Le dita di Dio

Camminiamo sulle orme dei veri saggi: i santi. Il resto è follia. Chiara Lubich

 

SANTI NATI DALL'ANNO 1000 ALL'ANNO 1200

Antonio da Padova - Stanislao Vescovo e martire - Ubaldo da Gubbio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SANTI NATI DALL'ANNO 1201 ALL'ANNO 1400

Caterina da Siena - Francesca Romana -   

 

 

 

 

 

 

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“Se stessi in ginocchio tutta la vita, non dirò mai abbastanza tutta la mia gratitudine al buon Dio”

Post n°6 pubblicato il 15 Aprile 2013 da leditadidio

 

 

Santa Giuseppina Bakhita

 

Nacque nel 1869 a Oglassa (Darfur, Sudan) nel 1869. 

All'età di sette anni, fu rapita da mercanti arabi di schiavi. Per il trauma subìto, dimenticò il proprio nome e quello dei propri familiari: i suoi rapitori la chiamarono Bakhita, che in arabo significa "fortunata".

Venduta più volte dai mercanti di schiavi sui mercati di El Obeid e di Khartum, conobbe le umiliazioni, le sofferenze fisiche e morali della schiavitù. In particolare, subì un tatuaggio cruento mentre era a servizio di un generale turco: le furono disegnati più di un centinaio di segni sul petto, sul ventre e sul braccio destro, incisi poi con un rasoio e successivamente coperti di sale per creare delle cicatrici permanenti.

Nella capitale sudanese viene infine comprata da Callisto Legnani, console italiano residente in quella città: il proposito di Legnani è quello di liberarla. L'italiano già in precedenza aveva comprato bambini schiavi per restituirli alle loro famiglie. Nel caso di Bakhita il ricongiungimento non si rendeva possibile, non solo per la grande distanza del villaggio di origine, soprattutto a causa del vuoto di memoria della bambina riguardo ai nomi dei propri luoghi e dei propri familiari. Bakhita si ferma a vivere nella casa del console per due anni, serenamente, lavorando con gli altri domestici senza che nessuno l'abbia più considerata una schiava.

In seguito alla Rivolta Mahadista, nel 1884 il diplomatico italiano deve fuggire dalla capitale: Bakhita lo implora di non abbandonarla. Insieme ad Augusto Michieli, amico del signor Legnani, si imbarcano per Genova. In Italia, Augusto Michieli e la moglie prendono Bakhita con loro, perchè diventi bambinaia della figlia Mimmina. Per tre anni Bakhita vive nella loro casa a Zianigo, località frazione di Mirano. I coniugi De Michieli si traferiscono poi in Africa, a Suakin, dove possedevano un albergo, lasciando in affidamento temporaneo la figlia Mimmina e Bakhita, presso l'Istituto dei Catecumeni in Venezia, gestito dalle Figlie della Carità (Canossiane). Bakhita viene ospitata gratuitamente come catecumena: comincia così a ricevere un'istruzione religiosa cattolica.

Quando la signora Michieli ritorna dall'Africa per riprendersi sia la figlia che Bakhita, l'africana con grande coraggio e decisione le manifesta la sua ferma intenzione di rimanere in Italia con le suore Canossiane. Anche se la signora Michieli non è assolutamente d'accordo, Giuseppina riesce a rimanere nel convento delle Canossiane e il 9 gennaio 1890 riceve i sacramenti dell'iniziazione cristiana con i nomi Giuseppina Margherita Fortunata. Il 7 dicembre 1893 entra nel noviziato dello stesso istituto e l'8 dicembre 1896 pronuncia i suoi primi voti religiosi.

Nel 1902 viene trasferita in un convento dell'ordine a Schio (Vicenza) dove trascorrerà il resto della vita.

Qui Bakhita lavora come cuciniera e sagrestana. Nel corso della Prima Guerra Mondiale, parte del convento viene adibito ad ospedale militare e le capita di lavorare come aiuto infermiera. A partire dal 1922 le viene assegnato l'incarico di portinaia, servizio che la metteva in contatto con la popolazione locale: gli abitanti del posto sono incuriositi da questa insolita suora di colore, che non parla bene l'itliano, almeno non quanto il dialetto locale (veneto). Grazie ai suoi modi gentili, la voce calma, il volto sempre sorridente, iniziano ad amarla, tanto che viene ribattezzata "Madre Moreta".

Bakhita ha un particolare carisma personale; i suoi superiori lo sanno e in più occasioni le chiedono di dettare le sue memorie. Il primo racconto viene dettato a suor Teresa Fabris nel 1910, che produce un manoscritto di 31 pagine in italiano. Nel 1929, su invito di Illuminato Chicchini, amministratore della famiglia dei coniugi Michieli, persona a cui Bakhita era particolarmente legata e riconoscente, si racconta ad un'altra consorella, suor Mariannina Turco; questo secondo manoscritto è andato perduto, probabilmente distrutto dalla stessa Bakhita.

