PENSIERI AL VENTO

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IO CIOTTOLINA ALIAS PEBBLES

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Citazioni nei Blog Amici: 34
 

 

Sulla tavola del Natale un "booster" di energia

Post n°1153 pubblicato il 18 Dicembre 2020 da Ciottolinadgl2
 

Pranzi di Natale e cenoni di Capodanno in tempi di pandemia: per combattere il Covid-19 dovranno avere qualcosa in più. Ovvero un tocco di salute a 360 gradi condito di energia e anche di fortuna benaugurante sotto forma di cibo.

Come dire che sulla tavola di queste feste così particolari non dovranno mancare gli alimenti cosidetti "booster" cioè veri e propri  caricatori energici  con vitamine. minerali e magnesio. E poi gli ingredienti anti ossidanti e tutti quei tesori alimentari che sono preziosi alleati del benessere. Utilissimi ancor di più in questo momento storico di forzata convivenza con il Coronavirus  in cui occorre aumentare le difese immunitarie a tutti i livelli psico-fisici. Per far fronte a stress e ansia per incertezze del futuro e ricaricarsi a tavola anche durante l'ultimo scorcio dell'anno. Puntando ad esempio su cibi completi come il miele e la frutta secca, simboli delle feste per eccellenza magari  da adoperare non solo come fine pasto ma proponendo  veri e propri  piatti in tutta salute. Da non dimenticare inoltre  un vero e proprio concentrato di energia anche di energia anche simbolica rappresentato dall'aglio che arricchisce l'organismo di allicina, zolfo, vitamine del gruppo B e ha proprietà anti batteriche; ce ne sono di tanti tipi e vari chef stellati gli danno grande importanza a questo alimento che si potrebbe definire quello invisibile del benessere fra i più forti in assoluto.
BOCCACCIO FRUTTA SECCA E MIELE | Dolci di frolla







AGLIO - Smart Food
-*-
Quindi mangiate cibi energetici durante queste feste restate in famiglia e casa, non fate assembramenti, evitate baci e abbracci così sto Coronavirus prima ne va via e meglio è per tutti. 
BUON NATALE  E BUON 2021 CHE SIA MIGLIORE, PER DAVVERO, PER TUTTI.  
, Ciotty

 
 
 

Ragazza torinese doveva morire per la tetraparesi, oggi ha realizzato il suo sogno: Ha una scuola di danza inclusiva.

Post n°1152 pubblicato il 18 Settembre 2020 da Ciottolinadgl2
 

Virginia Di Carlo ha 27 anni, è affetta da tetraparesi spastica sin dalla nascita e secondo i medici non avrebbe mai camminato né avrebbe vissuto oltre i 18 anni. Invece Virginia è ancora qui, si è laureata, è diventata Cavaliere della Repubblica e con la forza che l’ha contraddistinta per tutta la vita è riuscita anche a realizzare il suo sogno: aprire, insieme alla sorella minore Martina, una scuola di danza per disabili e normodotati. Un progetto ambizioso, ma in fondo semplice per chi ha dimostrato coi fatti che nella vita, molte volte, nulla è impossibile.

Si chiama Special Angels Dance School, ha appena compiuto un anno e si trova a Druento (Torino), il piccolo centro dove Virginia e Martina vivono. Per realizzare il loro progetto, le sorelle Di Carlo si sono affidate al crowdfunding della piattaforma Eppela e a MSD, un’azienda farmaceutica che ha contribuito alla raccolta fondi con una generosa donazione. Il vero punto di forza della Special Angels è l’inclusività, di cui Martina, 23 anni, rivela il segreto: «Grazie alla danza, mia sorella ha trovato equilibrio ed autostima. Non ho mai visto una disabilità in mia sorella, l’ho sempre trattata come una bambina come me, come tutti. Anche oggi non vedo la disabilità, è ovvio che ci siano dei limiti perché alcuni non riescono a camminare bene o ad alzarsi perché costretti in carrozzina. Mia sorella sembrava non poter camminare da piccola, invece ci è riuscita, ha preso la patente, si è diplomata e laureata». Virginia, invece, spiega: «Abbiamo voluto una scuola di danza aperta a tutti, sia disabili che normodotati: il nostro scopo è quello di integrare tutti, perché siamo tutti uguali».
Il motto della Special Angels è una frase di Jim Morrison: «Ognuno di noi ha un paio di ali, ma solo chi sogna impara a volare». Una frase, questa, che sembra riassumere la stessa vita di Virginia, capace di andare oltre i limiti imposti dalla disabilità. Grazie alla passione per la danza, infatti, si è laureata in Scienze motorie con una tesi sulle danze paralimpiche ed è stata nominata, a soli 25 anni, Cavaliere dell’Ordine al merito dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

