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L'amore ha il potere di fissare il passato in eterno presente.... Questa frase, annotata su un quaderno all'inizio del romanzo, è il tema conduttore della storia d'amore tra il giovane Kayfa e Miryam, donna matura e d'esperienza, che lo inizierà alle gioie e alle sofferenze dell'amore. Immersi in uno scenario da favola, facendosi scudo di una barriera di bugie e verità che metterà a rischio i loro affetti più cari, i protagonisti vivranno la loro passione senza freni con la complicità del mare e dell'intimità della casa di lei. Fondamentale la figura di Omar, pescatore egiziano con un intenso vissuto alle spalle, che attraverso la propria esperienza aiuterà Kayfa a districarsi nei meandri della mente e del cuore per avviarsi sul proprio cammino esistenziale.
Messaggi di Marzo 2014
Post n°1520 pubblicato il 20 Marzo 2014 da kayfakayfa
Classe 1953, nel mondo dei runner puteolani Raffaele Artiaco è una piccola leggenda vivente. 15 maratone all'attivo sparse per il mondo, tutte portate a compimento: una in programma il 31 maggio prossimo a Stoccolma, più un'infinità di 10 e 21 chilometri e migliaia di chilometri macinati in allenamento. Numeri da capogiro, da “top runner”!
Chi lo incontra per la prima volta, non conoscendo la sua passione per lo sport, osservandone il fisico asciutto e il viso gioviale povero di rughe, non va mai all'idea che quel signore con il cappellino e lo sguardo furbo tipico dei ragazzini smaliziati, che vagamente ricorda un irlandese per via delle lentiggini e dei capelli rossi, abbia sfondato il muro dei sessant'anni.
Domanda: quante maratone hai fatto e quali?
Risposta : ho fatto 15 maratone: New York 2006, Berlino 2007, Parigi 2008, New York 2008, Londra 2009, Honolulu 2009, Helsinki 2010, Tokio 2011, Roma 2011, Chicago 2011, Firenze 2012, Napoli 2013, Monaco 2013, Napoli 2014.
D: quale fu la tua prima maratona?
R.: New York 2006.
D.: come nasce la tua passione per la corsa?
R.: Sono un ex calciatore, verso i 30 anni ho scoperto la passione per la corsa, ma solo dal 2006 corro con più tecnica e professionalità.
D.: da dove trai le energie psicofisiche per essere sempre sulla "cresta dell'onda" malgrado gli anni passino anche per te?
R.: dalla mia condizione di benessere psico-fisico che mi trasmette la corsa che mi fa stare bene con me stesso e con gli altri..
D.: in famiglia come vivono questa tua passione che ti ha portato a girare il mondo?
R.: in famiglia mi hanno sempre sostenuto, sono orgogliosi di me.
D.: t'è mai passato per la mente "ora smetto di correre"?
R.: non mi sfiora nemmeno lontanamente il pensiero di appendere le scarpette al chiodo.
D.: di gare ne hai fatte tante, quale ti è rimasta particolarmente nel cuore?
R.: la prima maratona di New York 2006, piangevo come un bambino mentre mi apprestavo a tagliare il traguardo!
D.: volendo quantizzare, quanti chilometri pensi di aver percorso nella vita?
R.: e' impossibile quantizzare, sicuramente migliaia e migliaia.
D.: cosa ti senti di dire a chi non muove un passo senza l'auto?
R.: non sanno cosa si perdono. Con la corsa si acquisisce una condizione di benessere quotidiano. Inoltre partecipare alle maratone consente di girare il mondo e conoscere gente di ogni età, razza e di ogni condizione sociale. Un classico esempio di come lo sport sia cultura nel vero senso della parola!
D.: quanto è importante per te l'alimentazione?
R.: l'alimentazione sana e regolamentata per chi pratica qualsiasi attività sportiva è una componente fondamentale affinché si possano raggiungere traguardi importanti.
D.: sai che anche per te verrà il giorno che dovrai smettere?!
R.: lo so, sarà un giorno molto triste per cui non voglio pensarci. Per ora corro! ----------------------------------------------------------------------- L'intervista Lello me l'ha rilasciata via chat lunedì 17 marzo direttamente da New York dove il giorno prima ha partecipata alla Mezza Maratona...
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Post n°1519 pubblicato il 14 Marzo 2014 da kayfakayfa
Mentre il paese trepida in attesa del 27 maggio per constatare con mano se davvero nelle buste paga di quel mese molti lavoratori troveranno mediamente 80 euro in più, come promesso dal Premier Matteo Renzi che ieri sera a Porta A Porta ha affermato “chiamatemi buffone se non sarà così”, con estrema superficialità sta passando sui giornali e in televisione la notizia dell'arresto all'aeroporto di Fiumicino di Federica Gagliardi, colei che nell'agosto del 2010 accompagnò in Canada in visita ufficiale l'allora Premier Berlusconi meritandosi il soprannome di Dama Bianca, fermata con 24 chili di cocaina.
