GIORNI STRANI

Vita di comunità: mai come ora dobbiamo fare appello a ogni nostra singola cellula. E' giunto il momento di imprimere una violenta accelerazione all'intelligenza della nostra specie, come una frustata di tramontana: l'occhio non sarà occhio e la mano non sarà più mano, negli anni venturi.

Creato da sergioemmeuno il 22/04/2011
 

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Il nome e cognome dei personaggi appartenenti ai racconti e ai tag "frammenti di scrittori in erba" e "il mio romanzo", come pure i fatti narrati, sono frutto della mia fantasia.

 

 

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I consigli di Gabriel

Post n°206 pubblicato il 14 Settembre 2011 da sergioemmeuno
 

Il suggerimento che era solito imprimerci, prima di scendere in campo, era quello di ripetere dentro noi stessi, durante la gara e più volte, una particolare melodia musicale – sia che fosse l’imponenza di un organo da chiesa o un Hammond alla Uriah Heep, un riff col basso o con la chitarra elettrica oppure una percussione – che ci infondesse energia e quindi la giusta carica agonistica per vincere. Ciò poteva risultare valido soprattutto nei momenti di maggior difficoltà e importanza – l’aveva constatato seguendo per anni uno sport individuale quale il tennis –, ossia in quei frangenti in cui un chicco in più poteva fare la differenza con l’avversario e tracciare il solco.

     Qui iniziai a convincermi, dopo giorni e giorni, che eravamo al cospetto di una natura straordinaria: pur in quell’aspetto così svigorito, riuscì a galvanizzarci incitando alla lotta; e pur immerso in mille pensieri riguardo la sopravvivenza del Consorzio locale, col quale aveva molti rapporti, e della stessa Officina, nel momento in cui decideva di concentrarsi su qualcosa – sebbene di minore rilevanza – si dimenticava persino di se stesso. In sostanza, avevamo di fronte un cannibale di emozioni, mai sazio, sempre alla ricerca di nuove sfide e obiettivi da raggiungere.

Tempo addietro ci aveva raccontato delle non facili condizioni del Consorzio, indifeso, come altri piccoli produttori, nella bolgia dei mercati, sotto il dominio di un oligopolio mondiale e della grande distribuzione organizzata. I costi di produzione sempre più onerosi, la forzata rivendita sottocosto, la pressione fiscale schiacciante e gli stessi contributi statali insufficienti. E se poi si aggiungevano anche i danni causati dalle calamità ambientali, inevitabilmente si andava a zampe all’aria. Pertanto, secondo la sua filosofia di sopravvivenza, l’unica via d’uscita era costituire, in ogni regione, cooperative di grandezza tale da imporre una dignitosa quota di produzione, che servisse vaste aree locali riducendo al minimo trasporti e intermediazioni.   

Ora il suo pensiero era rivolto solamente alla qualificazione dei ragazzi. Non gli bastava la qualificazione con le sue pupille. Il pulmino della Volkswagen si lasciò dietro una fumata nera e si proiettò verso il solito campo, seguendo la solitaria e malandata strada litoranea: otto chilometri infiniti, densi di paura e pessimismo per la gara.

 

 
 
 
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