Come è nata la vostra passione per la danza?
Martina: «I nostri genitori ballavano, avevano questa passione da sempre. I primi a fare danza siamo stati io e mio fratello maggiore, Michele. Virginia non c’era, mamma e papà erano un po’ preoccupati per la sua disabilità: lei non riusciva neanche a camminare e loro temevano ci potesse rimanere male. Poi, una volta venne a vedere una lezione di danza e l’insegnante aveva visto che Virginia era presa dalla musica e dal ritmo. Appoggiata al muro, aveva iniziato a fare dei passi e a quel punto l’insegnante le chiese: “Perché non balli?”. Da lì, anche lei ha iniziato a praticare la danza caraibica».
Il crowdfunding vi ha permesso di realizzare un sogno, oltre che un progetto ambizioso. Cosa vi ha spinto a tentare questa strada?
Virginia e Martina: «Nostra madre aveva contattato un ragazzo che si occupa di crowdfunding e abbiamo iniziato a farci pubblicità con alcuni video sui social. Da qui abbiamo iniziato a realizzare diverse interviste per la tv e per la radio, ma anche volantini e passaparola. In meno di due mesi siamo riuscite a raccogliere circa ventimila euro, di cui cinquemila donati direttamente da MSD».
Una cifra notevole, per un tempo così ristretto: ve lo aspettavate?
Virginia e Martina: «Non lo avremmo mai immaginato, infatti non smetteremo mai di ringraziare tutti coloro che ci hanno sostenuto e continuano a farlo. Grazie di cuore, ci avete permesso di realizzare un sogno che sembrava impossibile».
La vostra scuola è aperta esattamente da un anno anche se è rimasta chiusa per i mesi del lockdown. Qual è la situazione attuale?
Virginia e Martina: «Nella nostra scuola, prima dell’emergenza, avevamo 100 iscritti, anche se non tutti sono allievi effettivi, c’è chi si è iscritto semplicemente per fare una donazione e darci una mano. Prima dell’emergenza le persone avevano iniziato a conoscerci e a sostenerci, si erano interessate alle nostre attività, poi il Covid ci ha letteralmente buttato giù, un po’ come è successo a tutte le attività. Ma ora siamo pronte a recuperare tutto, i corsi non sono pienissimi ma piano piano cercheremo di tornare a pieno regime. Abbiamo allievi provenienti un po' da tutta la provincia di Torino».
Come funziona la vostra scuola?
Virginia e Martina: «Le lezioni durano un’ora: iniziamo con riscaldamento ed esercizi sulla specifica disabilità dei ragazzi. Con la musica montiamo una coreografia, che può essere individuale o di gruppo. Come tutte le scuole di danza, abbiamo tariffe diverse per le lezioni individuali o per quelle in gruppo. In media ci sono tre-quattro lezioni al giorno: noi insegniamo danze caraibiche, per le altre discipline abbiamo altri insegnanti, una dozzina in tutto. Da noi gli allievi possono imparare l’hip-hop, la danza classica, il reggaeton, ma ci sono anche corsi di yoga, pilates e altro: vogliamo che ognuno possa trovare l’attività giusta in base ai propri gusti e alle proprie predisposizioni».
Oltre alle danze caraibiche, di cui siete insegnanti esperte, avete delle passioni per altre discipline che avete coltivato nel tempo?
Martina: «Noi abbiamo sempre ballato esclusivamente le danze caraibiche, da quando eravamo piccole, e per questo insegniamo questa disciplina. Io poi ho fatto altri studi, ad esempio ho preso l’attestato da insegnante di kangoo power, una disciplina abbastanza nuova, simile alla zumba, che fa lavorare tutto il corpo e si fa con delle speciali scarpe con le molle».
Virginia: «Io mi sono specializzata proprio sulle danze caraibiche, come dimostra anche la mia tesi di laurea. Quel titolo di studio è molto importante per me, mi ha dato coraggio e consapevolezza nell’affrontare questa avventura».
Come si insegna la danza ai ragazzi disabili? Ci sono delle difficoltà particolari?
Martina: «Con i ragazzi disabili ho una marcia in più, sono positiva e cerco sempre di ottenere miglioramenti. Loro lo avvertono e per questo si affidano a noi».
Virginia: «A volte mi trovo un po’ in difficoltà con alcuni ragazzi che hanno una disabilità intellettiva, perché magari fanno fatica a relazionarsi con me e a vedermi come la loro insegnante».
L’esempio di quello che è riuscita a fare Virginia in tutta la sua vita, però, dovrebbe essere uno stimolo per tutti.
Virginia: «Io cerco di dare il meglio di me come insegnante. Non è colpa di questi ragazzi, semplicemente non riescono a percepire tutto questo. Comunque si tratta di pochi casi, la maggior parte dei miei allievi mi segue e si lascia incoraggiare. A volte gli allievi dicono: “Ma quello è impossibile per me”. Io rispondo sempre: “La parola impossibile non esiste, non la conosco”».
Martina: «A volte anche gli stessi genitori dei nostri allievi trattano diversamente Virginia, forse perché la disabilità non è ancora vista da tutti come una cosa normale. Siamo tutti uguali, ma c’è ancora chi non lo capisce».
Virginia: «La disabilità spesso viene vista in modo approssimativo, molte persone pensano: “Sei disabile, punto”. In realtà esistono tanti tipi di disabilità ma per comprenderlo forse serve un’apertura mentale diversa».
Molti ragazzi disabili sono allievi della vostra scuola dall’apertura: è questa la maggiore soddisfazione?
Virginia e Martina: «Molti genitori non avrebbero mai immaginato che i figli disabili potessero fare progressi e realizzare una coreografia dall’inizio alla fine. Ne abbiamo visti tanti felici e soddisfatti, perché grazie a noi i loro figli sono riusciti a sfruttare le loro potenzialità, spesso nascoste e difficili da intravedere».
Avete qualche appello da fare pubblicamente?
Virginia e Martina: «Sì, abbiamo un obiettivo che ci sta molto a cuore: permettere ai ragazzi disabili che non hanno possibilità economiche di poter frequentare corsi di danza. Invitiamo chi volesse aiutarci ad aderire al progetto ‘Adotta un ballerino’: con le donazioni si possono finanziare iscrizioni e borse di studio per consentire ai ragazzi che non possono permetterselo di frequentare le lezioni gratuitamente».
La Special Angels Dance School si trova in via Dante Alighieri 7/A, a Druento (Torino). Per informazioni è possibile contattare i numeri di telefono 335243018 e 0113323559 o visitare il sito. Per aderire al progetto ‘Adotta un ballerino’ è possibile effettuare una donazione tramite Iban (IT78G0306909606100000140989).













