GIORNI STRANI

Vita di comunità: mai come ora dobbiamo fare appello a ogni nostra singola cellula. E' giunto il momento di imprimere una violenta accelerazione all'intelligenza della nostra specie, come una frustata di tramontana: l'occhio non sarà occhio e la mano non sarà più mano, negli anni venturi.

Creato da sergioemmeuno il 22/04/2011
 

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Ancora su Monica Cortez

Post n°207 pubblicato il 14 Settembre 2011 da sergioemmeuno
 

Ero satollo dello spettacolo: Laura stava prosciugando Vladi sino all'ultima goccia. Ma non appena ebbi chiuso la porta e rificcatomi fra le tenebre della biblioteca, avvenne l’impensabile: un’entità profumata mi avviluppò, cingendomi da dietro, a un tempo con delicatezza e decisione, facendomi poggiare alla parete. Serrai volutamente gli occhi per non conoscere l’identità di quella vampira dei sensi: volevo godermi ogni attimo.

Dapprima l’entità iniziò a baciarmi la nuca e il collo, non esitando a sfoderare la lingua e i denti, mentre con le braccia continuava a stringermi e con le mani perlustrava il mio addome. Eravamo ambedue in piedi, tutt’uno con la parete.

Presumibilmente doveva essere una ragazza molto alta.

D’improvviso, volle mettermi inspiegabilmente alla prova: dopo aver più volte strusciato il ginocchio sul solco del mio sedere, non facendo a meno di qualche ricognizione ancora più in là, la folle mi diede un forte colpo all’altezza dei testicoli. Inaudito. Vidi le stelle e mi accasciai al suolo. Per me era destino che, là dentro, non potessi amoreggiare senza eccessi e stramberie.

      L’entità mi prese la mano e mi carezzò il viso, in segno di consolazione; dopodiché si sedette sopra di me afferrandomi i polsi, non voleva saperne di maniere più dolci e ortodosse.

      <<Ora basta. Molla la presa>>, le intimai. Non seguì il consiglio.

<<Molla, o te ne pentirai>>, le sussurrai con la voce indemoniata di un film horror di secondo ordine. L’esaltata non seguì il consiglio, anzi, aumentò la morsa, morsicandomi l’orecchio più del lecito. Era troppo. Mi liberai con una mano e le afferrai con violenza la coda dei capelli, a tal punto che la feci cadere bruscamente all’indietro. Un tonfo. Avrebbe voluto ma non urlò; emise appena un gemito di dolore, straziante, isterico. Poi si ripiegò, seduta a terra, su se stessa. Forse si era resa conto di aver innescato un meccanismo perverso.

Nell’oscurità, mi attaccai al viso della sanguinaria per svelarne l’identità: era la bionda Monica Cortez.

     <<Cristo… tu sei una pazza!>> Nessun’altra parola seguì. Ci avvinghiammo l’uno all’altro e, per affogare la tensione accumulala, facemmo l’amore con indescrivibile frenesia, quasi fosse stata la prima volta. Pochi minuti ma intensi, come un forte temporale estivo.

Eravamo sdraiati a terra, l’uno accanto all’altro, con l’occhio verso l’alto a rintracciare galassie immaginarie.                       

      <<Non ho mai goduto così tanto>>, mi sussurrò alla fine il Cigno.

<<Neanche con Roland e Ale?>> le chiesi malizioso.

<<Non sparare stronzate… tu mi pia-ci. Hai le idee chiare della vita. E se hai un dubbio, è sempre per un motivo nobile, non per debolezza, ma per una questione etica.>>

 
 
 
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