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Post N° 41

Post n°41 pubblicato il 23 Luglio 2007 da marea14
 

26 luglio 1992 – 26 luglio 2007
Omaggio a Rita Atria, un’adolescente coraggiosa


L'unica speranza è non arrendersi mai
. Finché giudici come Falcone, Paolo Borsellino e tanti come loro vivranno, non bisogna arrendersi mai, e la giustizia e la verità vivrà contro tutto e tutti. L'unico sistema per eliminare tale piaga è rendere coscienti i ragazzi che vivono tra la mafia che al di fuori c'è un altro mondo fatto di cose semplici, ma belle, di purezza, un mondo dove sei trattato per ciò che sei, non perché sei figlio di questa o di quella persona, o perché hai pagato un pizzo per farti fare quel favore. Forse un mondo onesto non esisterà mai, ma chi ci impedisce di sognare. Forse se ognuno di noi prova a cambiare, forse ce la faremo.
(Rita Atria)

 Di solito, quando si parla di Paolo Borsellino si parla anche di Giovanni Falcone: due persone legate in modo inscindibile nella vita e nella morte. Ma quando si parla della morte di Borsellino non si può non parlare anche della morte di una coraggiosa ragazzina di 17 anni che aveva deciso di collaborare con la giustizia: Rita Atria.

Nata il 4 settembre 1974 a
Partanna, piccolo paese agricolo nella valle del Belice in provincia di Trapani, in un ambiente strettamente legato alla famiglia mafiosa degli Accardo, nel novembre del 1991, dopo la morte del padre e del fratello (uccisi dalla stessa mafia il 18 novembre 1985 ed il 24 giugno 1991), si ribellò alla concezione omertosa che la circondava e seguì l’esempio della cognata Piera Aiello denunciando il sistema mafioso del suo paese e raccontando tutto quello che sapeva.
All’inizio era animata soprattutto da un sentimento di vendetta per le persone care che le erano venute a mancare, ma presto. con l’aiuto di Paolo Borsellino (che lei affettuosamente chiamava “zio Paolo”), il desiderio di vendetta si è trasformato in profondo e tenace desiderio di giustizia.
Lo “zio Paolo” … era per quella ragazzina estremamente sensibile, cocciuta e determinata come un secondo padre … si fidava solo di lui e si affidava completamente a lui. Rita non aveva un buon rapporto con i funzionari dell’Alto Commissariato (che la trattavano male perché era figlia e sorella di mafiosi) e solo Borsellino riusciva a farla sentire protetta, anche quando, dopo aver subito minacce, è stata trasferita a Roma con una nuova identità.
Additata dai paesani come amica degli sbirri … ripudiata dalla madre che è arrivata anche a minacciarla di morte per aver tradito l’onore della famiglia … respinta dalla sorella che si rifiutava anche di vederla, Rita è rimasta completamente sola con la sua voglia di giustizia e con le sue paure.
 Una solitudine resa ancora più drammatica dalla sofferenza provata nel venire a conoscenza delle pesanti responsabilità del padre e del fatto che suo fratello aveva realizzato affari con gli assassini di suo padre … è facile immaginare che dentro di lei si sarà scatenata una tempesta di enormi contraddizioni in cui era terribilmente difficile orientarsi … giorni durissimi, giorni infernali …
Una solitudine troppo grande per la sua giovane età, una solitudine che Borsellino, con il suo affetto, la sua carica umana ed il suo sorriso ha cercato di colmare, facendole capire fino in fondo l’importanza dei collaboratori di giustizia … con lui trovava sempre un clima sereno ed affettuoso … Borsellino era il suo unico conforto.

Dotata di una spiccata intelligenza, ha capito subito quale era la situazione della lotta contro la mafia: “Se domandi protezione, te la danno, ma ti accorgi che non hanno mezzi per rassicurare la tua incolumità, manca personale, mancano macchine blindate, mancano le leggi che ti assicurino che nessuno scoprirà dove sei. Non possono darti un'altra identità, scappi dalla mafia che ha tutto ciò che vuole, per rifugiarti nella giustizia che non ha le armi per lottare.
Ed aveva ben chiaro anche che la lotta contro la mafia comincia con la coerenza del nostro agire quotidiano: “
Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combarrete la mafia che c'è nel giro dei tuoi amici, la mafia siamo noi ed il nostro modo sbagliato di comportarsi”.

La strage di via D’Amelio la sconvolse a tal punto da farle crollare il mondo addosso. Non si sentì più protetta. Disse subito alla cognata Piera Aiello (con la quale divideva l’appartamento a Roma)  che era finito tutto e che per loro non c’era più scampo.
Il 26 luglio 1992, esattamente una settimana dalla morte dello “zio Paolo”, dopo aver scritto “
Borsellino, sei morto per ciò in cui credevi ma io senza di te sono morta
”, si è tolta la vita lanciandosi dal settimo piano di via Amelia.

Riferendosi al suo suicidio, don Luigi Ciotti ha detto: “Non ci ha lasciato l'abbandono, ma ci ha indicato la strada dell'impegno. Ricordarla significa continuare a lottare e non ci demoralizza sapere che magari qui, poco lontano da noi sono tornati ad esserci quei mafiosi di cui lei parlava”.

Sono trascorsi quindici anni dalla sua morte, ma nella mia mente risuonano ancora le sue parole:
L’unica speranza è non arrendersi mai … Forse se ognuno di noi prova a cambiare, forse ce la faremo”. 