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Un'altra ragazza come Giulia da ammirare per quello che ha fatto nonostante la sua disabilità... bravissima anche la sorella e la famiglia che l'hanno sostenuta in questo suo sogno poter ballare e aprire una scuola di danza tutta sua. 
, Ciotty

 
 
 

Giulia Lamarca, travel blogger in carrozzina: «Ma quanti ostacoli per prendere un aereo»

Post n°1151 pubblicato il 01 Settembre 2020 da Ciottolinadgl2
 

Giulia Lamarca ha camminato sulle sue gambe fino a vent'anni. «Non sono nata in carrozzina, e ricordo benissimo come mi guardavano le persone prima», dice. È per questo che attraverso Instagram ha cominciato a raccontare la sua storia e condividere i suoi viaggi: per provare a cambiare quegli sguardi che si posano non solo sulle sue gambe, ma su ogni persona con disabilità.

Come si è ritrovata in sedia a rotelle?
«Incidente in scooter da passeggera, otto anni fa. Siamo scivolati, sono finita per terra. Pensavo di essermi rotta un piede, poi dopo l'intervento me l'hanno detto. Non sentivo più niente dall'ombelico in giù».
Cosa ha pensato?
«Nulla sarà più come prima. Inizialmente sono andata nel panico. La vita che fino a poche ore prima conoscevo era finita. Poi è arrivata la consapevolezza: ero destinata a rinascere in altro modo».
Cioè?
«Ho guardato al lato positivo. Rimettere in discussione tutto e ricominciare. Sotto alcuni aspetti è stata una liberazione».
Quali?
«Prima dell'incidente facevo tanto sport. Il mio obiettivo era diventare insegnante di tennis. Ma sono molto competitiva, e lo vivevo con poca serenità. Rinunciavo a molte cose. Solo dopo ho scoperto di essere anche altro. Mi sono iscritta all'università e ho capito di essere brava. È emerso un talento che non conoscevo».
Parliamo delle difficoltà. Quali sono le prime che ha affrontato?
«È difficile vedersi in carrozzina. Ma Instagram mi ha aiutato tanto nel percorso di accettazione della mia nuova immagine».
In che modo?
«Le mie foto piacevano alla gente. Più ne pubblicavo, più capivo che piacevo di più anche a me stessa. E ho continuato, stufa di immagini di bellezze perfette in cui non mi identificavo».
Così ha cominciato anche a raccontarsi?
«Ho tanto da dire. Un anno fa sono stata a Machu Picchu, sono quasi sicura di essere stata la prima italiana in carrozzina a farlo».
La passione per i viaggi c'è sempre stata?
«No. È nata dopo i nove mesi chiusa in ospedale. Quando sono tornata a vivere fuori avevo sete di vedere il mondo. Mio marito (che ho conosciuto durante il ricovero, è un fisioterapista) mi ha proposto un viaggio in Australia. Mi ha detto: capirai che non hai niente di sbagliato ma è il mondo a non essere adatto alle tue necessità. Da allora vivo per assaporare quel senso di libertà».
Non senza ostacoli?
«Le difficoltà cominciano dalla prenotazione del biglietto aereo, passando per l'assistenza disabili che a volte non c'è. Spesso le carrozzine vengono rotte nel trasporto in stiva. Per questo ho lanciato un hashtag, #dirittoalvolo, che grazie a Instagram è diventato virale e mi ha consentito di lanciare una petizione sulla piattaforma Change.org per difendere i diritti di tutti i disabili che in tre mesi ha raccolto oltre 87mila firme».
