Pescatori di uomini

pescatori di uomini

 

21 GENNAIO 2024

III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO B

Gesù chiama degli uomini, semplici pescatori, esperti di mare e non di terra, cresciuti in famiglia con un mestiere che li valorizza, che li identifica: pescatori, appunto.

Gesù passa e chiede a loro di compiere una scelta, lasciare per seguire, lasciare persino le proprie sicurezze, il proprio mestiere che non verrà escluso, ma con Dio diviene novità: pescatori si, ma di uomini.

Cosa vuol dire? Che il Signore ci chiama a seguirlo, per far emergere dal male l’uomo. Il mare nella bibbia è associato al male, per questo Egli chiama qualcuno in grado di portarci fuori da quel male, affinché in noi risplenda la vita.

Se per un pesce emergere dalle acque è la morte, per l’uomo lo è rimanendo in quelle acqua. Pescare l’uomo è dunque riportarlo alla vita, è donargli la vera promessa di salvezza che da sempre Dio ha stipulato con lui.

Oggi sentiamo forte il duplice invito di Dio ad emergere dalle acque ed all’aiutare qualcuno a farlo. Chissà che i nostri gesti, non esprimano quanto di più bello e vero possiamo realizzare: vita attorno e dentro di noi.

“Signore,

aiutami a fare di quel dolore o fatica luogo di vita,

perché Tu sei con me,

mi fai emergere dalle mie acque profonde,

mi sostieni

ed io senza di Te sono perduto;

un uomo che respira una vita che non è sua,

poiché la mia vita è con Te,

cominciata prima che lo sapessi

e che si compie nel Tuo amore per me”.

(Shekinaheart Eremo del cuore)

Fuori di sé

E' Fuori di sé

 

 

20 GENNAIO 2024

SABATO DELLA II SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

Gesù è incompreso persino dai suoi parenti dicono di Lui: “é fuori di sé. L’immagine di questo Gesù come Messia, non corrisponde alle loro attese, a ciò che pensano debba fare un Dio. Questo è il problema di sempre: figurarci un Dio secondo il nostro pensiero, come ce lo costruiamo nella nostra mente, ma Dio non può essere racchiuso in un pensiero, in un’immagine, in un miracolo.

Dio “è fuori di sé” perché vive rivolto verso di noi; S. Paolo afferma che: “Egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini” (Fil 2,6-7).

Il potere di Gesù è quello di amare e servire l’umanità bisognosa, anche uscendo da certe regole, come quella del sabato. Egli si dona a tutti quelli che lo cercano, senza riserve, tanto da non aver neppure più tempo per mangiare. In questo senso Gesù pare un folle, uno stolto o ingenuo, ma la sua è la stoltezza dell’amore, che dona tutta la sua vita fino alla Croce.

Nel dare amore non c’è nessuno guadagno economico, ma si realizza la vita, che è un guadagno molto ricco. L’egoista guadagna beni, ma perde la vita, perché non vive più, costui è davvero un folle.

Nei “Detti dei Padri del deserto” emblematico è questo di Sant’Antonio Abate: “Verrà un tempo in cui gli uomini diventeranno folli e, quando vedranno uno che non è folle, lo assaliranno dicendogli: ‘Sei folle’ per il solo fatto che non è come loro”.

“Signore,

portami fuori con Te,

fuori quel contesto, quello schema,

quella paura che mi piega dentro.

Aiutami,

così che senta il mio cuore aprirsi

e scorrere la vita.

E come Tu non ti sei risparmiato per me,

fa che anch’io possa essere fuori con Te,

per andare incontro a chi dal di dentro

grida: ‘pietà’.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Stare con Te


stare con te

19 GENNAIO 2024

VENERDÌ DELLA II SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

Gesù chiama, l’iniziativa è la sua, l’uomo viene reso parte di un dono da ricevere, un dono che poi diventerà compito: quello di annunciare ciò che ha appreso, l’amore che ha ricevuto, perché anche gli altri possano esserne partecipi.

Gesù ne chiama dodici in riferimento alle dodici tribù d’Israele, ovvero a tutto il popolo, per radunare tutte le nazioni, noi compresi che viviamo oggi. Ma in questa totalità di popolo, Gesù chiama ciascuno per nome, non un essere anonimo tra la folla, ma ben identificato.

Chiamati verso  un’intimità, una fiducia, con la consapevolezza che la nostra vita riposa nelle sue mani. Prima di essere una chiamata al fare, al testimoniare, ci fa essere. Uomini diversi per carattere, per lavoro, per cultura, ma che imparano con Lui a vivere la comunione, il dono di una vita e di un amore da condividere.

