Per avere un parto naturale…

La nascita è un miracolo. Che avviene tra la madre e il suo bambino.

Per questo il parto naturale…

…per essere tale deve essere indisturbato.

Mi sono sempre chiesta perché spesso sentivo raccontare di donne che non si erano dilatate durante il travaglio e quindi il loro parto era finito in un taglio cesareo per salvare il bambino.

Col tempo mi sono informata, ho letto libri (La gioia del parto di Ina May Gaskin, L’agricoltore e il ginecologo di Michel Odent, Venire al mondo dare alla luce di “Verena Schmid), ho cercato informazioni tra ostetriche e ginecologi, ho cercato tutte le raccomandazioni possibili delle fonti autorevoli (Ministero della salute, Organizzazione Mondiale della Sanità ecc), per capire come funziona davvero la fisiologia di un parto.

E sono arrivata a diverse conclusioni.

Intanto esistono delle linee guida che non tutti gli ospedali purtroppo seguono pedestremente, interferendo con estrema medicalizzazione sulla donna in travaglio e compromettendo quindi il parto naturale.

Le linee guida dell’OMS prevedono i seguenti 22 punti per travaglio e parto:

1 Pianificare dove e chi sarà presente alla nascita, insieme alla donna durante la gravidanza, questo piano va fatto conoscere al marito / compagno e, se del caso, alla famiglia.

Questo perché la donna che si sente a suo agio, con le persone che le danno maggior sicurezza, con cui può lasciarsi andare ai vocalizzi ed alle posizioni che preferisce, ha la possibilità di rilassarsi maggiormente e favorire la dilatazione.

2 Effettuare una valutazione del rischio della gravidanza durante l’assistenza prenatale, da rivalutare ad ogni contatto con il sistema sanitario e durante il travaglio.

3 Monitorare il benessere fisico ed emotivo della donna durante il travaglio, il parto, e al termine del processo di nascita.

4 Dare da bere durante il travaglio e il parto.

Sempre perché se la donna sente la necessità di bere o mangiare deve essere assecondata per agevolare la sue esigenze fisiche di idratazione e di nutrimento per avere forza e benessere psicologico.

5 Rispettare la scelta informata del luogo di nascita.

Se la donna scegliesse di partorire a casa non deve essere ostacolata in caso di gravidanza fisiologica, in quanto dimostra semplicemente la propria necessità di restare in un ambiente famigliare, lontana da occhi indiscreti, in cui potersi abbandonare e sentire a proprio agio.

 6 Fornire assistenza durante il travaglio e il parto restando però in disparte ma sempre mantenendo al sicuro e rassicurando la donna.

Se il parto avviene in ospedale è indispensabile garantire quasi le stesse condizioni di un parto in casa, prestando attenzione e assistenza con la massima discrezione, lasciando accanto a lei solo il marito/compagno o la persona di fiducia da lei scelta.

7 Rispettare il diritto delle donne alla vita privata nel luogo del parto.

La donna deve essere libera di esprimersi e di abbandonarsi al dolore come preferisce, senza interferenze e senza costrizioni.

8 Supportare con empatia durante il travaglio e il parto.

La donna deve essere altresì incentivata a lasciarsi andare, supportata, elogiata per il grande lavoro che sta facendo.

9 Rispettare la scelta delle donne e dei compagni durante il travaglio e il parto.

Se ci fossero richieste particolari di musica, luci soffuse e maggiore silenzio devono essere accolte.

10 Dare alle donne tutte le informazioni e spiegazioni che desiderano.

Ogni domanda è lecita e come tale devono essere date tutte le risposte del caso, con semplicità e senza terrorismi psicologici.

11 Operare dei metodi non invasivi e non farmacologici per dare sollievo dal dolore durante il travaglio, come massaggi e tecniche di rilassamento.

Gli impacchi di sale caldo, i massaggi a livello lombare o alle gambe possono dare grande sollievo.

12 Monitorare il feto con auscultazione intermittente.

Poiché l’auscultazione continua a volte, per via dei movimenti materni e fetali, potrebbe registrare sofferenze fetali che in realtà non sono tali (e lo dimostra l’apgar alla nascita), concludendo il parto con un taglio cesareo non necessario.

13 Usare solo materiali monouso e un’adeguata decontaminazione dei materiali riutilizzabili durante il travaglio e il parto.

14 Utilizzare i guanti durante l’esame vaginale, durante la consegna del bambino e nella gestione della placenta.

15 Lasciare piena libertà di posizione e di movimento durante il travaglio.

Poiché anche in natura gli animali decidono come affrontare il loro travaglio, anche tra gli uomini deve essere concesso alla donna di scegliere la posizione ed i movimenti che la fanno sentire più comoda ed in grado di sopportare meglio le contrazioni.

16 Promuovere la posizione non supina in travaglio.

La posizione supina impedisce alla forza di gravità di dare una grossa mano alla discesa del bambino e rallenta o addirittura blocca il travaglio, soprattutto in fase espulsiva.

17 Monitorare lo stato di avanzamento del travaglio.

18 Effettuare una profilassi con ossitocina nel terzo stadio del travaglio nelle donne con un rischio di emorragia post-partum, o che si verifichi una piccola quantità di perdita di sangue.

19 Garantire la sterilità durante il taglio del cordone.

20 Prevenire l’ipotermia del neonato.

Il bambino alla nascita deve essere coperto con panni caldi fino alla testa, dalla quale disperde molto calore.

21 Garantire il precoce contatto pelle a pelle tra madre e figlio e sostenere l’avvio dell’allattamento al seno entro 1 ora dopo il parto in conformità con le linee guida dell’OMS sull’allattamento.

Il neonato lasciato succhiare al seno il prima possibile, ha modo di prendere sin da subito il colostro necessario per espellere il meconio e di iniziare a stimolare i capezzoli per incentivare l’arrivo della montata lattea.

22 Esaminare la placenta e le membrane.

Affinchè si possa avere la certezza che tutte le raccomandazioni OMS vengano rispettate e incentivate dall’ospedale scelto per partorire, sarebbe sempre meglio informarsi prima presso la struttura, visitare la sala parto, fare domande specifiche sul monitoraggio, sulle persone di fiducia che possono accompagnare la partoriente e tutto quanto vi sta più a cuore.

