Come sarà il nostro futuro?

 

Come sarà il nostro futuro?

 

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: At 22,30; 23,6-11

Salmo: Sal 15 (16)

Vangelo: Gv 17,20-26

 

“E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro”.

Nel Vangelo della liturgia odierna, Gesù pronuncia queste parole, che ci fanno riflettere su quanto conoscere il Padre a cui Egli vuole portarci, non sia solo una questione cognitiva, ma la chiave per accedere in quel circolo d’amore tra Padre e Figlio.

Conoscere è quindi, entrare nel cuore di Dio, per scoprire di essere da sempre amati e farne esperienza di vita.

Gesù ci accompagna in questo percorso, e oggi ascoltare la Sua preghiera rivolta al Padre, diventa per noi un far memoria del nostro cammino.

Siamo amati e creati per un’unità, che durante il viaggio della vita si dispiega dinanzi a noi. L’unità di cui facciamo già parte, è l’amore del Padre e il Figlio, un amore capace di riunire persino parti disgregate, pezzi di storia che se non fossero stati amati, sarebbero inspiegabili e in un modo o nell’altro, ci hanno portato qui, chiamati a trovare l’amore di Dio.

L’amore di Dio ci accompagna da sempre, spesso però facciamo fatica a pensarlo, abbiamo bisogno di concretezza e forse è proprio per questo che Gesù parla insistentemente dell’unità, perché il farne esperienza è la vera concretezza.

Come sarà il nostro futuro? È parte del presente e del passato, è aver scoperto e vivere dello stesso amore, che il Padre ha per il Figlio e partecipi di quest’unione, illuminare quello che verrà, ogni cosa, attraverso questa forza, ora diventata esperienza consapevole.

 

Custodiscili nel tuo nome

 

custodiscili nel tuo nome

 

 

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Prima lettura: At 20,28-38

Salmo: Sal 67 (68)

Vangelo: Gv 17,11b-19

 

La preghiera di Gesù al Padre, presentata nel Vangelo di oggi, è davvero carica di amore e tenerezza nei nostri confronti.

“Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi”. Venuto il tempo che Gesù salga al Padre, lo esorta a custodirci, ad aver cura di noi, così da sentire questa profonda continuità tra il Padre e il Figlio.

Il Signore desidera farci fare esperienza viva del Suo amore, del Suo esserci nella nostra vita e invita il Padre a non toglierci dal mondo, ma a preservarci dal male. Non ci sono davvero parole più belle. Quando teniamo ad una persona cara, vogliamo il bene per lei, così Gesù ci affida a Colui che ha di più caro e che solo Lui può capire il Suo amore per noi, perché è lo stesso di Dio!

Nonostante le sofferenze e le fatiche, Dio è qui per proteggerci dal male, ed è il Figlio stesso a chiederlo, perché il bene in ogni sua forma prevalga, e sia la risposta a tutto ciò che viviamo.

È possibile vivere in questo mondo e affrontare tutto ciò che accade, grazie alla mano provvidente del Padre, la quale semina e dona costantemente il bene per tutti i suoi figli. Siamo consacrati nella Verità, in quella Parola che esce dalla bocca di Dio, il giorno della creazione e ci rivela quanto per Lui, sia noi che il mondo, siamo cosa buona: “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona” (Gen 1,31).

La preghiera di Gesù si eleva al Padre e scende su di noi, su questa terra, affinché possiamo sentirci custoditi nelle mani di Dio, uniti in una comunione che non avrà mai fine, e che fa di noi una Sua opera di bontà e Misericordia.

 

 

Tutto l’amore del Padre

 

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Prima lettura: At 18,23-28

Salmo: Sal 46 (47)

Vangelo: Gv 16,23b-28

 

Le parole di Gesù toccano direttamente il nostro cuore: “Il Padre stesso vi ama”.

Non ci sono mediazioni, convincimenti o sforzi da fare, Dio, nostro Padre ci ama e vuole comunicarcelo. Tutta la storia di Gesù, il Vangelo, si riassume in quest’unica parola: amore. Sì! Perché è la Parola di cui abbiamo bisogno per credere, andare avanti, comprendere, e che comunque ci sorprende.

