: Usa, Israele, Cina, Russia, India e Pakistan. Gli interessi economici e militari sono, per questi paesi, più importanti di una politica di salvaguardia dei diritti umani e di tutela delle popolazioni civili.
Sono fisicamente assenti dal Processo di Oslo ma sono indirettamente presenti con precise pressioni rivolte ai partecipanti, in modo da cercare di influenzare l’andamento e l’esito della Conferenza. Pressioni che hanno anche il sapore del ricatto nel momento in cui, ad esempio, gli Stati Uniti dichiarano che in caso di divieto ad usare questi ordigni, non potranno partecipare a missioni umanitarie, comprese quelle per aiutare le vittime dei disastri naturali. Pressioni che hanno suscitato la viva protesta sia del Premio Nobel per la Pace Jody Williams (promotore del processo del trattato di Ottawa che ha portato alla messa al bando delle mine antiuomo), sia dei superstiti delle bombe a frammentazione, sia della CMC (Cluster Munitions Coalition).
Nonostante queste interferenze esterne, oggi i rappresentanti inglesi hanno annunciato che il governo britannico sarebbe pronto a smantellare il proprio arsenale di cluster bombs. Sembra, inoltre, che le autorità inglesi intenderebbero fare pressioni sugli Stati Uniti per convincerli a non utilizzare le cluster bombs in operazioni congiunte con i paesi che le metteranno al bando.

 Ogni anno, nel mondo, migliaia di bambini muoiono o restano gravemente mutilati a causa delle cluster bombs.
Le cluster
contengono 
non meno di 200 - 250 (e in alcuni casi anche 650) piccoli ordigni (facilmente scambiabili per giocattoli e che, per le loro forme e per i loro colori, suscitano curiosità) che si staccano dalla bomba originaria e colpiscono una vasta area su un raggio di diverse centinaia di metri. Una percentuale rilevante di queste “sub-munizioni” (dal 15% al 45%) resta, però, inesplosa sul terreno attirando l’interesse soprattutto dei bambini: basta un piccolo ignaro gesto e un allegro gioco si tramuta in terribile tragedia. Secondo l’ONU, infatti, il 40% delle vittime sono bambini. Nel migliore dei casi, quando si riesce a sopravvivere, un bambino deve attendere, secondo quanto denunciato da Handicap International, dieci anni prima di avere una riabilitazione con arto artificiale. Non quantificabili sono, poi, i danni di ordine psicologico che sconvolgono la vita di questi ragazzini.
Sono ordigni più pericolosi delle mine perché, avendo un raggio di azione intorno ai 150 metri, colpiscono sia chi li calpesta che chi si trova nel loro raggio di azione.
Sono armi che continuano la guerra anche in tempo di pace e che colpiscono soprattutto civili: il 98% delle vittime, secondo Handicap International, è costituito da civili.
Sconvolgente è la testimonianza di Kostas Moschochoritis, direttore generale di Medici Senza Frontiere, che a proposito dell’Afghanistan, ha asserito: “
Nel 2002, ai tempi dell’intervento americano, le truppe dell’alleanza anti-talebana paracadutavano i viveri per la popolazione civile in contenitori di colore giallo. Ma i bombardieri sganciavano bombe a grappolo dello stesso colore. E poiché una discreta percentuale rimaneva inesplosa, molti civili non combattenti, soprattutto bambini, erano ingannati. Si avvicinavano perché speravano di trovare cibo e rimanevano orribilmente mutilati o uccisi. Questa situazione si riproduce in tanti altri paesi colpendo migliaia di persone. Dal punto di vista sanitario per chi sopravvive si aprono problemi gravissimi
”.
Danni non solo alla vita ed all’integrità fisica, ma anche all’economia ed alla sopravvivenza delle persone. Infatti la contaminazione dei territori non consente la coltivazione dei campi o l’accesso ai pascoli o ai pozzi; si hanno, così, vaste aree impraticabili ed inutilizzabili per anni. Nel sud del Libano, ad esempio, circa il 90% delle terre utilizzate per la coltivazione e la pastorizia è contaminata dalle cluster.

