Creato da erinn78 il 28/11/2004

Città-ragnatela

Sospesa sull'abisso, la vita degli abitanti di Ottavia é meno incerta che in altre città. Sanno che piú di tanto la rete non regge.

 

Piedi

Post n°778 pubblicato il 15 Maggio 2010 da erinn78

- Pensi troveranno mai Fernando?
- Certo, che domande.
Non posso dirglielo. Tre giorni fa Bianco ha visto spuntare due piedi da sotto la barca quando l'acqua si è ritirata, e alle caviglie erano attaccate due gambe pallide, e un torso e poi basta, perché la barca è pesante da spostare e Bianco non ce la fa più neppure a tirarsi su i pantaloni dopo aver pisciato. L'hanno portato via che urlava e giurava di aver riconosciuto l'unghia minuscola dell'alluce di Fernando.
- A volte penso di aver perso per sempre l'occasione di dirgli che avevo bisogno di lui.
La guardo senza dire niente, staccandomi ferocemente i peli dalle gambe.
- Cioè. Non è che avessi bisogno di lui, - continua - è che non ho avuto neppure il tempo di dirgli due cose.
- Tipo che sei incinta?
- No, quello non gliel'avrei detto. Questa è una cosa tutta mia e poi lui - fa un circoletto con la mano - sai com'è. Ma ci sono cose indicibili come questo cielo verde petrolio, come veleno e come melassa. Ha denti tanto belli.
- Cosa rara qui.
Penso con rammarico alle dentature marce dei ragazzi più belli del paese.
- E la sua pelle ha un sapore meraviglioso, non so come descrivertelo. Quando facevamo l'amore non riuscivo a smettere di leccarlo.
- Va bene, basta così.
Rimaniamo in silenzio per un po'.
Mura cerca di staccare dallo scoglio una patella enorme, finché non la frantuma. La lascia andare con un'onda piccola.
- Bianco come sta?
- Delira, dice di sapere dov'è Fernando. Ma è impossibile, ha perso completamente la ragione. Non tocca più nemmeno il culo alla Tedesca.
- Ma dai.

L'onda riporta briciole biancastre di conchiglia che mi si appicciano alle dita dei piedi.
- Secondo me voleva solo lasciarmi, e non sapeva come fare. E' un vigliacco.
- Sì, veramente una merda. Qual è la seconda cosa che avresti voluto dirgli? E che non è detto tu non riesca a dirgli presto, - aggiungo.
- Che anche se sapevo non sarebbe durata, ci ho creduto veramente tanto.

 

 

Tu vedi delle cose e chiedi: perché?
Ma io so di cose che non ci sono mai state, e che forse non ci saranno mai, e dico: perché no?
(G.B. Shaw)

 

 

 
 
 

Il respiro del fiume

Post n°777 pubblicato il 16 Luglio 2009 da erinn78

Era iniziato tutto molto tempo prima che noi arrivassimo, prima ancora che gli alberi diventassero alti e grossi e nodosi.
Nello spazio di una notte, il paese era stato sollevato. Come se due mani enormi avessero scavato, gli avessero rubato la terra da sotto il sedere. Fra i più anziani tutt'oggi c'è ancora chi giura di aver visto, quella notte, gli occhi della strega Malina brillare lontano, in fondo al bosco. Ma si sa come sono i vecchi. Soprattutto Bianco, che ha qualcosa da dire su tutti. Ma questa è un'altra storia. 
Fatto sta che al mattino si erano ritrovati tutti sospesi. Tutti.
Le barche con le carene all'asciutto, le case e le botteghe, e i gatti della giovanissima Tedesca, gli unici del paese, con le zampe impigliate fra i lacci brillanti di questa ragnatela spaventosa. Le maglie non li avevano trattenuti ed erano caduti nell'abisso. Da allora non c'è più un solo gatto ad Ottavia. Così va la vita.