Qual è il suo obiettivo?
«Cambiare le regole del marketing. Abbiamo degli idoli per tutto, ma la disabilità non è ancora paritaria. La mia sfida è far capire anche alle aziende che sono molto più di una ragazza in carrozzina. Vorrei venisse trasmesso il valore dell'inclusione».







Con il marito


Vestita da sposa 




Mentre legge un libro 


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Io l'ho "conosciuta" durante un servizio a lei dedicato sul Tg regionale Piemonte. il giornalista l'aveva intervistata dopo aver raccontato la sua storia ha detto in diretta il suo profilo instagram e ho cominciato a seguirla e la sento mia amica guardo sempre le sue bellissime foto e parole, ovviamente durante il lockdown come tutti è rimasta a casa e quest'anno è andata a fare le vacanze in Italia.... Spero di conoscerla presto dal vero perchè oltre a trovarla simpatica la trovo una grandissima donna una che ha saputo rialzarsi nonostante quello che le è successo e ama fortissimamente la vita
, Ciotty

 
 
 

Addio gatto Bob: morto a 14 anni, dopo aver salvato la vita al suo padrone James

Post n°1150 pubblicato il 18 Giugno 2020 da Ciottolinadgl2
 

Il 15 giugno si è spenta una celebrità del mondo felino. Il gatto Bob è morto a 14 anni. La sua storia e quella del suo amico umano James Bowen aveva fatto il giro del mondo ed è stata raccontata anche dal bestseller A Street Cat Named Bob e dall’omonimo film su Netflix (A spasso con Bob nella versione italiana). Bowen era un tossicodipendente in via di disintossicazione quando nel 2007 fece un incontro che gli avrebbe cambiato la vita. Per strada, abbandonato e ferito notò  un gatto. Lo prese con sè, lo curò e da allora non se ne separò mai più. Era Bob, suo fedele compagno di vita che dal lontano 2007 ha dato a James un motivo in più per alzarsi ogni mattina. I due sono diventati rapidamente inseparabili, trafficando e vendendo il giornale di strada The Big Issue per le vie  di Londra. Nel 2012 Hodder & Stoughton hanno pubblicato il primo libro di Bowen, A Street Cat Named Bob , raccontando la sua storia e quella di Bob. Il libro divenne un bestseller, insieme ai suoi sequel Il mondo secondo Bob, Un regalo di nome Bob e Il piccolo libro di Bob. In tutto, i libri hanno venduto 8  milioni di copie in oltre 40 lingue. La storia originale è stata anche trasformata in un film uscito nel 2016 con Luke Treadaway nel ruolo di Bowen. Bob è apparso nel film interpretando se stesso e apparirà in un sequel, “A Gift from Bob”, entro la fine dell’anno. 

"Bob mi ha salvato la vita. È così semplice. Mi ha dato molto più della compagnia. Con lui al mio fianco, ho trovato una direzione e uno scopo che mi mancavano. Il successo che abbiamo raggiunto insieme attraverso il nostro libri e film sono stati miracolosi, ha incontrato migliaia di persone, ha toccato milioni di vite, non c’è mai stato un gatto come lui e non lo farà mai più” è stato il messaggio commosso di James.  “Sento che la luce si è spenta nella mia vita. Non lo dimenticherò mai.” 









