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LA VOCE DI KAYFA

IL BLOG DI ENZO GIARRITIELLO

 

Messaggi di Febbraio 2017

VITALIZIO, UN ALIBI PERICOLOSO

Post n°1786 pubblicato il 28 Febbraio 2017 da kayfakayfa

È paradossale che mentre il paese è attanagliato da una crisi economica e sociale senza precedenti: disoccupazione di poco sotto il 12%”, con una disoccupazione giovanile che rasenta il 40%; sempre più persone costrette a rimestare nei rifiuti dei mercatini rionali o a mettersi in coda alle mense della Caritas perché, pur percependo uno stipendio o una pensione, faticano ad arrivare a fine mese se non addirittura poco oltre la metà, i nostri politici litighino sull'abolizione del vitalizio.

Premesso che dal 2012 il vitalizio, così come era strutturato un tempo, non esiste più – fino al 1997 maturava dal primo giorno che un eletto entrava in Parlamento; si calcolava su base retributiva e lo si percepiva al momento in cui si lasciava la carica, qualunque età si avesse; dopo la riforma del 1997, occorreva restare in carica due anni e sei mesi, percependolo al compimento dei 65 anni; con l'ulteriore riforma del 2007, per maturalo bisognava restare in carica 5 anni, incassandolo sempre a partire dai 65 anni ma con un importo dimezzato rispetto a quello stabilito dalla riforma del 1997; dal 2012 al vitalizio è subentrata la pensione da Parlamentare calcolata su base contributiva che matura dopo cinque anni di mandato continuato e si incassa a partire dai 65 anni – sarebbe bene che quanti si stanno dannando l'anima per abolirlo anche a chi lo percepisce da prima che entrassero in vigore le riforme del 1997 e 2007, dunque varando una norma retroattiva che abroghi i diritti acquisiti, si rendessero conto che se da un lato ciò significasse da parte della politica dare un segnale forte tendente a stabilire reale eguaglianza di diritti tra i cittadini come stabilito dalla Costituzione, dall'altro non sono né il vitalizio, né la pensione da parlamentare, né altri benefici di cui usufruiscono i politici a alimentare l'antipolitica nell'opinione pubblica. Bensì l'evidente incapacità della politica di svolgere degnamente il proprio servizio tutelando gli interessi del paese e dunque dei cittadini tutti.

Ridursi gli stipendi, cancellarsi i vitalizi e altri benefici serve a ben poco se poi, all'atto pratico, si è incapaci di governare.

È comprensibile che il M5S cavalchi l'onda dell'indignazione popolare nei confronti della politica, essendo egli stesso figlio di quell'indignazione.

Il punto è che con la infelice, finora, gestione di Roma da parte della giunta Raggi - perfino Grillo ha ammesso che sono stati fatti degli errori - anche il M5S rischia di essere inviso agli occhi dei cittadini. Tuttavia, al momento, i sondaggi continuano a darlo intorno al 30% per quanto riguardo le preferenze elettorali degli italiani se si votasse oggi.

Probabilmente perché né i guai di Roma né quelli del paese possono imputarsi al M5S che ha roma ha ereditato dalle precedenti giunte un buco di oltre 15 miliardi di euro; mentre al governo del Paese non c'è mai stato, essendo presente in Parlamento "solo" dal 2013!

Sarebbe il caso che i politici, inclusi quelli del M5S, si rendessero conto che i cittadini non si scandalizzerebbero dei tanti privilegi economici di cui essi godono se facessero al meglio il proprio dovere, garantendo la sicurezza e il benessere al paese intero.

La rabbia dei cittadini verso la politica deriva dal fatto che molti politici, pur facendo male il proprio mestiere, guadagnano molto più di quanto meriterebbero. Mentre un lavoratore se si dimostra incapace rischia, se non il licenziamento, quanto meno delle sanzioni.

Il criterio con cui un cittadino stabilisce se un politico svolge al meglio il proprio servizio è legato alla qualità della vita che si conduce nella società cui si appartiene.