Se l’ospedale non corrisponde ai requisiti richiesti, si può scegliere di spostarsi presso un’altra struttura, magari anche a diversi km di distanza, per far sì che mamma e bambino abbiano il loro parto rispettato, o addirittura restare a casa.

In secondo luogo non bisogna pensare che i parti debbano essere tutti uguali, con gli stessi tempi e le stesse dinamiche.

Ogni donna è diversa, ogni donna deve avere la possibilità durante la gravidanza di esternare e chiarire le proprie paure, di sapere come funziona il parto fisicamente e psicologicamente, ogni donna quindi avrà i suoi tempi fisici di dilatazione ed espulsione, per come natura l’ha fatta e le sue necessità di privacy e sostegno morale a seconda del suo carattere.

L’importante sarà sempre trovare il rispetto di queste sue esigenze, interferendo il meno possibile con quello che è il processo fisiologico del travaglio e del periodo espulsivo, che ogni donna a modo suo è fatta per affrontare.

http://www.terranuova.it/News/Genitori-e-figli/Il-parto-indisturbato

 

 

Eco idee per pulire casa

Per le pulizie di casa, io parto principalmente da 2 presupposti:

  1. Per tanto che si cerchi di igienizzare casa rimuovendo fino all’ultimo batterio, appena entriamo in casa con le scarpe, sgoccioliamo con il sacchetto del pattume, apriamo la finestra (soprattutto per chi vive in piena città), tutti i buoni propositi sono andati in fumo;
  2. I bambini non devono vivere sotto una campana di vetro e con questo non intendo che debbano rotolare nel fango e mangiarselo, ma poter stare a terra (in casa e fuori) e mettere le mani in bocca per farsi gli anticorpi.Dopo di che diventa quasi automatico non comprare centomila e uno prodotti igienizzanti, antibatterici, profumati e chi più ne ha più ne metta, che la maggior parte delle volte contengono sostanze nocive per l’uomo e per l’ambiente, oltre a costare non poco.

Ecco semplici, veloci, economici ed ecologici metodi per le pulizie di casa ed elettrodomestici, che ho pian piano iniziato ad utilizzare negli anni:

  • Per lavare i pavimenti all’inizio della mia “carriera da casalinga” mi facevo abbindolare da tutti quei prodotti colorati e profumati alla lavanda, al gelsomino, al pino silvestre, ma nonostante gli acquisti più disparati il pavimento era sempre alonato e appiccicoso, dovevo sciacquare più volte, solo con determinati stracci e sperando nel clima affinchè asciugasse in fretta. Un bel giorno ho scoperto che semplice ACQUA CALDA E ACETO sono formidabili, per pavimenti sgrassati e puliti, senza aloni, senza bisogno di risciacquo e senza inquinare il pianeta;
  • Stesso problema di aloni per i vetri: ho sempre visto mia madre comprare le marche più famose e pubblicizzate di prodotti per cristalli, ma io non sono mai stata capace di farli brillare senza impazzire e nel tempo ho provato e speso molto per avere il detergente più efficace, che efficace come desideravo non era mai. Poi mi è stato suggerito da mia nonna come fare, ed è proprio vero che spesso e volentieri i “rimedi della nonna” sono più preziosi: con un panno morbido spolverare prima il telaio delle imposte e con un secondo panno spolverarne il vetro, procedendo dall’esterno verso l’interno. In uno spruzzatore versare un litro di acqua tiepida e due bicchieri d’aceto. Quindi spruzzare sul vetro e pulire con una spugna, infine asciugare con FOGLI DI CARTA DI GIORNALE appallottolati.
  • Per pulire i sanitari del bagno e i rubinetti utilizzo una spugna in microfibra insaponata del medesimo SAPONE che utilizziamo per lavarci (di Marsiglia, di Aleppo ecc), per sgrassare e pulire ogni macchia.
  • Poi, visto che l’ACETO è anche un ottimo anticalcare, lo diluisco con acqua tiepida in uno spruzzino e faccio brillare tutte le superfici del bagno (rubinetti compresi): anche in cucina, o lasciato per qualche ora nelle bottiglie per l’acqua che fanno quella patina gialla sul fondo, l’aceto lucida e disinfetta. Così come è ideale per pulire il frigorifero e come ammorbidente nella lavatrice. Quest’ultima si può pulire riempiendo il cestello di acqua tiepida, aggiungendo un litro e mezzo di aceto e facendo partire l’elettrodomestico con il giro più lungo.
  • Per la lavastoviglie utilizzo ACETO E BICARBONATO insieme: codesta miscela se lasciata a se stessa per un’ora o più diventa inutile, perché gli elementi tra loro annullano l’efficacia di entrambi i prodotti, ma utilizzata subito mentre “frigge” permette di sgrassare a fondo (io di solito pulisco la lavastoviglie e poi faccio fare un lavaggio veloce a vuoto). Non è da usare su pietre calcaree e marmo, ma per l’ingiallimento delle fughe tra le piastrelle nella doccia o per certe macchie di frutta sui capi è un ottimo prodotto, a costo ridicolo.
  • Per la pulizia del forno ci sono prodotti che contengono molti solventi chimici pericolosi, visto che possono essere inalati sotto forma di vapori o addirittura ingeriti assieme agli alimenti se non rimossi perfettamente dalle superfici, per questo è importante sapere come pulire il forno in maniera naturale.

La pulizia del forno può essere eseguita con 4 ingredienti naturali ed ecologici che sicuramente non mancano mai in casa: bicarbonato di sodio, aceto, limone e sale. Con l’ausilio di questi prodotti – economici, oltre che sicuri per la salute e l’ambiente – è possibile sgrassare a fondo, eliminare i cattivi odori e ridare brillantezza alle superfici senza troppa fatica.

Acqua e sale:

Amalgamate 1/2 litro d’acqua con 250 gr di sale grosso fino a ottenere un composto denso e omogeneo. A questo punto applicatelo con una spugnetta sulle incrostazioni e le macchie di bruciato e lasciate agire per circa 15 minuti. Risciacquate con un panno umido.