Il paese si era spento per un po'. Si era provato a riorganizzare la città spostandola oltre i limiti della ragnatela, ma questa ogni notte cresceva e si posizionava sotto le case, mangiando la terra e bevendosi l'acqua, finchè non ci si era arresi e si era cominciato a conviverci. Lei si era assestata, ingrossandosi come i tronchi degli alberi, sostenendo la vita degli abitanti, e cullandola.
Di tanto in tanto da lì passava un venditore ambulante o un arrotino, ma si era sospettosi con gli stranieri, scostanti. Di solito andavano via subito. Chi restava spariva nel giro di niente.
Solo il padre di Fernando era rimasto. Forse perché poco dopo il suo arrivo la bionda Oli aveva cominciato a vomitare, e la ragnatela non voleva i suoi bimbi andassero via.

Qualche tempo dopo era tornata anche l'acqua. Il gorgoglìo del fiume tormentava gli abitanti giorno e notte, finché anche lui non si era quietato.
Bollicine affioravano solo ogni tanto, a dar l'illusione che fosse abitato, producendo un suono leggero che risuonava per tutto il paese, insinuandosi fra le lenzuola stese, fra i gerani sui balconi come un sospiro trattenuto, talvolta cupo ansimare di strega.

 

 
 
 

Facciamo un gioco

Post n°776 pubblicato il 28 Giugno 2009 da erinn78

- Quando finisce l'estate, Fernando?
Mi guarda con occhi neri obliqui e poi sbuffa, e tuffa il viso fra le pieghe e i fiori del mio abito.
- Eh, vattene, sei pesante - colmo il triangolo fra le mie gambe incrociate di tarassachi ancora gialli.
- Se é appena iniziata, - dice. Sarà il calore del suo alito che si raccoglie da quelle parti, sarà che é davvero estate, ma ad un certo punto il vento dev'essere calato.
- Così posso aspettarne un'altra, stupido.
- Mah. Facciamo un gioco? Tipo a chi vomita di più. O a chi fa il più lungo spiedino di porcellini di terra.

Ecco, succedeva più o meno tredici anni fa. Mi torna in mente adesso che Fernando ha vissuto qui, molto prima di partire per quel paese di donne d'oro e notti blu.  
Lui vinceva sempre, a qualsiasi gioco si giocasse. E' stato il primo a trovare una sirena nel fiume quando tutti credevano abitassero solo il mare. Anche il primo a dare un bacio, uno vero, mentre io mi esercitavo ancora allo specchio. E il primo a dire di volermi bene, mentre per me tutte le estati s'erano fermate a quella.
- Hai finto di non riconoscermi, così io ho immaginato di averti dimenticato.
- Non puoi giocare con tutto, Fernando.
- Perché no? Scommettiamo che ti ho superato in tantissime altre cose da allora?
- Quasi quante sono quelle in cui ti ho superato io.
- Quante parolacce conosci? Non arrivi neppure a cinque.
- Sbagli: merda, bastardo, fanculo... aspetta eh...
- Che delusione. Allora dimmi: quanti uomini hai avuto?
- Che stress.
- Ah-ah! Vedi, eviti di rispondere.
- Per tua informazione ho avuto quattro uomini.
- Quattro. E quanti ne hai amato?
Che balordi, gli uomini. Quando non sanno a che appigliarsi, tirano in ballo l'amore.
- Uno.
- E scommetto che non fa parte di quei quattro.
- E scommetto che tu neppure una.
Silenzio.
- Sbagli. Una anch'io... ma ho avuto molte più relazioni di te!
- Allora siamo pari, per quello che conta.
- Mai, pari. Io, quell'unica, l'ho avuta.
- Ah, sì? Tipo quando?
- Tipo ora.

Che strana cosa l'estate. Fa parlare certi fili d'erba mentre il vento si ferma.

- Quando finisce quest'estate, Fernando?
- Ah, che lagna.

Love me if you dare.

 
 
 

Nonostante il vento

Post n°775 pubblicato il 22 Giugno 2009 da erinn78

Mi riparavo il viso col dorso di una mano, mentre con l'altra tenevo giù la gonna, eppure tutti i pollini e petali di Ottavia continuavano a roteare e sollevarsi e ricadere, e accumularsi, e avevo occhi come cuori di margherite.
Un cane in quell'istante si sollevò come un palloncino e sparì fra conigli di nuvola, e draghi e sirene.
"E se entrassi? Solo per un attimo, giusto il tempo di sputare qualche chilo di corolle," mi dicevo, e per ogni passo in avanti, tre ne facevo indietro.
Un'altra folata di vento e tutti adesso sapevano che indossavo mutande a quadretti vichy. Eh, tutti. Non c'era un'anima. "Entro anch'io - no," e guardavo in alto.