È il Padre stesso ad amarci, ad aver cura di noi, a non lasciarci soli nel cammino, ma a volte le parole non bastano, abbiamo bisogno di concretezza ed è per questo che manda Suo Figlio, così da poter vedere attraverso i suoi gesti, fino a che punto arriva l’amore: “Li amò sino alla fine”. (Gv 13,1)

Sentirsi amati fa tirare fuori il meglio di sé, è quell’energia proveniente dall’aver sperimentato oltre all’errore, qualcosa che lo supera. E Dio creduto lontano a causa dei nostri peccati, ci è vicino e ama tutto, persino quello che non amiamo di noi stessi.

L’amore di un padre, non si basa su quello che il figlio può dare o fare, ma per quello che è, e noi siamo Figli di Dio. Solo scoprendo il nostro essere sapremo credere nel Suo amore.

L’amore di Dio è per sempre, affinché ogni giorno possiamo affermare: è il Padre stesso che mi ama, perché io sono Suo Figlio ed ora ci credo! Ciò non annullerà le difficoltà, le preoccupazioni o le paure, ma sarà la forza da cui attingere per affrontarle!

 

 

Rimanete nel mio amore

 

rimanete nel mio amore

 

 

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Prima lettura: At 1,15-17.20-26

Salmo: Sal 112 (113)

Vangelo: Gv 15,9-17

 

“Rimanete nel mio amore”. È il grande progetto di Dio per noi: vivere con questa consapevolezza.

Rimanere in un amore che ha le origini dal Padre, prosegue con il Figlio e possiamo comprenderlo grazie al dono del Suo Spirito.

Siamo tutti peccatori, chi più o meno nella vita abbiamo sperimentato la fragilità, il limite, la fatica, ma oggi il Signore desidera che ci consideriamo come Lui ci guarda: con amore.

Oltre ogni errore, quello che realmente rimane è l’amore di Dio Padre capace di perdonare, sanare, affinché la nostra storia sia una storia di salvati.

Rimanere nel Suo amore, è lasciarsi amare così come siamo, è sentirci parte di una storia di salvezza, la cui motivazione è per amore. Per amore Dio dona Suo Figlio, così che ciascuno di noi possa essere recuperato, riportato a casa, sostenuto, aver conosciuto il Padre che dall’inizio fece cielo e terra e vide che era cosa buona.

 

 

Il Pane per la vita

 

Il Pane per la vita

 

 

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Prima lettura: At 8,26-40

Salmo: Sal 65 (66)

Vangelo: Gv 6,44-51

 

 

Gesù si presenta come il pane vivo, disceso dal cielo. È un dono che unisce cielo e terra, appartiene al cielo ma è un segno terreno, comprensibile: è pane!

Non è un pane finito che sfama una volta e basta, è un pane vivo, ovvero: capace di dare vita a chi lo assume.

Mangiare di questo pane non è solo cibarsi, ma è entrare all’interno del sacrificio di Cristo e farne parte. È essere testimoni e allo stesso tempo destinatari di un dono grande: la vita di Cristo, una vita in cui il Padre e il Figlio sono in comunione, al punto che conoscere Gesù è conoscere il Padre.

Il Signore diventa il pane per la vita a volte fragile, lontana, vuota, Egli non aspetta la nostra condizione perfetta, diventa quotidianità, affinché quella comunione tra Padre e Figlio riguardi anche noi.

Tutto il mondo può cibarsi di quel Pane che è Gesù, e cibandosi di esso, entrare a far parte della storia di Dio. Non siamo più distanti e anche se i nostri errori a volte ci precedono, quel Pane ci ha donato un posto, un luogo in cui poterci essere sempre: il cuore di Dio.

Quando riceviamo di quel Pane, rispondiamo: “Amen”. E in quell’Amen pensiamo: credo in quello che sto ricevendo, perché così è, e sempre sarà il pane della mia vita!

 

 

Via, Verità e Vita

 

Via, Verità e Vita

 

 

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Prima lettura: 1 Cor 15,1-8a

Salmo: Sal 18 (19)

Vangelo: Gv 14,6-14

 

“Io sono la via la verità e la vita”. Non è certo la prima volta che sentiamo queste parole di Gesù, ma oggi meditando il Vangelo, si depositano nel cuore.

Gesù è la via per scoprire il volto del Padre. È la verità di una promessa d’amore fatta dal Padre nel Figlio Suo. È la vita perché la Sua storia si intreccia con la nostra e da lì scaturisce la vita per noi.

