Spighe

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07 Settembre 2024

SABATO DELLA XXII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

I discepoli in cammino con Gesù hanno fame e colgono le spighe sebbene sia giorno di sabato; anche Davide e i suoi compagni ebbero fame, anche noi abbiamo fame. Solo Gesù non sfrega le spighe con le mani, non ha fame, perché è Lui il vero pane che può saziare la nostra fame. Abbiamo fame di pane, fame di vita, di amore, di relazione, di dono, di comunione, di pace.

Nel nostro cammino troviamo campi di grano per sfamarci e darci forza, sono i tanti segni della provvidenza, di quella cura che Dio, ha per noi; a volte non ci accorgiamo neppure di essere stati guardati da tanto amore, ricolmati di doni e custoditi dal male.

Il dono più grande è quello di stare con Gesù, di camminare con Lui e di cibarsi di Lui, vivere cosi nella pienezza della sua offerta.

Il cibo alimenta la vita, perciò non dobbiamo fermarci alla domanda sul

principio del lecito e dell’illecito: la vita di ogni uomo viene prima di tutto. Non è lecito andare contro la vita.

Gesù non vuole sovvertire le leggi, vuole ricordarci che la prima e più importante legge è quella dell’amore verso Dio, verso noi stessi e verso gli altri. Non dobbiamo avere paura di un Dio che si spezza per amore nostro, che in Gesù si fa cibo, ci comunica la sua vita: “Il Figlio dell’uomo è signore del sabato”, perché è la nostra pienezza di vita.

“Signore,

tra le fatiche del tempo presente,

tu, ti fai Signore anche di queste, chinandoti su di me

per curare le mie ferite,

riconoscendo prima di me

la mia fame più profonda.

Quanta strada da percorrere

tra le spighe di grano,

è il cammino dell’inizio

dove quel grano

diventerà pane, sarà te.

Ed io con te, cammino tra esse,

tra il presente e il futuro

di una promessa.

Io figlio del pane, figlio di te.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Rimanere

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18 AGOSTO 2024

XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO B

Le parole di Gesù di oggi, hanno uno straordinario inaudito: non solo un pane disceso dal cielo, ma addirittura mangiare la sua carne e bere il suo sangue per avere la vita eterna. Un corpo da masticare, come può essere possibile? Gesù intende dar da mangiare la sua stessa carne, per rimanere in Lui: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui”.

In realtà quando ci accostiamo a ricevere l’Eucaristia, non è solo un mangiare il corpo di Gesù, ma è Lui ad assimilarci al suo Corpo, ad assumerci in sé, per farci dimorare in quella dinamica di amore che diventa radice di vita e renderci partecipi della sua stessa vita divina.

La nostra tensione di desiderio infinito, fiorisce in ragione di quel “rimanere” in colui che ci ha mostrato tutto l’amore di Dio, cosi da condividerlo con tutti.

Mangiare il suo pane, mangiare il suo corpo, significa diventare partecipi della vita del Cristo, significa rivestirsi dei suoi sentimenti, vivere della sua stessa umanità in cui risplende la gloria dell’amore di Dio per gli uomini, significa incarnare la presenza di Dio qui e ora, dove siamo, dove viviamo, in questo modo si realizza la parola di Gesù: “colui che mangia me vivrà per me”.

“Signore

aiutami a rimanere in te

e tu, ti prego, rimani in me.

In quell’ “Amen”

fa che tu, pane dei cielo,

entri nel mio cuore

e mi renda come te: un dono.

Fammi sentire la tua presenza,

che io non ti oda

come voce lontana,

ma ti senta in me.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

 

Forza del cibo

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11 AGOSTO 2024

XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO B

La prima lettura di oggi ci offre l’immagine di un Elia stanco, affaticato, carico di pesi da sopportare; è bellissimo vedere quanto il Signore si prende cura di lui attraverso l’angelo e il racconto si conclude cosi: “Con la forza di quel cibo camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb”.  È la forza di quel cibo che ci fa camminare, è la forza di un Dio che non ci abbandona, che ci ama.

Quando le nostre gambe non ce la fanno, quando il nostro cuore è in fatica abbiamo con noi una forza: la forza di quel cibo che è Lui stesso. Non è qualcosa di esterno, superficiale, il cibo entra in noi, fa parte di noi perché nel nostro cuore torni il vigore di un tempo. È da credere?

Si, bisogna credere all’amore di un Dio che si rivela dicendo: “Io sono il pane della vita”, ovvero: sono il cibo di cui tu hai bisogno per esistere, affinché tu possa camminare e sentire la mia forza. Eccomi per amore ti do tutto me stesso. Tu devi solo alzarti e mangiare, perché da sempre io sono con te.

Il Signore sia la nostra forza sempre!