L'ultima volta solo la porta rosa, m'avevano lasciato. Nemmeno uno specchio imbrattato col rossetto, neppure un cuscino spiumato, nessuna beffa.
Un ciuffo di capelli di Muto, abbandonato come un post-it, e basta. Se l'erano portato scalciante e scarmigliato, me l'avevano portato via.
Ochei, non tanto scalciante, forse.

Posai la valigia ai miei piedi e attesi che passasse qualcuno. Non volevo entrare, nonostante il vento.

 
 
 

Vagherai

Post n°774 pubblicato il 09 Aprile 2009 da erinn78

Mio padre é certamente l'essere più taccagno del cosmo.
Così tirchio da telefonare a mia sorella Malvagia perché mi riferisca che lui non mi chiamerà più. Tanto avaro da piangere con un occhio solo, quando é morta mia madre.
Una sera gli ho detto:
"Così sia!" e lui non ha risposto. Mi guardava con la bocca semiaperta in quella sua sorta di smorfia da beduino mascalzone, poi ha cominciato a pulsargli la vena, quella sulla tempia che odio veder pulsare, tanto che per contagio inizia a martellare anche la mia. 
Per evitare tragedie me ne sono andata, ma non prima di avergli detto:
"Vagherai per mari e monti e quattro formaggi, e non troverai un posto che tu possa chiamare casa, nè sollievo. E che ti caschi una di quelle grosse mani," ho aggiunto per sicurezza.

Ma vago anch'io, poiché Malvagia ha occupato la casa e cambiato la serratura e così succede che un giorno incontri un paguro. 
Grottesco e pallido più del normale, col corpo mutilato e ritorto e spinto a forza in fondo alla base di una lampadina.
"Non hai trovato conchiglie?" gli domando, commossa.
"Non sai quanto consuma una conchiglia? Tralasciando, poi, che le migliori sono occupate."
C'é un'ombra proprio lì, sopra la bocca. Un folto paio di baffi.
"Papà!"

 

 
 
 

Quella notte

Post n°773 pubblicato il 05 Aprile 2009 da erinn78

Quella notte quasi facemmo l'amore.
Le stelle erano tante da mettermi in soggezione e sai come va in questi casi. Lei mi teneva per mano e mi mordicchiava ridendo, e diceva che non sarebbe tornata a casa, che saremmo partiti. Saremmo andati insieme a riaprire il mio locale, e ci sarebbero state ballerine poco vestite con cui avrebbe parlato solo lei, che avrebbero ballato in pizzi scarlatti mentre lei avrebbe servito i migliori fagioli dell'Ovest, e avremmo avuto almeno tre bambini. Due per servire in sala, uno al bar.
Aveva un sapore come di birra appena spillata parlare con lei del Domani.
Certo, se mi fossi sbloccato sarebbe stato meglio.

Diceva di non poterne più della farmacia. E io me la vedevo come la prima volta.
Stava servendo un ragazzino paonazzo, poi era arrivato il mio turno.
"La stessa cosa che ha preso lui," avevo detto.
"Davvero?" aveva inarcato il sopracciglio.
"Certo. Sono un uomo," come se questo mettesse fine alla questione.
"13 e 50".
<>
Ero tornato a casa con una pomata per emorroidi e la dignità ferita.

Forse era stato questo a farla innamorare di me.
Fra aspirine e spray alla propoli avevo riempito l'armadietto delle medicine prima di farmi forza ed invitarla ad uscire. Puntavo sulla compassione.
"No," aveva risposto.
"Come no. Ma ora sto meglio, non ho più quel problema."
"Dai, Fernando. So che non volevi comprare la pomata quel giorno."
"Davvero?" Mi sentivo sollevato, e insieme cominciavo ad avere paura.
"Non voglio uno che é stato di tutte."
Non potevo dirle che non avevo fatto altro che qualche serenata. Okay, avevo anche pomiciato un po', ma nulla di più. Croce sul cuore.