Sale e aceto:

Per ottenere un detergente naturale sgrassante ma anche anti-odore potete sostituire l’acqua con l’aceto e miscelare ½ litro di aceto di vino bianco con 250 gr di sale. Quando il sale sarà completamente sciolto, trasferite la miscela in un vaporizzatore e spruzzate a forno tiepido. Fate asciugare e raffreddare il forno. Rimuovete i residui di sale rappreso con una spugna e ultimate la pulizia con un panno morbido.

Bicarbonato e sale:

Per ottenere un efficacissimo detergente naturale per la pulizia del forno è sufficiente una tazza di sale, una di bicarbonato e una di acqua. Stendete l’impasto ottenuto miscelando i tre ingredienti su tutta la superficie del forno e lasciate agire per un’ora. Trascorso questo tempo, potrete rimuovere con un panno tutto il grasso e i residui di cibo senza alcuna fatica. Risciacquate velocemente con un panno umido e il gioco è fatto.

Bicarbonato e aceto:

Dopo aver spruzzato l’aceto di vino bianco nel forno, cospargete le superfici tiepide di bicarbonato di sodio e lasciate agire per mezzora. La reazione chimica innescata farà letteralmente “staccare” e lo sporco che potrete rimuovere con una spugna abrasiva imbevuta in acqua tiepida e bicarbonato.

Acqua e limone:

Se lo sporco è più ostinato che mai, quello che vi serve è un detergente naturale a base di acqua e succo di limone. Mettete in una teglia dai bordi alti il succo di 3 limoni grandi e aggiungete un po’ di acqua. Infornate per circa mezzora a 180° così che l’evaporazione dell’acqua miscelata al limone sgrassi le pareti del forno. A questo punto spegnete il forno, lasciate raffreddare per il tempo necessario e inzuppate un panno nel succo rimasto. Procedete, dunque, con la normale pulizia del forno e completate con un abbondante risciacquo. Se notate qualche residuo di sporco, trattatelo con direttamente con una metà dei limoni spremuti.

Acqua e aceto:

Lo stesso identico procedimento può essere replicato sostituendo il succo di limone con un bicchiere di aceto bianco o di mele. Fate bollire il tegame di acqua e aceto per un quarto d’ora ed estraete la teglia dal forno. Procedete pulendo il forno con un panno imbevuto in una miscela di acqua e 2 cucchiaini di bicarbonato di sodio.

Qui trovate molte altre idee per la pulizia ecologica della casa.

Buone eco-pulizie domestiche!

 

Focaccia dolce di mele con lievito madre

Ecco una variante sfiziosa e dolce della focaccia, ottima per colazione, merenda e feste scolastiche!

Dose per una teglia da 25 cm

  • 200 gr di Farina 0
  • 150 gr di Farina Manitoba
  • 90 gr di Pasta madre rinfrescata
  • 180 gr di Latte intero fresco
  • 40 gr di Tuorlo d’uovo (2 tuorli)
  • 70 gr di Zucchero (io ne metto anche 80/90 di quello grezzo di canna)
  • 10 gr di Miele
  • 1 gr di Sale
  • 35 gr di Burro (o margarina vegetale)

Per la finitura:

  • 2 Mele
  • q.b. di Zucchero semolato
  • q.b. di burro fuso

Nella ciotola della planetaria impastare le farine setacciate, il lievito, il latte, i tuorli, lo zucchero e il miele. Lasciamo andare piano, e lavoriamo fino a quando non avremo una massa omogenea e liscia. Ci vorranno circa quindici minuti. A questo punto unire il burro a pomata e in ultimo il sale.

Far prendere all’impasto una bella incordatura, cioè deve risultare omogeneo, liscio ed elastico. Se impastiamo a mano, l’ordine degli ingredienti da impastare è lo stesso. A questo punto, fare una bella palla, e riporla in una ciotola coperta da pellicola al caldo a lievitare. Deve triplicare, e ci vorranno almeno 8 ore (a casa mia in inverno anche 12).

Imburrare una tortiera da 25 cm di diametro. Ribaltare l’impasto lievitato sul piano di lavoro infarinato, schiacciarlo leggermente, e spostarlo nella tortiera dandogli uno spessore omogeneo, occupando l’intero fondo della teglia. Lasciar recuperare la lievitazione per un’altra ora e mezza circa.

Quindi accendere il forno possibilmente statico impostando la temperatura a 160°C. Tagliare le mele sbucciate, a quadrotti abbastanza grossi di almeno due centimetri di lato. Fondere a microonde o a bagnomaria una noce di burro, e quando non è più molto caldo, spennellare la superficie della focaccia. Farcire con i quadrotti di mela spingendoli a fondo nella massa, e cospargere uniformemente tutta la superficie di zucchero semolato, a piacere (io ne metto abbastanza).

Infornare e cuocere per 30/35 minuti, e comunque fino a doratura. La temperatura così bassa, serve per cercare di far caramellare il meno possibile lo zucchero in superficie. Se sappiamo che il nostro forno riscalda molto, tenere la temperatura anche più bassa. Quando cotto, sfornare, e appena possibile sformarlo dalla tortiera per farlo raffreddare su di una gratella.

Buon appetito!

facilità 1

velocità 2

nb: io l’ho fatta più volte, non è mai durata fino all’indomani!

Piccoli trucchi per non sprecare il cibo

A 22 anni sono andata a vivere con il mio compagno e attuale marito e con tutte le spese che ci siamo ritrovati a sostenere, ho dovuto imparare a essere formichina più di quanto già non fossi per natura.

Nel tempo ho capito e imparato molti trucchi per non buttare gli avanzi del frigorifero, di una cena e molto altro, non solo per evitare sprechi di denaro, ma anche perché la cucina degli avanzi è prima di tutto etica.