Versando l'Italia in estrema crisi e precarietà in più settori, è evidente che, agli occhi di molti italiani, chi governa appare un incapace.

Credo che molti connazionali non avrebbero nulla da ridire se i politici guadagnassero più di quanto percepiscono facendo però al meglio il proprio dovere.

Il taglio dei vitalizi è un palliativo che, a conti fatti, seppure facesse risparmiare soldi allo Stato, difficilmente arrecherebbe benefici ai cittadini. Tale pessimismo nasce dal fatto che pur pagando regolarmente le tasse, i servizi che in cambio dovremmo riceverne quasi sempre non sono all'altezza di quelli degni di un paese civile, costringendo molti a rivolgersi a sturtture private.

La sensazione è che il taglio dei vitalizi altro non sia che un tentativo da parte della politica tutta di gettare fumo negli occhi dell'opinione pubblica affinché distolga l'attenzione da realtà imbarazzanti che testimoniano l'inadeguatezza della classe dirigente che ci amministra. 

E poi forte è il timore che se si cancellassero i diritti acquisiti ai politici, non si innescasse un precedente pericoloso che potrebbe ripercuotersi contro i cittadini.

Infatti non si può escludere che, nel caso la situazione economica del paese si dovesse ulteriormente aggravare, così come fu per il varo della riforma pensionistica targata Monti/Fornero, non si decidesse di cancellare in pochi istanti con un decreto legge tanti altri diritti acquisiti negli anni dagli italiani. Giustificandosi con l'alibi, lo si è già fatto con i politici abolendo i vitalizi.

Stiamo attenti!

 
 
 

E SE TRA RENZI E EMILIANO A GODERE FOSSE ORLANDO?

Post n°1785 pubblicato il 25 Febbraio 2017 da kayfakayfa

Ieri la commissione congresso del Pd – o di quel che resta del Pd, fate voi – ha deciso che le primarie per l’elezione del nuovo Segretario si svolgeranno domenica 30 aprile. Il  7 maggio la data stabilita per l’eventuale ballottaggio.

Manco a dirlo, la scelta ha scatenato le ire delle opposizioni, in particolare del M5S, perché ciò significa la matematica certezza per i parlamentari al loro primo mandato, inclusi i grillini, di maturare il vitalizio - ma è può corretto usare il termine pensione da parlamentare visto che il "vitalizio" inteso come privilegio di casta fu abolito nel 2012 - in quanto sicuramente non si potrà andare alle elezioni politiche né a giugno - a maggio ci sono le amministrative e il G7 a Taormina; né  tra settembre e ottobre in quanto sarebbe impossibile fare la campagna elettorale in pieno agosto quando la gente è in vacanza e di tutto vuole sentirsi parlare tranne di lavoro e di politica.

 Quindi, se non  ci fossero clamorose sorprese, è ormai scontato che si andrà a votare alla scadenza naturale della legislatura nel  2018. Con buona pace di tutti quei politici che a parole trovano sconvenienti i tanti privilegi di cui godono, rispetto ai milioni di concittadini che faticano a far quadrare i conti. Ma poi, chissà perché, non riescono a trovare il mezzo per abolirsi stipendi d’oro e quant’altro - cosa che invece i parlamentari del M5S fanno da quando sono entrati in Parlamento - mentre per modificare il sistema pensionistico, mandando all’aria i sogni di milioni di italiani, il governo Monti impiegò poco più di quindici giorni!

Al momento i candidati alla Segreteria del Pd sono 4: l’ex Segretario Renzi; il Presidente della regione Puglia, Michele Emiliano; Il Ministro della Giustizia, Andrea Orlando; Carlotta Salerno, segretario cittadino a Torino dei Moderati, partito fondato da Giacomo Portas e alleato del Pd.

Escludendo la Salerno che per i non addetti ai lavori è un’assoluta sconosciuta, la corsa alla Segreteria si disputerà tra Emiliano, Orlando e Renzi, rigorosamente citati in ordine alfabetico.

In molti danno per scontata la rielezione di Renzi. Ne siamo certi?

