GIORNI STRANI

Vita di comunità: mai come ora dobbiamo fare appello a ogni nostra singola cellula. E' giunto il momento di imprimere una violenta accelerazione all'intelligenza della nostra specie, come una frustata di tramontana: l'occhio non sarà occhio e la mano non sarà più mano, negli anni venturi.

Creato da sergioemmeuno il 22/04/2011
 

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Lo scrigno di Santa Rosa e mia madre (1)

Post n°363 pubblicato il 14 Novembre 2011 da sergioemmeuno
 

  

   Non avevo mai  abbracciato mia madre; né l'avrei potuto fare in futuro. L'avevo carezzata e baciata  solamente su una foto incorniciata, che tenevamo sopra il tavolino del salotto. L'avevo ammirata nella purezza di quegli occhi azzurri e di quel volto armonioso, evidenziato dai capelli corti, rigorosamente biondi. Amava follemente mio padre, venendo felicemente contraccambiata. A 24 anni si era già laureata in Economia Aziendale alla prestigiosa Università milanese della Bocconi.

   A 30 anni,  ricopriva già  un alto incarico  dirigenziale in una multinazionale farmaceutica; finché io, il primo figlio tanto atteso dopo anni di sacrifici e di studi, venni al mondo... mi avevano desiderato più di quanto si possa esprimere a parole... Poi quella maledetta e improvvisa crisi cardiaca, subito dopo avermi dato la luce... e le stesse frasi dei camici bianchi che si ripetevano nel corridoio: <<Abbiamo fatto tutto il possibile>>... parole che risuonano ancora nella mia testa, quasi che io, in quei momenti, fossi cosciente di ciò che stava succedendo.

  Dopo anni accadde l'inverosimile: il genio dei geni aveva inventato un marchingegno per mezzo del quale era possibile comunicare, tramite una tastiera, con la persona defunta. Inaudito. Ma funzionava realmente o era una buffonata mediatica? Era un trucco per deviare l'attenzione della gente esasperata dai problemi economici e sociali del paese?

    Assai scettico, mi recai a comprare il marchingegno, un bizzarro cofanetto color amaranto con piccola tastiera e display estraibili. Si chiamava lo "scrigno di Santa Rosa". Sopra c'era un lumino votivo che andava acceso. Il costo era elevato, ma il desiderio di parlare per la prima volta con mia madre era immenso. Sicchè presi sottobraccio il cofanetto e mi recai alla Casa dei Cari. Quando mi trovai dirimpetto al sepolcro di colei che mi aveva dato la vita, una pressione invisibile iniziò a comprimermi la testa, il petto, l'addome, la parte inferiore del corpo... Avrei voluto piangere come un disperato per sfogarmi ma non ci riuscii:  era il mio cuore, all'interno, a versare lacrime in abbondanza...  

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