Ecco alcuni esempi:

  • Prima di tutto è sempre meglio guardare la data di scadenza di un prodotto prima di acquistarlo, perché è probabile che sugli scaffali dei supermercati vengano esposti a portata di mano gli articoli che hanno una scadenza breve, mentre di solito quelli con scadenza più in là nel tempo sono dietro;
  • Gli yogurt ho scoperto che riportano una data di scadenza che non è mai del tutto veritiera: prima di buttarli, apriteli, io ne ho sempre mangiati anche quando sembravano scaduti da 2 settimane, eppure erano buonissimi (e diversamente si inizierebbe a vedere della muffa sullo strato superiore), al limite hanno meno fermenti; se non vi fidate potete sempre utilizzarli per una torta;
  • Mozzarelle, mascarpone e formaggi vari che iniziano ad ammuffire o inacidire si possono tranquillamente mettere sulla pizza, sciogliere per un sugo della pasta o di un risotto, o per ottimi sformati;
  • Il pane secco, i crakers rotti o avanzati da una merenda si possono frullare e diventare pan grattato per ricette future;
  • Il pane non del tutto raffermo diventa di nuovo buonissimo se tagliato a fette e messo qualche minuto per parte sulla piastra o nel tostapane… ottimo poi per una bruschetta estiva o per accompagnare minestre di verdure, legumi e cereali!
  • Le briciole miste dei vari biscotti infilati nel tempo nella biscottiera possono essere uniti a burro e zucchero e diventare una sfiziosa base di pasta frolla per crostate o cheese cake;
  • Il cioccolato dura anche 2 anni, basta metterlo in frigo in estate affinchè non si sciolga e se perde gusto si può usarlo per fare i dolci;
  • Carne o pesce della sera precedente, se non si ha voglia di mangiarli riscaldati, si possono frullare insieme a parmigiano, pan-grattato, un uovo e spezie varie e diventano ottime polpette da fare al forno, o fritte;
  • Il sugo dell’arrosto, da solo o unito magari a qualche fungo e a della panna da cucina, diventa un ottimo sugo per la pasta;
  • La polenta avanzata, che si indurisce, si può fare alla “pizzaiola” (le mie bimbe l’adorano): si taglia a tocchetti, si mette in una pentola antiaderente con un po’ d’olio extravergine, mozzarella, passata di pomodoro ed origano, salando a piacere, si fa asciugare l’umidità del pomodoro e quando la mozzarella fila il piatto è pronto;
  • Il risotto del giorno prima si può unire a uova e parmigiano e agli ingredienti che preferite (io ad esempio uso molto curry e rosmarino) e diventare polpette, anche simili ad arancini se si farciscono con del formaggio filante;
  • Le verdure avanzate, unite alle uova (e volendo panna o formaggio) diventano delle buonissime frittate, anche al forno;
  • Se le verdure che ci sono in frigorifero sono un paio per tipo si può fare una “verdurata” (tipo peperonata con una buona base di soffritto di scalogno, aglio, spezie), oppure un bel minestrone o passato;
  • Con patate lesse o purè avanzati si possono inventare polpette, gnocchi, o sugo per pizzoccheri (insieme a verdure e formaggio);
  • I residui di frutta e verdura dell’estrattore si possono utilizzare per ottime torte o muffin, oppure si possono mettere nello yogurt per la colazione;
  • Se qualcuno vi passa frutta e verdura dell’orto e non riuscite a consumarla tutta prima che marcisca, potete inventare sughi e marmellate, antipasti ortolani e così via, da mettere sotto vuoto o nel congelatore e che andrete ad utilizzare tutto l’anno o che potrete regalare a Natale con un bel fiocco;
  • Legumi di vario tipo, se avanzati, si possono frullare con spezie e semi e diventare ottime creme spalmabili o da mangiare calde con un filo d’olio extravergine e crostini o polpette;
  • Se a fine estate avete sul balcone delle piantine di rosmarino, salvia, timo che andrebbero a morire nell’inverno, prendete tutti i rametti e foglie possibili, sciacquateli, fateli asciugare e seccare un po’ su uno strofinaccio, unite sale grosso e tritate finemente: avrete un ottimo condimento per carne, pesce, risotti e quel che più vi verrà in mente.

Spero di aver dato buoni spunti… si accettano ulteriori suggerimenti!

Perchè portare e con quali supporti

Partiamo dalla fisiologia e biologia del portare e dei suoi benefici.

In natura, parlando di mammiferi, ci sono diversi tipi di cuccioli (direttamente da http://www.portareipiccoli.it/bio_concetto.html) :

I cuccioli nidiacei, per esempio i gatti, topi, nascono dopo un breve periodo di gestazione e spesso in grande numero fortemente immaturi. Nudi, sordi e con gli occhi chiusi assomigliano alla nascita poco ai propri genitori. Inoltre sono molto immaturi dal punto di vista motorio; infatti la madre li nasconde in un nido dove rimangono finche’ sono pronti a lasciarlo. Dopo pochi giorni, mentre la madre è in cerca di cibo, rimangono per molte ore soli e tranquilli.

Dopo una lunga gestazione, i cuccioli nidifughi, come per esempio il cavallo, la pecora, invece, dopo poche ore dalla nascita sono fisicamente maturi, sanno camminare e seguire la madre e la gregge dappertutto.

Dal punto di vista evolutivo i nidifughi trascorrono il periodo da nidiaceo in utero, dove hanno gli occhi chiusi e sono senza pelliccia. Ma ancora prima della nascita maturano completamente.

Ma queste due tipologie non bastano per definire tutti i mammiferi. I koala e certe scimmie per esempio non possono muoversi da soli alla loro nascita, ma non sono neanche immaturi come i nidiacei: alla nascita assomigliano già molto ai loro genitori e tengono gli occhi aperti. Questi cuccioli vengono portati dalla loro madre per la maggior parte del tempo che non sanno ancora muoversi in modo autonomo.

Così nel 1970, fu introdotto dal biologo comportamentale Bernhard Hassenstein la definizione del PORTATO, per definire i cuccioli mammiferi che vengono portati dai loro genitori vicino al proprio corpo. Si distinguono oggi il portato passivo e il portato attivo.

Il portato passivo si lascia portare dalla madre senza dare un suo contributo. I marsupiali, come il canguro, sono portati passivi. I loro piedi e mani non sono predisposti per tenersi aggrappati al corpo della madre; infatti sono portati dentro una tasca.