Gli ultimi sviluppi dell’inchiesta Consip - tra gli indagati, a vario titolo, ci anche sono il Ministro dello Sport Luca Lotti per favoreggiamento  e rivelazione di segreto e Tiziano Renzi, papà dell’ex Premier, per traffico d’influenze - che vedrebbero coinvolto come testimone  Michele Emiliano cui Lotti avrebbe raccomandato Carlo Russo, amico di Tiziano Renzi, anche lui indagato per traffico di influenze, interessato ad incontrarlo  per la realizzazione di un progetto immobiliare in Salento da parte dell’imprenditore napoletano Romeo, anch’egli indagato nella vicenda Consip, insieme al padre dell’ex Premier – potrebbero spianare la strada alla Segreteria al terzo litigante, Orlando.

Il guardasigilli oltre ad essere legato al Presidente emerito Napolitano, che lo avrebbe imposto a Renzi al posto del giudice antimafia Nicola Gratteri all’epoca in cui l’allora Premier salì al Quirinale con la lista dei Ministri, ha ricevuto l’endorsement di D’Alema per il quale una probabile sua elezione alla Segreteria del Pd riaprirebbe il dialogo con gli scissionisti.

Poiché tra Emiliano e Renzi non corre buon sangue, tenuto conto delle vicende giudiziarie di cui sopra in cui il Presidente della Puglia sarà probabilmente chiamato a rispondere come testimone dalla Procura di Roma, non si può escludere che il popolo della sinistra (?), stanco di assistere a lotte fratricide, alla fine non decida di sostenere Orlando che ai suoi occhi rappresenterebbe l’unico collante capace di ricompattare un centrosinistra in frantumi.

La sensazione che tra i due litiganti a godere possa essere il terzo è molto forte!  

 
 
 

PD, LA SCISSIONE CONVIENE SOLO A RENZI

Post n°1784 pubblicato il 21 Febbraio 2017 da kayfakayfa

Nell’attesa di conoscere quale sarà la soluzione finale all’amletico dubbio che da giorni agita la sinistra italiana, “scissione o non scissione nel Pd?”, al cittadino attento non sfugge il linguaggio sobrio e diplomatico con cui giornali e telegiornali commentano la discussione/scontro in atto nel primo partito italiano tra chi è schierato con Renzi e le sue posizioni – congresso lampo con primarie entro aprile e a seguire elezioni politiche anticipate – e chi invece, come ad esempio Bersani,  è per un congresso articolato della durata di sei mesi, e per la scadenza naturale nel 2018 dell’attuale legislatura.

Osservando il linguaggio equilibrato con cui i media seguono i fatti sopraccitati, il cittadino non può fare a meno di domandarsi se i mezzi di comunicazione avessero ostentato lo stesso aplomb se la minaccia di scissione avesse scosso il M5S.

C’è da presumere che per giorni i quotidiani sarebbero usciti con prime pagine a caratteri cubitali e intere pagine interne in cui si raccontavano i dissensi nel movimento. Magari condendoli con fantasiosi particolari frutto delle mente del cronista. Finalizzati non solo a dare coloro al pezzo, ma soprattutto a mettere in cattiva luce il M5S e i suoi rappresentanti.

Altro dubbio che coglie il cittadino riguardo l’atteggiamento particolarmente professionale con cui i media stanno raccontando l’agonia del Pd è se non dipendesse anche dalla possibilissima eventualità che il nuovo segretario del Pd o degli eventuali scissionisti potrebbe essere il prossimo Presidente del Consiglio. Per cui, ricevendo molti giornali sovvenzioni statali e essendo i vertici della RAI scelti dal governo, meglio sarebbe non dare ad intendere d’essere schierati per l’uno o per l’altro in quanto il proprio futuro professionale potrebbe dipendere da uno dei due.