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Oh nooo  mi spiace tantissimo  che sia morto ho visto il film e ho letto tutti i libri dedicati a lui, mi sono appassionata alla sua vita. Anche perchè io amo moltissimo i gatti e vorrei che anche il mio gatto salisse sulle mie spalle e venisse in giro con me come faceva Bob con il suo padrone James. 

Buon Ponte Bob riposa in pace, 

 
 
 

Brevettato il Vespasiano femminile, si abbatte l'ultima frontiera del gap femminile

Post n°1149 pubblicato il 10 Giugno 2020 da Ciottolinadgl2
 

E' rosa shocking, è realizzato con materiale sicuro, lavabile, igienico e si chiama “Lapee”, traducibile grosso modo come fare la pipì. Si tratta del primo orinatoio femminile brevettato in Europa da una nota architetta francese – Gina Perier – che vive a Copenaghen. Ci ha impiegato un po' a pensarla ma alla fine l'idea di realizzare una latrina femminile, capace di abbattere il gender gap fisiologico che grava sulle donne rispetto ai maschi certamente più facilitati ad espletare i bisogni fisiologici senza impiegare tanto tempo per fare file ed entrare nella toilette, è arrivata ad un team di designer. Lapee si ispira alla idea di una spirale. Il lavoro già brevettato sta riscuotendo successo in Danimarca ed effettivamente potrebbe essere una soluzione molto pratica da collocare nei parchi, nei luoghi all'aperto, nelle strade, spiega l'ideatrice al Guardian. «Per le signore spesso non è facile trovare una toilette mentre in questo modo tutto è semplice e finisce per abbattere anche un gap con i maschi, più facilitati dalla presenza di orinatoi maschili». Lapee è stata realizzata in un colore inconfondibile, rosa brillante, per essere vista da lontano. Non ha porte, vi si accede attraverso una spirale che permette a tre signore contemporaneamente di espletare i propri bisogni in una cabina ricavata nell'incavo della spirale.

  

 

 

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Io sinceramente non ci andrei mai mi farebbe assai senso perchè non mi sentirei a mio agio fare la pipì mentre c'è altra gente che guarda e di guardoni soprattutto uomini il mondo ne è gia pieno figuriamoci quando si tratta di vedere la passera o il sedere di una donna e po io già io odio i vespasiani maschili che nelle città italiane non ho più visto sono stati tutti abbattuti causa ricettacolo di virus, batteri e puzza.

Io infatti preferisco o tenermela o andare in un bar a costo di prendere anche solo un dolcetto e farla in un bagno chiuso dove nessuno mi osserva. 

Ciotty

 
 
 

