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I pensieri di una vendicatrice angelica

 

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Per distinguersi da coloro che ogni giorno, e spesso a malo titolo, non perdono occasione per ostentare intellighenza, kultura, preparazione, capacità, sentendosi custodi della superiorità morale e detentori della verità rivelata, questo blog è fiero di fregiarsi del titolo di "Blog antropologicamente inferiore".

 
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Risoluzione del Consiglio di Europa  n.1481 del 25 gennaio 2006 -

Condanna dei crimini dei regimi totalitari comunisti.

1. L'Assemblea parlamentare fa riferimento alla sua Risoluzione 1096 (1996) sulle misure per smantellare l'eredità dei sistemi totalitari comunisti.

2. I regimi totalitari comunisti che governarono nell'Europa Centrale ed Orientale nel secolo passato, e che sono tuttora al potere in molti Paesi del mondo, sono stati, senza ccezioni, caratterizzati da massicce violazioni dei diritti umani. Le violazioni hanno differito in funzione della cultura, del Paese e del periodo storico e hanno incluso assassini ed esecuzioni individuali e collettive, morti in campi di concentramento, fame, deportazioni, torture, lavoro in schiavitù e altre forme di terrore fisico di massa, persecuzioni su base religosa o etnica, violazioni della libertà di coscienza, pensiero e parola, della libertà di stampa, e mancanza del pluralismo politico.

3. I crimini sono stati giustificati in nome della teoria della lotta di classe e del principio della dittatura del proletariato. L'interpetazione di entrambi i principi hanno legittimato la "eliminazione" di popoli considerati nocivi alla costruzione di una nuova società e, come tali, nemici dei regimi totalitari comunisti. Un vasto numero di vittime in ogni Paese coinvolto furono propri connazionali. Fu il caso particolarmente dei popoli dell'ex URSS che di gran lunga superarono altri popoli in termini di numero di vittime.

4. L'Assemblea riconosce che, nonostante i crimini dei regimi totalitari comunisti, alcuni partiti comunisti europei hanno contribuito a conseguire la democrazia.

5. La caduta dei regimi totalitari comunisti nell'Europa Centrale ed Orientale non è stata seguita in tutti i casi da una inchiesta internazionale sui crimini da loro commessi. Inoltre, gli autori di questi crimini non sono stati portati in giudizio dalla comunità internazionale, come fu il caso dei crimini orribili commessi dal nazionalsocialismo.

6. Conseguentemente, la coscienza pubblica dei crimini commessi dai regimi totalitari comunisti è molto povera. I partiti comunisti sono legali e attivi in vari Paesi, anche se in molti casi non si sono distanziati dai crimini commessi nel passato dai regimi totalitari comunisti.

7. L'Assemblea è convinta che la coscienza della storia sia una delle precondizioni per evitare simili crimini nel futuro. Inoltre, la denuncia e la condanna morale dei crimini commessi svolge un importante ruolo nell'educazione delle giovani generazioni. la chiara posizione della comunità internazionale sul passato può essere un riferimento per le sue azioni future.

 

8. Inoltre, l'Assemblea ritiene che quelle vittime dei crimini commessi dai regimi totalitari comunisti che sono ancora vive e le loro famiglie, meritino simpatia, comprensione e riconoscenza per le loro sofferenze.

9. I regimi totalitari comunisti sono tuttora attivi in vari Paesi del mondo ed i crimini continuano ad essere commessi. La percezione dell'interesse nazionale non dovrebbe prevenire i Paesi da una adeguata critica agli attuali regimi totalitari comunisti. L'Assemblea condanna con forza tutte quelle violazioni dei diritti umani.

10. I dibattiti e le condanne che hanno avuto luogo da tempo a livello nazionale in vari stati membri del Consiglio d'Europa non possono dispensare la comunità internazionale da prendere una chiara posizione sui crimini commessi dai regimi totalitari comunisti. C'è un obbligo morale a farlo senza ogni ulteriore ritardo.