Nell’attesa di sapere cosa avverrà nel Pd, leggere che nel partito c’è chi invita a non scindersi per non lasciare “che governi in Italia chi non lo merita” – leggi M5S o centrodestra a guida Salvini – a questo appello, considerate le condizioni disastrate in cui versa il paese, privo perfino di una legge elettorale per l’assoluta incapacità della classe politica che ci ha governati negli ultimi 10 anni, viene da chiedersi se tale sollecitazione non faccia proprio riferimento a non lasciare campo aperto a tutti quei partiti che nel corso degli ultimi anni si sono alternati al governo, dimostrando assoluta inadeguatezza della gestione della res publica.

E che nella incapacità e goffaggine dei rappresentati del M5S ad amministrare la capitale – fa niente che a Torino sempre un’amministrazione pentastellata sta operando bene, seppure non ha ereditato il disastro amministrativo  di quella romana - trovano la propria giustificazione nel pretendere di governare nuovamente il paese.

Fa niente se sono stati stesso loro a causarne i guai che lo affliggono oggi .

Sarà forse questa cruda consapevolezza che frena la smania di scissione nel Pd?

Scindersi implica poi farsi la guerra, politicamente parlando.

E dunque, quando si andrà in campagna elettorale, accusare l’altro di colpe che, stando invece uniti, si tacciono perché i panni sporchi si lavano in famiglia.

Eppure, riflettendo, a uno la scissione del Pd converrebbe: Renzi.

Paradossalmente la scissione rappresenterebbe quella rottamazione, ossia svecchiamento del partito, di cui l’ex Premier si faceva paladino all’epoca in cui correva per la segreteria del Pd. Ma che mai è riuscito a realizzare per davvero.

A scissione avvenuta, Renzi avrebbe le mani libere per finalmente  fare ciò che finora non è riuscito a realizzare perché osteggiato all’interno del suo stesso partito! 

 
 
 

IN TALIA LA LIBERTA' DI STAMPA É UN'UTOPIA?

Post n°1783 pubblicato il 19 Febbraio 2017 da kayfakayfa

Questa mattina, nell’attesa si facessero le 7 per scendere di casa e andare a correre con gli amici, ho acceso il televisore su Sky Tg24. Il conduttore stava illustrando la rassegna stampa dei principali quotidiani nazionali. Dopo aver evidenziato e commentato alcuni titoli delle prime pagine del Corriere della Sera, Repubblica, Messaggero, passando ai restanti quotidiani, ha citato QN – Quotidiano Nazionale, tralasciando le prime pagine degli altri, tra cui spiccava quella de Il Fatto Quotidiano contrassegnata da una cifra in  caratteri cubitali e  in rosso, 2.700.000.000€.

Essendosi fatta l’ora per scendere, non ho potuto attendere il successivo Tg per vedere se nella rassegna stampa a margine venisse  citato il titolo de Il Fatto che avevo precedentemente intravisto. Per cui, incuriosito, al rientro mi sono fermato in edicola ad acquistare una copia del giornale per capire a cosa si riferisse quella cifra.

La somma si riferisce all’appalto CONSIP, il più imponente d’Europa, per il quale sono sotto inchiesta per fuga di notizie il Ministro dello Sport Lotti, il Comandante Generale dei Carabinieri  Tullio Del Sette, il Comandante dei Carabinieri della Toscana Emanuele Saltalamacchia; per corruzione , l’imprenditore Alfredo Romeo che, malgrado, sia inquisito, s’è aggiudicato i  3 lotti più cospicui per complessivi 609 milioni di euro, dei 18 in totale che comprendono l’appalto.

All’interno del giornale, dopo aver riassunto la vicenda, i redattori mettono in risalto il velo di silenzio che i giornali e i telegiornali nazionali vi hanno calato.

Velo di silenzio che non è sicuramente sfuggito a quanti cercano di informarsi , per quanto gli è possibile, in maniera obiettiva, al di là dei personali orientamenti politici.

Leggendo il pezzo non posso evitare di ritornare  con la mente indietro di qualche ora, precisamente al Tg che avevo seguito nell’attesa di scendere; chiedendomi se nelle successive edizioni che non ho visto si fosse dato spazio al titolo de Il Fatto o lo si è lasciato decantare tra le tante prime pagine in cui era immerso.