QUELLO CHE RACCOTEREMO ALLE FUTURE GENERAZIONI DEL CORONAVIRUS

Post n°1148 pubblicato il 08 Maggio 2020 da Ciottolinadgl2

 Fra alcuni anni, tanti o pochi, toccherà a noi il compito di raccontare il Covid 19,  detto coronavirus venuto dalla Cina, alle future generazioni. I nostri figli e i nipoti che verranno al mondo potranno vivere attraverso i nostri occhi, attraverso le nostre parole, un racconto di cui avranno sentito parlare a scuola o dagli amici, esattamente come noi abbiamo vissuto con la voce dei nostri nonni gli orrori della guerra, o magari per i più giovani, lo sbarco dell’uomo sulla luna. Ciascuno di noi racconterà un pezzettino di vita, il “suo” pezzettino. E la cosa straordinaria è che in questa pandemia, un evento capace di accomunare quasi tutti gli abitanti del pianeta, ogni abitante racconterà il “suo” vissuto, il mondo visto con i suoi occhi, diverso da tutti gli altri. Le difficoltà economiche, gli amori lontani, la perdita di un parente, i sacrifici di un medico o di un infermiere, la solitudine, la farina e il lievito sia di birra che per dolci che scarseggiavano o non c'erano proprio nei supermercati perché tutte le italiane anche quelle che prima non avevano mai cucinato in vita loro hanno dovuto fare torte e pizze, poi l'alcool e l'amucchina (gel tascabile) per lavarsi le mani e lavare le superfici anche quelli introvabili, stessa cosa per le mascherine e i guanti di lattice per i primi tempi del virus, cosìchè molte donne italiane sono diventate pure "sarte" per cucirsele da sole e regalarle alle amiche parenti (spedendogliele rigorosamente per posta perché non si poteva incontrare nessuno), facendo una taschina per dentro un pezzetto carta da forno per evitare il contagio. Gli adulti che hanno iniziato a lavorare tramite computer o tablet con lo smart-working e degli studenti di ogni scuola di ordine e grado che hanno sperimentato per la prima volta le lezioni on line con il tablet o il computer da casa, quelli che si sono laureati e hanno dato gli esami universitari con questo metodo. Ciascun nonno o genitore racconterà il ricordo che gli è rimasto addosso, e sarà sicuramente un ricordo fatto di emozioni, di gioia o di paura. "Il mio ricordo immediato di questi due mesi, ne sono certo, sarà la vista su un albero, un tiglio ben più alto dei palazzi intorno e che si erge davanti alla finestra. Quando è iniziata la quarantena il tiglio era ancora spoglio e grigio. Oggi è rigoglioso, pieno di foglie, pieno di voglia di vivere. Sui rami e sugli alberi vicini osservo e fotografo gli animali che non conoscono il coronavirus, i merli e le cornacchie, i piccioni in amore ed i passeri. E li fotografo come se mi trovassi dentro un capanno di osservazione sul bordo di un lago, uno di quei capanni di legno e paglia, che ti permettono nel silenzio totale di nasconderti alla vista del mondo. Forse, se i ricordi non si saranno diluiti nel tempo, racconterò ai miei nipoti che lavoravo da casa, che stavo in fila per fare la spesa, che le giornate talvolta sembravano lunghe infinite. 
Ma quello di cui sono sicuro è che gli racconterò come ogni giorno mi sedevo sul balcone di casa e guardavo fuori, respiravo un’aria della città inquinata che di colpo sembrava pulita; «era il mio modo di muovermi» gli dirò, «il mio modo di avere un senso di libertà fuori dalle mura domestiche». Respirare l’aria che nessuno poteva fermare. Viaggiare con la memoria in attesa di viaggiare con il corpo. Aggiungerò sicuramente che alcuni giorni i ricordi andavano alle passeggiate in montagna e in riva al mare, che meglio di qualunque altro luogo danno un senso di libertà; altri giorni la mente mi riportava a una passeggiata al centro della città, a un caffè in qualche bar da cui si può vedere una piazza più o meno famosa, ad un treno frettoloso per una città diversa dalla mia. E forse gli confiderò che alla finedi ciascun ricordo si attivava un sogno che iniziava con «quando il virus sarà sconfitto e potrò uscire voglio andare…». Ecco, fra alcuni anni, quando racconteremo tutto questo a un nipote, tireremo le somme anche di quali e quanti sogni abbiamo saputo poi vivere. Perché sono sicuro che ciascuno di noi in questi giorni ha immaginato, sognato, fantasticato. Sapremo dire solo tra qualche anno se questa esperienza ci ha cambiati davvero, se “dopo” siamo stati più attenti alle nostre esigenze, ai nostri desideri, alla nostra qualità di vita o se tutto è tornato come prima".

 



 

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Ecco quello che racconteremo ai nostri nipoti, ai nostri figli o alle persone che sono nate tra gli anni 2018/2020 e dopo. , Ciotty

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 

Mistero di San Valentino: anello perduto 47 anni fa ritrovato in una foresta in Finlandia

Post n°1147 pubblicato il 17 Febbraio 2020 da Ciottolinadgl2

Era il 1973 quando perse il suo anello a Portland (Oregon, Stati Uniti). E ora, 47 anni dopo, è stato incredibilmente ritrovato in una foresta finlandese. Per Debra McKenna, proprietaria dell'anello, il viaggio dagli Usa al Nord Europa è un mistero, iniziato durante il giorno di San Valentino di quasi mezzo secolo fa.
«Ho pianto quando ho scoperto che qualcuno lo aveva trovato e stava cercando di restituirmelo», ha dichiarato Debra McKenna, 63 anni, al Bangor Daily News. La scorsa settimana, finalmente l'anello è tornato nelle mani della legittima proprietaria, per posta. L'emozione della donna è ancor più comprensibile, una volta scoperta la sua storia. L'anello infatti apparteneva a Shawn, con cui si fidanzò a scuola. I due si sposarono quando Debra aveva 21 anni, nel 1977. Il loro matrimonio è durato quarant'anni, fino alla morte di Shawn nel 2017, dopo una battaglia con il cancro durata 6 anni. 
«Mi chiese di uscire per la prima volta a San Valentino, nel '73, con un bigliettino nella mia giacca». I due uscirono per il primo appuntamento tre giorni dopo. Debra aveva solo 16 anni, lui un paio di più: era al suo ultimo anno. Tant'è che prima di lasciare e andare al college, lui le regalò il suo anello con inciso l'anno, le sue iniziali e lo stemma del Morse High School che frequentavano. Un pegno d'amore, che andò perduto quell'autunno durante un viaggio a Portland, nell'Oregon.

