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CONTRO TUTTE LE VIOLENZE

Post n°405 pubblicato il 26 Novembre 2007 da silvia.to
Foto di silvia.to

Tanta gente in strada a Roma nonostante la pioggia
Cacciate Prestigiacomo e Carfagna, aggrediti due giornalisti
Violenza sulle donne, a Roma in centomila
"Contro la paura, riprendiamoci i nostri diritti"

Dacia Maraini: "Grande partecipazione, sbagliato escludere chiunque"
In piazza Navona contestate anche i ministri Turco, Pollastrini e Melandri. "Occupato" il gazebo de La7
di CLAUDIA FUSANI




BViolenza sulle donne, a Roma in centomilabr










ROMA
- Comincia male: fischi alle deputate di Forza Italia Mara Carfagna e
Stefania Prestigiacomo; spintoni e calci a un fotografo e a un
giornalista con l'unico torto di essere maschi; insulti ai ministri
Pollastrini, Turco e Melandri che hanno "osato" tentare di mettere il
cappello, facendosi intervistare da microfoni e telecamere, su una
manifestazione che - va detto - è stato organizzata dal basso, da
associazioni che non hanno mai l'onore delle cronache eppure fanno un
lavoro sommerso e oscuro ma importantissimo.






Non c'è dubbio che sia cominciata sbagliata
questa manifestazione nazionale contro la violenza sulle donne. Ma in
mezzo a questi episodi ci sono decine di migliaia di donne - centomila
dicono le organizzatrici; 40 mila la questura - di tutte le razze che
sono sfilate pacifiche, sorridenti, motivate, consapevoli per dire
basta al femminicidio. I confini del caso compaiono qua e là sui
cartelli indossati da donne-testimoni: un milione e 150 le vittime di
violenze in Italia, il 5, 4% del totale, il 3,5% ha subito violenza
sessuale e il 70 per cento di queste violenze portano la firma di
familiari e parenti.





"L'assassino non bussa, ha le chiavi di casa" è scritto su uno degli
striscioni a metà del corteo. Una come Dacia Mariani, ad esempio -
anima del movimento femminista negli anni settanta, oggi in marcia in
via Cavour come una ragazzina con gli occhi azzurrissimi che riescono
sempre a guardare oltre e lontano - parte da qui, dalla grande
partecipazione, dalle donne che tornano in piazza: "Sono commossa, era
dagli anni Settanta che non si vedeva una manifestazione così". Gli
insulti, gli ostracismi, sono quella parte sbagliata che alla fine
spunta quasi sempre fuori nelle manifestazioni, come quelli che
bruciano le bandiere o fanno i cori contro Nassyria. Una parte, non il
tutto. Un pezzo, non l'insieme. Infatti: "Non sono d'accordo con la
contestazione, hanno fatto malissimo. Sbagliato anche cacciare gli
uomini, loro sono degli alleati" dice la scrittrice. Meno comprensivo
il giudizio delle ministre. "Questa violenza verbale va solo contro le
donne" taglia corto Giovanna Melandri. "La contestazione di qualcuno va
a discapito di tutte" rincara la dose Livia Turco. Più morbida la
Pollastrini: "Cerchiamo il lato positivo: tante, tantissime donne per
dire basta alla violenza". Il problema è che a fine serata della
giornata si parla più per le polemiche che per i contenuti.





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Il fatto è che la manifestazione, organizzata molto in sordina, quasi
ignorata fino a due-tre giorni fa, è stata messa in piedi da un gruppo
di collettivi femministi tra cui Amatrix, Libellule, Feramenta,
Associazione femminista via dei Volsci, a cui sicuramente non fa
difetto la rabbia e le idee chiare. "L'idea della manifestazione è
stata nostra" spiega Amelia, "non vogliamo cappelli politici anche
perché delle scelte di questa politica non condividiamo quasi nulla. E
non vogliamo uomini, abbiamo fatto una scelta sessista e separatista
perché in questo modo si capisca che il problema in Italia è di tipo
culturale e serve scardinare la società di tipo patriarcale...".





Amelia è un fiume in piena ed è alla testa del corteo quando alle 14 e
45 minuti, dopo un acquazzone memorabile, il grande striscione "La
violenza degli uomini contro le donne comincia in famiglia e non ha
confini" muove i primi passi. C'è emozione e soddisfazione. Sono tante,
un concentramento enorme, oltre ogni aspettativa. Le donne dei campi
rom improvvisano danze etniche. "Siamo del campo di via Candoni e ieri
abbiamo deciso di venire al corteo. Lo abbiamo comunicato agli uomini
del campo e siamo qui" spiega Daniela sfoggiando un sorriso molto
dorato. Futurica è più giovane, ha 16 anni: "Quanta violenza c'è nei
campi rom contro le donne? Come in tutto il mondo...". Si muove il
camion rosso con la musica sparata a palla e lo striscione: "La
violenza contro le donne non dipende dal passaporto, la fanno gli
uomini".





