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Messaggi del 22/06/2021

Scrivere un libro (e farselo pubblicare veramente): I consigli degli editor del Gruppo editoriale Mauri Spagnol

Post n°1269 pubblicato il 22 Giugno 2021 da Signorina_Golightly
 

Il tempo, il luogo, il protagonista. A volte è giusto partire così, con queste «informazioni di base», e poi lasciarfluire il racconto. A volte, invece, è meglio lasciare al lettore il gusto della scoperta. Piano piano...

Può essere l’autore onnisciente, un narratore che sa tutto dei personaggi e delle loro vicende (o almeno così sipresume). È un narratore che si può nascondere dietro l’oggettività dei fatti, fin quasi a scomparire. Al poloopposto il narratore può essere, come nel caso di Moby Dick, un testimone della vicenda che si andrà a narrare«in soggettiva», o addirittura il suo protagonista. Il lettore vede e vive la storia attraverso la propria esperienza,perché il protagonista comunica quello che sa al lettore man mano che lo apprende, o lo ricorda. Ancora, nelcorso del racconto la voce narrante può cambiare: per esempio, l’autore può «delegare» ogni capitolo a undiverso narratore, con il suo punto di vista.

Nell’incipit, ragiona un editor, devo capire chi mi sta raccontando questa storia. Se la sua voce è credibile.

una provocazione, uno schiaffo, contro il mondo – e forse anche contro il lettore. La provocazione puòrespingere qualche lettore, ma per molti altri può diventare una sfida: «Prova a seguirmi su questo terreno»,sembra dire l’autore, «vediamo se ce la fai».
Non basta lanciare la provocazione o la sfida: poi bisogna sostenerla per tutto il libro, rilanciare e approfondire,pagina dopo pagina... Bisogna continuare a dare schiaffi al lettore, nella speranza che ne voglia altri... Se laprovocazione regge per qualche decina di pagine, senza sgonfiarsi, allora c’è da sperare che regga per un librointero... 

Scrivere un capolavoro, riuscire a condensare il romanzo in una frase memorabile e passare alla storia per il libroe per l’aforisma non è semplice. Ci vuole un genio. Insomma, è una strada difficile, ci vogliono una certaambizione e gusto del rischio. Insomma, sconsigliato ai principianti. Ma trovando l’aforisma giusto, ci si puòsempre provare... 

Da evitare Non esagerate con le descrizioni. Ve lo immaginate un primo appuntamento con qualcuno che parla,parla, parla e non smette più? Un disastro! Anche se il vostro romanzo ha tantissimi personaggi, non descrivetelitutti nelle prime pagine. In fondo è meglio farsi scoprire poco alla volta, no? Non adottate uno stile che nonsentite vostro. Se non mettete mai i tacchi, perché metterli al primo appuntamento? Rischiereste di cadere.

Da fare Emozionate e stupite. Fatemi provare le stesse sensazioni del vostro personaggio. Lasciatemi a boccaaperta. Come a un appuntamento, scegliete bene che cosa volete che mi ricordi non appena vi darò labuonanotte, perché è quello che mi spingerà a darvi il buongiorno. Scegliete il personaggio che amate di più,meglio se è il protagonista ma non è necessario, e fatemi vedere scene ed eventi attraverso i suoi occhi. Offritemiuna sensazione precisa: è su questo che dovete concentrarvi, nelle prime pagine. Perché l’importante, propriocome al primo appuntamento, è la quantità: dovete scegliere cosa tenere, ma soprattutto, cosa lasciarenell’ombra. Sarà il lettore a voler scoprire tutto.

più interessanti se: si evita di parlare troppo di sé (che vuol dire, nel vostro ruolo di scrittori: limitate la vocenarrante a un ruolo descrittivo delle situazioni, senza eccessive riflessioni o digressioni); si cerca di parlare dicose interessanti e di suscitare curiosità (che vuol dire poi far entrare subito il lettore nel vivo della vostra storia). 

Una piccola postilla sulla primissima pagina: evitate qualsiasi elemento che possa potenzialmente respingere.Avete davvero bisogno di dar carattere al vostro personaggio facendogli pronunciare una sonora volgarità allaterza riga? Avete davvero bisogno di un monoblocco descrittivo di venti righe ininterrotte senza salto diparagrafo, che anche all’occhio dà l’impressione di assenza di ritmo?

Ci sono personaggi che non cambiano nel corso del romanzo, che restano sempre uguali a sé stessi, con il lorocarattere, le loro emozioni, le loro reazioni, i loro gesti. Tipicamente, sono gli eroi dei romanzi d’avventura, chegrazie alle loro virtù (la forza, l’astuzia, la pazienza o l’irruenza, l’anello magico del fantasy o il gadgetsupertecnologico della fantascienza) superano qualunque ostacolo per raggiungere l’obiettivo finale. Nonabbiamo bisogno che questi personaggi cambino, nel corso della storia, perché loro sono in grado di cambiare ilmondo. 

Ci sono invece personaggi che nel corso del romanzo cambiano, evolvono: la realtà, le esperienze che vivono,gli incontri che fanno, il dolore e la felicità che sperimentano, li trasformano, e noi – i lettori che liaccompagnano in questo cammino – cambiamo con loro. È il meccanismo che caratterizza i «romanzi diformazione», quelli dove il protagonista, pagina dopo pagina, cresce e matura, costruendo la propria identità etrovando il proprio posto nel mondo.

Secondo Jorge Luis Borges, invece, solo «quattro sono le storie». Francesco Marchetti divide i libri in tre macrocategorie: i classici, che «contengono proteine, ovvero i mattonidella nostra crescita» e «rivestono un ruolo importante nella vita di tutti noi»; i best seller, «ricchi dicarboidrati», che «finiscono per costituire la parte essenziale della nostra alimentazione, anche se non sonoconsiderati nutrienti essenziali»; i libri della vita, ovvero quelli dei nostri autori preferiti, «che vanno assunticostantemente», insomma periodicamente riletti, e che sono le nostre vitamine letterarie

 Quando ho fatto le mie due pagine mi fermo a metà di una frase, come consigliava di fare Hemingway». Già,cosa consigliava Hemingway a un giovante aspirante scrittore? «La cosa migliore è fermarsi quando staiandando bene e quando già sai che cosa succederà dopo. Se lo fai tutti i giorni mentre stai scrivendo unromanzo, non ti arenerai mai.»

 
 
 

10,29

Post n°1268 pubblicato il 22 Giugno 2021 da Signorina_Golightly
 

Solo con gli animali mi sono sentita tanto amata. Quel che ho provato con Gatto è stato simile soltanto a quel che c'è stato tra me e il primo coniglietto di famiglia, tanti anni fa.

Ma Gatto era mio, era il mio tentativo di famiglia, di nido. La mia casa era la nostra casa.

Il vuoto che ha lasciato è lacerante. 

Faccio una cosa sciocca, che ricordo facevo anche quando morì la cara Cappuccina: guardo il cellulare, insoddisfatta per le mancate notifiche. Poi ci ripenso e mi dico: ma che pensavi di trovarci, un suo messaggio?

E niente, niente, mi interessa. Niente di tutto quel che desideravo vicino a lui ora mi accende. Non me ne importa nulla. Volevo solo lui accanto a me per molti anni, come avrebbe meritato questo sfortunato coniglietto.

Lavorare senza lui che gironzola per casa è una tortura. Vorrei fosse inverno.

 
 
 

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