Mica è facile il mestiere di nonni. Qualcuno, scrive , che il periodo in cui si è nonni, sarebbe un periodo di sviluppo e di educazione religiosa. In buona sostanza, ai nonni sembra venga affidato il compito di compensare i deficit dell’educazione religiosa, che ha assunto aspetti carenziali dai giovani genitori.
Non mi trovo daccordo; quanto meno del tutto. E si, perchè in questo caso viene imposto ai nonni un fardello che non fa loro bene di certo. Essi non devono, nè educare, nè compensare alcunchè di deficitario trasmesso dai genitori. I questo senso i nonni non hanno alcuna responsabilità per l’educazione dei nipoti. Non sono figure optional, oppure operatori di toppe laddove c’è un buco da coprire. I nonni vanno lasciati liberi in tutta la loro interiorità verso i loro nipoti. Attraverso questa libertà essi possono liberamente e spontaneamente parlare di fede coi propri rampolli.
C’è, ad esempio, la nipote di mio fratello che vuole andare in Chiesa sempre con lui. Ho scoperto – in quanto nonno – che i nipoti, specie se ancora in età infantile; diciamo 5 – 6 anni, spesso sono di per sè curiosi. Fanno domande, in prima instanza dall’apparenza strane. E a queste domande i nonni devono reagire. Dovrebbero anche raccontare, in parole semplici, della loro fede che li ha sorretti. Ma non debbono per alcuna ragione imporre questa fede. Sarebbe un errore. Ai nonni va il compito di raccontare e trasmettere ciò di cui hanno fatto esperienza nella vita. Ma non devono sottoporsi alla pressione di dover convincere i nipoti o di doverli condurli a una vita religiosa: sarebbe, non una forma educativa, ma uno sterile contagio. Il nonno ( parlo al singolare ), o la nonna, deve avere fiducia nel fatto che ciò che scaturisce dalla sua esperienza personale si trasformi anche nei nipoti simile a un seme che prima o poi germoglierà se avrà trovato terreno pronto ad accoglierlo in piena libertà e consapevolezza. I bambini percepiscono più degli adulti. Sono dei registratori di alta frequenza. Se la melodia è di gradimento, la faranno propria, senza forzatura alcuna. Dai miei figli; mi riferisco soprattutto al maggiore, sento dire oggi, che ha ricevuto la fede da mia madre. E ciò, lascia un’impronta che dura tutta la vita.
Questo processo è destinato al fallimento, qualora i nonni assoggettano troppo a uno scopo la loro educazione religiosa, con l’obiettivo, che attraverso di essa, vogliono assolutamente raggiungere qualcosa. Così facendo, non raggiungono i propri nipoti, ma generano in loro più che altro delle resistenze.
Molto difficile, lo dico anche se non ho mai svolto, da diciotto anni a questa parte (tanti ne compirà la mia nipote più grande il 9 luglio p.v), questo lavoro pienamente !
Buona sera Peppe.
Ho sempre paragonato i nonni il braccio prolungato dei genitori dei bambini. Quanto dici tu Carlo, lo condivido: non è cosa semplice il mestiere dei nonni. Noi siamo la generazione in cui non esisteva che il papà e la mamma lavorassero. Oggi è un’altra cosa. Hanno poco tempo a disposizione, anche per il processo di crescita educativa e religiosa dei figli, e così, ecco entrare in scena i nonni. E’ chiaro che parliamo di nonni veri e non solo biologici che sono assenti ancor più dei figli dei bambini. Lieta serata Carlo
Non ho mai trovato difficoltà nel fare la nonna. Tanto amore e leggerezza nel contenere domande a cui davo risposte semplici ma reali. La religione? Ci pensavano i genitori, non mi avevano mai delegata in tal senso. So che, spesso, quando si andava a passeggio, seppure in carrozzina, io dicevo:- adesso andiamo a salutare la Madonnina.- Prendevo la manina e facevo il segno di croce, poi, un bacino e via…così sempre. E’ bello esser nonni, ci si prodiga con maggiore pazienza e se ne conquista l’affetto….poi, da grandi…gli amichetti etc etc, si vedono di rado. E’ la vita. Ciao Peppe, buone cose!
