Sorge la vita

 

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LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Os 6,1-6

Salmo: Sal 50 (51)

Vangelo: Lc 18,9-14

 

Una preghiera quella del pubblicano, che non parte da una richiesta o un ringraziamento, ma comincia chiedendo perdono. Si inizia da una relazione che riguarda entrambi: Dio e l’uomo. Essi comunicano, l’uno il proprio amore che supera l’errore e l’altro le proprie mancanze con un’attesa di speranza. La preghiera li unisce.

L’invito che il Signore ci fa oggi, è di vivere la preghiera proprio come un ritrovarsi con Lui, e per ritrovarsi, a volte bisogna battersi il petto e riconoscere i propri errori, così da scoprire una relazione stabile nel tempo, che supera le distanze e le distrazioni consequenziali al peccato.

Al Signore sta a cuore farci fare esperienza del Suo amore, che supera la nostra fragilità e considerarci una casa stabile, non per noi stessi, ma per volere di Colui che ci ha creato. Quell’uomo non dice molte parole, semplicemente: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Riconosce a Dio quella pietà che non è pena, ma Amore e Misericordia scaturiti nonostante il peccato, l’errore, o l’offesa, che solo Dio in quanto Dio, può dare; e noi attraverso la preghiera possiamo riconoscere e rafforzarci in essa.

Il pubblicano fa di quel “pietà di me” il tutto della sua vita, perché è da quel tutto di Dio, che sorge la vita.

 

Germoglio di vita

 

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LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Gen 37, 3-4.12-13a.17b-28

Salmo: Sal 104 (105)

Vangelo: Mt 21, 33-43.45-46

 

Il Vangelo di oggi è un testo alquanto cruento, si parla di uccisioni, lapidazioni, per il possesso di una vigna. Gesù racconta questa parabola allo scopo di spiegare che il Regno di Dio, sarà dato a un popolo che ne produca i frutti.

Il Signore ci invita a divenire il popolo capace di dare frutti buoni. Egli desidera essere nelle nostre lotte e fatiche, quella pietra angolare che sostiene tutto l’edificio. La vera meraviglia, è questa: riconoscerci il popolo di cui Dio ha fiducia, perché possiede in sé quel fondamento capace di dare frutti per un Regno, le cui radici sono profonde e impossibili da sdradicare.

Dio manda suo Figlio e la risposta sarà la Risurrezione, non la morte, ma la vita. Dinanzi a tanta crudeltà, la risposta sarà il risorgere da quella situazione di morte, dove non c’era più speranza, così ora tutto ciò che pare finito, spacciato, morto, grazie a Lui diventa un germoglio.

Dalla Vita rinasce la vita, d’ora in poi la disperazione cede il posto alla speranza. Siamo il Suo popolo, che ha questa grande eredità, una promessa di vita capace di dare frutto, a noi e a chi verrà dopo di noi. Quello che dobbiamo fare, è vivere di questa promessa già da oggi, per portare avanti nel nostro quotidiano, a volte difficile, semi di Risurrezione, semi di vita.

 

 

Nella nostra terra un pezzo di cielo

 

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LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Ger 17,5-10

Salmo: Sal 1

Vangelo: Lc 16,19-31

 

Il Vangelo della liturgia del giorno, comincia con delle dualità: ricco e povero, beni e mali, consolazione e tormenti, per terminare con un’univocità capace di unire tutto questo: la legge e i profeti.

Sono la legge dell’amore e la Parola, capaci di unire queste disparità e rendere tutti consapevoli di ciò che realmente siamo: il popolo di Dio.

Abramo risponde al ricco che: “se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”. Come mai questa risposta? Essa è un po’ la chiave di lettura di questo brano, ovvero: se non si fa un cammino di consapevolezza, dove la legge dell’amore e la Parola sono i mezzi che ci permettono di unirci a Dio e tra di noi, sarà difficile comprendere che la Risurrezione, passata attraverso il dolore della croce, il rifiuto di molti e le sofferenze, è capace di unire terra e cielo.

Tutto ciò che viviamo letto alla luce della legge dell’amore e della Parola, ha in sé forza e speranza nella Risurrezione, tale da donarci coraggio nelle nostre quotidiane fatiche in vista di questa promessa: risorgere!

