Creato da middlemarch_g il 24/01/2008
'Fallisci meglio' è il mio secondo nome
|
Messaggi di Ottobre 2008
Post n°319 pubblicato il 22 Ottobre 2008 da middlemarch_g
C'è un ricercatore qui in facoltà, incidentalmente anche figlio del preside, a cui oggi ho dovuto comunicare una notizia molto formale. Il comitato scientifico della biblioteca, composto esclusivamente di suoi pari perchè i bibliotecari non ne fanno parte, gli ha cassato l'abbonamento a un periodico che aveva richiesto. Io in queste circostanze sono molto formale. Gli ho scritto una mail con tutti i crismi e i congiuntivi incasellati come piccoli capistazione diligenti con la paletta in mano a controllare che non si crei casino nel traffico di frasi subordinate. Ordine e metodo. Quando mi ci metto sono uno spettacolo. Lui ha accusato subito ricevuta e due minuti dopo mi ha risposto. Anche lui con una mail. In fondo alla quale ha messo una faccina. Così: :)). Un ricercatore dell'università di Padova. Una faccina. A una bibliotecaria che era stata un miracolo di sobrietà ed efficienza. La cosa mi ha spinto a farmi una domanda: aldo_caposaldo, non è che per caso tra le altre cose fai anche il ricercatore a psicologia e sei il figlio del preside di facoltà? Altrimenti sono cose che non si spiegano. |
Post n°318 pubblicato il 22 Ottobre 2008 da middlemarch_g
Ci sono mattine che cominciano con un bilancio energetico talmente negativo, che per riuscire a tirare i piedi fuori dal letto ti tocca invocare Leonida come santo protettore. E altre invece che cominciano così: |
Post n°317 pubblicato il 21 Ottobre 2008 da middlemarch_g
Ieri mi sono dimenticata di segnalarvi un corsivo ec-ce-zio-na-le di Gramellini che ho letto grazie alla sagace segnalazione del Piazza. Vero è che chi viene qui passa spesso anche da quelle parti, ma metti che per un caso fortuito oggi non succede. Oltretutto non è nemmeno in un post, è infrattato da qualche parte in mezzo ai commenti. Ma siccome è davvero imperdibile, ve lo metto anche qui, così non avete più scuse. |
Ho passato la pausa pranzo con una studentessa di psicologia attempata come me. Noi del gruppo Gerovital qui in facoltà ci riconosciamo al volo. In mezzo a questo tripudio ormonale di legionarie ventenni col french sulle unghie, ci viene facile solidarizzare in fretta, e a parte. Non è cattiveria, le ragazzine sono spesso dolci e molto socievoli. Ma onestamente non ti puoi intrattenere a lungo con passerottine alle soglie del primo grande amore o, nel caso frequente di studentesse fuori sede, con la vertigine dell'esordio ai fornelli o della spesa al Despar. Nel nostro caso sono tutte cosette archiviate alla voce: esperienze-che-devi-fare-per-diventare-adulta-ma-onestamente-speriamo-di-avere-qualcosa-di-meglio-da-raccontare-ai-nipoti, e da parecchio. La mia collega è una signora che mi piace. E' schietta, diretta, senza sovrastutture concettuali da femmina intrippata di pseudoletteratura analitica come molte delle venerande decane di questa facoltà. Per il resto è abbastanza chiaro che non ci assomigliamo affatto, e che la nostra intimità non andrà oltre una certa soglia. Ma questo non vuol dire che non mi sia simpatica. Mi ha parlato dei suoi problemi di salute per un'ora e dieci - cioè 40 minuti in più della mia pausa pranzo abituale. E' stato un po' come ascoltare la lettura dell'Antico Testamento nella valle dei Nosocomi. Ogni cosa che poteva capitarle, le è capitata. Ogni cosa che poteva essere fraintesa al pronto soccorso, è stata fraintesa. C'era qualcosa di biblico nella sua narrazione. Un'epopea epica che come l'Iliade lasciava