11. Il Consiglio d'Europa è nella posizione per tale dibattito a livello internazionale. Tutti i Paesi europei ex comunisti, con l'eccezione della Bielorussia, sono oggi suoi membri e la protezione dei diritti umani e lo stato di diritto sono i valori fondamentali su cui si basano.

12. Inoltre, l'Assemblea parlamentare condanna con forza le massicce violazioni dei diritti umani commesse dai regimi totalitari comunisti ed esprime simpatia, comprensione e riconoscenza alle vittime di tali crimini.

13. Inoltre, richiama tutti i partiti comunisti o post-comunisti nei suoi Stati membri che non lo hanno già fatto di valutare di nuovo la storia del comunismo e del proprio passato, di prendere chiaramente le distanze dai crimini commessi dai regimi totalitari comunisti e di condannarli senza alcuna ambiguità.

14. L'Assemblea ritiene che questa chiara posizione della comunità internazionale aprirà la via alla riconciliazione. Inoltre, incoraggerà con fiducia gli storici di tutto il mondo a continuare le loro ricerche finalizzate a determinare ed a verificare oggettivamente quanto avvenuto.

 

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Post N° 205

Post n°205 pubblicato il 27 Febbraio 2007 da Dike_vendicatrice
Foto di Dike_vendicatrice

SREBRENICA, GENOCIDIO SENZA MANDANTI.





Ieri la Corte dell’ Aja, il più alto tribunale dell’Onu, ha sancito che il massacro dei musulmani bosniaci perpetrato nel 1995 a Srebrenica, una enclave musulmana in zona serba, ha i requisiti per essere considerato un “genocidio” e tuttavia ha esonerato Belgrado dalla responsabilità diretta per genocidio, pur sottolineando che” la Serbia non usò tutta la sua influenza sui serbo-.bosniaci per impedire il massacro” 

Era stata la Bosnia a rivolgersi alla Corte internazionale di Giustizia, per chiedere che la stessa stabilisse se la Serbia, durante la guerra 1992-1995, avesse commesso un genocidio, ai sensi della Convenzione Onu del 1948, che considera il genocidio come un crimine.

La Bosnia, precisamente, accusò il regime di Belgrado di “uccisioni, saccheggi, violenze, torture, sequestri, detenzione illegale e sterminio” di cittadini non serbi della Bosnia. La Bosnia si rivolse al Tribunale internazionale prima ancora che venisse perpetrato l’eccidio di Srebrenica. Per tale motivo il tribunale dell’Aja ampliò il periodo preso in esame per verificare le accuse di genocidio, in modo da ricomprendere anche quell’orrendo massacro.

Nel maggio scorso la Serbia aveva chiesto alla Corte dell’Aja di respingere la causa intentata dalla Bosnia, per evitare che venisse applicata nei propri confronti, per la prima volta nella storia, la Convenzione del 1948 sul genocidio; ma la Corte giudicò legittima la denuncia presentata dalle autorità di Sarajevo.

Era l’11 luglio del 1995 quando le truppe della Repubblica Serba di Bosnia entrarono nella città di Srebrenica, che alcuni mesi prima era stata dichiarata Area Protetta dall'Onu. I Caschi Blu non mossero un dito, perchè il mandato loro conferito non glielo permetteva e perchè non avevano equipaggiamenti adeguati. Pertanto lasciarono passare le milizie del generale Ratko Mladic, le quali fecero sfollare 40 mila civili che si erano rifugiati nel paese. I maschi furono divisi dalle donne e dai bambini e vennero sistematicamente trucidati. Di 8000 di loro non si è più saputo nulla. Solo qualche anno dopo sono state scoperte numerose fosse comuni nei boschi della zona, che non hanno però ancora restituito tutti i corpi dei giustiziati.

Sono passati 12 anni da quell’orrendo massacro, avvenuto nel luglio 1995, nel quale ottomila civili furono sterminati dall’esercito serbo-bosniaco alleato di Belgrado.

E la Corte dell’Aja ha oggi emesso il suo verdetto,arrivando alla conclusione che: "gli atti commessi a Srebrenica rientrano nelle norme della Convenzione sul genocidio".

