Creato da bluaquilegia il 06/01/2014

la sete verde

"Avete 'n vo' li fior' e la verdura | e ciò che luce od è bello a vedere; | risplende più che sol vostra figura: | chi vo' non vede, ma' non po' valere." Guido Cavalcanti

 

 

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sotto il peso della luce di stella

Post n°166 pubblicato il 28 Novembre 2016 da bluaquilegia






 

 

 

 

 

MARK STRAND, L'IMPERO DEL CASO



Ha il suolo arido e si estende tanto che lo sguardo ne scorge
solo frammenti; delle sue città si diceva splendessero,
ma sono di solito nascoste e appaiono, improvvise,
e per caso, dietro un dosso.
Abito vicino alle montagne in una valle
brulla disseminata di massi sferici e rossi.
Coltivo un campo che s'affievolisce e scompare,
poi curva all'indietro a salutarmi
. E dopo il lavoro
spesso mi siedo nell'aria smeraldo della sera,
le gambe ben stese in avanti,
il collo del giaccone ben rialzato,
la sedia di vimini reclinata,
e provo a immaginare che fanno lassù
sulle colline di cristallo, così fredde, così colme
dell'assenza di tutto ciò che abbiamo qui.
Il rumore dei treni distanti, i loro protratti
monotoni sibili, planano sui passi ghiacciati.
E nel buio, sotto il peso della luce di stella,
sogno di essere altrove: sento il mare respirare
sulla costa e il puro vento
farsi strada tra macchie di pini stenti
e strati d'aria fosca. E mentre mi sforzo
di tenere vicina la veduta,
il giardinetto sul retro della casa
spande la sua fragrante carne illuminata dalla luna.
Quando arriva l'alba,
la pianura nuda oltre il mio prato
si fa rosagrigio, la faccia frusta della luna
è butterata a cieca, e sparse le nubi trascinano
falde di pioggia.
E nell'incrollabile vampa
di sole che si incurva
ad avvolgermi, tutto vortica
via, fuori dal mio raggio, come se l'essere qui
fosse uno sbaglio. Così il giorno comincia.
Il gran lago a occidente fa salire un muro di caligine,
le montagne a sud e a est un fregio
di vette innevate, e gli ariosi spazi
del nord un ammasso di freddo.
Malgrado gli antichi confini, l'impero è informe.
Lavoro il mio campo sotto li stridi dei gabbiani
e lo sguardo profondo del cielo. Lavoro me stesso
finché non sopporto più il mio lavoro.
E' la dura verità di quel che faccio.

La mia ombra rabbrividisce nell'aria del mattino.

 

versi da: L'uomo che cammina un passo avanti al buio, pag. 209 

 

 

 

 

 

GLENN GLOULD, SU J.S. BACH

 








fuck note

potrei forse fare scambio d'occhi.
se qualcuno volesse un paio d'occhi
"spesso" o meglio: "sempre" 
preoccupati,
li offrirei volentieri, 
accetterei un cambio con altro 
modo di vedere.

 

 

 

 
 
 
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