Secondo un rapporto di Handicap International circa 400 milioni di persone nel mondo vivono in zone disseminate da bombe a grappolo rischiando quotidianamente la morte o la mutilazione.
È impossibile conoscere il numero esatto dei morti causati delle cluster, stimato approssimativamente tra centomila e un milione.
Basti pensare che da più parti – e dallo stesso CMC (Cluster Munitions Coalition) – viene denunciato il fatto che in Kosovo nel 1999 e in Iraq nel 2003 queste bombe hanno ucciso più civili di tutte le altre armi usate in questi conflitti. Un altro dato significativo è quello che si riferisce alle conseguenze della guerra tra Israele e le milizie sciite di Hezbollah del 2006, riportato da UNMAC (United Nation Mine Action Center) che segnala 900 incidenti in Libano da agosto 2007 ad oggi.

A partire dalla guerra in Vietnam fino ai nostri giorni, le cluster bombs sono state usate moltissimo.
Si calcola che negli ultimi 40 anni sono state sganciate oltre 440 milioni di questi ordigni. Impressionanti sono i dati relativi all’Iraq ed al Libano. In Iraq, soltanto nei mesi di marzo e aprile del 2003, sono state lanciate circa 2 milioni di bombolet. In Libano, invece, Israele ne ha sparato, nel 2006, oltre un milione, contaminando 36.644.875 mq. del territorio libanese.
Si stima che nel mondo ci sono circa 100 milioni di sub munizioni inesplose. Secondo la Croce Rossa Internazionale, solo nel Laos, ci sono ancora dai 9 ai 27 milioni di ordigni inesplosi.
La bonifica si presenta, perciò, come un lavoro immenso ed estremamente rischioso per gli operatori.

Sono numerosi i paesi che hanno subìto gli effetti micidiali delle cluster bombs: Afghanistan, Albania, Arabia Saudita, Bosnia Erzegovina, Cambogia, Ciad, Croazia, Eritrea, Etiopia, Iraq, Kosovo, Kuwait, Laos, Libano, Pakistan, Russia, Serbia, Montenegro, Sierra Leone, Sudan, Siria, Tajikistan, Vietnam.
E sono ancora molti i paesi che continuano ad usare le cluster bombs. Tra questi, Stati Uniti, Russia ed Israele. Proprio in questi giorni il governo inglese ha ammesso di averle usato durante la guerra del Golfo del 1991, in Kosovo nel 1999 e nel sud dell'Iraq nel 2003.
Nonostante le numerose campagne per l’eliminazione di quest’arma, effettuate da numerose organizzazioni umanitarie internazionali, nella sua produzione sono coinvolti oltre 30 paesi. I maggiori produttori (ed esportatori) sono Stati Uniti, Cina, Russia, India, Pakistan ed Israele.
Le resistenze alla messa al bando delle cluster sono dovute sia ai profitti legati alla produzione e commercializzazione, sia al fatto che molti paesi ne hanno, nei loro arsenali, una quantità enorme … siamo, perciò, in presenza di un immenso giro di affari.
Si stima, infatti, un arsenale mondiale di circa 4 miliardi.
Solo gli Stati Uniti, secondo la campagna “Stop cluster munition”, possiedono tra i 700 e gli 800 milioni di questi ordigni. Seguono Russia, Cina e Gran Bretagna, Iraq, Egitto, Brasile, Belgio, Israele, e tanti altri paesi.