Senza nulla togliere alla professionalità dei giornalisti di Sky, credo sia lecito dubitare sulla capziosa volontà redazionale di tralasciare volutamente la prima pagina de Il Fatto, nonostante fosse tra i primi quotidiani nazionali, poiché quella cifra a caratteri cubitali in prima pagina rivela una grossa rogna per Renzi, il PD e il governo dato che da alcuni giorni nell’inchiesta Consip è indagato per traffico di influenze illecite anche Tiziano Renzi,  il padre dell’ex Premier.

Questo dubbio nasce dalla constatazione che da quando il M5S è assurto al governo della Capitale con virginia Raggi, non passa giorno che giornali e telegiornali non ci bombardano con notizie riguardanti la sindaca e alcuni esponenti del movimento. A volte taroccando i fatti o travisandoli in maniera tale da mettere in cattiva luce la sindaca e il movimento. I quali, bisogna dirlo, da parte loro fanno di tutto, attraverso comportamenti di una ingenuità disarmante, ad alimentare la pioggia di critiche che piove su di loro.

Se la stragrande maggioranza dei media nazionali stende uno spesso velo di silenzio su un’inchiesta molto delicata come quella dell’appalto Consip, ma poi ci martella da mane a sera con notizie inerenti la giunta capitolina targata 5 Stelle e chi la comanda, non dobbiamo sorprenderci  se l’Italia è al 77° posto nella classifica per la libertà di Stampa stilata da Report.

Né ci si dovrebbe sorprendere se, malgrado il costante martellamento mediatico teso a denigrare la Raggi e il M5S, ne i sondaggi i grilini oscillano tra il primo e il secondo posto tra le attuali preferenze elettorali degli italiani.

Unitamente a un evidente calo di credibilità nella stampa da parte dell’opinione pubblica.

Sbaglia di grosso chi pensa che al giorno d’oggi bastano una serie di articoli pro o contro per accreditare o screditare un partito o una persona agli occhi della gente.

Da sempre il potere, per affermarsi, ha puntato a separare le masse per meglio controllarle.

Oggi, con l’avvento della rete, questa disunione è praticamente impossibile.

Continuare a pensare che i giornali e i telegiornali sono l’unica fonte da cui traggono informazioni i cittadini è anacronistico.

La velocità della comunicazione online è inattaccabile, sia per la stampa che per la televisione.

Come ha dimostrato la campagna referendaria per la riforma costituzionale: malgrado quasi tutti i giornali e telegiornali dessero ampio spazio ai sostenitori del Sì, tanto che più volte quelli del No hanno dovuto presentare esposti all’AGCOM, denunciando lo squilibrio tra lo spazio che in televisione si concedeva ai comitati del Sì rispetto al No, grazie al passaparola online mediante news, chat e forum, il No ha stracciato i Sì in maniera dirompente tanto da indurre l’allora Premier a dimettersi.

Seppure la maggioranza dei media nazionali tacesse o sussurrasse notizie che, viceversa, meritassero maggiore amplificazione, al fine di non disturbare il conducente, l’amplificazione virtuale della rete è inarrestabile.

Per quanto possano varare una legge per regolamentare la diffusione delle notizie in rete - ufficialmente per contrastare le fake news, alias bufale. Ma se la sensazione è che il fine ultimo di tale provvedimento sarebbe quello di impedire la diffusione di notizie sgradite al potere -  la rete è un bacino inesauribile e inarrestabile da cui attingere per farsi un’idea di come vanno realmente le cose in questo paese e nel mondo intero.

Ovviamente bisogna imparare a setacciare le tante notizie che affluiscono in rete al fine di evitare di cadere vittime delle bufale, credendole vere e condividendole per tali.

Ma come in tutte le cose nella vita, anche questa capacità di scelta la si acquista col tempo  “navigando”!

Se ne facessero una ragione quanti non comprendono il perché, pur diffondendo loro un certo tipo di notizie in un certo modo, la risposta dell’opinione pubblica è diversa da quella attesa.

Oggi la stampa e la televisione non sono più l’unica fonte di informazione da cui le persone attingono notizie.