Secondo la Bosnia, il presidente serbo di allora, Slobodan Milosevic, aveva armato le truppe serbo bosniache, oltre ad averle anche finanziate, perché queste ponessero in atto una operazione di pulizia etnica che eliminasse i musulmani dal suo progetto di realizzazione di una "grande Serbia".

Eppure la sentenza della Corte dell’Aja riconosce il genocidio di Srebrenica, ma esclude la responsabilità diretta di Belgrado, pur ammettendo che gli allora dirigenti politici "avrebbero dovuto fare tutti gli sforzi in loro potere per cercare di prevenire i tragici eventi che poi si sono verificati".

Una sentenza che sembra una vera e propria arrampicata sugli specchi, perché dichiara che il governo e le autorità serbe erano al corrente di quanto accadeva, non fecero nulla per impedirlo, ma non hanno tuttavia responsabilità dirette.

Chi sa e tace di fronte a un delitto non è forse complice quanto il suo autore materiale?

Non sporcarsi le mani in una operazione di pulizia etnica, ma farla fare ad altri (e le milizie della Repubblica serba di Bosnia agivano agli ordini del presidente Radovan Karadzic e del generale Ratko Mladic), fa davvero così tanta differenza?

La condanna del Nazismo di fronte alla storia è stata un esempio per tutti gli uomini -e specie per i Tedeschi, che grazie ad essa hanno saputo riscattarsi- di ferma e decisa condanna di ogni principio di superiorità della razza, e se anche non ha impedito successivi rigurgiti di tale ideologia, li ha tuttavia relegati e li relega ad episodi isolati e riprovati dagli uomini di buon senso.

Invece, quel che fu il peggior massacro dalla seconda guerra mondiale, ossia la pulizia etnica attuata a Srebrenica, resta pertanto come un una strage senza mandanti, di cui i macellai restano ad oggi ben nascosti e protetti. E magari un giorno arriverà qualche negazionista a farci credere che Srebrenica fu solo un suicidio collettivo.

Su Srebrenica vi sono anche altre ombre inquietanti e nessuno lo può negare: migliaia di persone cercarono protezione internazionale ed ottennero solo tradimento, perchè l'Onu non aveva nè l'autorizzazione nè i mezzi per intervenire in difesa di civili inermi.  Si poteva fare un attacco aereo sopra la città, per difenderla, ma l’Onu non vi consentì, perché i soldati serbi minacciarono il massacro dei soldati Onu olandesi che si trovavano in zona.

E il massacro di Srebrenica si consumò sotto gli occhi impotenti delle Forze Onu, mentre il mondo voltava gli occhi dall’altra parte.

Il Palazzo di Vetro, che accoglie sotto la sua egida democrazie e regimi dispostici, dimostrò in quell’occasione, come in molte altre, tutta la sua fragilità, una fragilità che potremmo anche vedere (speriamo non sia così) nello scenario libanese.

 
 
 
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Data di creazione: 23/05/2006
 
 
 

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UN GRIDO DI LIBERTà

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"Signor Presidente,

lei si vanta di aver dato al nostro paese una libertà della quale non ha mai goduto, mentre l'unica libertà che ancora non ci è stata tolta è quella di respirare e camminare, per il resto non abbiamo mai vissuto in una situazione peggiore per quanto concerne le libertà individuali e collettive.

Probabilmente non condividiamo il significato della parola libertà.

In una società libera gli studenti non sono cacciati dalle università in quanto dissidenti, non sono pestati regolarmente dai suoi sostenitori perché contrari al suo governo, non si vedono negare il diritto a organizzarsi in associazioni o a pubblicare riviste.

Lei ci ha accusato di essere agenti di potenze straniere, se riuscirà a dimostrare questa sua accusa ci autoimpiccheremo per aver tradito il nostro paese.

Quelle grida che lei ha ascoltato lunedì,non erano voci individuali, era la voce di un popolo che chiede libertà, democrazia e giustizia.

Impari ad ascoltarla."

(Lettera degli studenti dell'Università di Teheran al Presidente Ahamdinejad)

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