È naturale che l'arresto per droga di un personaggio ben inserito negli ambienti vip romani, come si presume fosse la Gagliardi, alimenti la fantasia su quali fossero i potenziali clienti cui la polvere bianca era destinata. Se all'episodio in questione associamo l'arresto per spaccio di cocaina nel settembre del 2012 del direttore delle poste del Senato, e la vicenda dell'allora deputato dell'UDC Cosimo Mele - protagonista nel 2007 di una serata bollente con una escort a base di cocaina in un albergo di Roma che poco ci mancò finisse in tragedia visto che la donna si sentì male e fu necessario chiamare l'ambulanza - la cerchia sui presunti potenziali utilizzatori finali della polvere bianca in possesso della Gagliardi si restringe di gran lunga.
Qui non si vuol fare alcun processo alle intenzioni. Ma se tanto mi dà tanto, è impossibile tenere a freno la fantasia e non immaginarsi qualche politico che pippa prima di un festino o di una “cena elegante” con seguito di belle ragazze.
Che il mondo della politica italiana fosse decaduto, lo sapevamo già da tempo. Episodi come l'arresto della Gagliardi inducono a pensare che i mali di questo paese sono radicati nell'anima di un ceto sociale ipocrita, ben descritto dal film premio Oscar di Paolo Sorrentino La Grande Bellezza; osannato in maniera bipartisan dalla politica italiana per il trionfo hollywoodiano la quale, così facendo, ha dimostrato di non averci capito nulla essendo il film una denuncia aperta al sistema dirigente del paese che, sordo ai problemi della nazione, pensa a divertirsi sniffando e fottendo senza freni, lasciando che la criminalità organizzata le si sostituisca nelle stanze dei bottoni. |
Post n°1518 pubblicato il 12 Marzo 2014 da kayfakayfa
Doveva rappresentare il nuovo che avanza. L'avvento di Matteo Renzi alla Segreteria del Pd, e poi alla guida del governo, si sta invece rivelando come l'elemento scatenante la dissoluzione del Partito Democratico. Lo conferma l'approvazione per una manciata di voti alla Camera della nuova legge elettorale la quale, senza la presenza nell'emiciclo dei Ministri, sarebbe stata affossata dal voto contrario di un nutrito numero di franchi tiratori del PD.
Infatti, giorno dopo giorno, nel PD aumentano dissidenti contrari alla linea politica tracciata da Renzi, che vedono nel varo della legge così com'è un vero e proprio favore fatto a Berlusconi contrario alle preferenze.
In tanti ora trepidano per quel che avverrà al Senato dove il governo ha una maggioranza risicata e quindi alto è il rischio di una bocciatura. Anche perché, mentre alla Camera il voto era segreto, al Senato sarà palese per cui bisognerà vedere se quei senatori del PD contrari alla legge avranno il coraggio di porsi apertamente contro il volere del Segretario del partito nonché Presidente del Consiglio dei Ministri.
Nell'attesa di sciogliere questo nodo, una cosa è sicura, checché ne dicano Renzi e i suoi fedelissimi, il PD è un partito palesemente spaccato, che forse non esiste più, dove la linea politica imposta dal Segretario trova sempre maggiori avversari interni pronti a bocciarla senza temere di far cadere il governo.
Con questi “auspici” riuscirà Renzi a tirare a campare fino al 2018 come sostiene con assoluta certezza?
Chissà cosa pensa di tutto ciò il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, artefice delle larghe intese.
E intanto Grillo se ne sta seduto placidamente sulla riva del fiume in attesa che passi il “cadavere” di Renzi, politicamente parlando, per puntare ancora più su... |
Post n°1517 pubblicato il 06 Marzo 2014 da kayfakayfa
Come era purtroppo prevedibile, fresco di Oscar per miglior film straniero, La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino sta subendo una strumentalizzazione politica bipartisan. Cosa del tutto normalissima in un paese come il nostro dove la classe dirigente, tra le più incapaci e corrotte al mondo, ha il disperato bisogno di aggrapparsi a un salvagente per evitare di andare a fondo dopo aver affondato la nazione. Il paradosso è che sia la “destra” che la “sinistra”, comportandosi così, mostrano di non aver capito un tubo del film di Sorrentino, come giustamente ha fatto notare ieri Marco Travaglio su Il Fatto Quotidiano. Indipendentemente dal giudizio personale che uno ne dà, il film di Sorrentino ha il grosso merito di suscitare la riflessione nello spettatore. Non vi è scena o dialogo del film che non obblighino il pubblico a pensare per cercare di capire il senso di quanto stanno vedendo e ascoltando. In una società che ha perso il senso di bellezza perfino laddove la bellezza dovrebbe primeggiare, l’arte appunto, è normale che la prevalsa dell’indolenza e dell’ipocrisia ne determino la decadenza e la fine. Dietro La Grande Bellezza di Sorrentino si nasconde la grande bruttezza delle anime che la compongono che l’hanno corrotta in maniera irreversibile. Sarebbe il caso che qualcuno lo spiegasse a Renzi il quale ieri, incontrando i bambini delle scuole siciliane, ha esplicitamente affermato “è qui la grande bellezza”. Augurio peggiore a quei bambini e al paese intero il Premier non poteva fare! |
Post n°1516 pubblicato il 03 Marzo 2014 da kayfakayfa
La morte per infarto del quarantaquattrenne Fabrizio Bellucci alla Roma-Ostia di ieri è l'ennesima tragedia che si consuma durante una gara podistica. Sarà l’eventuale autopsia ad accertare quali sono state le cause del malore che ha colto all’arrivo l’atleta della Lbm Sport di Roma .