Il Signore ci dona gli effetti della Sua Risurrezione, possiamo rivivere, sentirci uniti a Lui e ricominciare non più dal peccato, ma dalla grazia del Suo perdono, che passa dalla croce e non si ferma lì, entra in noi.

L’invito è quello di far entrare nella nostra vita, nelle nostre contraddittorietà, nella nostra terra, un pezzo di cielo. Siamo fatti di terra, la nostra umanità nella Risurrezione trova il suo spazio, il suo riscatto, così da poter riflettere un pezzo di cielo, divenire cielo e ridonarlo agli altri.

 

 

Connessi alla speranza

 

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LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Ger 18,18-20

Salmo: Sal 30 (31)

Vangelo: Mt 20,17-28

 

Nel Vangelo di oggi, Gesù narra ai suoi discepoli ciò che dovrà accadergli non nascondendo nulla, né il dolore che dovrà subire e nemmeno che alla fine, dopo tutto risorgerà. Siamo di fronte all’annuncio della Passione e Risurrezione.

Proseguendo nel testo, troviamo una richiesta da parte della madre dei figli di Zebedeo, di far sedere i suoi figli accanto a Lui nel Suo regno. Sembra che il discorso di Gesù non sia stato capito e diventi una “lotta per i primi posti”, siamo usciti fuori tema.

Gesù sta raccontando cosa dovrà soffrire, quanto è grande la Sua offerta e la risposta è un’altra. Questo brano è significativo anche per noi, perché può capitare di leggere la realtà o la Sua Parola, solo sotto i nostri punti di vista. L’invito di Gesù è di leggere ciò che viviamo alla luce della Sua Pasqua. Egli desidera che la Sua vita non sia slegata dalla nostra, ma che la Sua Parola entri nel quotidiano, tanto da farne parte per comprendere a quale speranza siamo connessi. Come la vita di Gesù è possibile comprenderla alla luce della Pasqua, così la nostra vita, acquista un senso nuovo alla luce di Cristo. E come Lui ha dovuto affrontare quelle sofferenze fidandosi della promessa del Padre, ma consapevole della Risurrezione, così noi siamo chiamati ad andare incontro a cio che ci accade, con la fiducia di Cristo che ha dato la vita per noi.

Così termina il Vangelo di oggi: “Il Figlio dell’uomo, non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”. Dopo la parte centrale legata al tema dei primi posti, riprende da com’è iniziato. Si ricomincia, affinché noi possiamo riiniziare da quell’offerta che si fa annuncio, promessa, ora più consapevole, diventata un senso nuovo alla vita.

 

 

Luce, Parola e vita

 

Luce,Parola e vita

 

 

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Prima lettura: Gc 3,1-10

Salmo: Sal 11 (12)

Vangelo: Mc 9,2-13

 

Nel brano del Vangelo di oggi, possiamo scorgere l’invito del Signore a riconoscere una via illuminata per ciascuno di noi. La trasfigurazione è un evento di Luce, è il momento dove Gesù si manifesta in un modo nuovo dinanzi ai suoi discepoli. Accade qualcosa di grande, che persino i suoi non capiscono cosa sta avvenendo, vedono Gesù in un altra forma, da tempo sono insieme, eppure c’è un momento in cui Egli si manifesta più in profondità.

Chi è che da così luce e trasfigura tutto? Il Padre, che “presenta” Suo Figlio a loro e a tutta l’umanità dicendo: “Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!” Tutto ciò è anche per noi, che pur non avendo visto Gesù, ma sappiamo di Lui, arriva un momento in cui Egli trasfigura le nostre vite ovvero ripete a noi le parole del Padre dicendoci: “tu sei il mio figlio l’amato”. E per quanto a volte sembra difficile crederlo, è così.

Noi nella normalità della vita, come i discepoli, abbiamo bisogno di sentire quella Parola che ci conferma l’essere amati e ci traduce la trasfigurazione. Partiamo proprio da Elia e Mosè, dalla legge e dai profeti, cominciamo a dialogare con la legge dell’amore e con la Sua Parola, per ritrovare all’interno quelle parole in cui c’è tutto l’amore capace di illuminare una vita intera.

 

“Signore, dopo tanto buio, 

fa che diventi per noi un tempo di Luce.