“Pane del cielo che sei Dio,

entra in me

donami la tua forza,

così che la mia vita

si senta unita alla tua,

non per un istante ma sempre.

Dammi la forza,

sostieni il mio cuore

aiuta i miei cari,

perché quel cibo si consumi

fino ad essere parte di me

e io riprenda il cammino

con la forza di Dio,

con la forza di Te.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Date voi stessi da mangiare

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05 AGOSTO 2024

LUNEDÌ DELLA XVIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

In quel: “date loro voi stessi da mangiare”, sembra essere racchiuso tutto un programma per i discepoli di allora e per noi oggi. In memoria di Gesù ogni giorno ci troviamo ancora a perpetuare il miracolo del pane, che dona sazietà a quella fame che solo il Signore può colmare. Viene subito da domandarci: come possiamo fare questo, se anche noi siamo povere creature, affamate di cibo, di affetto, di valori, di felicità, affamati di Dio?

Gesù insegna sempre, comprende ancora prima che noi esponiamo le nostre miserie, perché il suo cuore vive la compassione per tutta l’umanità, che lo spinge a guarire i malati, a dare nutrimento alla folla affamata.

Gesù ci chiama a “dare loro da mangiare”, ossia a condividere quanto abbiamo e siamo, perché per Lui, non conta la quantità di cui disponiamo, bensì la disponibilità del cuore. Egli vuole aver bisogno di noi per moltiplicare il suo amore. Cinque pani e due pesci, per un totale di sette, che è il simbolo della pienezza, della totalità. Tutto quello che si ha e si è  viene benedetto da Dio e condiviso con tutti, cosi che alcuno rimanga senza, anzi ci sia addirittura un sovrapiù, perché l’amore condiviso compie il miracolo di abbondare sempre.

Benedire, spezzare e dare, sono gesti che ha compiuto Gesù allora, che compie il Dio con noi oggi e che anche il più povero della terra può condivide quel poco che ha, perché come asseriva già Epicuro: “Non ciò che abbiamo ma ciò di cui godiamo, costituisce la nostra abbondanza”.

“Signore,

ti dono ciò che sono,

perché assieme a Te,

quel pane che mi dai

mi renda dono.

Ho poco da darti

ma è tutto ciò che ho,

è la mia storia, è la mia vita,

che unita alla tua è unica.

Unica, perché come sei Tu

è la mia relazione con Te:

un pane spezzato che unisce.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Pane del cielo

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04 AGOSTO 2024

XVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO B

La folla cerca Gesù perché hanno mangiato un pane che ha saziato, ma Gesù vuole dare loro un altro cibo e li invita a credere in Lui quale inviato dal Padre.
Credere a Dio significa accogliere  l’amore per l’uomo manifestato nel Figlio, al punto da non poter vivere senza quell’amore che dà senso a tutte le opere, così le opere non sono l’aspetto principale, ma lo è l’amore di cui esse si nutrono.
L’agire che Dio ci indica è quello di partecipare alla salvezza che viene da Lui: non faccio il bene così sarò ricompensato, ma partecipo a tutto quel bene che Dio mi dà nel suo Figlio  inviato per saziare la vera fame dell’uomo, inviato quale pane dal cielo. Quando Gesù dichiara che il pane che Lui dà soddisferà la fame dei cuori, intende dire che tutti i cuori non avranno più fame di altro e non si illuderanno più di trovare sazietà altrove.
Gesù si presenta come il vero pane disceso dal cielo, mandato dal Padre, un pane che contiene tutta l’eternità,  così allude a quella relazione che ci viene partecipata, perché solo Lui fa conoscere il Padre nel suo amore per noi, è Lui a introdurci nella sua stessa intimità di amore sconfinato con il Padre.
All’uomo che nasce affamato, Dio dona se stesso, il pane del cielo che alimenta la vita, sazia quel desiderio d’infinito, che ognuno ha in sé, perché contiene e dona un pezzetto di Dio in noi.

“Pane del cielo,
Dio in ogni frammento,
entra in me,
entra nel mio cuore.
Nutri la fame di vita
che esso attende.
Sazia l’urgenza di cibo che non smette,
così che dal tramonto all’alba
ci sia Tu con me,
cuore a cuore.
Ed io Ti rendo lode per quel pezzo di Te che hai dato a me.”
(Shekinaheart eremo del cuore)

Pane

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28 LUGLIO 2024

XVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO B

Gesù che sfama le folle moltiplicando pani e pesci è un gesto messianico, tutto allude alla celebrazione eucaristia, dove il miracolo è simbolo. Il racconto non ha il sapore di un semplice ricordo, ma la potenza di un “memoriale” che si rinnova e partecipa il dono della grazia che racchiude, grazia che arriva fino a noi oggi, ora.  Se il vangelo qui annota che: ” Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei”, noi viviamo in una nuova Pasqua, un nuovo pane: il corpo stesso di Cristo, divenuto cibo per la fame esistenziale del mondo intero. Lui è il vero Pane disceso dal cielo che nutre e dà la vita, che ristora e dà riposo, che sà colmare i desideri di senso di ogni persona umana.