Se “ieri” era dato come vangelo quanto veniva detto e scritto in video e sui giornali, oggi la “verità” viaggia prima di tutto in rete.

Diffondere notizie false, o comunque distorte, sia sui giornali che in tv non è né facile né conveniente in quanto si viene subito scoperti e pubblicamente messi alla gogna.

Facendo passare come vittime di un complotto quanti si vogliono screditare. Paradossalmente aumentando in loro la simpatia dell’opinione pubblica da sempre schierata con i più deboli. 

 
 
 

DISASTRO PD, VEDI NAPOLI E POI MUORI

Post n°1782 pubblicato il 14 Febbraio 2017 da kayfakayfa

Ci voleva il disfacimento del Pd operato da Renzi perché le prime pagine dei giornali e dei telegiornali spostassero finalmente l'attenzione dal Campidoglio, dove per mesi hanno concentrato gli sguardi raccontando in ogni minimo dettaglio, spesso esagerando o inventando, le imbarazzanti gesta della sindaca Raggi e della giunta M5S.

La direzione del Pd di ieri ha sancito le ormai certe dimissioni di Renzi da Segretario per sabato prossimo, giorno in cui verrà anche decisa la data del congresso per eleggere il nuovo leader del primo partito del centrosinistra italiano.

A giocarsi la leadership dovrebbero essere in tre: Renzi, Emiliano, Speranza e Orlando. Quest'ultimo conterebbe sull'appoggio di una parte della ex nomenclatura comunista targata Napolitano-D'Alema-Bersani.

Nell'attesa di conoscere quale sarà il nuovo segretario del PD e se, come sembra, ci fosse scissione all'interno del partito, è alquanto strano che nella direzione di ieri di tutto si sia parlato tranne del disastro del Pd di Napoli dove l'inchiesta sulle firme false di nove candidati inseriti a loro insaputa, inclusa una disabile, nella lista Napoli Vale che sosteneva la candidatura di Valeria Valente a sindaco di Napoli alle ultime amministrative, sta mettendo ulteriormente nei guai il Pd partenopeo, e di riflesso tutto il partito.

È vero, i panni sporchi si lavano in famiglia. Quindi tacere su una vicenda che definire imbarazzante è un eufemismo è d'obbligo per un partito che tanti strali ha lanciato e sta lanciando nei confronti del M5S per come sta amministrando Roma e per le vicende private della Sindaca Raggi.

Ma se con la memoria tornassimo indietro di qualche mese, ripercorrendo il cammino che portò alla candidatura della Valente a scapito di Antonio Bassolino, non possiamo dimenticare lo scandalo, documentato dalle telecamere di fanpage, di rappresentanti del Pd ripresi a distribuire soldi all'ingresso dei seggi in cambio del voto alla Valente.

In virtù di quei filmato, giustamente Antonio Bassolino fece ricorso, confidando nella giustizia del partito.

Purtroppo per lui, nonostante le prove, visive e audio, del misfatto compiuto a suo danno fossero inconfutabili, non solo la direzione convalidò il voto che premiava la Valente di fede renziana; ma non prese nemmeno alcun provvedimento nei confronti dei responsabili.

Senza ricorrere al famoso astag #enricostaisereno lanciato su twitter da Renzi dallo studio de Le Invasioni Barbariche per rassicurare l'allora Premier Enrico Letta che mai ne avrebbe preso il posto a Palazzo Chigi senza prima passare dal voto - per poi farlo cadere una settimana dopo levandogli la fiducia durante la direzione del partito - la pessima gestione dello scandalo primarie napoletane la dice lunga su come Renzi intendesse personalizzare il partito tanto da non farsi scrupoli di difendere l'indifendibile pur di non “toccare” una propria sostenitrice.

Non c'è da stupirsi se oggi Renzi e il Pd sono alle corde: gli eventi napoletani sono la sintesi di una gestione del tutto inadeguata del partito da parte del Segretario.

La sempre più probabile scissione non sarebbe che la naturale conseguenza di un'omogeneità che da tempo non esiste più.

 
 
 

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