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Post n°1275 pubblicato il 23 Febbraio 2012 da non.sono.io
Così, sempre coprendosi il naso con la mano, si mise in un cantuccio abbastanza distante dalla folla che brulicava rigorosamente prima della striscia gialla, ed iniziò ad osservare gli astanti con maggiore attenzione. A qualche metro da lui, una giovane coppia parlava concitatamente agitando le mani in aria come a voler scacciare ipotetici insetti volanti. “Non è che non ti amo più,” diceva lei “o forse sì, ma che ne so. E’ che non mi tiri più Fabio, mettiamola così. Ma a te sembra normale che per provare un orgasmo debba scoparmi il mio vicino di scrivania nell’ascensore?”. Fabio annuiva, ma non sembrava particolarmente stupito della notizia. “Ma sì, certo ti capisco. Pure tu insomma… Ma ti sei vista cosa sei diventata? Quando ti tocco le tette mi sembra di stendere i calzini…”. Il signor. D’Amore seguiva la scena con gli occhi sgranati ma facendo attenzione a non scoprire nemmeno una piccola parte di naso. Una donna un po’ anziana, passando davanti a lui bofonchiava che si era pisciata nel letto e si era scordata di cambiarsi le mutande. Un ragazzo poco più in là era montato sopra il suo zainetto usandolo come un’ara da dove, puntando il dito verso chiunque gridava: “Tu sei bona, tu no. Tu fa proprio schifo, tu hai la faccia da porca, tu con quell’espressione devi essere un po’ stronzo…”. A quel punto Carlo non potè fare a meno di pensare cosa diavolo stava accadendo. Cosa era successo al mondo durante la notte? E perché lui sembrava l’unico rimasto normale? Gli sembrava come di essersi svegliato in un enorme manicomio. Poi per fortuna arrivò il vagone. Fece per entrare ma un uomo, dandogli uno spintono lo apostrofò: “Ma levati dal cazzo che ho fretta!”. D’Amore lo guardò senza parlare, trovò un posto libero e si sedette con la borsa sulle ginocchia, la solita mano sul naso, cercando di rimanere più immobile possibile, quasi cercando di mimetizzarsi con la carrozzeria del vagone. Ora, io lo so che a tutti noi piacerebbe essere degli eroi, avere il sangue freddo necessario per affrontare gli accadimenti inaspettati e spiacevoli della vita. Tutti, o quasi tutti in qualche modo ci prepariamo alla catastrofe immaginando come reagiremo di fronte alle spiacevolezze, e anche se poi non agiamo mai come avevamo progettato, per lo meno sappiamo che prima o poi dovremo tirare fuori quell’ombrello segreto che teniamo stipato da qualche parte dentro di noi. Invece, D’Amore, no. Non si è mai posto il problema dell’imprevisto, perché lui credeva di poter addomesticare la vita e il suo scorrere a zig-zag a forza di placide e calcolabili abitudini. Quindi fu invaso da una terribile sensazione di inadeguatezza, si sentì nudo nello scoprirsi completamente senza difese. E l’incubo sembrava non finire. |
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