___________________________________________


Rita Atria verrà ricordata: 

il 23 luglio a Roma alle ore 11.00 in Viale Amelia, alle ore 17.30 in Piazza del Campidoglio ed alle ore 21.30 presso la libreria Rinascita in Viale Agosta n. 32.
il
25 luglio a Valderice
alle ore 21.00 presso l’Anfiteatro San Barnaba.
il
26 luglio a Partanna di Trapani
 alle ore 10.30 (raduno al cimitero)
il
26 luglio a Palermo alle 
ore 18.00 presso il Centro sociale “G. Vitale”, Zen 2.
il
26 luglio a Rieti alle ore 17.30 presso la Sede della Provincia di Rieti (Sala Consiglio provinciale) in via Salaria n. 3.

 
Rispondi al commento:
marea14
marea14 il 24/07/07 alle 14:12 via WEB
Lo so che ci sono molte persone che si trovano in difficoltà a parlare di mafia. Questo succede perché l’informazione ne parla troppo poco, come se fosse un problema del tutto secondario.
E, invece, le mafie sono onnipresenti e sempre più potenti: condizionano la politica, condizionano gli esiti delle elezioni, condizionano l’economia, condizionano l’ambiente … condizionano la nostra vita, sia se viviamo nel meridione (dove il fenomeno è più evidente e si tocca con mano), sia se viviamo nelle altre regioni italiane.
Pesantissime sono le responsabilità della politica (connivente) e dell’informazione (“distratta”).
Ogni anno si parla di Falcone e Borsellino, si esprime orrore e sdegno, li si definisce eroi … ma la nostra memori ha dimenticato che Falcone e Borsellino, con le indagini per il maxiprocesso, avevano, per la prima volta in Italia, messo in ginocchio la mafia e stavano arrivando al nodo più importante: il rapporto tra mafia e politica … per la prima volta si era sulla giusta strada per sconfiggere la mafia. Il giornalista americano Alexander Stille, nel documentario “In un altro paese”, trasmesso ieri sera su RAI Tre (e tratto da un libro di Stille), ha affermato: “In un altro paese gli artefici di una tale vittoria sarebbero stati considerati un patrimonio nazionale. Dopo aver vinto la prima battaglia a Palermo, ci si sarebbe aspettato che Falcone e i suoi colleghi fossero messi nelle condizioni di vincere la guerra. Invece in Italia avvenne proprio il contrario”.
Molto significativa è la lettera che salvatore Borsellino, fratello di Paolo, ha scritto subito dopo la messa in onda di questo documentario. La riporto qui integralmente:

In tanti, dopo aver visto il documentario di Stille su Rai 3 mi hanno detto di non aver saputo trattenere le lacrime.
Ma è ora di smettere di piangere per Paolo, è ora di finirla con le commemorazioni, fatte spesso da chi ha contribuito a farlo morire, è l’ora invece di dimenticare le lacrime, è l’ora di lottare per Paolo, lottare fino alla fine delle nostre forze, fino a che Paolo e i suoi ragazzi non saranno vendicati e gridare, gridare, gridare finché avremo voce per pretendere la verità, costringere a ricordare chi non ricorda.
Dove sono le migliaia di persone che cacciarono e presero a schiaffi i politici che, scacciati dai funerali di Paolo, avevano osato andare nella Cattedrale di Palermo, davanti alle bare dei ragazzi morti insieme a lui, a fingere cordoglio e disputarsi i posti più in vista nei banchi della chiesa?
Quella classe politica si è rimescolata ma è ancora tutta di nuovo al suo posto e ha in mano ancora più salde le leve del potere. E l’alternativa che abbiamo oggi è solo quella di cadere in mano a quelli che forse con gli assassini di Paolo hanno stretto un patto per prendere a loro volta il potere.
Dove sono le migliaia di giovani, di gente di tutte le età, che ai funerali di Paolo continuavano a gridare il suo nome, Paolo, Paolo, Paolo e costrinsero i politici che avevano permesso quella strage a stare lontani dalla sua bara anche quando lo andammo a seppellire?
Ricordi il Presidente del Consiglio e ricordino tutti i politici che guidare l’Italia non è gestire un tesoretto, disquisire su scalini e scaloni, o azzuffarsi sugli interventi nelle missioni all’estero, e dimenticare che i veri problemi sono nel nostro stesso paese, in un Sud abbandonato alla mafia, alla camorra, alla ‘ndrangheta, senza rendersi conto che questo cancro è ormai risalito, attraverso i capitali di cui può disporre, fino ad inquinare tutto il paese e la nostra stessa economia.
Ricordate, soprattutto voi giovani, che non ci può essere una repubblica, non ci può essere una democrazia fondata sul sangue, fondata sui ricatti incrociati legati alla sparizione di un’agenda rossa e delle memorie di un computer e a quello che può esserci scritto o registrato.
Ricordate che non basta cambiare nome ad un partito e poi, nel discorso programmatico del suo capo in pectore non sentire neanche pronunciare la parola mafia, come se questa veramente non esistesse più, come se non fosse più un problema, quando è più potente e forte di prima ed ha inquinato ormai tutti gli strati del potere.
Ricordate che non basta cambiare il numero d’ordine di una repubblica, seconda, terza o quarta, perché le cose cambino veramente se prima non si spazza via tutta una classe politica che ci ha ridotto in questo stato.
Ricordate, soprattutto voi giovani, che il futuro è vostro e che ve lo stanno rubando.
(Salvatore Borsellino)
 
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