Castelmola
Il bagliore argentato della luna solitaria nell’acqua pacata del paese dei Giganti
commemora la gioia di vivere che sprizzava dai vivi occhi dolcissimi
e il corpo che dilaniava di vivo luccichio, e il mulino delle favole che macinava
il grano dorato.
Albeggia la notte sull’isolotto e al castello,
in tornanti sul capo del mondo, sulle spiagge
fin sotto lo stretto, evocando partenze di gabbiani.
Quelle albe si sono consumate e restano giunchi piegati alla scorza invernale.
Una bolla d’estate sconvolge il sole di nuovi giorni, di nuovi occhi da serbare
nella mente vissuta.
Questi giorni di settembre trascorrono austeri,
si attardano a ricordare i nostri visi infantili allertati dal mistero.
1974
Un grappolo di luci ancorate sulla darsena,
e la collina non si scorge, ma veglia la notte
col capo accerchiato da figure di ambra.
Silenziosamente aspetto il nuovo giorno
al suono della musica del mondo.
Ogni fruscio è un sospetto allarmante.
Non disturbate la mia Gioia di vivere
che dorme supina su una coltre di giorni.
Non disturbate la mia malinconia
dallo sguardo affascinato e brillante.
Era bello il tuo corpo di bimba,
e le tue mani di cera fondente.
Con le tue mani fredde mi hai lasciato
in questo turbine d’avorio.
Fuori è buio e il buio ancora
copre la mia allegria.
Ma sento già crescere dentro, incontenibile,
quel sorrisetto solito e beffardo.