Creato da lacey_munro il 24/03/2014

Tony Albert Brewster

T.A.B.

 

 

# 273

Post n°389 pubblicato il 22 Luglio 2019 da lacey_munro

 










Izak

Osservami pure, perché
sono altro da
una rosa,
ma anche altro da
una spina cieca.
Sono diverso dal cielo
ma non muoio al buio;
rincorrendo il polline
mi sono accorto
di respirare
bene:
di sopravanzare
in altezza la paura,
di sorprendermi
con il cuore in mano
e la felicità sotto
il cuscino,
zeppo delle stesse
piume
che adopero per volare,
mentre gli uomini
riposano insicuri.











 
 
 

# 272

Post n°388 pubblicato il 19 Luglio 2019 da lacey_munro

 










Sebastiano D'Arco (Versetto 13; 1, 11 - 12)

V'era un cielo, e le storie appiccicate a bizzarri bastioni
veleggiavano in un turgore tremante di stracci;
lingue amaranto crescevano a cespi, esisteva
un tepore che mi legava a casa, Io, mia moglie
e tutta una serie  di eredi e antenati, richiamava
il vento grappoli di tagliole disinnescate, tarassaco
e peonia avvinghiati, lamine di ortensie e la vite americana
colmava le mura d'un fuoco prima dell'autunno. Storie.
Inondato nei vasi sanguigni mi volgevo come fossi pioggia
a un corteo stillante macerie che giungeva da est:
Li guidava un giovane saggio barbuto con il dono
di arrestare lo sviluppo dei sogni e donare in cambio
viaggi nel futuro; mi opponevo e volevo che deviassero
il cammino ma già ero invecchiato e grosse vene risaltavano
sui miei polsi mentre rughe dello spessore di una moneta
spandevano sul volto e sul collo. Pregarono di acconsentire
ma preferivo schivare ogni meditazione e ingentilirmi
superbo dentro distese che un tempo appartenevano
a draghi e uomini-mostro. La caparbietà mi traversava
tutto e un pizzico d'orgoglio insaporiva quello che creavo
persino in quel tempo. Mi ero effettivamente abbassato
a quadri di genere, piccole perle campagnole e paesaggi
ciechi: le parole eccessive infastidivano e sembrava l'occasione
buona per raccogliere Dio in un ditale, un alfabeto essenziale,
insomma, leggerissimi accorgimenti sotto forma di indovinello
e possenti verità in guisa di minuscole parabole. Cadevano
a catinelle opportunità nelle notti prima del sopraggiungere
della colonna, poi fu tutto diverso: cominciavo a delirare
e a divorare stramonio, la mia famiglia mi abbandonava
e tutti i festoni di ginepro raggrinzivano. Venivo ad essere preda
del dubbio e dell'incostanza. Fu nella stessa maniera che terminai
confondendo i significati e a mescere in un unico calderone
graffiti e paludamenti, illuminazioni e grezzi abbozzi.
Ora che la mia grotta è sparpagliata sino all'alba
volteggio con i piedi non sempre saldi al soffitto,
e soffio polline attraverso le dita, includendo soldati
e asceti, eruttati dalla pelle d'oca su, al tempo quando
le stelle guarderanno attraverso buchi e noi replicheremo
con saggia bontà: provvisori agglomerati di nubi incipienti,
ospitate tra uomo e donna, con una magia che è abbandono.














 
 
 

# 271

Post n°386 pubblicato il 16 Luglio 2019 da lacey_munro

 










I giorni hanno le gambe lunghe

Il terreno è sgombro,
aria da ovest che intaglia in fondo una
vecchia fabbrica di birra
ma non solleva foglie,
come quando spostava
le primissime illusioni.
Belgio, vicino Namur,
gambe molli,
respiro affannoso,
sollievo e funghi per niente commestibili,
cuffie con qualche musica
che ti entra da un orecchio ed esce dal cervello.

Dove siete, entusiasmi?
Avete abdicato alla noia, o vi siete
adattati a ciò che pare essere un destino comune:
il ciglio di una stradina, uno svuotamento dall'interno,
un'emozione di pietra?
Stanco come un pedone abbandonato
tocco la felpa per affermarmi,
ma è assurdo: sotto trovo solo vuoto,
scarpe e calzini contengono abitudine,
il cappuccio cela occhi nudi.
Entro nella mia capsula ogni giorno
e ne esco normale, come Voi.












 
 
 

# 270

Post n°381 pubblicato il 11 Luglio 2019 da lacey_munro

 








KUNO

Primavera? Estate? Autunno? Inverno?
Era Kreuzberg, 1997. In Berlino.
Ed era il 15 agosto. Ferragosto,
compleanno di mia madre...
Kuno parlava prima che uscissimo;
e mi parlava di sua nonna Sybille
che era originaria di Cottbus
nel Brandeburgo,
ma aveva deciso di abitare nei dintorni
di Sielow zona agreste,
per amore del nonno, Helmut
che faceva ancora il contadino
frantumandosi le ossa
e stirandosi spesso i muscoli.