A volte siamo così stanchi che,

non capiamo dove Sei e le fatica oscura il cuore,

ma oggi la Tua Parola si fa consolazione.

Aiutaci a sentire e riconoscere nella nostra vita le tue Parole:

“Tu sei mio Figlio, l’amato”

Fa che ciascuno di noi possa sentirle per sé

come una spinta per continuare a camminare

e sapere che non siamo soli.

Tu ci ami e vuoi dircelo, ti stiamo a cuore!

Donaci di vedere ogni nostro passo, anche il più buio, 

illuminato dalla luce del tuo Amore

che non finirà mai. Così sia”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

 

Il Pane della compassione

 

Il Pane della compassione

 

 

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Prima lettura: 1Re 12, 26-32.13, 33-34

Salmo: Sal 105 (104)

 Vangelo: Mc 8,1-10

 

Il Vangelo di oggi desidera essere sostegno alla nostra debolezza, quando siamo fragili, stanchi, senza forze, il Signore vuole dirci che è venuto per darci sollievo.

Facciamo parte di quella folla, non siamo anonimi, Gesù infatti dice: “alcuni di loro sono venuti da lontano”, Egli è colui che ci conosce sa da dove veniamo, quanta strada abbiamo fatto per essere lì e prova compassione per ciascuno di noi.

È bella l’espressione: “non voglio che vengano meno lungo il cammino”, esprime proprio un desiderio di cura da parte del Signore, sono parole di affetto, è come dire: “desidero che tu stia bene”, vogliono dire che gli stiamo a cuore, conosce la nostre forze e sa cosa stiamo vivendo.

Questa folla non dice nulla e nel testo non si parla neppure di guarigioni, viene solo citato che sono da tre giorni con Gesù; siamo noi quando non abbiamo neanche la forza di parlare, di chiedere, domandare, ma anche il solo stare in silenzio smuove il cuore di Dio a compassione. La compassione non è pietà, ma è percepire quello che l’altro sta sentendo, quando io non sono capace di dire a Dio come mi sento e posso essere così debole da non riuscire neanche più a parlare per dire la situazione in cui sono, il Signore mi sta dicendo che Lui sa cosa stiamo passando, addirittura riesce a sentirlo! Ed è proprio in quello stare che veniamo nutriti. Egli ci dona un pane capace di restituirci le forze, che è Lui stesso, si fa nutrimento, affinché non veniamo meno lungo il cammino e tornando a casa, potremmo essere comunione per altri.

Come in tutte le belle esperienze non ci si ricorda più la fatica del viaggio, ma la gioia degli incontri vissuti, così Egli desidera dare consolazione al nostro cuore ora stanco e debole, c’è un Dio venuto a essere nutrimento pronto a sostenerci non solo per un momento, ma per sempre. Sarà proprio quel Pane a fare la differenza nella nostra vita e in quella degli altri.

La preghiera sulle offerte della S. Messa, esprime bene il desiderio di Dio per noi:

“Signore Dio nostro,

il pane e il vino, che hai creato

a sostegno della nostra debolezza,

diventino per noi sacramento di vita eterna”.

 

 

Da quando era con te

 

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LITURGIA DELLA PAROLA  (clicca qui)

Prima lettura: 2Sam 1,1-4.11-12.17.19.23-27

Salmo: Sal 79 (80)

Vangelo: Mc 3,20-21

 

Gesù entra nella nostra casa, nella nostra folla di pensieri, preoccupazioni, mancanze ed è venuto per dare una svolta. Egli entra nella casa, ma quando?

C’è differenza tra quando l’abbiamo percepito e il suo essere entrato in casa nostra. Gesù ci invita a renderci conto che Lui è già lì, da sempre.

Il Signore non arriva quando viviamo delle mancanze, oppure quando siamo nella pienezza, Egli è già presente in tutte queste situazioni, è già entrato nella nostra casa ed è tra quelli della folla. Il problema è che a volte non riusciamo a riconoscerlo.

Siamo presi da troppe cose e possiamo anche ricordarci del Signore, ma Egli desidera essere per te più di un ricordo. Non a caso, nel Vangelo di oggi si parla del fatto che manca da mangiare, Lui è il pane capace di nutrirti più in profondità e donarti le risorse per il quale tu possa vivere. Il cibo che noi mangiamo si esaurisce, il Suo invece, è una relazione che dura, è costante e continuamente ci rafforza.