Brava nonna Licia. I tuoi nipoti dovevano amarti molto. Un abbraccio
Hai scritto, carissimo amico, un trattato di Pedagogia applicata che ti fa molto onore e che evidenzia in te proprio quella saggezza che dovrebbe distinguere tutti i nonni del mondo. I miei nipoti, cinque, mi sono affezionati tantissimo ,ma mai io mi sono intromessa nella loro educazione,tranne che seguirli, spesso, negli studi, finchè si sono resi perfettamente autonomi, come la mia piccolina che ora è una signorinella testarda come me (questo lo dice mio figlio) ma sensibile e studiosa. Sei un nonno sicuramente speciale, Dott e pienamente condivido il tuo atteggiamento educatico nei confronti dei nipoti. I nonni devono solo offrire amore e mai sostituirsi ai figli in ciò che costituisce il loro compito ineludibile: l’educazione, la crescita e la maturazione , in tutti i sensi, della propria prole. Grazie dell’interessantissimo intervento, gentile amico, e buona serata.
Quello che segue, merita essere “ascoltato” e non “letto”.
C’era una volta un povero vecchietto, che aveva gli occhi appannati, era sordo, e gli tremavano le ginocchia. A tavola riusciva a stento a tenere il cucchiaio, versava la minestra sulla tovaglia, e gliene colava un po’ anche fuori dalla bocca. Il figlio e la nuora ne erano disgustati; e così alla fine il vecchio nonno dovette sedersi nell’angolo dietro la stufa, e gli diedero la sua minestra in una scodellina di terracotta, e in quantità assai scarsa; ed egli guardava tristemente verso la tavola e gli si inumidivano gli occhi. Una volta le sue mani tremanti non riuscirono nemmeno a tenere ferma la scodella, che cadde in terra e si ruppe. La giovane nuora lo sgridò, ma egli sospirò e non disse nulla. Allora la nuora gli comprò una scodella di legno da pochi centesimi, e in quella egli dovette mangiare. Mentre se ne stavano così seduti, il nipotino di 4 anni, per terra, metteva delle assicelle – “Cosa fai ?” – gli domandò il padre.- “Faccio un piccolo truogolo” – rispose il bambino – Perchè ci mangino babbo e mamma quando sono grandi. Allora, il figlio e la nuora stettero un po’ a guardarsi e poi si misero a piangere; e subito condussero il vecchio nonno a tavola assieme a loro. Da quel giorno lo fecero sempre mangiare con loro, e non dicevano più nulla se il nonno si sbrodolava”. Ecco, sono i bambini che spesso ci insegnano. Questa storiella me la raccontò un mio zio morto all’età di 97 anni, a seguito di una storia della sua vita di adolescente. Un caro abbraccio a te Maria Teresa
I nostri vecchi ripetevano spesso a noi giovani:”Siamo stati come voi e sarete come noi!” Sorridevamo, facendo spallucce.
La tua bella storiella la conosco: fu la mia maestra delle elementari a raccontarcela, per insegnarci che i vecchi vanno rispettati ed amati, perché tutto poi torna…Ciao
Quello che dico sempre : io posso seguirli e cercare di frenare i loro capricci, ma non imporle l’educazione come ho fatto con le mie figlie. Se le nipotine non mi ascoltano, io non le porto in giro. La grande è molto intelligente, e capita la cosa, inizia ad obbedire senza pretendere di uscire. Praticamente cerca di guadagnare la mia fiducia. La mia fede per ora la vive come in un racconto, dove le magie si chiamano miracoli. Buongiorno
Complimenti per il tuo esemplare d’essere nonna che sorreggi e agevoli la crescita della sfera psicologica dei tuoi nipotini e così, alleggerisci e completi ciò che i genitori non possono espletare per ovvie ragioni di lavoro. In
ultima analisi, quando noi nonni- io credo di avere passato questa fase -entriamo in accordo coi genitori rappresentiamo sicuramente il sicuro approdo che non deve giammai essere un’alternativa bensì complementare a quello dei genitori. Grazie Laura, lieta giornata