La misura del Signore è quella di colmare e addirittura avanzare, ma nulla va perduto; in ogni pezzo di pane c’è qualcosa che non può perire, perché lì c’è tutto l’amore del Padre, c’è il nostro diventare comunione con i fratelli, e questa è già vita eterna.

Nella comunione si compie il grande miracolo, dove ciascuno può uscire dal proprio egoismo e dalla paura che la “vita” non ci basti mai.

Chiediamo al Signore che il suo pane colmi le distanze del nostro cuore, che ci separano da Lui e dai fratelli, cosi che la nostra vita si realizzi veramente come dono di comunione.

“Signore,

donami sempre il tuo pane,

per sfamare la mia fame più profonda.

Abbi cura di me,

senti anche ciò

che non riesco ad esprimere.

Sono qui e mi fido di Te,

del tuo amore,

di quel pane che tra le mie mani è accolto.

“Amen” Gesù,

ti ricevo come un abbraccio

che da sempre mi aspettava

e che io cercavo.

Dacci sempre il tuo pane,

donaci sempre il tuo amore. Amen!

“(Shekinaheart eremo del cuore)

Attirati dal Padre

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18 APRILE 2024

GIOVEDÌ DELLA III SETTIMANA DI PASQUA

«Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre». Dio è il soggetto dell’azione che ci affascina, che ci fa ardere il cuore, e poco alla volta, rinnova il miracolo della sua presenza nascosta, ma viva e vivificante. Nessuno ha mai visto Dio, eppure ci attira a sé, nella concretezza dei nostri rapporti, in quella umanità che ha voluto condividere con ogni essere umano, nei nostri luoghi quotidiani; qui ci ammaestra e ci dona un pane migliore di tutti: “è il pane che discende dal cielo”.

Il pane è il Figlio mandato dal Padre, quanti si nutrono di esso partecipano alla vita del cielo e diventano un pezzetto di cielo per gli altri qui in terra.

L’uomo vive da sempre con lo sguardo al cielo, col desiderio di superarsi, di scoprire nuovi mondi, ma impara a vivere su questa terra vedendo solo l’invisibile, quelle cose più vere e autentiche che costruiscono le relazioni, quei gesti di amore, di misericordia, di benevolenza, quelle briciole di pane che nutrono la vita.

Lasciamoci attirare da quell’Amore che ci insegna ad alzare lo sguardo, a vivere da risorti, a credere in Gesù che è la rivelazione piena e perfetta del Padre per la nostra salvezza.

“Signore,

attira il mio cuore a Te,

tienimi accanto,

così che la mia ferita

incontrando la Tua guarisca.

Tu, Signore risorto,

ti fai pane per amore,

possa sentire questo amore.

In ogni silenzio o solitudine,

sia il Tuo pane la mia forza,

poiché la stessa forza che mi attira a Te,

è quella per cui mi hai amato sino alla fine.

Possa il Tuo pane rendermi capace di amare come Te.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Pane

 

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17 APRILE 2024

MERCOLEDÌ DELLA III SETTIMANA DI PASQUA

La volontà del Padre, è il desiderio che tutti possiamo partecipiare della sua stessa vita, non a una vita qualunque, bensì eterna. L’uomo è una creatura fatta per l’infinito, geme dell’eternità che porta in sé e cerca cosi una pienezza di vita che gli arrechi felicità già qui in terra.

Gesù ci indica un alimento per saziare la nostra fame di vita, fame di eternità: il pane. Tuttavia il nostro semplice pane, non sarebbe in grado di sfamare l’uomo nel suo desiderio più profondo, se Dio stesso non si fosse fatto pane per entrare in ciascuno, per diventare relazione di vita. In quel pane è racchiusa una potenza di vita tale da contenere tutto l’amore del Padre, del Figlio, l’amore dei fratelli e per i fratelli: lì c’è la vita eterna.

Dio vuole farci vivere da risorti, perché con la sconfinata ricchezza del suo amore, possiamo avere la forza di vincere le nostre morti, ovvero tutti quegli angoli bui, dove non è ancora entrata la luce della salvezza.

Apriamo brecce di luce, brecce di vita, lasciamoci raccogliere da questa volontà di salvezza che Dio ha per noi, cosi da vivere nella pienezza del suo amore la vita eterna che è la vita dell’Eterno.

“Signore,

dall’eternità il mio nome è nel Tuo cuore.

Sono nato per una grande vocazione: essere figlio.