Ma il fatto stesso che anche durante la maratona e mezza maratona di Napoli di quindici giorni fa più di un atleta s’è sentito male all’arrivo o durante la gara con le ambulanze che andavano e venivano, impone una riflessione seria sulla questione.
Al di là del particolare non certo trascurabile che, crescendo in maniera esponenziale il numero di runner, aumenta parallelamente quello degli infortuni in gara, è altresì vero che sempre di più sono coloro che vivono la corsa non soltanto come mezzo per stare bene fisicamente e mentalmente ma come termometro per confrontarsi con se stessi e con gli altri.
Fino a quando si corre solo per stare bene, abbinando saggiamente all’attività sportiva una sana alimentazione, (inutile illudersi, puoi macinare chilometri su chilometri alla settimana, se non ti metti a dieta non scendi di un grammo) la corsa è un piacere. Quando però decidi di partecipare a una 10 km, una 21 km, o una maratona, malgrado la motivazione di fondo che ti spinga a farlo fosse il bisogno di ritrovarti insieme a chi coltiva la tua stessa passione per condividerne le emozioni, lo spirito agonistico prende il sopravvento e il divertimento si trasforma in ambizione, col rischio serio che in alcuni casi degeneri pericolosamente in frustrazione.
È in quei momenti che aumenta il rischio di farsi male perché il bisogno di superarsi e superare gli altri, anche di un solo secondo, ti spinge non solo ad allenarti e alimentarti in maniera diversa, più consona a chi decide di "fare il tempo", ma incominci a spingere il fisico sempre più in prossimità dei propri limiti stressandolo fino all'estremo al costo di sentirti male.
Alla maratona di Napoli quante persone ho visto stese al sole dopo aver tagliato il traguardo. Ma non perché stessero godendo la bella giornata, bensì perché s’erano sentite male subito dopo l’arrivo o mentre correvano.
Pur capendo le ragioni che spingono molti durante una competizione o un allenamento a spingersi a rasentare i confini delle proprie pontenzialità, rischiando di “spezzare il filo” che li lega alla vita, credo che la migliore prestazione che si debba ricercare se si corre per diletto, non potendo avere ambizioni agonistiche a livello professionale per raggiunti limiti d’età o per altri motivi, sia quella di migliorare la propria vita svolgendo una sana attività fisica. Nel senso che, soprattutto se si è sposati o comunque si condivide la vita con un’altra persona, bisogna tener conto delle contingenze quotidiane, degli obblighi che dobbiamo assolvere ogni mattina quando ci svegliamo per il rispetto che dobbiamo a noi stessi e agli altri.
Capisco che per molti correre è una valvola di sfogo alle frustrazioni della quotidianità, al non essere riusciti a realizzare i propri sogni, scoprendo nella corsa un valido ma illusorio palliativo; al non sentirsi completamente se stessi perché la vita impone le proprie ragioni; per aver compiuto scelte esistenziali rivelatesi errate o comunque non soddisfacenti. Ma se poi questa valvola di sfogo deve risolversi drasticamente in una sforbiciata alla vita, solo per il bisogno morboso di dimostrae a se stessi e agli altri di essere dei "campioni" capaci di andare al di là dei propri limiti, ne vale la pena?
Questo discorso non è riferito al caso particolare che ha trasformato in tragedia la Roma-Ostia, (non potrebbe esserlo visto che non conoscevo il povero Fabrizio) ma è generalizzato. Quanti runner sottovalutano la visita medica, affidandosi a esami approssimativi o non facendola affatto, trovando alternative truffaldine per procurarsi il certificato medico da presentare all'iscrizione di una gara? Oppure trascurando le indicazioni del medico sportivo che impone di non fare più di due maratone all'anno a distanza di sei mesi l'una dall'altra perché per recuperare completamente da una 42 km al fisico occorrono mediamente 3/4 mesi, facendone mediamente una ogni mese, senza contare gli estanuanti "lunghi" settimanali in allenamento? Tali riflessioni mi sovvengono tutte le volte che mi ritrovo a correre con chi tende a trasformare ogni allenamento in gara. Che senso ha ammazzarsi per poter poi dire “sono sceso sotto i …”, oppure “t’ho lasciato dietro”?
È vero, allenarsi impone grossi sacrifici la cui motivazione di fondo consiste nel “fare il tempo”; superarsi e superare gli altri altrimenti che senso ha allenarsi solo per il gusto di correre? Ma mettere a rischio la propria vita, condizionando anche quella di chi ci vuole bene, ne vale la pena? L'impegno è una cosa, mettere al rischio la propria vita è tutta un'altra cosa.
Siamo runner non supereroi!
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