Il Signore chiama e si fida di ciascumo, non ci chiede di avere caratteristiche o capacità particolari, desidera condividere la sua vita, perché ognuno scopra la grandezza dell’amore che fa vivere, della misericordia che riconcilia e soprattutto sia certo che Lui rimane sempre con noi.

“Signore,

stare con Te: il mio unico desiderio,

ma io sono debole e son di vento,

possa il Tuo spirito rinfrancare le mie ossa,

così che il vento che indosso,

diventi un soffio di vita,

penetri e sia respiro.

Stare con Te, lo desidero da sempre,

e forse perché,

Tu volevi stare con me

prima di quel sempre,

di quel vento,

prima di me”. (Shekinaheart eremo del cuore)

Sulla barca

sulla barca

 

18 GENNAIO 2024

GIOVEDÌ DELLA II SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

Gesù si ritira con i suoi discepoli, ma molta folla lo sta cercando, da ogni parte, da ogni città, tutti lo cercano perché fa cose prodigiose.

Cosa spinge noi oggi a cercare Gesù, a seguirlo ad ascoltarlo? Non esiste un altro Dio che dà la vita per me, che propone un cammino di libertà nell’amore, dove l’uomo ritrova se stesso, viene amato e perdonato. Egli ci attira a sé guardando al segno della Croce, un amore folle, “perché tu non sei altro che fuoco d’amore, pazzo della tua creatura.” Scrive Santa Caterina da Siena, un Dio follemente innamorato dell’uomo, disposto a sacrificare il suo unico Figlio, perché tutti gli altri figli ritrovino la libertà di amare il bene, di amare l’Amore.

Dio chiede solo di essere amato, si fa mendicante di un amore che ci ha donato prima che noi fossimo. Dio che vuole vivere una relazione con l’uomo, perché l’uomo possa vivere della gloria di Dio.

Saliamo anche noi sulla barca con Gesù, restiamogli vicino, apriamogli il cuore, Lui sa bene come prendersene cura e guarirlo; solo così potremo testimoniare con convinzione quanto questo amore ci colpisce nel profondo e trasforma la nostra vita.

 

“Signore, 

nella folla che schiaccia, 

nel mare che si muove, 

sii Tu il mio punto fermo, 

sii Tu la mia barca, 

la mia forza per non cadere e non affogare

e potermi sentire amato in ogni momento, 

in ogni contesto, 

perché Tu annulli la distanza,

mi prendi con Te, Ti fai vicino. 

O Dio, aiutami a sentirti così profondamente 

da non temere più nulla, 

perché desidero starti accanto da sempre.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

La guarigione della mano paralizzata

La guarigione della mano paralizzata

 

MERCOLEDÌ 17 GENNAIO 2024

SANT’ANTONIO, ABATE – MEMORIA

Nel Vangelo di oggi, troviamo Gesù che incontra un uomo dalla mano paralizzata. Una mano paralizzata paralizza anche tutto l’uomo, perché non può né prendere, né donare, può solo attendere che qualcuno faccia qualcosa per lui.

Gesù tuttavia, non vede solo quell’uomo, ma è profondamente indignato e rattristato, per la durezza del cuore di tutti quelli che gli stanno attorno e che cercano un capo d’accusa, per condannarlo a morte. Egli chiama l’uomo in mezzo, perché tutti lo vedano, un uomo che non ha nome, dove ciascuno si può riconoscere con le proprie debolezze, i blocchi, le ferite, lí presente, davanti a Dio.

“Tendi la mano!”. Dice Gesù a ciascuno di noi, prendi il dono della mia vita e apri il tuo cuore, così che la tua mano possa accarezzare, curare, guarire, sollevare, possa trasmettere anch’essa vita. Quel giorno e sabato, giorno di festa e l’uomo guarito non può fare altro che festeggiare con Dio.

Gesù guarisce una mano per guarire i cuori inariditi di tutti, perché ciascuno riconosca la potenza del Figlio di Dio, che con la sua morte ci ha spalancato il cuore alla festa della vita.

“Signore,

tendo come una corda

questa mano paralizzata,

ma senza Te,

non ha suoni, non ha vita.

Liberami, guarisci la mia mano,

affinché possa toccare la Tua

e rivivere.

Afferrami Signore,

così saprò che tutto me stesso

non è più sospeso,

ma sollevato dal Tuo amore;

e avrò vita a partire da una mano,

la Tua, venuta a dare vita alla mia

e con lei, a tutto me stesso.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

“Non è lecito?”

