FABIO PUSTERLA
LIBELLULA
I
Come perdutamente taciturno
l'occhio verde così verde del piccolo lago,
d'un verde tanto improbabile, chiaro
di sabbie e folti canneti (e l'acqua
nel fermo immagine tace, si raggela
in superficie attonita o stranita,
chissà), dove si annullano grida
e rumori distanti di traffico,
arrochiti, Bene bene,
qui tutto è perfetto, finalmente, tutto
precisamente riassumibile e in pace:
le case sopra i colli, i luminosi deserti villaggi,
gli orti e i gradini elettricamente isolati,
ogni cosa ha il suo avverbio preciso che delimita
la portata dell'azione, il delicato
definitivo ringhio del silenzio. Quelli
che qui camminano sanno
da sempre qual è la giusta direzione: cavalli,
biciclette, tutine da jogging,
yuk yuk, mumble mumble. L'armonia
del senso, nella saggia
rinuncia all'incertezza dei venti
che scompigliano le praterie?
O pensi sia una questione d'età,
l'epoca della storia o della vita? Questo pensi?
Tappe del progresso, esitazione del mondo,
rappezzi o rammendi del cielo?
Questo pensano gli ameni viandanti che sorridono
e si scansano appena se intercettano
il dubbio d'un'occhiata che sta in bilico
sopra un gorghetto che è meglio non guardare?
E tu, tu cosa vuoi per finire? Con il tuo sonno
arretrato, la stanchezza del sangue, e quel modo
di non desiderare più nulla
o quasi nulla? Cosa sai ancora chiedere
ai giorni, e in che giorni
di quale purgatorio ti incammini
controvoglia, a testa china e questa volta
a passi lenti e in fondo in fondo rassegnato
a non scoprire altre terre se non questa
labirintite prealpina? Poi:
dica con precisione il soggetto
da quanti decenni ore minuti secondi
vaga senza meta precisa e senza
sapere perché; dica se crede
onestamente che sia la cosa logica
o anche solo lontanamente scusabile. Dica
fin dove e se davvero
non riconosce in sé coscienza d'errore,
inanità di sforzi a ben vedere ridicoli.
Ponga il capo alla fine
mitemente sul ceppo e nessuna
lama cadrà, stia certo. Riconosca, riconosca,
sorrida.
versi tratti da Argéman, Marcos y Marcos Editore, pagine 198 e 199
GEHARD DEMETZ
GALLERIA PORTATILE
hardfucknota con un paio di maiuscole
Al centro dei versi si annida,
s'incista la lista delle domande
del poeta.
non stupiscono le riflessioni,
sempre le stesse, sui limiti,
sui paletti, sui confini che
affliggono,
che nessuno e nulla paiono aver posto
consapevolmente,
con un minimo di cognizione,
e scienza.
sono in bilico tra la caduta e
lo schianto.
posso scegliere come rompermi.
nemmeno mi sconforto quando
percepisco di non riuscire a
spiegarti oppure di spiegarti
altro, di cui nemmeno m'importa,
di cui neppure so.
mi soccorro all'incirca, irridendomi,
ma l'auto ironia non cura tutto.
non più.
Al centro della vita
i quesiti si replicano e replicano
infinitamente diversi e costanti.
Inviato da: bluaquilegia
il 17/10/2024 alle 19:09
Inviato da: cassetta2
il 17/10/2024 alle 17:26
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il 17/10/2024 alle 11:22
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il 16/10/2024 alle 19:33
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