I portati attivi invece si tengono attivamente sul corpo della madre. I loro piedi e mani sono fatti per aggrapparsi alla pelliccia della madre anche per molte ore al giorno. Di questa categoria fanno parte molti primati, i koala, gli opossum e altri grandi scalatori d’alberi.

E il cucciolo dell’uomo?

Il cucciolo umano si inserisce, secondo B.Hassenstein, E.Kirkilionis und W.Schiefenhoevel nella categoria dei PORTATI (Traglinge) .

Questa definizione può sorprendere, ma la serie di riflessi “primordiali” di cui il neonato umano dispone alla nascita e che si perdono di solito nei primi mesi di vita, rende quest’affermazione non solo comprensibile a tutti, ma addirittura logica. I riflessi per aggrapparsi, si presume, erano importanti nei tempi antichi, dove perdere il contatto con il corpo della madre significava pericolo imminente di morte. Il neonato umano era soltanto fisicamente sicuro vicino al corpo di sua madre. Ancora oggi il cucciolo dell’uomo, quando si sente abbandonato, si fa notare con tutte le sue energie piangendo per richiamare l’attenzione della madre. Il contatto corporeo con il genitore è di fondamentale importanza perchè garantisce, dal punto di vista biologico comportamentale, la sopravvivenza del piccolo.

In conclusione i biologi affermano, che le specifiche caratteristiche del portato, i riflessi innati per aggrapparsi, le particolarità anatomiche e il grande bisogno dei neonati e lattanti di contatto corporeo siano indizi univoci che l’essere umano, dal punto di vista biologico e storico evolutivo, deve essere un portato attivo. Il fatto, che neonati senza contatto corporeo non si sviluppano bene e che cercano continuamente di stabilire questo contatto, piangendo se necessario, sono altri indici che il contatto corporeo è di prima necessità per lo sviluppo del cucciolo dell’uomo.

Dal punto di vista scientifico portare significa tenere un piccolo in contatto con il corpo dell’adulto, che a sua volta è predisposto a portarlo.

Dunque, visto che i nostri cuccioli non hanno più la capacità di tenersi aggrappati alla mamma da soli, come fanno invece i primati più vicini a noi, le scimmie, vediamo cosa è possibile utilizzare per portare un bambino, per la precisione cosa ho provato personalmente, per darvi un’idea della comodità.

Premesso che per il bambino essere portato dà :

  • un sostegno ottimale alla colonna vertebrale
  • un sostegno ottimale della testa
  • una posizione divaricata-seduta delle gambe idonea alle anche

ed aggiungerei:

  • non respira gas di scarico (come a livello di un passeggino), non da poco ai giorni nostri
  • non si bagna perché sta sotto l’ombrello con la mamma
  • ha il seno a portata di bocca

e che all’adulto permette di :

  • portare “alto” (a livello e al di sopra del proprio ombelico)
  • portare “vicino” (nessun spazio vuoto tra i due corpi – non ci passa la mano)
  • lascia libertà di movimento (braccia/mani non devono sostenere il bambino)
  • regolare la modalità/posizione in base al peso crescente, quindi nessun problema a livello di postura della schiena

ecco i metodi più usati:

IL MARSUPIO

I marsupi sono molto venduti in quasi tutti i negozi che hanno articoli per neonati, ma bisogna valutarne bene la struttura. Purtroppo la maggior parte dei marsupi non prevede una postura corretta per il bambino e gravano molto anche sulla schiena dell’adulto che porta: prima di tutto non fasciano la schiena del genitore, che quindi si ritrova con il peso sbilanciato completamente in avanti e poi non permettono una posizione delle gambe del bambino a ranocchia (cioè gambe divaricate e sollevate, con ginocchia leggermente sopra al livello del bacino e con la traversa dove è seduto il bimbo che vada da rotula a rotula).

Inoltre non sono regolabili per portare fin dalla nascita e spesso tendono a staccarsi dal corpo di chi porta, creando l’effetto “ballonzolamento” che nuoce alla schiena del bambino.

LA FASCIA LUNGA

Non posso che spezzare una lancia a favore di questo supporto: mi fu regalato alla nascita della secondogenita e senza questa fantastica striscia di stoffa, sarei stata perduta.

Esistono fasce lunghe ELASTICHE e RIGIDE:

  • La fascia elastica è molto adatta a portare il bambino nei primi mesi di vita, proprio per la particolarità di essere cedevole e contenitiva, ma ha lo svantaggio di non reggere il peso oltre i 7/9 kg circa (gravando sulla schiena di chi porta) e di scaldare per via della fibra sintetica, quindi non è particolarmente idonea nei mesi estivi.
  • La fascia rigida in realtà non è rigida come lo possiamo intendere letteralmente, ma solo senza filo sintetico ed elastico nella tessitura, restando comunque confortevole ed avvolgente in virtù della trama particolare con cui viene ordita.

Fortunatamente a me fu regalata la fascia rigida, di una taglia molto grande per permettere anche a mio marito di usarla e la utilizzai dal primo giorno in ospedale (e ovviamente anche subito dopo il parto in casa) e fino a 3 anni della bambina, perché permette di portare fino a 13 kg abbondanti ed in svariate posizioni.

Per l’acquisto ci sono svariati negozi on-line, mentre solitamente nei rivenditori di articoli per bambini è più semplice trovare fasce corte (quindi non adattabili a tutte le posizioni), elastiche e con meno opportunità sui colori.

In ogni caso, solitamente, con l’acquisto di una fascia, si trova nella confezione anche un libretto illustrativo sulle modalità di indosso e, nel caso ci fossero ancora dubbi, si trovano molti video su you-tube e si possono frequentare i corsi tenuti dalle consulenti, per imparare al meglio come gestire fascia e bambino.

Io ho utilizzato ed utilizzo tuttora con la terza bimba i seguenti modi di portare:

  • Davanti, con legatura a ranocchia, fin dai primi giorni, per vedere la bambina, allattarla, dondolarla per dormire, tenerle la testolina ferma e poterla indossare prima di uscire e poi infilare la bimba senza dover rifare il nodo ogni volta;
  • Sul fianco, soprattutto la sera, per offrire il seno e intanto cucinare anche dopo i primi mesi;
  • Sulla schiena (circa dai 4 mesi di età delle bimbe, quando hanno un buon controllo della testa), per sentirmi più libera, soprattutto in casa nei lavori più pericolosi, come stirare e cucinare, o fuori per lunghe passeggiate.