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 16 GENNAIO 2024

MARTEDÌ DELLA II SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

“Non è lecito?”. Ecco l’accusa che i farisei rivolgono a Gesù. Gesù manifesta qui, quanto la sua libertà sia per rendere l’uomo libero, al di là di ogni precetto. Se Egli non fosse stato libero, noi non saremo già dei salvati; se Egli non avesse fatto della sua vita uno strumento di salvezza, noi saremo perduti.

Per far questo Gesù ha messo in gioco la sua libertà, affinché fosse nelle mani del Padre. Qui si compie un grande gesto: dare all’altro la propria libertà, come il Padre con il Figlio, così il Figlio con noi. Possiamo anche rifiutarlo, relegarlo ad uno schema teologico ben preciso, ma Egli rimarrà fedele al suo amore, ci lascerà liberi.

Una libertà che sgomenta, perché non chiede niente, se non che tu sia libero.

Libero perché sei amato e non perché la tua vita è una successione di precetti. Liberi, di quella libertà che fa di essa non un inganno o un utopia, ma ciò che è realmente: un cammino, in cui piano piano si perde un po’ se stessi, per ritrovarsi nell’Altro, Dio e sentirsi al sicuro in quel suo caldo abbraccio, un abbraccio dove due libertà si incontrano, non per un precetto, ma per amore.

“Signore,

pongo la mia libertà nelle Tue mani,

perché in fondo, non sono libero.

Pensieri, dubbi,, giudizi,

offuscano la mia mente.

Miei compagni sono i se, i ma,

e lasciarli andare mi fa chiedere:

cosa mi rimarrà?

In fondo mi hanno sempre accompagnato.

Cosa farò?

E poi Ti sento, respiro di quella libertà data dal Tuo amore per me,

è un attimo,

come il mare nei castelli di sabbia,

i miei venuti giù

e rimani solo poi più Tu.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Vecchio e nuovo

vecchio e nuovo

 LUNEDÌ 15 GENNAIO 2024

Tra vecchio e nuovo, futuro e passato, c’è un presente da vivere, un banchetto di nozze a cui il Signore ogni giorno ci invita.

Non si può digiunare, non mangiare significa morire. Dio è il Signore della vita, ama infitamente l’uomo e fa di tutto perché questo abbia la vita: il suo corpo diventa cibo per la vita del mondo, perché chi mangia di Lui possa rimanere sempre in quella comunione di amore come tra lo sposo e la sposa.

Gesù rappresenta lo sposo fedele di tutta l’umanità, che dona gioia, che realizza il bene dell’altro. In tutta la scrittura l’incontro con Dio ha sempre un carattere nuziale, un patto di amore.

Alla sua tavola il Signore invita tutti e per tutti c’è la veste nuova del perdono, il vino nuovo della gioia, quel di più che Dio versa in modo inaspettato, dove ciascuno può fare l’esperienza di sentirsi profondamente amato sia nei momenti belli, come nei fallimenti.

Accogliamo senza timore l’invito che il Signore ogni giorno ci fa, vediamo la sua presenza in questo presente.

 

“Porto con me tutti quei pezzi,

stracci di vita,

che oggi pongo dinanzi a Te,

versaci o Dio il vino della gioia,

così che la mia vita,

splenda come un abito nuziale

pieno di gioie e di speranze.

La mia vita non sarà più a pezzi,

la mia vita segue la Tua strada,

dove mi porterai?

A fare di quell’abito

la consapevolezza alla mia inquieta quotidianità,

che io e Te saremo legati per sempre.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Dimora

dimora

 

14 GENNAIO 2024

II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO B

In ogni età della vita ogni persona umana, seppur in maniera differente, è sempre alla ricerca di un significato, di qualcosa che dia senso al suo vivere in questa storia.

“Che cosa cercate? “. Chiede Gesù. Il loro è il desiderio di trovare un luogo dove posare il cuore, di colmare un anelito di vita, di vivere un incontro, una relazione con Lui, che non sanno ancora dove li porterà, ma si fidano, perché Giovanni lo ha indicato con uno sguardo particolare, con la metafora dell’agnello di Dio che allude alla Pasqua.

Gesù si volta, ovvero si rivolge a tutti quelli che lo cercano, li guarda e li invita a vedere. Quello sguardo diventa il luogo dell’incontro e dell’esperienza di vita con Dio, infatti non c’è nessun altro luogo dove andare e vedere per dimorare, se non Lui stesso.

Gesù non dà istruzioni, risponde dando se stesso, il suo esempio, la sua vita che si fa esperienza viva di amore che si dona a ciascuno. Lui è il maestro del cuore, insegna a non spegnere mai quelle domande che vengono dal cuore, perchè dicono amore da condividere, vita da vivere.