E ora. Ce l'avevo davanti che mi guardava speranzosa. Brillava come vetro, non potevo toccarla.

 

Però l'abbracciai per tutta la notte.

 

 

 
 
 

Love story

Post n°772 pubblicato il 25 Marzo 2009 da erinn78

- Nonno Fernando, raccontami com'era far innamorare tutte le ragazze quando vivevi ad Ottavia.
- Non lo facevo apposta. Cadevano ai miei piedi appena prendevo il mio banjo, erano pere cotte, ed erano tutte belle.
-
Ce n'era una che ti piaceva più delle altre?
- Eh. Parliamo di tanto tempo fa. Dove sono le mie pantofole? Mi rubano tutto in questa casa, ma quando morirò, ah quando morirò...
- Nonno, dai! Raccontami una storia, una bella però.
- Come quella volta che vidi la tomba di Mura?

C'era questo cielo tutto nuvole come conigli in fuga, si sentiva che stava cambiando il vento, però ancora non ci veniva voglia di chiuderci in casa. Io ero un ragazzo, e non conoscevo ancora bene le usanze del paese.
Devi sapere che quando qualcuno muore, lì, non si va a piangere sulla tomba, ma si da una grande festa in casa, con torte salate e sanbitter. Non é proprio come in casa Forrester, ma quasi. Ogni tanto a qualcuno scappa una lacrima, ma si cerca di ricordare chi se ne va senza troppo chiasso. Io suono il banjo, ma nessuno balla. Si usa così.
Quella volta non ero stato invitato, così seguivo i soffioni ed esprimevo desideri quando ne prendevo uno.
E arrivai al cimitero. E c'era Mura, che mi sorrideva e mi si stringeva tutta addosso, aderente come uno scottex bagnato. La morta più vispa che avessi mai visto. Era contenta, capisci? Aveva fatto questo scherzo a tutti.
Insomma, era lì che indicava la sua foto, quella coi capelli ricci che tengo sotto il letto, e rideva e piangeva, senza dire una parola. Perché ero andato lì per lei, invece di mangiare arachidi. Io ero lì per caso, ma mi lasciai baciare, eh eh. Ahrrr... Passami la sputacchiera.

- Finisce così la storia, nonno?
- Certo che no. Fila a dormire.

 

 
 
 

Mura in libreria

Post n°771 pubblicato il 15 Marzo 2009 da erinn78

Fa uno strano effetto quando V. entra in libreria che é quasi mezzanotte. Tipo un limone strofinato sulle gengive.
Sto per dire "quello, io lo conosco", ma non saprei a chi.
Il commesso con la maglia viola sonnecchia nascosto da una montagna intatta di volumi su volumi della Troisi, Muto sfoglia l'ultima creatura Clerici&Moroni, e io sono sola davanti ad una pila di offerte imperdibili col quindici per cento.

Voglio tornare a casa. Ottavia é impraticabile coi tacchi. Questo perché é pensata da una donna per altre donne. Muto fa lo scemo con la signora delle pulizie, dopo gli tiro il collo. 
V. si avvicina, afferro una porcheria fantasy a caso per darmi un tono. Dovrei esserci io con la mia faccia rosa in cima a quella montagnola, che nervi.
"Non pensavo ti piacesse questo genere," dice. 
Cavolo no, la Troisi e il suo schifoso mondo emerso. Lo butto via.
"Ogni tanto mi piace darmi a letture più... così. Che c'é di male?"
"Meglio Topolino."
"Bah. E che ci fai ad Ottavia a quest'ora? Non posso neppure vantarmi con le amiche di conoscere uno scrittore."
"Domani dovrò presentare il mio libro alla fiera del lichene in fiore. Che vegetazione ricca, avete."
"Noi non ci curiamo di queste cose. I burroni, il passo nero e puzzolente del fiume, le distese di sabbia che cantano se appena si alza il vento, é questo che ci piace."
"Tanto dopodomani me ne vado. A Milano c'é un'esposizione di orchidee nere con degustazione di tartufi neri, Naomi sfilerà su un palco di onice, io parlerò del mio prossimo libro e Ermenegildo canterà."
"Ermenegildo? Ray é morto, certo."
Rimaniamo zitti per un po'. Mi sento tirare una manica. 
"Che maleducata. Non vi ho presentati. V., lui é Muto."
"Muto? Oh, mi dispiace."
Muto si arrabbia sempre per cose del genere. Non capisco perché.