spazio a un sacco di colpi di scena grondanti sangue e frattaglie. Giuro che non c'è ironia. Non mi sono affatto annoiata. E poi a me piace ascoltare gli altri, è una cosa che mi succede continuamente. Quando conosco qualcuno, c'è una possibilità su due che in capo a un'ora mi abbia raccontato tutta la sua vita. In genere si privilegia il lato sentimentale. Ma non è detto. E' una cosa che mi dà un sacco di spunti per riflettere. Continuo a pensare che gli esseri umani siano tutto sommato la cosa più interessante che circola in giro. Si capiscono tante cose leggendo il racconto della vita degli altri fatto in prima persona. Per esempio, prendete questo caso. Trovo fenomenale la scelta dei parametri che un individuo seleziona per definirsi, per dire a un altro, che non lo conosce, cosa considera costitutivo della propria identità. Non so se avete mai fatto caso a quante persone si identificano con una malattia, o con un decorso patologico. Come siano accurati nel descriverne i dettagli, i risvolti, le implicazioni, le conseguenze. Ti dicono che è una tragedia, naturalmente. La peggiore delle sfighe. Il che in parte è vero. Ma questo non gli impedisce affatto di attorcigliare la propria identità come un ramo d'edera intorno alla loro patologia. La malattia alla fine è ciò che li costituisce intimamente. Se smettessero di soffrirne, non saprebbero nemmeno più chi sono. Questo vale per tutto quello che ci succede nella vita, sia chiaro. Ma è la malattia che mi fa sempre particolare impressione. Poi mi ha fatto pensare anche a un'altra cosa. Il mondo è pieno di troppa gente che parla, e troppo poca che ascolta. Abbiamo tutti bisogno di parlare. E abbiamo bisogno di essere ascoltati. C'è qualcosa di commovente nel modo in cui ti guarda qualcuno che comincia a rivolgerti a te senza aspettative, e a un certo punto realizza che lo stai ascoltando. Che non è propriamente un dialogo, ma uno scambio in cui tu ci metti la storia, e l'altro l'interesse. Che poi, a pensarci meglio, è all'incirca quello che fate voi con me. Sta' a vedere che prima o poi mi tocca anche offrirvi una cena. |
Post n°315 pubblicato il 21 Ottobre 2008 da middlemarch_g
Stamattina mi sono svegliata un po' così. Inappagata. Oppressa dal senso dei miei limiti. Spenta. Inibita dalla percezione di un orizzonte basso e fumoso. Mi sentivo come la laguna veneta in una mattina d'autunno dalle parti di Porto Marghera. Un oceano di sconfinata malinconia con la tendenza a espandersi e infiltrarsi. Allora ho fatto una cosa semplice che certe volte funziona e certe volte no. Ho detto a me stessa: molon labe. Per dargli maggiore peso specifico e aggressività - nel frattempo ero salita in macchina e guidavo sulla statale quindi non c'era rischio che la cosa turbasse l'ordine pubblico - mi sono anche messa a parlare da sola e ho riservato alla malinconia un trattamento simile a questo: Oh, che vi devo dire? Stavolta ha funzionato. |
Great expectations
I miei Blog Amici
VITA FUORI DA DIGILAND
Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere. Prova ancora. Fallisci ancora. Fallisci meglio.
Samuel Beckett
Tag
Area personale
Cerca in questo Blog
Menu
Chi può scrivere sul blog
Cerca in questo Blog
Middleroots
Ultimi commenti
2010
Ci siamo dati da fare altrove
Confermo i miei atti e rido dei miei castighi. E adesso condannatemi
Rosa Luxemburg
Inviato da: cassetta2
il 04/12/2023 alle 16:37
Inviato da: What weather today
il 12/04/2022 alle 11:36
Inviato da: Weather
il 12/04/2022 alle 11:36
Inviato da: Weather forecast
il 12/04/2022 alle 11:36
Inviato da: Meteo
il 12/04/2022 alle 11:35