“Signore,

dimora in me,

in questo mio cuore

che ha bisogno di ristoro.

Ti cerco,

perché desidero essere cercato,

e rimango in attesa di Te,

di quello sguardo che ferma il tempo,

in cui rimaniamo solo io e Te.

Dio che conosci il mio cuore,

abitalo, vivimi,

così che io possa vivere in Te”.

(Shekinaheart Eremo del cuore)

L’incontro

L' incontro 2

 13 GENNAIO 2024

SABATO DELLA I SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

Tutto ciò che l’uomo considera perduto, Dio lo vede già raccolto e amato. Dio guarda proprio da tutta un’altra prospettiva rispetto alla nostra. Gesù passa e guarda Levi, un pubblicano, conosciuto da tutti per il lavoro che esercita e quindi considerato peccatore, e lo invita a seguirlo.

Cosa c’era in quello sguardo così fulminante, da non lasciare un attimo di esitazione a Levi, tanto da seguirlo immediatamente? Una luce nuova, trasparente, di un amore che penetra nel profondo, per illuminargli il cuore e farlo sentire figlio amato, pronto per sedersi a tavola con Lui. Dio fa sempre festa per ogni peccatore che si converte.

Tutti possono sedersi a mensa con Gesù, perché la salvezza non sta nel digiunare per Lui, ma nel cibarsi di quello che ci dona: il suo pane, il suo corpo, per una vita nuova.

La salvezza ci viene offerta nello spezzare del pane, il gesto più semplice e quotidiano della terra; accogliamolo, lasciamo entrare la sua vita senza timore di sentirci inadatti, sbagliati. Chi meglio del Signore ci conosce?

Se il peccato rimane il luogo dove io ho paura di Dio, allora io non ho capito nulla di Dio, perché è proprio lì che lo si incontra, riconoscendoci peccatori si sperimenta il suo amore più grande. Nel suo sguardo la nostra vita è al sicuro.

“Signore,

incontrami in quella ferita del mio peccato

che ancora sanguina

e mentre il mio timore è di perderti,

Tu mi dici: figlio dove sei?

Eccomi,

sono qui davanti a Te,

per sentire il Tuo amore riplasmare il mio cuore,

per ricucire quella ferita in cui Tu ti sei fatto spazio,

così che non fosse più un segno di separazione,

ma luogo di luce,

dove io possa vivere sanato di quell’amore che non passa

e riapre la vita alla speranza.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

La fede di altri

La fede di altri

12 GENNAIO 2024

VENERDÌ DELLA I SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

Il Vangelo ci racconta oggi di un uomo paralitico che viene perdonato dai suoi peccati e come accade sempre, senza meriti propri, senza espiare nulla, senza condizioni, solo per-dono. Ma qui si aggiuge ancora un particolare in più, e non da poco: quest’uomo é perdonato senza la sua fede, bensì attraverso la fede di chi lo accompagna.

Ci viene subito alla mente S. Agostino che affermerà di essersi convertito grazie alle preghiere di sua madre. La tenacia, la forza e la fede di S. Monica hanno ottenuto la conversione del figlio, come l’amicizia, l’audacia e la fede, di quei portantini che addirittura hanno aperto un varco dal tetto, pur di presentare il loro amico a Gesù perché lo guarisse.

La vera fede non è mai solo per se stessi, porta il peso, le fatiche e le sofferenze anche degli altri fratelli. Quante mamme, nonne, spose, sorelle fratelli, padri, nonni, amici…., pregano perché chi gli sta a cuore possa guarire nel corpo o nel cuore.

Una fede che si fa dono per chi non crede, é la preghiera d’intercessione che parla a Dio del fratello; non importa quanto è grande la distanza e quanto tempo ci vorrà, Dio lo ama già, è perdonato per la fede di un’altro.

Il peccato blocca, paralizza, ma Dio perdona oltre ogni male, poiché vuole vedere suo figlio in piedi, libero di camminare verso casa, di ritrovare la strada della pienezza di vita.

 

“Signore, 

perdonami, per tutte quelle volte che la mia forza l’ho spesa in altro.

Perdonami, perché non ho creduto abbastanza 

e la sfiducia è diventata quasi un’abitudine. 

Perdonami, per tutti quei no alla mia vita, 

ma se oggi sono qui, 

è per i piedi di qualcun altro, 

per quella fede che traccia la mia strada del ritorno a Te.

Da qui ripartirò, 

perché Tu mi hai aspettato per perdonarmi 

ed io carico di quell’abbraccio, 

riparto con Te

per essere fede a qualcun altro.”

(Shekinaheart eremo del cuore)