Sybille... Che nome magnifico!
Avevo bofonchiato, ma non invidioso,
perché mia nonna si chiamava Vittoria.
Che è anche meglio.

Soli, lo osservavo con questa sua strana
mania di accendere una candela semplicissima,
una vecchia candela di sego che recuperava
chissà dove. E allumava prima che uscissimo
per qualche club alle 11 di notte...
Abitudinariamente il Tresor,
oppure il Matrix, che non so
se esista ancora.
Per lui era una sorta di rituale, incunearsi
fra buio e luce, prima delle stroboscopiche
o dei flash improvvisi da ecstasy.
Penso che avesse a che fare
con il suo contatto
con la terra, quella che si sbriciola
fra le mani
da millenni a questa parte.
Così differente dalla Città dove non si dorme mai.

Lo ascoltavo mentre prendevo vodka,
qualche valium, e appena una striscia di cocaina
(allora girava così, capirete avevo 23 anni)
ma non ero particolarmente rintronato.
Tutt'altro.
Kreuzberg, fuori, già urlava di scendere
ma noi la prendevamo larga:
in un certo, strano senso quella notte
non avevamo fretta, e Kuno spiegava
come i suoi antenati spingevano l'aratro
attaccato ai buoi da millenni,
per linea paterna.

Che angelo! L'oscurità mentre scendeva alla finestra
spalancata, e ci addormentava curiosamente,
malgrado le sostanze dovessero
sostenerci,
e allungarci la vita fino alle sei
del mattino seguente...
Lui mescolava leggenda e patria rossa,
raccontava delle battaglie degli operai a Moabit,
come suo zio Siegfried che era morto,
causa manganellata d'ordinanza
di uno sbirro proprio sull'osso occipitale,
mentre tirava bolognini per il pane.

Era la Germania senza firma e senza memoria,
la Berlino delle autodidatte
che si leggevano Flaubert,
e studiavano i viottoli per sfuggire ai dragoni
quando caricavano di sciabola.
Berlino delle migliaia di bettole, e dei canali;
Berlino della mia Sprea:
che scorre ancora nelle vene di un tempo
remotissimo.

Kuno adesso è morto. A 47 anni.
In autostrada (un gomitolo impazzito fuori Norimberga)
si era imbattuto in un'utilitaria
in panne nel momento
e nel posto sbagliato:
si è accostato e fermato sul limitare
per dare una mano,
e stava seguendo tutte le procedure
di emergenza
quando un autoarticolato scomposto
lo ha travolto,
e sbriciolato.

L'avevo saputo dopo una settimana
dalla fine,
perché nessuno trovava
il coraggio di girarmi il lutto.
Però al termine è piombato,
come una cappa di piombo fuso,
come una caligine di morbo incurabile.

Fumo una sigaretta, adesso che sono
le tre di notte, alla mia finestra al pianoterra
di Trento.
Non ne fumo più di due, massimo tre
in tutto l'arco del dipanarsi del ciclo
quotidiano,
noiosissimo e inconcludente.
Fumo una lucky strike.
E ha esattamente 22 anni.

So benissimo che non è così, ma Kuno
fumava sempre quelle:
le migliori diceva, sapendo
che sono tutte uguali.
Ma tutti uguali non siamo noi uomini
e donne,
no, davvero:
c'è chi lascia il solco, come dietro
un aratro,
è c'è chi inizia a seminare
per il raccolto (quando sarà il momento).

C'è chi piange senza che nessuno
se ne accorga,
e continua a piangere
anche quando sa che spargere il prodotto,
della fecondazione del fiore con il polline,
darà buoni frutti.

C'è chi espira fumo nel buio, con una
candela di sego accesa,
recuperata chissà dove
a fargli da sfondo.
Più chiara del sole,
e incantevole come Kreuzberg
che non dormirà, mai.
 Nemmeno per sempre.





















"Forse è così. Un piede. Una mano. o un'idea.
Qualcosa scivola. Si sposta. Ti ritrovi in un altro mondo.
Non stavi nemmeno guardando. è arrivato, e basta.
è apparso. Come un cervo all'imbrunire. Improvviso.
Immobile. Un orecchio che ha uno spasmo. L'altro orecchio.
Non sei solo. Non lo vedi nemmeno. Ma lui ti vede.
Forse è proprio così." (Sam Shepard - Quello Di Dentro, pag. 115)



















Per KUNO HOSTETTLER
(Berlino, 1972 - Svincolo Autostradale Nuremberg west, 2019)

 
 
 

# 269

Post n°380 pubblicato il 06 Luglio 2019 da lacey_munro

 










Battezzami, di nuovo

Le notti tormentate
sono
un semplice preludio,
a quello che chiamano
orizzonte.
Senza sapere, sprovveduti,
che il cielo si pronuncia:
"Arcobaleno del mio Amore."


















My love will turn you on
 
 
 

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