IL MEI TAI

Esistono diversi siti online ove acquistare MEITAI davvero bellissimi, ma con un tutorial è anche possibile cucirne uno abbastanza facilmente, se siete già delle brave sarte.

Io me ne feci fare uno intorno all’anno di Elettra, credendo di poter portare più facilmente, ma con la mia vita frenetica lo trovo tuttora un po’ scomodo per via dell’impossibilità di poterlo indossare da subito (prima di uscire di casa e con giacca sopra per intenderci) ed infilarci dentro la bambina dopo il viaggio in macchina, anche se in realtà è senz’altro molto pratico e veloce da indossare, soprattutto per chi è alle prime armi con le legature.

http://www.meitaimundo.it/it/perche-il-mei-tai

La fascia ed il meitai sono senza dubbio supporti che permettono di eliminare quasi totalmente l’acquisto di altre attrezzature di trasporto per bambini, risparmiando quindi denaro e spazio, ma alcuni modelli hanno dei costi abbastanza elevati se si tratta di tessuti di alta qualità (come la Didymos ad esempio) e di notevole lunghezza (questo per le fasce), pertanto io consiglio anche di cercare la fascioteca più vicina per provare e poi scegliere la tipologia di supporto più congeniale alle vostre esigenze.

Dopo di che potete buttarvi nell’acquisto del modello di supporto porta-bebè che preferite e che si addice alla vostra quotidianità.

Buon viaggio a voi ed ai vostri cuccioli!

Il riflesso di emissione… che inganna

Intanto raccomando sempre a chi pensa di avere problemi in allattamento, di sentire una consulente (LLL o IBCLC), non il pediatra (i pediatri curano le malattie e non fanno quasi mai corsi sull’allattamento, se non è loro intenzione approfondire ed informarsi bene), dopo di che, visto che sento spesso dire “il bimbo al seno si stacca e piange… non avrò latte!”, vorrei chiarire io stessa che non è proprio così.

A questo link de La Leche League trovate il dettaglio di come funziona il riflesso di emissione:

http://www.lllitalia.org/index.php?option=com_content&task=view&id=279&Itemid=26

Quindi Vi racconto come sempre il mio vissuto, cosa mi è stato detto dalla mia consulente (la mitica cugina) e quindi cosa ho imparato.

Lla mia bimba Elettra, da sempre molto ciucciona ed esigente, come ho raccontato ne “i miei allattamenti” intorno ai 40 giorni cambiò comportamento e mi mandò in crisi, non solo perché forse aveva preso poco peso dopo una crescita esponenziale o avevo sbagliato la pesata settimanale (più probabile), ma anche perché spesso quando l’attaccavo al seno si attaccava e staccava di continuo strillando.

Ebbene, quando si staccava, io vedevo zampillare fuori il latte, spruzzando a quasi un metro di distanza, ma la fatidica domanda “avrò latte?” rimbombava fissa nella mia mente! Figuriamoci se capita ad una madre che magari non vede nemmeno uscire il latte in questo modo…

La risposta è semplice: il latte c’è, ce n’è troppo ed esce troppo forte, per via di un riflesso di emissione che hanno alcune madri e che inganna a causa della reazione del neonato.

In realtà è esattamente il contrario, cioè se ci fosse poco latte, il bimbo starebbe attaccato senza lamentarsi ed il più possibile, ecco perché i primi giorni dopo il parto è normale e giusto per natura avere un bimbo che vuole attaccarsi spesso e a lungo, per stimolare il seno e far aumentare la produzione… e ovviamente per prendere ogni piccola quantità di latte!

Le soluzioni, pe calmare il neonato, allattarlo tranquillamente e togliersi ogni dubbio sulla presenza del latte, posso essere diverse:

  • Io mi sono trovata subito bene allattando da sdraiata: nella posizione semi-inclinata classica (dove la mamma è seduta in poltrona con il bimbo in braccio per intenderci) con un riflesso di emissione forte il latte finisce dritto in gola al bambino, che non sa gestirlo, si infastidisce e quindi si stacca e piange; sdraiati sul fianco invece il latte fluisce in bocca e quindi per il piccolo è più semplice accoglierlo e poi deglutire;

sdraia

  • Un’altra posizione, da utilizzare magari a casa di altri (per non doversi sdraiare), è quella in cui la mamma sta seduta con la schiena un po’ inclinata e appoggia il bambino direttamente sopra al seno (che quindi non sarà rivolto verso il basso), così il latte, anche uscendo forte, è leggermente rallentato dalla forza di gravità e non finisce in gola;

sopra

  • Per le passeggiate invece, consiglio l’uso della fascia e la posizione del bimbo il più verticale possibile, sempre per limitare il getto di latte in gola.

fascia

Può anche accadere, come faceva la mia Elettra, che il riflesso di emissione forte sia più fastidioso se il bimbo non vuole ciucciare per cibarsi, ma solo per dormire, quindi può essere nuovamente fuorviante perché la mamma pensa di avere latte solo in certi momenti della giornata (un’altra ricorrente frase delle comari è “alla sera c’è meno latte”, ma in realtà alla sera intervengono altri fattori, soprattutto la stanchezza del bimbo!), ma è sempre e solo un inganno della mente o una diceria.

Basta ricordarsi che il latte c’è sempre, purchè non ci siano interferenze tra seno e neonato (niente ciuccio, niente acqua o tisane o aggiunte di ogni tipo), perché sono un binomio che sa regolarsi benissimo da sé e, al limite, per togliersi ogni dubbio, è sempre meglio chiamare le persone che si occupano di allattamento, non la vicina di casa!