Ancora informe, Tu hai creato un pane

che crescesse il mio cuore,

e nella mia vita

la mia fame non si è spenta.

Dammi il Tuo pane,

fammi crescere,

così che di pane in pane,

viva già qui,

eternamente con Te.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Pane del cielo

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16 APRILE 2024

MARTEDÌ DELLA III SETTIMANA DI PASQUA

C’è un solo pane del cielo, quel pane quotidiano che noi chiediamo in preghiera, oppure a Messa, nel Padre nostro. Un pane per nutrire non solo il nostro corpo ma il nostro cuore. Un pane, cibo che in qualsiasi luogo o continente, ciascuno si trovi, il significato è sempre lo stesso.

Che cos’è il pane? Un alimento semplice, di base, il pane è casa, il pane del cielo è Dio. E cibarsi di questo, è fare casa con Dio. Un Dio che dal cielo viene a darci se stesso: in quel pane c’è tutto. A noi resta solo prenderlo, lasciare che sia il Suo pane in grado di sanare il nostro cuore e nutrire in profondità quelle ferite, che senza quel pane condurrebbero ad una fame sproporzionata, tanto da sfamarci con ciò che cibo non è. Ed in fondo lo sappiamo, perché il nostro cuore sta bene con Lui, siamo fatti per il cielo e per quel pane.

Cibarsi di quel pane in fondo non è così strano, è vita per la nostra vita. Allora andiamo incontro a quel pane, unendo le mani accogliamolo con amore e devozione e in quel “Amen” riconosciamo Lui, il Signore della vita entrare in noi.

Non c’è amore più grande, non c’è dono più immenso di quello che è Dio per noi, perché mentre ogni speranza effimera promette un futuro che soddisfa una fame parziale, Egli invece è già qui presenza, e nutre ora una fame più profonda.

“Pane d’infinita bontà,

fatto di mille particelle

in ogni parte sei tutto Tu,

in ogni luogo non sei che Tu.

Apri il mio cuore al tuo corpo,

fa che il Tuo pane

sia per me l’unica cosa che conta,

perché Tu mi ami così

da essere pane,

da essere cibo per stare con me.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Pane e pesci

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12 APRILE 2024

VENERDÌ DELLA II SETTIMANA DI PASQUA

Alla “mancanza” di quella folla affamata, corrisponde l’abbondanza di pane che il Signore dona. A quel bisogno di amore della folla, venuta per incontrare Gesù, corrisponde una compassione capace di andare in profondità, così che sia nutrito anche il cuore.

L’abbondanza con cui il Signore nutre, è paragonabile alla Provvidenza che ci viene incontro lungo il giorno; può essere un sorriso inaspettato, un saluto o semplicemente qualcuno in grado di dirci: “sono qui con te”, oppure anche solo camminare per strada e vedere i colori che la primavera ci ha donato, quel verde brillante delle foglie nel cielo blu del tramonto, sono segni che Lui ci è accanto e come allora, usa ciò che ha per arrivare a noi.

È interessante notare come Gesù faccia raccogliere con attenzione l’avanzo di quell’abbondanza, che non vada sprecato. Si, perché l’amore si consuma, non si spreca. Tutta quella folla verrà nutrita, eppure nonostante questo non capisce, cercano di farlo Re. Ma Gesù non è re come dicono loro, la sua vita è spesa per amore, non per potere.

Spesso anche noi ci sentiamo parte della folla, corriamo e la frenesia del quotidiano ci fa dimenticare di Lui, dei dettagli della sua presenza, in noi. Oggi andiamo a quel pane Eucaristico come la prima volta, ma non siamo piu dei bambini siamo uomini e donne con il nostro carico di speranze come quella folla che in fila attende quel pane. Mettettiamo nelle sue mani il nostro cuore, così che lo benedica e lo guarisca dalla ferita e dal peccato. Quei pani e pesci sono un evento straordinario, che diventerà per noi quotidianità nella mensa Eucaristica. A noi il compito di ricordare la Sua compassione, la sua Parola nella domanda a Filippo, il suo essere in disparte a pregare, così da essere capaci di vedere la compassione. L’ascolto e la preghiera, siamo quei pani e pesci spezzati in abbandonanza, dove il cuore rivolto all’altare di Dio, in quel “amen”, ponga tutto se stesso e senta quanto Dio per primo ha messo se stesso per noi, affinché nessuno vada perduto.

“Signore,

“Amen”, ti accolgo in me,

liberami Tu.

Pane del cielo,

venuto in un cuore dalla fame abbondante,

possa la Tua compassione,

il mio l’ascolto e la preghiera,

essere un inizio in cui

sentirti accanto,

così che amandomi profondamente sappia mettere il cuore,

sappia mettere Te in tutto quello che faccio.”

(Shekinaheart eremo del cuore)