«Ricordo che lasciai il mio nome e il mio numero nel ristorante dov'eravamo state con le mie amiche, ma nessuno mi richiamò». Aveva paura di dirlo al fidanzato, ma lui non se la prese. «Mi disse "è solo un anello". Era tranquillo». Di certo la  la perdita non ha impedito loro di passare una felice vita insieme. Lei ha lavorato come parrucchiera, lui come professore. E per tre volte son diventati mamma e papà. «Mi sento fortunata. Era una persona straordinaria». 
E col passare degli anni, Debra si era scordata dell'anello. Fino a poche settimane fa, quando un uomo in Finlandia lo ha trovato con il metal detector in una foresta e ha deciso di contattare la Morse High School per risalire al proprietario. Quando Shawn è morto, Debra si è sentita perduta, senza bussola. Ma il ritrovamento insperato dell'anello le ha ridato gioia e grinta: «è come se lui mi stesse dicendo di reagire, di continuare con la mia vita». E sull'uomo che ha ritrovato il prezioso anello, Debra McKenna ha detto: «Ci sono persone buone in questo mondo spesso pieno di negatività. Abbiamo bisogno di più persone così».





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Che fortuna questa donna che ha ritrovato il suo anello, il primo ricordo di suo marito. , Ciotty

 
 
 

Beebz, il gatto che protegge la sua padrona epilettica

Post n°1146 pubblicato il 28 Gennaio 2020 da Ciottolinadgl2
 

«Non appena Annie cade a terra con le convulsioni, Beebz sente il botto e corre su per le scale e poi si mette accanto a lei e le lecca il volto». Sono le parole della madre di Annie Barter, una ragazza adolescente che vive in Inghilterra, nell’Essex, una contea confinante con il territorio di Londra. La ragazza soffre di attacchi epilettici notturni e, quando si verificano, il micio è prontissimo a intervenire. Beebz, questo il nome del felino, è molto legato alla sua umana, visto che i due sono cresciuti praticamente insieme, visto che lui ha quasi 16 anni. Beebz conosce bene la sua amica e quando viene colta dal suo problema interviene per svegliarla colpendola delicatamente la testa con le zampette e mordicchiandole i capelli. epilessiaPotrete pensare che potrebbe trattarsi di un comportamento normalissimo, di un rapporto di ovviamente affettuoso tra umano e gatto, ma non è così.
Quello che c’è tra Annie e Beebz è qualcosa di più, qualcosa che supera i confini, qualcosa forse di sovrannaturale. «Quando mia figlia inizia ad avere le convulsioni, lui miagola dolcemente e le lecca le dita dei piedi. Non è frenetico, è molto calmo, le tira delicatamente i capelli e cammina su di lei. Ma non appena le si sveglia, Beebz se ne va, come se il suo lavoro fosse finito. E’ davvero uno spettacolo da vedere!».
La ragazza ha raccontato che la presenza del micio è molto confortante per lei :«Quando mi sveglio dopo una crisi sono molto confusa e non so dove mi trovo, ma lui è sempre lì quando riapro gli occhi – racconta commossa Annie -. E’ strano ma, anche prima di svegliarmi, quando non sono ancora perfettamente cosciente, posso sentire cosa succede intorno a me e posso sentirlo miagolare. Lui mette le sue zampe su di me o gira intorno a me fino a quando non sono tornata alla normalità. E’ il mio personale angelo ed eroe e mi sento così fortunata ad averlo al mio fianco».

fonte lastampa.it


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Che dolcezza è proprio vero che i gatti e i cani sono animali speciali. , Ciotty

 
 
 

Finlandia, italiano domiciliato lì per lavoro, perde 5 euro in ufficio e sulla scrivania trova una sorpresa...