Buone ciucciate serene…

Fette biscottate orzo e/o cacao con lievito madre

Ingredienti

  • 470 gr di Farina 0
  • 115 gr di Acqua
  • 115 gr di Latte intero fresco
  • 150 gr di Pasta Madre rinfrescata
  • 75 gr di zucchero
  • 5 gr di Sale
  • 7 gr di Malto d’orzo (io uso 1 cucchiaino di miele)
  • 28 gr di Olio EVO
  • 5 gr di Orzo solubile (oppure 2 cucchiai di cacao amaro o entrambi)

Per la finitura:

  • 1 Tuorlo d’uovo
  • 50 gr di Latte

Prendiamo la pasta madre a 3 o 4 ore dal rinfresco, la spezzettiamo nella ciotola della planetaria e aggiungiamo la farina, il malto, lo zucchero, l’acqua e il latte tiepido e iniziamo ad impastare con il gancio. Quando l’impasto avrà preso corpo aggiungiamo l’olio in due volte e per ultimo il sale. Non lasciamo lavorare ancora molto l’impasto perché dovremmo toglierne un terzo per amalgamarlo con l’orzo solubile.

Quindi, prendiamo l’intero panetto, che peserà circa 980 gr e ne togliamo circa 320 gr. (se invece vogliamo fare il tricolore dividiamo in 3, lasciando per la parte bianca almeno il 50% dell’impasto). Ora, finiamo di lavorare bene la parte che resterà chiara, e quando risulta liscia arrotondiamo con le mani e lo spostiamo in una ciotola coperto da pellicola.

Il panetto piccolo, lo rimettiamo nella planetaria e aggiungiamo l’orzo, pazientemente aspettiamo che la colorazione sia omogenea e ci può venire in soccorso aggiungere un cucchiaino d’acqua all’impasto. Fatto questo,  formiamo una palla e in un’altra ciotola, sempre coperto da pellicola, lasciamo a riposo per 3 ore.

Passate questo tempo, prendiamo uno alla volta i nostri impasti, e per ciascuno facciamo un giro di pieghe e rimettiamo in ciotola a lievitare per un’altra ora. Dopo di che, riprendiamo il nostro impasto bianco e con l’aiuto del mattarello, lo stendiamo sul piano leggermente infarinato allo spessore di circa 5 millimetri facendo un rettangolo. Facciamo lo stesso con l’impasto scuro, che ovviamente sarà più piccolo e quindi avremo un rettangolo più piccolo. A questo punto, sovrapponiamo l’impasto scuro su quello chiaro.

fette

Tenendo il lato lungo dei rettangoli parallelo a noi, lasciando liberi i bordi, arrotoliamo partendo dal lato di fronte fino a chiudere a rollè. Dividiamo a metà il nostro rotolo e lo adagiamo in stampi da plum cake imburrati.

Copriamo con pellicola e poniamo lontano da correnti d’aria, lasciamo a lievitare per circa 4 ore.

Quando le vostre fette avranno terminato la lievitazione e saranno raddoppiate, accendete il forno statico a 160°, spennellate la superficie delle fette con un tuorlo sbattuto con il latte e infornate per 40/50 minuti fino a doratura.

A cottura, sfornate e lasciate tutta la notte (12 ore) i due filoni su una gratella a raffreddare nello stampo. Il giorno dopo, sformare i panetti, e con un coltello per pane a sega, tagliare a fette spesse meno di 1 cm, sistemare su carta da forno sopra la leccarda e tostare a 140° per 30 minuti, avendo cura passati 15 minuti di girare le fette per tostarle uniformemente da entrambi i lati (io questa fase l’ho saltata e sono rimaste comunque croccanti).

Sfornare e lasciate raffreddare, conservatele se potete in una scatola di latta, altrimenti ben chiuse in un sacchetto per alimenti.

facilità 2

velocità 3

nb: io le ho fatte tricolore (foto in alto)…. tanto che c’ero mi sono buttata! non vengono dolci, ma sono proprio buone!

Taralli con lievito madre

Questa ricetta piace molto alle mie bambine, perché si divertono ad arrotolare la pasta con me… e devo dire che unire l’utile al dilettevole con loro è davvero stimolante.

1

Ingredienti

  • 300 g pm solida rinfrescata,
  • 450 farina di grano duro,
  • 200 gr acqua,
  • 100 gr olio evo,
  • 25 gr semi di finocchio o di sesamo (io ne ho messo ancora meno)

Aggiungere alla pm l’acqua tiepida, il sale e l’olio, mescolare e lasciare riposare qualche minuto. Aggiungere via via la farina e i semi di finocchio (ma anche no, a piacimento). Impastare fino ad ottenere un impasto omogeneo e lasciar lievitare per circa un ora.

Formare i taralli ricavando dalla pasta dei bastoncini di circa 1 cm di diametro per 8 cm di lunghezza e chiudendoli su se stessi unendo le estremità.

Fissare schiacciando con un dito.

Portare dell’acqua ad ebollizione in una pentola piuttosto capiente, come per cuocere gli spaghetti, unire un cucchiaio di sale. Cuocere i taralli nell’acqua bollente ritirandoli con una schiumarola appena vengono a galla. Disporli su un canovaccio pulito e lasciarli asciugare qualche minuto, quindi trasferirli su una teglia oliata.

Vanno cotti in forno preriscaldato a 200° per 30/40 minuti. Se all’uscita dal forno sono ancora un pò morbidi, ma comunque ben dorati, non importa: diventeranno croccanti raffreddandosi.

Si possono fare anche i grissini, invece che i taralli, e anche senza sbollentarli sono venuti buoni e croccanti. La ricetta dice che vanno bene anche se sono un po’ morbidi usciti dal forno, beh se invece voi li tirate fuori che sono duretti, rimangono così croccanti anche per più giorni, se invece li tirate fuori morbidi il giorno dopo sono moscetti.

facilità 1

velocità 2

nb: questi li fatti parecchie volte, bisogna fare attenzione ai tempi nel forno, sennò vengono troppo duri.