Poco dopo l'inizio di via Cavour, sul lato sinistro della strada, lungo
il marciapiede, svetta l'ex ministro Stefania Prestigiacomo e il collo
di pelliccia dell'onorevole Mara Carfagna. Qualcuno dice che sono con i
bodygard, più semplicemente, forse, il loro autista. Comunque sia,
inaccettabile per le organizzatrici. E' il primo momento di tensione. I
cori si alzano in fretta: "Fuori i fascisti da questo corteo"; "La
violenza sulle donne non si strumentalizza, sei una fascista non sei
una donna". L'ex ministro prosegue dritta, qualche centinaio di metri,
faccia tesa: "La nostra presenza qui non è una provocazione, siamo
donne, non abbiamo una bandiera politica. Certo se questo è il livello
di tolleranza di una manifestazione contro la violenza...".





Ma non è un problema di colore politico. Pochi metri dopo, infatti, un
fotografo e un paio di giornalisti s'imbattono nel rigore separatista
delle femministe organizzatrici. Cori, spintoni, fuori anche loro.





Via via che il corteo si libera lungo via Cavour la violenza contro le
donne torna il tema, quello vero, il principale. Quello a cui l'Onu
domani ha dedicato una giornata mondiale. Per cui il presidente della
Repubblica Giorgio Napoletano ha inviato un messaggio al ministro
Pollastrini parlando di "drammatica violazione dei diritti umani" e
augurando che l'iter della legge a tutela della donne possa concludersi
presto in Parlamento. Qualche spezzone, a dir la verità, non condivide
neppure l'impostazione della legge: "Fiducia nello stato non ne abbiamo
/ l'autodifesa è nostra e non la deleghiamo". Nel mirino degli slogan
ci finisce il pacchetto giustizia: "Se la violenza è sotto il tetto che
ce faccio cò sto pacchetto"; "non ci stiamo in un pacchetto violenza,
vogliamo una cultura del rispetto". Monica Pepe, la più gettonata tra
le organizzatrici: "Un episodio come quello della morte di Giovanna
Reggiani è stato strumentalizzato per dare vita a un pacchetto
sicurezza xenofobo e razzista".





Le femministe sono tornate, non c'è dubbio. Lo dicono le colonne sonore
prescelte: con Loredana Bertè cantano "non sono una signora ma una con
poche stelle nella vita"; con Fiorella Mannoia intonano "quello che le
donne non dicono". Gli abiti parlano degli anni settanta: gonne lunghe
e giacconi, mini e calze colorate, zeppe, fasce colorate in testa;
trecce o capelli cortissimi.





L'intolleranza separatista non si ferma. Intorno a piazza Venezia si
aggiunge al corteo - ahiloro - un gruppo di senegalesi con tamburi,
treccine e ritmo. Sono bravi e fanno allegria. Durano venti minuti. E'
in azione una specie di servizio d'ordine che fa la spola lungo i lati
del corteo per controllare che non ci siano uomini. "Dovete andare via,
non potete stare qui...". Malandobo, il leader del gruppo etnico resta
un po' perplesso: "Ma noi siamo contro la violenza...". Succede che un
gruppo di donne decide di fare da "protezione" ai gruppo di intrusi.
Sono tanti i pezzi del corteo che non condividono questa impostazione.
Paola, ad esempio: "Siamo qui, contente di partecipare e di manifestare
per una cosa molto seria. Ma che tutto questo sia appaltato a una banda
di separatiste sessiste non ci sta bene".






La testa del corteo arriva in piazza Navona due ore dopo la partenza da
piazza della Repubblica. Finirà di affluire intorno alle sei e mezzo.
Altre polemiche, i ministri contestati, le telecamere abbuiate. "Se
dovete intervistare qualcuno, sentite noi e non i ministri" polemizza
Monica Pepe. In realtà le uniche che dovevano parlare, oggi, dovevano
essere le donne violate. Hanno sfilato anche loro, in silenzio, con
rabbia, lo striscione in una mano, il figlio nell'altra. Questo corteo
era in loro nome.






(24 novembre 2007) REPUBBLICA



SE LE DONNE DELLA POLITICA, FACESSERO DI PIU' PER LE DONNE, SICURAMENTE NON VERREBBERO CACCIATE, MA SE VENGOLO SOLO PER FARSI VEDERE ALLORA CHE SE NE STIANO A CASA.

 
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