Oggi puoi guardare alla tua casa, alla tua vita e riconoscere quando Egli ha deciso di abitarvi ed essere nutrimento, ovvero da sempre, da prima che tu nascessi, perché un giorno possa riconoscerlo e sapere che tra la folla, c’è Qualcuno pronto a donarti tutto se stesso, con tutto il cuore.

Egli desidera tu sappia, che in te c’è una forza in grado di affrontare le cose belle come le brutte, non sei solo, in te e per te c’è un Dio presente prima che tu nascessi, durante la tua crescita, nelle tue lacrime e nei tuoi sorrisi. Lui aspetta solo che tu ti accorga presto da quando era con te, per scoprire che la tua vita è stata piena da sempre.

 

 

Buon Natale

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LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Is 52,7-10

Salmo: Sal 97 (98)

Seconda lettura: Eb 1,1-6

Vangelo: Gv 1,1-18

 

 

Quando nasce un bambino in casa avviene una rivoluzione, cambiano le abitudini, il proprio stile di vita. Così è accaduto a una giovane coppia: Maria e Giuseppe quando è nato Gesù.

Quel bambino che dà Maria è nato era la vita, era la luce, era il Verbo, il bambino che Maria teneva in braccio era il Figlio di Dio. Quando guardiamo un bambino appena nato osserviamo se assomiglia più alla mamma o al papà, ma qui il bambino ha preso da Dio. È un bambino che ha in sé le caratteristiche del Padre, è un bambino il cui sguardo è di Misericordia.

Le prime persone che vede sono i suoi genitori, è lo sguardo di Dio che si è posato su di loro. In quello sguardo pieno di amore ci siamo anche noi, Lui che è la vita, vede chi siamo e come siamo, ma è un Dio che ha le caratteristiche di un bambino e guarda tutto con tenerezza.

Dio per te si fa padre, madre ma anche figlio, affinché tu riconosca per te la disarmante tenerezza di un Dio bambino che è la vita; e tu ritrovi in te nella Sua nascita la tua rinascita, nel Suo Amore il tuo perdono, nel Suo sguardo il tuo coraggio, per ricominciare qui da dove sei. Fermati un momento accogli quello sguardo e riparti da qui, forza non temere, ora puoi, perché oggi è nato il Signore che rivoluzionerà la tua storia, e la vita, la luce e il verbo saranno la tua realtà.

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Contiamo insieme – 2 al NATALE

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O Emmanuele, nostro re e legislatore,

speranza e salvezza dei popoli:

vieni a salvarci, o Signore nostro Dio.

(Antifona 23 dicembre novena di Natale)

 

A pochi giorni dal Natale, sentiamo l’amore di un Dio che è si fatto bambino per donarci la salvezza. Di che salvezza si tratta? Dalle nostre leggi interiori che ci governano, dalle paure, peccati e da tutto ciò che ci imbriglia e non ci permette di camminare.

Ora è venuto il momento in cui dove sono e come sono, mi riconosca salvato, apra il mio cuore e dica:

 

“Cammino nello scorrere del tempo

e mi accorgo che ogni passo compiuto, 

ogni persona incontrata, ogni lacrima versata,

ogni risata donata, 

ogni strada percorsa non è stata vana.

Scorgo attorno a me la vita ogni giorno ricominciare: 

vedo ogni foglia cambiare colore, gli alberi spogliarsi e rivestirsi,

sentire il freddo di un inverno pieno di neve che scende e tutto copre.

Sentire il profumo della primavera, l’odore dei fiori, 

assaggiare l’aspro dei frutti

e assistere alla nascita dei primi germogli.

Gustare lo spettacolo del sole che maestoso nutre, scalda, illumina 

e rimango sorpreso come uno spettatore stupito 

dinanzi a ciò che vedo.

Ad un tratto mi accorgo di ciò che sta accadendo:

non sono solo un osservatore,

ma faccio parte anch’io di tutto ciò.

 Sento che la natura mi viene incontro, 

solo così capisco dove sono: 

nel POSTO GIUSTO, 

e questo posto è la mia VITA”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

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