Angelica salata con lievito madre

Ingredienti

  • 125 gr di Pasta Madre
  • 500 gr di Farina 0
  • 225 gr di Latte
  • 60 gr di Uova (1 uovo intero)
  • 10 gr di Zucchero
  • 40 gr di Olio
  • 15 gr di Sale

 Per il ripieno

  • 150 gr di Speck
  • 200 gr di Taleggio
  • 100 gr di Pistacchi sgusciati

Usiamo la nostra amata Pasta Madre a tre ore dal rinfresco, la spezzettiamo nella ciotola della planetaria, aggiungiamo lo zucchero, la farina, l’uovo intero, ed infine il latte. Lasciamo girare il gancio a velocità moderata fino ad avere un impasto liscio ed omogeneo, procediamo mettendo l’olio EVO in due volte, dando il tempo alla massa di assorbirlo bene, finiamo con il sale. Alla fine l’impasto deve essere ben incordato.

Se si impasta a mano, l’ordine degli ingredienti da rispettare è lo stesso.

Dopodiché, lo mettiamo in una ciotola unta con un goccio d’olio a riposare al caldo per circa due ore coperto da pellicola. Io l’ho messo in forno chiuso con la lucina accesa.

Nel frattempo prepariamo i nostri ingredienti per il ripieno, quindi, apriamo i pistacchi, li raccogliamo in un canovaccio e con l’aiuto di un batticarne li pestiamo fino a farne una granella abbastanza grossolana. Tagliamo e cubetti piccoli (come fossero canditi) lo speck e il taleggio.Accendiamo il forno a 170°C e quando in temperatura cuociamo per 40/50 minuti e comunque fino a doratura. Sforniamo e serviamo calda.

Passate le due ore, infariniamo bene il nostro piano di lavoro e vi ribaltiamo sopra  il nostro impasto. Servendoci di un mattarello lo stendiamo allo spessore di 5 milliimetri fino ad avere un rettangolo che misuri all’incirca 55×60 centimetri (lato lungo vicino a noi).

Cospargiamo la superficie con i nostri cubetti di speck e taleggio e la granella di pistacchi, lasciando libero il bordo inferiore  parallelo a noi per chiuderlo. Iniziamo ad arrotolare l’impasto su se stesso partendo dal lato lungo di fronte scendendo fino al bordo lasciato libero che chiuderà il rollè. Una volta ottenuto il biscione, prendiamo un coltello affilato e lo tagliamo a metà per il senso della lunghezza.

Mettiamo le due metà vicine, con il taglio verso l’alto, delicatamente iniziamo ad intrecciare, creando una treccia a due capi, che poi chiuderemo a forma di ciambella. Imburriamo la tortiera, io ho usato quella da 28  centimetri con il buco centrale ma possiamo usarne anche una semplicemente tonda, posiamo con cura maneggiando delicatamente la nostra creatura.

Copriamo con pellicola e lasciamo lievitare circa 6 ore al caldo, fino che non avrà riempito gli spazi.

angelica

Dopodiché, lo mettiamo in una ciotola unta con un goccio d’olio a riposare al caldo per circa due ore coperto da pellicola. Io l’ho messo in forno chiuso con la lucina accesa.

Usiamo la nostra amata Pasta Madre a tre ore dal rinfresco, la spezzettiamo nella ciotola della planetaria, aggiungiamo lo zucchero, la farina, l’uovo intero, ed infine il latte. Lasciamo girare il gancio a velocità moderata fino ad avere un impasto liscio ed omogeneo, procediamo mettendo l’olio EVO in due volte, dando il tempo alla massa di assorbirlo bene, finiamo con il sale. Alla fine l’impasto deve essere ben incordato. Se si impasta a mano, l’ordine degli ingredienti da rispettare è lo stesso.

facilità 2

velocità 3

nb: questa l’ho fatta solo 2 volte, ma è stata un successone!

Focaccia di patate con lievito madre

Dosi per una teglia da 32 cm

  • 100 gr di Pasta Madre (rinfrescata)
  • 300 gr di Farina 0
  • 75 gr di Acqua
  • 75 gr di Latte
  • 100 gr di Patate lesse (una patata media)
  • 5 gr di zucchero
  • 20 gr di Olio evo
  • 8 gr di Sale

Per la finitura

  • q.b. di Emulsione di Acqua e Olio evo in pari quantità
  • q.b. di Sale grosso

Usiamo la pasta madre a 4 ore dal rinfresco (ma anche del giorno prima va bene lo stesso). Nel frattempo che aspettiamo la sua giusta maturazione, mettiamo a lessare una patata di grandezza media, e una volta lessa pesiamone 100 gr che schiacceremo per dargli modo di raffreddarsi. Nella ciotola della planetaria spezzettiamo la nostra pasta madre, aggiungiamo la farina, l’acqua tiepida, il latte a temperatura ambiente, lo zucchero e le patate passate. Se lo fate a mano, l’ordine degli ingredienti naturalmente è lo stesso. Facciamo partire la planetaria e aspettiamo che l’impasto prenda corpo, aggiungiamo gradatamente l’olio EVO e successivamente il sale. Portiamo a incordatura. Quando l’impasto risulta liscio ed omogeneo, facciamo una bella palla e lo lasciamo riposare per mezz’ora sul piano di lavoro infarinato, coprendolo a campana con una ciotola. Passato questo tempo, diamo un giro di pieghe al nostro impasto e dopo averlo arrotondato lo riponiamo in una ciotola coperto con pellicola, lontano da correnti d’aria fino al raddoppio, cioè per circa 6 ore.

Quando l’impasto avrà raddoppiato, lo ribaltiamo su una teglia ben unta con olio, e delicatamente lo allarghiamo in modo da coprire tutta la superficie. Gli lasciamo recuperare la lievitazione per altre due ore. A questo punto, possiamo creare degli avvallamenti con le dita che permetteranno in cottura di avere una colorazione non uniforme e un aspetto molto appetitoso, spennellare bene con  abbondante acqua e olio EVO in pari quantità emulsionati insieme. Poi cospargiamo di sale grosso. In questo caso, io a volte affetto anche una cipolla rossa con cui farcisco la superficie, per dare un sapore più deciso alla mia focaccia. A vostro gusto, insomma! Scaldiamo il forno a 200° e inforniamo una volta caldo per 30/35 minuti, dipende dal vostro forno (nel mio ne bastano anche 20).

facilità 1

velocità 2

nb:  questa è una ricetta che faccio ogni settimana!