Tutto quello che cerchiamo e desideriamo ha il suo compimento in Gesù; siamo creati per partecipare alla via, verità e vita, perché come il Padre è legato al Figlio, noi lo siamo con Lui.

A Gesù non manca questa certezza, ed è proprio essa che lo sostiene anche nelle ore più buie, ed è la medesima certezza che desidera trasmettere affinché non ci sentiamo soli, per non abbatterci, per credere persino in quelle situazioni dov’è difficile alzare lo sguardo.

La richiesta “mostraci il Padre”, é comprensibile perché abbiamo bisogno di un Volto a cui affidarci, e Gesù risponde: “Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto”. Dio manda Suo Figlio affinché fosse presenza concreta nella nostra vita, non poi in futuro, ma fin da ora, in tutto il nostro cercare, inciampare, ritentare, Dio è con noi e non ci abbandona mai.

Ogni giorno è un tempo buono, per comprendere la grandezza di Dio attraverso Gesù, via, verità e vita, così da renderci il Volto del Padre tanto familiare, da scoprirci parte di quest’unità. Noi siamo nell’abbraccio tra il Padre e il Figlio!

 

 

La luce dal sigillo

La luce dal sigillo

 

 

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Prima lettura: At 6,8-15

Salmo: Sal 118 (119)

Vangelo: Gv 6,22-29

 

Nel Vangelo di oggi, alla folla che chiede a Gesù cosa fare per compiere le opere di Dio, Egli risponde: “Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato”. Non ci sono delle cose da fare, ma cominciare a credere in Lui e allora anche le nostre azioni ne avranno il segno.

Dio ha messo il Suo sigillo sul Figlio, ma anche su di noi, chiamandoci a partecipare all’opera di Dio. Gesù definisce il credere l’opera di Dio, di conseguenza tutto il resto ha il Suo fine, il Suo fondamento, proprio nel credere.

Come la folla, siamo alla ricerca di Gesù, ed Egli ci aspetta oltre il mare, oltre la paura, le fatiche per nutrici più in profondità, così che il nostro quotidiano diventi esperienza di Lui.

Credere in Lui è smettere di cercarlo per terra e per mare, è aver la consapevolezza della Sua presenza, è vivere da ritrovati perché avendolo trovato, troveremo noi stessi e scopriremo che era Lui il primo a cercarci, per donarci forza e coraggio.

Credere non è un punto di arrivo, è un nuovo inizio, è guardare a tutto quello che viviamo con gli occhi della fiducia, con il cuore pieno di speranza, con gesti di carità, che avranno luce dal sigillo e con la forza di Dio.

 

 

Per riunire insieme i figli di Dio

per riunire insieme i figli di Dio

 

 

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Prima lettura: Ez 37,21-28

Salmo: Ger 31,10-12b.13

Vangelo: Gv 11,45-56

 

L’antifona alla comunione, prendendo dal Vangelo della liturgia di oggi, cita: “Cristo è stato consegnato alla morte per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi”.

Domani cominciamo la settimana Santa, Gesù si sta avvicinando sempre più alle ore cruciali, c’è un’intensità in questi testi che coinvolge anche noi. Egli è venuto per offrire la Sua vita, affinché non fossimo dispersi: non c’è amore più grande!

Il Signore ci invita a sentirci raggiunti, recuperati da un amore che non ragiona secondo la logica del merito, ma del dono. Le difficoltà della vita, a volte, ci portano a dubitare persino di Dio, e non dobbiamo vergognarci se mai ci fosse capitato, ma provare a leggere questo versetto come rivolto a noi:

“Cristo è stato consegnato alla morte per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi”.  

Siamo anzitutto Figli di un Padre che è nei cieli, e per Lui siamo così importanti da mandarci Suo Figlio, che nutre gli stessi sentimenti del Padre: un amore che non vuole vederci perduti, abbandonati. Si può essere fragili, aver sofferto tanto, ma Dio vuole dirci che non siamo Figli persi, siamo nelle Sue mani e desidera per noi una vita viva, nella certezza che gli stiamo a cuore.

Ora con Gesù possiamo fare delle nostre morti, di quei dolori che rimangono dentro, spazi di Risurrezione, dove la vita è raggiunta da un Amore più grande. Siamo Figli creati dalle mani di Dio e se le nubi ci hanno avvolto arriverà un vento a toglierle, così da poter vedere riflettere il sole, nel cielo del nostro cuore.