 

 
 
 

Primi bagni

Post n°770 pubblicato il 05 Marzo 2009 da erinn78

Nelle insenature più riparate c'era già gente che faceva il bagno.
Distinguevo, fra quei colori che stonavano all'ombra degli scogli, Bianco che insegnava al figlio non saprei dire cosa, ma urlava e pestava i piedi, e quel ragazzino che non gli somigliava per niente teneva fra le mani ancora pulite le reti e annuiva. 
Mi veniva da pensare che fosse triste dover sempre partire, ma tornare dovrebbe essere una festa, per cui non me la sentivo di biasimare quel modo di vivere con un piede qui e uno a mollo.

Mi veniva incontro Fernando. Da quando era arrivato in paese, s'erano allontanate le nuvole. Ma magari era anche iniziata la primavera, non so. Fatto sta che quella mattina era azzurra e fresca, le lenzuola delle donne intente a rimestare la minestra erano bandiere di resa, e il vento che si posava e riprendeva induceva alle confidenze. Non me, poiché c'ero abituata, ma a volte ne approfittavo.
In fondo non aveva creato lo scompiglio che si temeva, il suo arrivo. Ci sarebbe stata forse qualche nascita di più a Natale, ad aggiungersi alle solite. Ottavia, anche se ospitale, rimaneva chiusa, e da qui non si esce facilmente.
- Simpatico, quel Muto. L'ho incontrato al bar.
- Ah.
- Parla poco, ma a me non dispiace.
- Mh.
- Pare che stia con una della montagna.
- ...Mh?
- Che invidia, quelli laggiù.
Mentre bagnavamo i piedi, cominciava a piovere piano. L'acqua sembrava mercurio. 

 

 
 
 

Fernando

Post n°769 pubblicato il 01 Marzo 2009 da erinn78

Can you hear the drums, Fernando?

- Un altro uomo a Ottavia, hai sentito anche tu?
- Un altro... uomo, hai detto?
- Davvero! Come se non bastassero quelli che già ci sono.
- Che disdetta. E com'é? Per riconoscerlo e non salutarlo neppure, intendo.
- Dicono venga dal Rio Grande, nientemeno. Ma non la pensano tutte come noi. La Tedesca ha addirittura chiuso la merceria per andar a trovarlo con uno dei suoi grossi strudel.
- Che faccia tosta. E lui?
- Lui ne aveva preparato uno a sua volta, a forma di ditale, pensa un po'. Per lei.
- Per lei! Vuoi vedere che é il famoso fidanzato scomparso della Tedesca?
- Avrebbe ottant'anni, minimo. E invece é giovane.
- Giovane!
- E gentile. Non ha pensato solo alla Tedesca, ma a tutti. Avresti dovuto vedere la rete nuova per Bianco, coi galleggianti lucidi!
- Gentile?
- Già. E pure bello, dicono. Ma non ci scommetterei, qui non siamo abituate a vedere begli uomini. Però é bravo.
- Bravo a far cosa? Anche se non ci credo già da ora, guarda.
- A suonare quelle melodie gitane per le ragazze. Un ruffiano. Hai visto il mio limone già carico di frutti?
- Incredibile. Quasi quasi approfitto del sole per stendere le lenzuola.
- Vado anch'io, ho voglia di preparare una bella crostata. Ho tanta di quella marmellata.

 

 
 
 
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Qualsiasi analogia con fatti o luoghi non é casuale. Io conosco quella gente, ne amo i pregi e detesto tutto il resto.
Mura ovviamente sono io. E Muto, Bertuccia e Gibbone, Ermenegildo, Lesby, la Tedesca, Bakhum che voleva una moglie bionda, Crosti, Fernando con le sue parole che sono musica. Esistono e non sanno che una sola loro parola ha creato un angolo di Ottavia.

 
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