Su richiesta della superiora generale dell'ordine delle Figlie della Carità, all'inizio del mese di novembre 1930 vienne intervistata a Venezia da Ida Zanolini, laica canossiana e maestra elementare. Questa nel 1931 pubblica il libro "Storia Meravigliosa", che sarà ristampato 4 volte nel giro di sei anni.

La fama di Bakhita si estende così per tutto il paese: sono molte le persone, le comitive e le scolaresche che si recano a Schio per incontrare Suor Bakhita.

Dal 1933, assieme a suor Leopolda Benetti, suora missionaria di ritorno dalla Cina, inizia a girare l'Italia per tenere conferenze di propaganda missionaria. Timida di natura e capace di parlare solo in dialetto veneto, Bakhita si limitava a dire poche parole alla fine degli incontri; era la sua presenza tuttavia ad attirare l'interesse e la curiosità di migliaia di persone.

L'11 dicembre 1936, Bakhita con un gruppo di missionarie in partenza per Addis Abeba, vengono ricevute da Benito Mussolini nel Palazzo Venezia a Roma.

Dal 1939 cominciò ad avere seri problemi di salute e non si allontanò più da Schio. Morì l'8 febbraio 1947 dopo una lunga e dolorosa malattia. La salma venne inizialmente sepolta nella tomba di una famiglia scledense, i Gasparella, probabilmente in vista di una successiva traslazione nel Tempio della Sacra Famiglia del convento delle Canossiane di Schio, traslazione poi avvenuta nel 1969.

Il processo di canonizzazione iniziò nel 1959, a soli 12 anni dalla morte. Ai fini della canonizzazione, la Chiesa cattolica ritiene necessario un secondo miracolo, dopo quello richiesto per la beatificazione: nel caso di Giuseppina Bakhita, ha ritenuto miracolosa la guarigione di Eva da Costa Onishi, guarita nel 1992 daulcerazioni infette agli arti inferiori, causate da diabete e ipertensione.

Il 1º dicembre 1978 Papa Giovanni Paolo II firmò il decreto dell'eroicità delle virtù della serva di Dio Giuseppina Bakhita. Durante lo stesso pontificato, Giuseppina Bakhita fu beatificata il 17 maggio 1992 e canonizzata il 1º ottobre 2000.

 

Bakhita si esprimeva in lingua veneta e alcune sue frasi ed espressioni sono diventate famose.

Parlava di Dio come el Parón: «queło che vołe el Parón», «quanto bon che xé el Parón», «come se fa a no vołerghe ben al Parón» (quello che vuole il Signore, quanto buono è il Signore, come si fa a non voler bene al Signore).

Di se stessa: «Mi son on povero gnoco, come gai fato a tegnerme in convento?» (Non valgo niente, come hanno fatto a tenermi in convento?).

Quando la gente la compiangeva per la sua storia: «Poareta mi? Mi no son poareta perché son del Parón e neła so casa: quei che non xé del Parón i xé poareti» (Povera io? Io non sono povera perché sono del Signore e nella sua casa: quelli che non sono del Signore sono i veri poveri).

Soffrì parecchio nel subìre la curiosità della gente e l'acquisita notorietà: «Tuti i vołe védarme: son propio na bestia rara!» (Tutti vogliono vedermi: sono proprio una bestia rara!).

Frasi di Bakhita


• Ho passato tutto il mio Signore, Egli si prenderà cura di me. 
• Non è bello essere quello che sembra bello ma ciò che il Signore vuole.    
• Ho ricevuto il Santo Battesimo con una tale gioia che solo gli angeli 
   potrebbe descrivere. 
• O Signore, se potessi volare e andare dal mio popolo e proclamare tutta la tua bontà, oh, quante anime  potrei portare a Te
• La Madre di Dio mi ha protetta, prima ancora che l'ho conosciuta. 

 E altre ancora.....

“Se stessi in ginocchio tutta la vita, non dirò mai abbastanza tutta la mia gratitudine al buon Dio”

 “Tutta la mia vita è stata un dono di Dio: gli uomini suoi strumenti; grazie a loro, per avermi procurato il dono della fede.”

 “Fortunati voi che siete nati in un Paese cattolico. Io ci sono arrivata tardi. Siatene riconoscenti a Dio e alla Madonna.”

 “Facciamo tutto per far contento el Paròn.”

 “Le cose di questo mondo sono niente, è terra; ciò che preme a noi sono le cose dell'alto: è il Padrone.”

 “Io dò tutto al Padrone, Lui penserà a me: ne è obbligato.”

 “Nella volontà di Dio è grande pace.”

 “Quando una persona ama tanto un'altra, desidera ardentemente andarle vicino: dunque, perché avere tanto paura della morte? La morte ci porta a Dio".

 
 
 
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Data di creazione: 03/04/2013
 

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