 

Come quella “voce” che preparò la via al Verbo.

 

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Prima lettura: Ger 20,10-13

Salmo: Sal 17 (18)

Vangelo: Gv 10,31-42

 

Il Vangelo di oggi, si conclude al di là del Giordano con molti che dicevano: “Giovanni non ha compiuto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero”. Giovanni era colui che si definiva: “voce di uno che grida nel deserto: preparate la via al Signore”. Egli era la “voce” del Verbo e Gesù è il segno di cui Giovanni si fa annunciatore. L’invito di Giovanni, arriva sino a noi, facciamo parte di quei “molti” che possono attestare la veridicità delle sue parole e anzitutto, possiamo fare memoria del suggerimento a preparare la via del Signore.

A pochi giorni dall’inizio della Settimana Santa, lasciamo spazio alla Parola, rivolgiamo lo sguardo al crocifisso, segno concreto di un amore che non abbandona, seguiamo Gesù passo dopo passo, così da vivere la Pasqua come una tappa fondamentale della nostra vita, e da qui ripartire.

Compiamo il viaggio con Lui, addentriamoci nei testi, come i discepoli viviamoli, lasciamoci stupire, coinvolgere. Arriviamo al cuore del messaggio evangelico, ascoltato più volte, nella liturgia della settimana corrente: l’unione tra il Padre e il Figlio, e riconosciamoci in esso partecipi.

Gesù ci dà un modo nuovo con cui condurre la nostra vita: a partire dalla comunione con il Padre e il Figlio. Egli è con noi attimo dopo attimo, è nelle nostre sofferenze, in quei vuoti così incolmabili in cui vorremmo ci fosse qualcuno, è vicino al nostro cuore a volte così stanco di soffrire, che ha messo una corazza e non vuole più sentire.

Proseguendo il cammino di preparazione alla Pasqua, proviamo a seguire Gesù attraverso le letture liturgiche, così da cogliere il Suo dono tanto desiderato e offerto, ovvero: scoprire che è anzitutto Lui a seguirci in ogni momento e da lì trarne la forza.

Ogni notte per quanto lunga sia, ha il suo termine, e Lui desidera per noi una vita il cui nome è giorno, perché rifletta di sole e circoscriva la sera, illuminandola di stelle, come quella “voce” che preparò la via al Verbo.

 

 

La Parola: una strada per vivere

 

 

La Parola: una strada per vivere

 

 

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Prima lettura: Gen 17,3-9

Salmo: Sal 104 (105)

Vangelo: Gv 8,51-59

 

Nel Vangelo della liturgia odierna, troviamo Gesù che continua a spiegare il suo legame con il Padre. Egli desidera specificare che tutto quanto fa e dice, parte dall’unione e dalla conoscenza di Dio.

Leggendo il testo, troviamo come le domande dei suoi interlocutori sono su un piano diverso da Lui. Gesù dice una cosa e loro ne percepiscono un’altra, addirittura lo accusano.

Per quanto possa sembrare assurdo, può capitare di trovarci di fronte a una brano della Parola di Dio e non “sentirlo” per noi, non comprenderlo. Allora cosa possiamo fare? Nella meditazione del testo, partiamo dall’aspetto fondamentale che anche oggi Gesù ci suggerisce: la comunione con il Padre. Essa è la chiave di lettura di sempre, la consapevolezza di questa comunione apre gli occhi e il cuore ad una lettura della Parola, che tenderà a ciò per cui è mandata: il bene per noi.

La nostra storia è intrecciata con Dio e attraverso il Figlio Suo, possiamo fare della Parola, una strada per vivere in quella comunione. La Parola è vita, è viva ed è il dono più grande che abbiamo ricevuto, tanto da poterci leggere attraverso di Essa e sentirci parte di quel legame. Solo così la Parola non sarà “da osservare”, ma un rapporto da coltivare, dove il nostro sentire riuscirà a comprendere con il cuore quello che il Signore desidera dirci e che prima sembrava difficile, incomprensibile.

Egli non ci lascia soli, desidera farci vivere in comunione con Lui e con il Padre, la Sua Parola palpiterà ad ogni battito del nostro cuore, per aiutarci a comprendere e a vivere dell’amore di Dio, che ci precede e ci custodisce per sempre.