Post n°1145 pubblicato il 27 Gennaio 2020 da Ciottolinadgl2

Giorgio lavora in Finlandia da qualche anno. E' un italiano che lavora in un’agenzia di marketing digitale e si è integrato alla perfezione nel paese scandinavo. Così tanto da essersi integrato nella capitale Helsinki. Oggi un tweet del suo amico Simone sta facendo discutere, con sorridenti emoticon, i social. Cosa è successo?
Qualche giorno fa, tornando in ufficio, ha trovato sul tavolo una banconota da 5 euro e un post-it con su scritto: «Found under the table» (trovata sotto al tavolo). Firmato "la donna delle pulizie". Giorgio ha sorriso, fotografato i soldi con il biglietto e girato l'immagine al suo amico che, incuriosito dalla storia, ha postato tutto su Twitter. Migliaia di like e tanti commenti da parte di amici e sconosciuti in tutto il mondo. La storia però non finisce qui. Giorgio, al fogliettino verde scritto dalla donna delle pulizie, aggiunge il giorno seguente un altro post-it: «Questi 5 euro sono la tua mancia, te la meriti!». Un collega dell'italiano aggiunge un altro messaggio: «D'accordissimo!». Passano altre 24 ore (i 5 euro restano ovviamente sul tavolo senza essere toccati da nessuno) ed ecco apparire un altro fogliettino: «Grazie ragazzi ma non posso accettare. Alma, "la donna delle pulizie"». Quattro post di carta per migliaia di like virtuali: l'onestà e l'educazione esistono ancora. Sia nel mondo reale che in quello virtuale.

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Questa è l'onestà degli stranieri, fosse successo in Italia se mai li avesse trovati qualcuno e fosse stato onesto come questa signora, e se chi li ha persi gli avrebbe scritto prendili sono tuoi se li sarebbe presi. , Ciotty

 
 
 

La luna di miele di Erica e Giulio su una vecchia Fiat Panda per andare alla “mini Dakar”

Post n°1144 pubblicato il 28 Novembre 2019 da Ciottolinadgl2
 

Immaginate un viaggio di nozze, ma dimenticate le sconfinate spiagge con il mare caraibico di fronte oppure i resort da mille e una notte. Pensate piuttosto di essere a bordo di una vecchia Fiat Panda rimessa a nuovo, che sfreccia sulle strade polverose e impervie dei rally nordafricani. 
Perché la luna di miele può restare romantica, pur non rinunciando all’avventura, all’adrenalina. È proprio così che hanno deciso di celebrare il loro matrimonio i due torinesi Giulio Micheletti (29 anni) ed Erica Trevisan (28), sposi dallo scorso 26 ottobre e pronti a partecipare, come team numero 129, alla “Maroc Challenge Winter 2019”.
Una “mini Dakar” amatoriale che si svolge la prima settimana di dicembre lungo un percorso di oltre 2000 chilometri attraverso l’innevata catena dell’Atlante e il polveroso entroterra marocchino fino a Erfoud, “la porta del deserto”. «Saremo solo io, mia moglie, una tenda da campeggio e una Fiat Panda 4x4 che ha compiuto 22 anni da poco e che abbiamo risistemato», dice Giulio. 

Così è nato il progetto “Due cuori e una caPanda”, messo a punto dal torinese appassionato di motori che nella vita fa il personal trainer, e da sua moglie Erica, educatrice in una cooperativa sociale e amante delle esplorazioni. «Ci siamo fidanzati sei anni fa e da allora andiamo a caccia di paesaggi visti solo sulle pagine web o sui manifesti delle agenzie», rivela la coppia. Spostamenti quasi tutti in moto oppure on the road.
Ma l’ingresso in famiglia di un cane, Mika, ha spinto Giulio ed Erica ad acquistare la Panda in grado di ospitare a bordo anche il loro nuovo amico. «Dopo i lavori per rimettere in sesto la vettura, abbiamo iniziato a raccogliere informazioni sui rally amatoriali in nord Africa. Con la “Maroc Challenge” è stato amore a prima vista». 
La 17esima edizione invernale prevede sei tappe, da Nador a Erfoud. Per partecipare è sufficiente che la vettura sia a trazione 4x2 o 4x4, e che abbia almeno 16 anni di vita. «Ora aspettiamo solo di pigiare il piede sull’acceleratore, sfrecciando tra i sabbiosi panorami del Marocco», concludono i novelli sposi. E. magari, provare anche a vincere la gara...






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Bravissimi e super avventurosi questi sposi. , Ciotty

 
 
 
 
 

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MESSAGGIO PER R.

Tu sei invidiosa di me e sai cos'è un invidioso? No? Te lo dico subito: L'INVIDIOSO E' UN DEFICIENTE CHE NON RIESCE A RASSEGNARSI. E tu mi odi (io non ti odio anche se mi hai fatto del "male" e continui a farmelo)perchè sai cosa scriveva Hermann Hesse: SE ODIAMO UNA PERSONA E' XCHE' E' UGUALE A NOI.

La calma è la virtù dei forti e se aspetti con pazienza sulla riva del fiume, vedrai presto passare galleggiando, il corpo del tuo nemico!

 

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