Creato da lacey_munro il 24/03/2014

Tony Albert Brewster

T.A.B.

 

 

# 277

Post n°394 pubblicato il 05 Agosto 2019 da lacey_munro

 





 

 

 

 

Avrai la volta di un temporale

Esisteva (come lo ricordo) un cirmolo rosato
nel tramonto, sull'appiglio dei fossi.
Raccontava di alcune dita intrecciate
e di un lago profumato all'erba cipollina,
si commuoveva a vedere quei cuori di nasturzio
abbracciarsi ed intrecciarsi,
confondersi e mitigarsi.
Parlava da solo e da vecchio, quella pianta,
perché i suoi fantasmi di amanti
erano scomparsi appena sopraggiunto il sole:
volati da qualche parte sopra piccoli violini;
scheggiati dalle note sopra mondi lontani
non erano sopravvissuti ai gangli delle stagioni.
E ora, che altri tracciano vie diverse presso fossi aridi,
si ritrovano la condanna
di possedere lo stesso lamento
quando soffia il vento di brumaio
e di chiamarsi, presso i fratelli che si imbattono
in loro durante quello stesso incanto.
Per un minuto vivono abbracciati,
appena arpeggiati in un bacio muto nella nota
non stonano ma sanno di vento,
mutano e restano soli:
nella buona come nella cattiva sorte
resistono al nudo freddo,
si scambiano ali che non sapranno
volare:
ma identici squarci aprono nel velo della distanza.
Con la gola secca
bruciano completamente 
per sempre, come canapa di pregio,
sotto lacrime, che comunque non solcano
alcun rimpianto.












 
 
 

# 277

Post n°393 pubblicato il 02 Agosto 2019 da lacey_munro

 














Quando apparvi io, lei era già sparita

Passò e dettò il tempo:
era una donna che filtrava la notte
dalla pioggia, e prosciugava
quando parlava
le mie solitarie gocce
di lirica.

Quando scomparve abbandonai
la perfetta coesione
degli endecasillabi,
ricordo perfettamente che vissi da straccione,
ubriacone
e Orfeo intirizzito.

Persi tutto, ricordando quelle cose,
ma se ancora attraversasse gli oggetti
del mio desiderio
saprei persino ridurre l'oscurità a bocca di ragno,
e l'angustia
a perfetto orologio.

Non getterei al vento la sabbia
e sanguinerei solo a contatto con la Santità,
forse perderei tempo a fermare le lancette,
ma come Aracne tesserei
infinito un capolavoro, 
fibra lucida su carne viva.









 
 
 

# 276

Post n°392 pubblicato il 31 Luglio 2019 da lacey_munro

 














Per fare un albero

Penso che la Verità sia un attimo
consustanziale,
un ceppo: tutto quello che rimane
di un abete stroncato.

Ma mai ammazzato; solo sospeso 
fra luna e sole,
appena convertito alla rinascita,
che bussa forte alla tua Storia.

Che non offre più refrigerio, forse
con le sue fronde
ma si avvicina alla terra 
in modo paradossale ed inevitabile.

E dal suolo abbraccia miceti 
che prima, forse, nemmeno considerava
preso com'era dallo svettare
e dalla sua criniera, folta ma pretenziosa.












 
 
 

# 275

Post n°391 pubblicato il 27 Luglio 2019 da lacey_munro










Val-Louron

Il mio soggetto
è alquanto semplice: greti
e polle.
Il necessario, insomma, 
per avviarla, stretti nella mano alla fonte 
e bagnarsi circondati da paulonie,
e camelie bagnate a riflessi
di Noi Due
che a malapena ci siamo
conosciuti,
ma fermati 
per sempre nel turbinoso
ribollio  
delle piccole, ma feroci 
onde causate da un Amore,
nobile e povero 
come la sete.















 

 

 

 

 


 
 
 

# 274

Post n°390 pubblicato il 26 Luglio 2019 da lacey_munro

 












Hamelin e il suo pifferaio

Kuno scende dalla golf rosicchiata
e si avvicina quella specie di fattoria
con un fianco scoperta e una spina
enorme,
che gli affiora
dal fianco dove stanno
i recinti delle vacche...
Lo vedo affrettarsi con quel passo
sghembo, lui nato con un piede
di solo due centimetri
più corto dell'altro,
ma abbastanza da lasciarlo
lievemente claudicante a vita.
Lui che ha voglia a di uova fresche,
anzi di costruirsi un autentico
spazio per gallo e galline
nell'enorme soffitta del nostro vecchio
maniero,
in
Lindenstrasse.
Oleg sbadiglia perché sono
appena le sette al mattino
e dal Watergate ci siamo subito
diretti al TEGRENSEE,
zona di affatturate paludi
e lenti, quasi immoti
laghetti,
 ovest bucolico di Berlino, per intenderci.
Lo guardo e gli do da fumare
un po' d'erba, che
a me fotte poco
ma lui è malato per quel genere,
come se una nube
d'alta montagna lo seguisse
perennemente,
e gli invadesse l'articolazione
della parola.
Che infatti è lentissima e strascicata.
Oleg è di Danzica in realtà, ma
è arrivato nella capitale due anni fa,
e immediatamente
ho incontrato un tizio che emanava suoni
preciso come parlava,
senza animosità da stimolanti 
ma con la verve sotterranea
del quechua:
Qualcosa di imprevisto, venendo da Danzica.
Uno stregone del Baltico,
un geco da raffiche di vento russo.
Un mezzo lituano con i filatteri nascosti...

Kuno ritorna mentre la fattoria scompare.
Dice, sorridendo solo da una crepa
nella bocca:
"La vecchia che tiene il posto
con suo marito mi stava dando le uova
e ci stavamo pure mettendo
d'accordo
per un piccolo pollaio
da trasferire a Kreuzberg,
poi... Insomma...
poi ha aperto una di quelle vecchie
finestre bianche,
ha perso una specie di scialle,
se l'è messo sulle spalle e
Cristo...! Ha iniziato a volare!
Te lo assicuro, fratello, ha preso, come si dice,
una corrente ascensionale
e ha fatto, tipo, FLOP!
Sparendo con tutto l'armamentario
e anche le mie uova.
Le uova che avevo già pagato.
Davvero non capisco."
Ma Io capisco: Kuno non si è calato
niente...
è stata solo la vecchia
che ha deciso di farsi un giretto,
prendersi un po' d'aria, anche adesso
che è ottobre e le betulle si scorticano.
O comunque iniziano
a privarsi del manto;
ma è parte dello schema, gli faccio
notare:
"Prendi un nucleo agreste, composto
da due persone,
e gli darai ragione
da vendere
sei si prendono un attimo
di esclusiva,
tempo per loro, intendo.
Del resto si spezzano la schiena
a settant'anni, spero tu sia
abbastanza comprensivo..."
è sera quando rientriamo
passando per Bergmannkiez,
Tutta Tempelhof 
e usciamo a Gitschiner poi.
è paradossalmente notte:
dove abbiamo trascorso il giorno,
(forse inventando nuovi giochi)
sinceramente non te lo riesco a dire.



























Uno studioso al microscopio vede molto più di noi. Ma c’è un momento, un punto, in cui anch’egli deve fermarsi. Ebbene, è a quel punto che per me comincia la poesia.

(René Magritte)

 
 
 

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