“Will you believe me when I tell you there was kindness in his heart? His left hand didn't know what his right hand was doing. It was only that certain important connections had been burned through. If I opened up your head and ran a hot soldering iron around in your brain, I might turn you into someone like that.”
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Post n°381 pubblicato il 11 Luglio 2019 da lacey_munro
KUNO Primavera? Estate? Autunno? Inverno? Era Kreuzberg, 1997. In Berlino. Ed era il 15 agosto. Ferragosto, compleanno di mia madre... Kuno parlava prima che uscissimo; e mi parlava di sua nonna Sybille che era originaria di Cottbus nel Brandeburgo, ma aveva deciso di abitare nei dintorni di Sielow zona agreste, per amore del nonno, Helmut che faceva ancora il contadino frantumandosi le ossa e stirandosi spesso i muscoli. Sybille... Che nome magnifico! Avevo bofonchiato, ma non invidioso, perché mia nonna si chiamava Vittoria. Che è anche meglio. Soli, lo osservavo con questa sua strana mania di accendere una candela semplicissima, una vecchia candela di sego che recuperava chissà dove. E allumava prima che uscissimo per qualche club alle 11 di notte... Abitudinariamente il Tresor, oppure il Matrix, che non so se esista ancora. Per lui era una sorta di rituale, incunearsi fra buio e luce, prima delle stroboscopiche o dei flash improvvisi da ecstasy. Penso che avesse a che fare con il suo contatto con la terra, quella che si sbriciola fra le mani da millenni a questa parte. Così differente dalla Città dove non si dorme mai. Lo ascoltavo mentre prendevo vodka, qualche valium, e appena una striscia di cocaina (allora girava così, capirete avevo 23 anni) ma non ero particolarmente rintronato. Tutt'altro. Kreuzberg, fuori, già urlava di scendere ma noi la prendevamo larga: in un certo, strano senso quella notte non avevamo fretta, e Kuno spiegava come i suoi antenati spingevano l'aratro attaccato ai buoi da millenni, per linea paterna. Che angelo! L'oscurità mentre scendeva alla finestra spalancata, e ci addormentava curiosamente, malgrado le sostanze dovessero sostenerci, e allungarci la vita fino alle sei del mattino seguente... Lui mescolava leggenda e patria rossa, raccontava delle battaglie degli operai a Moabit, come suo zio Siegfried che era morto, causa manganellata d'ordinanza di uno sbirro proprio sull'osso occipitale, mentre tirava bolognini per il pane. Era la Germania senza firma e senza memoria, la Berlino delle autodidatte che si leggevano Flaubert, e studiavano i viottoli per sfuggire ai dragoni quando caricavano di sciabola. Berlino delle migliaia di bettole, e dei canali; Berlino della mia Sprea: che scorre ancora nelle vene di un tempo remotissimo. Kuno adesso è morto. A 47 anni. In autostrada (un gomitolo impazzito fuori Norimberga) si era imbattuto in un'utilitaria in panne nel momento e nel posto sbagliato: si è accostato e fermato sul limitare per dare una mano, e stava seguendo tutte le procedure di emergenza quando un autoarticolato scomposto lo ha travolto, e sbriciolato. L'avevo saputo dopo una settimana dalla fine, perché nessuno trovava il coraggio di girarmi il lutto. Però al termine è piombato, come una cappa di piombo fuso, come una caligine di morbo incurabile. Fumo una sigaretta, adesso che sono le tre di notte, alla mia finestra al pianoterra di Trento. Non ne fumo più di due, massimo tre in tutto l'arco del dipanarsi del ciclo quotidiano, noiosissimo e inconcludente. Fumo una lucky strike. E ha esattamente 22 anni. So benissimo che non è così, ma Kuno fumava sempre quelle: le migliori diceva, sapendo che sono tutte uguali. Ma tutti uguali non siamo noi uomini e donne, no, davvero: c'è chi lascia il solco, come dietro un aratro, è c'è chi inizia a seminare per il raccolto (quando sarà il momento). C'è chi piange senza che nessuno se ne accorga, e continua a piangere anche quando sa che spargere il prodotto, della fecondazione del fiore con il polline, darà buoni frutti. C'è chi espira fumo nel buio, con una candela di sego accesa, recuperata chissà dove a fargli da sfondo. Più chiara del sole, e incantevole come Kreuzberg che non dormirà, mai. Nemmeno per sempre. "Forse è così. Un piede. Una mano. o un'idea. Qualcosa scivola. Si sposta. Ti ritrovi in un altro mondo. Non stavi nemmeno guardando. è arrivato, e basta. è apparso. Come un cervo all'imbrunire. Improvviso. Immobile. Un orecchio che ha uno spasmo. L'altro orecchio. Non sei solo. Non lo vedi nemmeno. Ma lui ti vede. Forse è proprio così." (Sam Shepard - Quello Di Dentro, pag. 115) Per KUNO HOSTETTLER (Berlino, 1972 - Svincolo Autostradale Nuremberg west, 2019) |
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