Per quanto riguarda l’Italia, è necessario puntualizzare alcune cose.
 Più volte e da più parti è stato denunciato il fatto che la Simmel di Colleferro produce le bombe a grappolo. Da ultimo, anche un’inchiesta di Rai News24
 del 2006 ha dimostrato che esportava missili contenenti cluster bombs. Alcuni mesi fa, tuttavia, la Simmel ha annunciato di aver cessato la produzione delle cluster (precedentemente aveva oscurato il proprio catalogo online che riportava i modelli fabbricati di queste armi).
Inoltre va detto che è vero che le cluster bombs non vengono usate dal nostro paese, ma occorre anche sottolineare che recentemente queste armi micidiali sono state usate nei conflitti in cui è presente anche l’Italia: in Kossovo, in Iraq ed in Afghanistan. E questo è inaccettabile. Esistono responsabilità militari e responsabilità morali … e
si hanno responsabilità morali nel momento in cui si è alleati di paesi che utilizzano le cluster
bomb … non ci si può girare dall’altra parte e far finta di niente: i diritti umani e soprattutto i diritti dei bambini e dei civili alla vita ed all’integrità fisica ci riguardano sempre.
Suscita perplessità il fatto che l’Italia, pur avendo ratificato la
Convenzione di Ottawa
 (approvata nel 1997 ed entrata in vigore il 1° marzo 1999) – che proibisce la produzione, la commercializzazione e l’uso delle mine antiuomo e rende obbligatoria la distruzione delle riserve esistenti – non abbia ancora sottoscritto il successivo “Protocollo V” sugli ordigni inesplosi.
Il 25 luglio 2007 la Commissione Affari Esteri ha approvato la Risoluzione 7/00219
 
con la quale si impegna il Governo non solo ad accelerare la ratifica del Protocollo V annesso alla Convenzione di Ottawa (cosa che non è ancora avvenuta) ma anche ad essere parte attiva all’interno del “Processo di Oslo”.
Di rilievo è l’iniziativa relativa alla presentazione del progetto di legge (C
n. 1824
 ) che, nel modificare la legge 29 ottobre 1997 n. 374, concernente la messa al bando delle mine antipersona, estende gli effetti della legge 374/97 anche alle munizioni a grappolo. Tale disegno di legge che, di fatto, avrebbe anticipato i contenuti del Trattato internazionale che dovrebbe essere approvato in questi giorni a Dublino, non è stato, però, mai approvato. Presentato il 29 ottobre del 2006, è rimasto presso la III Commissione Affari esteri (in sede referente) dal 30 gennaio 2007.
Un progetto di legge (C n. 1148
) simile, che modifica l'art.2 della legge 29 ottobre 1997 n. 374 ed estende la messa al bando anche alle cluster, è stato nuovamente presentato 
pochi giorni fa (il 23 maggio) alla Camera.
Uno dei motivi che ha rallentato (bloccato?) l’iter del precedente disegno di legge (C n. 1824
)
è stato il fatto che la sua approvazione avrebbe comportato l’obbligo della distruzione delle cluster esistenti nel nostro arsenale. Ciò avrebbe implicato una spesa non prevista per cui bisognava reperire le somme necessarie. In relazione a questo voglio fare una sola considerazione: come mai i soldi per finanziare le spese militari si trovano sempre rapidamente e ci si arena di fronte alla spesa per eliminare armi così letali?

Mi auguro che la Conferenza di Dublino si concluda con l’approvazione di un Trattato internazionale che sancisca la messa al bando, senza se e senza ma, di queste armi micidiali
Come ha ricordato Grethe Ostern, capo della CMC (Cluster Munitions Coalition),
ulteriori ritardi significano nuovi morti e nuovi feriti.

Per sottoscrivere la messa al bando delle cluster bombs clicca QUI  


Per saperne di più: clicca QUI ,  QUI , QUI e QUI
   

____________________

AGGIORNAMENTO

Tovato accordo alla Conferenza di Dublino sul testo definitivo del Trattato per la messa al bando delle bombe a grappolo
Le cluster sono state messe al bando, verranno distrutti gli arsenali, si provvederà all’assistenza alle vittime ed alla bonifica delle aree contaminate …
ma
si potranno usare le cluster di nuova generazione e si potrà continuare a cooperare nel settore della difesa con i paesi non firmatari …

 
 
 
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